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Autore: Ulissae    14/07/2010    4 recensioni
Fanfiction partecipante all'iniziativa "2010: a year togheter", indetta dal C.o.S.
Aro, mentre saliva sulla diligenza, pensò nuovamente all’uomo della locanda, rendendosi conto che, nonostante il tempo, quella sua gita fuori porta aveva avuto i suoi risvolti positivi.
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Aro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ideale utopistico'
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Sproloqui: la storia si ambienta circa nel 1875, Bram Stoker aveva 28 anni. Essendo di un paesino irlandese della costa ho immaginato che fosse tornato lì durante l'estate, per fare visita ai parenti (:
Scrisse Dracula nel 1897, dopo aver incontrato un professore ungherese che gli parlò del conte Vlad Tepes; ho però... preso lo spunto per immaginare che Aro avesse potuto... dare il via a tutto. Pura invenzione.
Stoker, però, fu effettivamente molto malato durante la sua infanzia, così io ho solo immaginato che, con il pessimo tempo che imperversava in Irlanda, si fosse raffreddato.
Garrettt fu tra i rivoluzionari della guerra di indipendenza Americana, il ché vuol dire che fu trasformato (fonte) durante quegli anni (1775-1783).
Ho sempre pensato che Aro, ogni tanto, si concedesse delle “gite fuori porta”, nelle quali andava a scoprire un po’ il mondo, mentre questo cambiava.
Vi starete chiedendo perché; bhé, dopo una serie di incubi inquietanti mi sono rimessa a cercare un piccolo libricino di Stoker, la Coppa di Cristallo, nel quale era presente un racconto che mi ricorda tremendamente Aro e ho immaginato –proprio per assurdo- che Stoker potesse essere stato ispirato.
La fanfiction partecipa all'iniziativa 2010: a year togheter indetta dal Collection of starlight, con il prompt 223. Gita fuori porta.




Useful travel


Guardò sogghignando il suo interlocutore e poi lasciò vagare lo sguardo per quel puzzolente pub. Che strano posto. La mano ruvida, ancora così umana, di Garrett lo affascinava, un po' come tutto là intorno.
-Aro, mi spieghi perché hai deciso di seguirmi per giorni?- domandò, con ironia, catturando nuovamente la sua attenzione, che sembrava fuggire con un nonnulla.
-Oh, so bene che né Demetri né Felix sarebbero riusciti a convincerti; sei un tipo molto sottile, sai? Molto... intrigante- commentò, trattenendo un risolino e iniziando a studiare le venature del tavolaccio che avevano occupato, un po' in penombra, distaccati dal trambusto di quei marinai ubriachi.
-Neanche tu ci sei riuscito- ridacchiò Garrett, allontanando un po' la sedia dal tavolo e portando una gamba sul ginocchio, in una posizione più comoda e rilassata.
Vestiva in modo indecente, poté notare Aro: quella camicia era lurida e lercia, strappata in più punti e il bianco poteva solo essere ipotizzabile; i pantaloni erano pieni di patacche, le più delle quali erano di sangue -l'aveva visto cacciare e, per Giove!, quanto era impacciato; inoltre conservava quei capelli biondi in un codino arruffato che gli dava le sembianze di un leone appena finita la caccia.
-Sei sempre così diretto, Garrett?- commentò ironico, infilando un dito pallido e magro nel boccale di birra, quella schiuma lo stava chiamando da un'interminabile manciata di secondi.
Vide il dito scomparire per un attimo nella massa bianca e lo tirò fuori, gocciolante, poi se lo portò rapidamente alla bocca.
-Su, sii sincero, neanche mi volevi veramente a Volterra, sarei stato solo un pianta grane- rise l'altro, a sua volta incuriosito dagli esperimenti continui al quale il vampiro più anziano si sottoponeva. Lo aveva visto drogare una prostituta solo per vedere se l'oppio attraverso il sangue potesse fare su di lui qualche effetto.
Aro storse il naso, il sapore acido della birra gli irritò il palato, solitamente abituato al nettare vitale degli uomini, ripose la mano sulle gambe e sospirò, scontento.
-Oh, invece saresti stato una guardia molto... particolare; sei estremamente umano, mio caro, e ultimamente manchiamo un po' di questa caratteristica- sospirò, tristemente. Parlava di suoi simili, ma sembrava parlare di cavalli.
Sì, sa, mi manca qualcuno che corre bene sui percorsi brevi, cose del genere.
Garrett ebbe un brivido, ma non lo diede a vedere; voltò la testa verso la finestra, dove la pioggia scrosciante batteva sui vetri e solo grazie al suo udito sensibile poteva udirla, tanto era il rumore che i marinai stonati facevano cantando.
-Sono commosso dalla tua disponibilità, però. Ho saputo che difficilmente ti sposti da Volterra- continuava a guardare i vetri appannati.
Aro seguì i suo sguardo e sospirò: strano e alquanto particolare luglio.
-Una gita fuori porta ogni tanto fa sempre bene- rise, scherzando e facendo vagare nuovamente lo sguardo per l'ambiente. La birra non lo interessava più di tanto, ormai; l'aveva assaggiata, l'aveva catalogata tra le cose disgustose per le quali gli umani andavano pazzi e lì era finita la storia.
Nonostante gli oggetti per Aro fossero affascinanti, c'era un'unica cosa che poteva catturarlo per intere giornate, se non anni: le persone.
Si divertiva a studiarle, analizzarle e poi, nei casi migliori, lasciarle stare; ma se queste, invece, lo incuriosivano troppo finiva per bere da loro, come stabilendo un'amicizia macabra sul punto di morte. Diceva che voleva essere l'ultima cosa che quelle persone eccezionali avrebbero visto.
Piccoli vezzi di egocentrismo.
Così, quando gli cadde l'occhio su quel ragazzo chino e chiuso in se stesso non poté non provare un leggero fremito lungo la schiena: così dannatamente fuori posto.
Sembrava inglobato in un'aurea completamente differente da quella del pub. Era cupo, chino e il viso era pallido, quasi cadaverico.
Alzandosi e senza dare spiegazioni a Garrett, che sembrava assorbito dalla musica, Aro si avvicinò con il passo furtivo e silenzioso che l'immortalità gli aveva donato.
Si sedette davanti a quel ragazzo, dal pizzetto ancora incerto, e profonde occhiaie.
Era assorto e non aveva nessun boccale davanti a lui, ma solo un minuscolo bicchierino, pieno di ditate sui bordi; il liquido era giallognolo e torbido, Aro l'annusò e poté constatare che era quasi alcool puro.
Scriveva come un folle sui fogli ruvidi e il suono del pennino sulla carta era graffiante, aspro.
Aro ne era piacevolmente colpito. Solo dopo alcuni minuti il ragazzo lo notò, sobbalzando sul posto.
Gli occhi scuri ebbero un guizzo rapido, per tornare imperscrutabili, dietro una cortina di vacuità. Guardò l'estraneo come se stesse fissando la morte in persona, poi deglutì rumorosamente, ma non disse nulla.
Aro lesse curioso qualche frase, ma la scrittura confusionaria e veloce non gli permise di capire molto, anche perché l’uomo posò rapidamente un braccio sui fogli.
Il vampiro sorrise affabile e mormorò: -piacere di conoscerla, Mister…?-
Il suo interlocutore ebbe un fremito e nuovamente sembrava colto da spasmi di febbre, tanto la pelle era lucida per il sudore freddo.
Aro attese pazientemente, poiché tremendamente affascinato da lui.
-Stoker, Abraham Stoker- mormorò lento, infine, guardandolo attentamente, con espressione titubante.
Il moro fece un leggero cenno con la testa, come se avesse preso conoscenza di ciò e rimase a fissarlo, con quegli occhi rossi e penetranti.
L’umano continuava a tremare.
-Tempo particolare, non crede?- disse pacato, introducendo un argomento completamente apatico e inutile.
L’altro allungò la testa verso la finestra, come se si fosse accorto solo in quel momento della tempesta che imperversava fuori, nonostante i vestiti fossero zuppi e quindi avesse già fatto conoscenza con la furia della pioggia.
-Siamo in Irlanda, Mister, cosa si aspetta?- provò a scherzare, iniziando a radunare i suoi scritti impacciato e macchiandone uno con una goccia che colò dal pennino dispettosa.
-Già, ha ragione- rise educatamente Aro.
Bram lo guardò incuriosito, era un tipo così particolare e i suoi occhi di scrittore non poterono fare a meno di catturare quei piccoli vezzi di cui si vestiva: la risata gentile, i modi cortesi e quegli occhi pericolosi.
-Mi sa dire l’ora?- chiese iniziando a infilare i fogli in una piccola cartellina di cuoio.
Aro tolse dal taschino un fine e lavorato orologio, guardò l’ora e la riferì a quell’uomo tanto interessante.
Questi sobbalzò e di colpo scostò la sedia, lo salutò rapido, ricadendo in quella strana aura di isolamento e inquietudine.
Aro rimase sconvolto, guardandolo andare via, sgusciando tra i corpi rozzi e puzzolenti dei marinai che continuavano ad intonare canzoni di paesi lontani e donne dalle forme generose.
Garrett si avvicinò ad Aro, nuovamente, incuriosito dalla scena. Chiese spiegazioni, ma l’altro rimase muto, perso nei suoi pensieri e solo dopo molto rispose, con un enorme sorriso sul volto.
-Allora, Garrett, proprio non vuoi venire a Volterra?- domandò ridacchiando e incrociando le dita con calma.
Il biondo sospirò profondamente e con un sorriso affranto ripeté, per la centesima volta: -quante volte devo dirtelo?- rise, ma poi aggiunse, calmo: -però mi farebbe piacere accompagnarti fino a Londra-
Aro sembrò risvegliarsi da un lungo sonno e batté le mani, allegro: -magnifico! Ho un amico, da quelle parti, Carlisle Cullen, gli ho scritto qualche giorno fa per avvisarlo del mio arrivo-
Si alzò e si sistemò il cilindro in testa, con eleganza. Garrett si sgrullò i pantaloni e calmo lo seguì fin fuori.
Amava l’Irlanda: quella terra di ribelli, di verde sconfinato, gli ricordava tremendamente la sua America.
Aro, mentre saliva sulla diligenza, pensò nuovamente all’uomo della locanda, rendendosi conto che, nonostante il tempo, quella sua gita fuori porta aveva avuto i suoi risvolti positivi.



Angolo autrice:
Niente da dire di speciale, se non che amo Aro. Lo adoVo.

Per qualunque domanda, attinente alla storia, a me o agli uccellini che cantano fuori dalla mia finestra, potete usare questo sito e porgermela anonimamente -certo, se vi firmate mi fa ancora più piacere xD- Mi diverto terribilmente a rispondere *-*.
   
 
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