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Autore: Beverly    20/09/2005    5 recensioni
Diplomatasi infermiera in Japan, Patricia Gatsby segue le orme dell'amico Oliver Hutton, che ama in segreto, e lo raggiunge all'ospeale St. Jacob dove lavora. Ma ad attenderla c'è un amara sorpresa...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Nei giorni seguenti Patricia si domandò più volte come sarebbe stato quel viaggio in macchina fino in Cornovaglia e fu bene felice di essersi psicologicamente preparata, perché la realtà risultò del tutto simile alle sue aspettative.

Oliver fu molto cordiale, parlarono degli eventuali regali di nozze per Jane e Mike e discussero a proposito di eventuali cambiamenti previsti nell’equipe di lavoro della sala operatoria. Ma Oliver sembrava anche essere molto distaccato e lontano, quasi fosse deciso a tenerla a distanza e a controllare i propri sentimenti. E Patricia si comportò allo stesso modo. Sorrise gentilmente alle sue battute divertenti ed espresse la propria opinione sui regali per i futuri sposi, ma si mantenne fredda e formale.

- Ti andrebbe di fermarti per un the? - chiese lui, strada facendo.

- No. - rispose subito Patricia, ricordando immediatamente l’altro tavolo al quale si erano seduti insieme, al lume di candela. - No, grazie Oliver. - ripeté in tono più gentile. - A meno che tu non abbia bisogno di fermarti a prendere qualcosa.

- Una tazza di caffè e un panino veloci saranno più che sufficienti per me. - disse Oliver.

Sostarono alla prima stazione di servizio ed ordinarono del caffè e dei panini, andando a sedersi ad un tavolo in un angolo. Niente di simile all’atmosfera intima e calda di quel piccolo ristorante italiano.

Ripresero il viaggio e, una volta giunti a Falmouth, Patricia indicò ad Oliver la strada che conduceva all’abitazione dei genitori di Mike. Nonostante fosse ormai piuttosto tardi, la casa era tutta festosamente illuminata e, appena entrarono nel vialetto d’ingresso, la porta si spalancò e Jane, con la sua testa di capelli fiammeggianti, corse loro incontro festosa. Mike la seguì immediatamente, e Patricia notò che si muoveva sempre più agilmente.

- Ti serviranno ancora per poco. - disse subito Oliver, lanciando uno sguardo professionale alle stampelle di Mike.

- Farò in modo di buttarle via prima del matrimonio. - ribatté Mike, abbracciando Patricia e stringendo poi la mano di Oliver. - Non ho nessuna intenzione di andare in viaggio di nozze con le stampelle!

- Non mi pare, dopotutto, che le stampelle abbiano diminuito il tuo fascino, tesoro mio. - esclamò Jane.

- Zitta, donna, o rovinerai la mia reputazione di rispettabile giovane medico de St. Jacob. - le intimò Mike ridendo.

Patricia notò con gioia che, dietro le parole scherzose, lo sguardo che Jane e Mike si erano scambiati era carico d’amore e di tenerezza. Erano davvero perfetti, fatti l’uno per l’altra. Vide Oliver osservare serio i due giovani fidanzati e si chiese se anche lui fosse dello stesso parere.

Il giorno seguente Patricia fu coinvolta da Jane e dalla madre di Mike nei preparativi per il party. Oliver fu impegnato a spostare mobili ed ad andare avanti e indietro da Falmouth per procurare ciò di cui, via via, la madre di Mike si rendeva conto di aver bisogno.

Per il party, Patricia indossò un abito nuovo, di morbido cotone indiano rosa pallido, ed esitò un attimo sulla scelta della pettinatura. Poi decise che quella sera avrebbe voluto essere assolutamente diversa dalla Patricia di tutti i giorni, e lasciò i capelli sciolti sulle spalle.

- Oh, Patricia, sei veramente pazza! - si disse ad alta voce guardandosi allo specchio. - Devi fare una scelta riguardo Oliver, perché un uomo come lui non può certo aspettare all’infinito che una ragazzina si decida. - pensò poi con aria decisa.

Poiché né lei né Oliver conoscevano gli amici di Mike intervenuti al party, inevitabilmente passarono insieme gran parte della serata, ma la musica molto alta impedì loro di parlare.

- Discorso, discorso! - gridò ad un certo punto un cugino di Mike. Qualcuno spense lo stereo e Mike si alzò in piedi, appoggiandosi ad una sola stampella e abbracciando possessivamente Jane con l’altro braccio.

- Io non sono molto bravo a fare discorsi. - riuscì finalmente a dire. - Sono più che altro un uomo d’azione. - E, per darne subito prova, si voltò a baciare Jane. - Tutto quel che voglio dire è che riconosco di essere davvero un uomo fortunato, e desidero ringraziarvi tutti per essere venuti qui stasera a dividere la mia felicità. Ringrazio in particolare Oliver Hutton e Patricia Gatsby per essere venuti fin qui dal St. Jacob.

Era ormai mezzanotte passata quando l’ultimo ospite se ne andò e Patricia, Jane e la signora Wilson riordinarono piatti e bicchieri, mentre gli uomini risistemavano i mobili. Poi, prima di andar a letto, presero tutti una tazza di the in cucina.

Patricia dormì profondamente e la cosa non la stupì. Era stata una giornata molto pesante, senza contare l’aria di mare così diversa da quella cui era ormai abituata a Londra.

L’indomani, quando si svegliò, il resto della casa era ancora immerso nel sonno. Si infilò un paio di jeans e uno spesso maglione e uscì in giardino.

L’aria frizzante la indusse tuttavia a tornare in casa per prepararsi una tazza di the caldo ma, proprio in quel momento, vide Oliver dirigersi verso di lei, e Patricia intuì, dalla linea decisa del suo viso, di non aver più scampo. Doveva comunicargli la propria decisione, in un senso o nell’altro.

Per sua fortuna, prima che Oliver la potesse raggiungere, squillò il telefono e, dopo un attimo di esitazione, lei lo vide tornare in casa per rispondere. Patricia lo seguì lentamente. Quando entrò lui aveva già riagganciato il ricevitore e lei si rese conto, dall’espressione del suo viso, che doveva essere accaduto qualcosa di grave.

- C’è stato un incidente ferroviario. - disse lui in tono sbrigativo. - Al passaggio a livello proprio fuori Falmouth. Era lo zio di Mike al telefono, è il medico locale. Sperava che fossimo ancora qui, ha bisogno di tutto l’aiuto possibile. Vuoi svegliare Jane, per favore?

Jane reagì, come del resto avevano fatto Patricia e Oliver, in modo molto professionale. Fu pronta nell’arco di cinque minuti e riuscì a convincere Mike a restarsene a casa tranquillo, dal momento che, con quelle stampelle, avrebbe potuto fare ben poco.

- Oltretutto, se qualcuno nella confusione dovesse urtarti e farti cadere, tutti gli effetti benefici dell’intervento andrebbero perduti, Mike. - gli fece notare Oliver. - Ascolta, appena saremo in grado di sapere qualcosa di più preciso su quel che è successo ti informeremo. Forse a tuo zio occorrerà un aiuto in ospedale.

- Forse. - disse Mike, convinto. - Andate, presto!

Patricia non aveva idea di che cosa realmente le aspettasse e, a dispetto di tutta l’esperienza ormai accumulata, provò un attimo di panico di fronte allo spettacolo raccapricciante dei due vagoni riversi di lato e del grosso tir che si era incastrato nelle lamiere.

Oliver si affrettò e le due ragazze lo seguirono, per poi dirigersi tutti e tre verso il luogo dove il dottor Wilson, lo zio di Mike, stava organizzando i primi soccorsi.

I due medici si scambiarono poche parole, dopodiché Oliver si rivolse a Jane e Patricia. - Non ci sono vittime - disse con calma, - ma diversi feriti gravi. Vediamo di prestare qui le prime cure, e di inviare direttamente in ospedale i casi peggiori. Fate quello che potete, il dottor Wilson ed io ci occupiamo di questi feriti, in caso di bisogno, chiamatemi immediatamente.

Patricia e Jane si scambiarono una brave occhiata prima di cominciare a darsi da fare. C’erano molti bambini che stavano andando in gita domenicale a Folmouth, erano feriti in modo leggero, ma erano molto spaventati. Le due ragazze pulirono le ferite, bendarono gambe e braccia, cercando di immobilizzarle meglio che potevano.

Tra i feriti c’era anche un bambino con una gamba fratturata. - Sta fermo qui. - raccomandò Patricia al piccolo. - Preferirei che il dottor Hutton ti desse un’occhiata.

- Sì, credo che tu abbia ragione. - disse il medico, controllando la gamba del bambino. - Cerchiamo di immobilizzargliela fino all’arrivo dell’ambulanza. Sarà necessario fargli una radiografia.

Quando ebbe terminato di occuparsi del piccolo, Patricia riprese a ripulire e medicare ferite. Di tanto in tanto, senza interrompere il proprio lavoro, sollevava lo sguardo alla ricerca di Oliver.

Nel momento in cui i lamenti dei feriti si erano un po’ calmati, riusciva a sentirlo parlare con i passeggeri sconvolti, spiegare loro che cosa era successo, rassicurarli.

Una volta anche lui alzò gli occhi e i loro sguardi si incontrarono. Oliver le sorrise e Patricia rincuorata, riprese il lavoro.

Quando le ferite più gravi furono medicate, la moglie del dottor Wilson portò a Patricia una tazza di caffè caldo. - E qui ce n’è una anche per il dottor Hutton. - disse la signora. - Sono sicura che ne avete bisogno entrambi. Gliela porti lei, per favore.

Patricia si raddrizzò, rendendosi conto, solo in quel momento, che la schiena le doleva terribilmente. Oliver aveva appena terminato di suturare una ferita ad un braccio di un infortunato.

- Caffè, Oliver. - gli disse.

- Lo prenderò dopo. - rispose distrattamente lui, senza neanche girarsi.

- Tu lo prendi adesso! - ribatté decisa Patricia. - Ne hai sicuramente bisogno. - Allora Oliver si alzò, prendendole la tazza dalle mani.

E là, in mezzo a tutte quelle persone che avevano soccorso e assistito insieme, con la faccia di Oliver stanca e striata di nero, Patricia capì, con assoluta certezza, di amarlo profondamente. Ogni barriera che avrebbe potuto dividerli era caduta. Oliver era il suo uomo, l’unico uomo che lei amava.

Mezz’ora più tardi, Patricia ed Oliver terminarono di bendare l’ultimo ferito, un anziano contadino infortunato ad una gamba.

- Forse abbiamo finito, Patricia. - disse Oliver. - Il dottor Wilson e Jane sono già in ospedale e mi hanno fatto sapere che non hanno bisogno di noi per il momento, perciò suppongo che…

Si interruppe. Uno dei soccorritori che si erano offerti volontari stava dirigendosi verso di loro, insieme ad una bambina che poco prima avevano medicato. - C’è qualcosa che non va con la piccola? - chiese Oliver.

- No. - disse l’uomo, - Jenny sta bene, ma dice che suo fratello Ian si trovava con lei. Abbiamo controllato anche in ospedale, ma nessuno l’ha visto. Pensavo che potesse essere ancora qui con voi, ma vedo che mi sono sbagliato.

Oliver guardò Patricia, già sapendo che entrambi pensavano la medesima cosa, così si rivolse immediatamente alla bambina. - Ian era nello stesso vagone con te, Jenny? - chiese inginocchiandosi.

La piccola annuì. - Era con me. - disse piangendo, - poi il camion ci è venuto addosso e io mi sono fatta male al braccio. E siamo caduti tutti sul pavimento, i finestrini si sono rotti, e una ragazza mi ha aiutato a uscire e… e io ho pensato che venisse anche Ian, ma adesso non so più dove sia.

Oliver si alzò. - Pensi di potermi indicare in quale carrozza vi trovavate? - chiese.

- E’ quella. - indicò Jenny con la mano, - quella più rotta. I sedili sono tutti a pezzi, dentro. E anche il pavimento si è tutto rotto.

Il pavimento della carrozza era infatti sfasciato e, essendo il vagone tutto inclinato su un fianco, si poteva supporre che il bambino fosse scivolato sotto qualche sedile senza che nessuno se ne fosse accorto.

- Riporti Jenny nella chiesa. - disse Oliver. - Penso che abbia bisogno di una buona tazza di the con dei biscotti. Troveremo Ian, stai tranquilla, piccola!

La bimba guardò Oliver per un attimo, poi disse esitante: - Va bene.

Oliver aspettò finché l’uomo e la piccola si furono allontanati, poi si rivolse a Patricia. - Se è là dentro, deve essere in stato di incoscienza.

Patricia allora si arrampicò sul fianco della carrozza e chiamò forte: - Ian! Ian sei lì dentro?

Poi si volse verso Oliver che la zittì con un cenno.

- Ascolta, Patricia, si tratta della mia immaginazione o quello che sento è un lamento?

Patricia si concentrò mentre Oliver ripeté il nome del bambino. Poi, anche lei udì qualcosa, un lamento flebile, lontano. - E’ qui dentro. - disse subito. - Oliver, quando verranno a rimuovere i vagoni?

- Non lo so. - rispose lui lentamente. - Patricia, provo a calarmi dentro. Forse riesco ad estrarlo.

Ma il varco aperto fra le lamiere si rivelò troppo piccolo, e nonostante che Oliver avesse tentato di allargarlo, non riuscì comunque a passare.

- Credo di poterci riuscire io. - disse Patricia, quando lui rinunciò a insistere in inutili tentativi.

- No! - disse Oliver bruscamente, ma Patricia lo ignorò, e cominciò ad arrampicarsi. Era un passaggio molto stretto, ma avrebbe potuto infilarcisi. - Fa attenzione! - la esortò Oliver. - Stai ferma dove sei finché non riesco a trovare una torcia. E vedrò di mandare anche qualcuno a rimuovere le macerie. - Tornò poco dopo con una torcia che passò a Patricia. - Nessuna traccia del bambino? - Chiese subito dopo Oliver dall’esterno, con voce tesa.

- No, non mi pare. - cominciò a dire Patricia, poi tacque di colpo. Il bambino era là, in un angolo. Lo illuminò con la torcia e vide che aveva una brutta ferita sulla fronte e gli occhi chiusi. Non c’era spazio per inginocchiarglisi accanto, ma riuscì ad allungare un braccio e tastargli il polso.

- Oliver, l’ho trovato. - disse col fiato mozzo. - E’ incosciente e ha un taglio sulla testa, ma il polso sembra abbastanza regolare. Cerco di sollevarlo in modo che tu riesca a prenderlo.

- Fai attenzione, Patricia. - disse Oliver con un tono di voce che tradiva l’inquietudine. - Non so quanto sia stabile la lamiera sulla quale sei appoggiata.

Neanch’io. - pensò Patricia e, mentre sollevava il bambino, sentì il vagone ondeggiare. Lentamente, con il bambino tra le braccia, tornò sui propri passi, carponi, conscia della difficoltà dell’operazione.

Oliver aveva un’altra torcia e le illuminava la strada dall’alto. Dall’interno, il varco nella lamiera sembrava piccolissimo e Patricia si chiese se sarebbe riuscita a passarci di nuovo.

- Non riesco a sporgermi di più. - disse Oliver. - se riesci a passarmi il piccolo, l’ambulanza è già qui, pronta per portarlo in ospedale. Ecco, l’ho preso.

Patricia spinse il piccolo con tutte le sue forze finché non sentì pi il peso del bambino gravarle sulle braccia. Nel medesimo istante qualcosa si mosse sotto i suoi piedi. Non riuscì a fare niente per fermare la caduta, per un attimo la paura l’attanagliò, poi urtò con la testa contro qualcosa e riuscì solo a sentire la voce di Oliver che la chiamava disperatamente: - Patricia! - Poi più nulla.

Molto tempo dopo, aprì gli occhi e realizzò, lentamente, di trovarsi in una stanza d’ospedale. Quando riuscì a voltare la testa, vide Oliver.

La guardava, gli occhi scuri fissi ansiosamente su di lei. Per prima cosa Patricia volle sapere come stava il bambino e la voce le uscì in un sussurro.

- Ian? - ripeté Oliver. - Sta bene, ha qualche brutta ferita esterna, ma niente di grave. - Sorrise, ma l’ansia non svanì dal suo viso. - Sei rimasta senza coscienza molto a lungo. Mike e Jane erano qui poco fa e anche i genitori di Mike. Ho promesso di avvisarli se riprende i sensi. Vado e torno in un attimo.

Patricia chiuse gli occhi quando Oliver uscì dalla camera, e lui rientrò così silenziosamente che lei se ne accorse solo quando lo sentì sedersi accanto al letto e prenderle la mano.

- Oliver? - mormorò con grande sforzo. Tutto quello che desiderava era chiudere gli occhi. - Non andare via… non lasciarmi.

Lui le strinse dolcemente la mano. - Non lo farò. - promise, e Patricia si addormentò.

Quando si svegliò, la testa le doleva molto meno. Con cautela, la voltò e vide Oliver, esausto, addormentato nella poltrona accanto al letto. Non se ne era andato, le era rimasto accanto, non l’aveva abbandonata.

Quando si sveglierà - pensò Patricia, con il cuore colmo di una nuova immensa felicità. - gli confesserò di amarlo. Gli dirò che l’attesa è finita per noi.

Hi girls,

What’up?

La mia storia finisce qui. Spero vi sia piaciuta.

Ho già alcune idee per un’altra storia, questa volta ispirata al personaggio di Benji. Purtroppo non ho molto tempo in questo periodo, sono sovraccarica di impegni. Spero comunque di riuscire a scrivere il primo capitolo quanto prima.

Special thanks to: Luana80 and Serena.

See ya soon!

Love, Diane.

  
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