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Autore: Anny    20/09/2005    2 recensioni
Quando, per amore compiamo le nostre decisioni, non pensiamo ad altro che alla felicità della persona per cui possiamo sacrificare cosi' tanto...Ma quando per questa fatua felicita' noi impegniamo completamente noi stessi...fisicamente...carnalmente...quali possono essere le conseguenze?
Fanfiction tratta sia dall'opera letteraria di William Shakespeare "Il mercante di Venezia", sia dall'omonimo film.
La fan contiene riferimenti parlati, ma anche reali di amore yaoi tra i due personaggi principali...è ancora da decidere se vi saranno o no scene esplicite slash...ma è molto probabile di sì (anche se sempre dal linguaggio molto velato ed implicito), ma se questo vi offende, la lettura è come al solito sconsigliata...Lettore avvisato, mezzo salvato!!!
Ringrazio in anticipo chiunque recensirà questa fan, ma rinnovo la mia gratitudine anche a tutti coloro che la leggeranno solamente…Grazie! ( un ultra grazie va a Moccy per avermi dato l'imput a scrivere la fan...e a Kim la mia beta-reader in pensione forzata...^__^)- la storia degenererà verso l’OOC ed il rating potrebbe arrivare anche a NC17-
Genere: Triste, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sto sfociando nel delirio psichedelico puro!!....scusate per il carattere di scrittura...come posso ingrandirlo solo Zeus lo sa!...

Venezia lentamente si addormentava, un’altra volta ancora, affondando lentamente nelle sue acque sempre più scure, espandendosi infinitamente nelle lunghe ombre che accarezzano i muri e gli anfratti inglobandoli in esse come se fossero spigolosi artigli predatori che tutto catturano e divorano, senza termine, senza pietà, lentamente compiono il loro affare fino a che tutta la città non si trovi dentro un unico corpo d’impercettibile polvere nera che tutto oscura e mette a tacere.

Il sole irradiava ancora la città e la sua laguna, smorto e deposto ma ancora caldo e carico di balsamico torpore, espandendosi in raggi rossastri così bassi da arrivare ad accarezzare morbidamente le placide acque dei moli; come se essi fossero lunghi nastri fluttuanti color delle arance e dei pompelmi del sud staccatisi dal cerchio di fuoco morente, che via via si accasciava sull’acqua, stanco e meraviglioso. Un imperatore pur sempre bellissimo, ma mite e anziano che senza più smanie di dominio su tutti gli abitanti della città, lasciava il trono alla sua pallida sposa – sorella, così misteriosa e forte, la Luna e alla sua corte di stelle che tempestavano l’infinito mantello corvino della notte.

Le dita di Antonio erano lasciate libere di scorrere sulla superficie ruvida e calda di un muro di calce bianca, illusoriamente dipinto da un’inconsistente pittura rossastra proveniente dal magico riflesso che i raggi di sole producevano sulle acque verdastre di uno sperduto molo, nei pressi del Ghetto.

Piccole imperfezioni appuntite nella parete punzecchiavano i polpastrelli del mercante, li solleticavano, li incidevano superficialmente mentre il suo corpo aderiva piano piano ad essa.

Quando la sua schiena venne a contatto con la grossolana calce, l’uomo si liberò di tutta l’angoscia che lo stava divorando abbandonandosi alle lacrime, che lentamente trovavano un sottile varco sulla superficie della sua pelle non più giovane, scendendo in sottili fili d’argento lungo le guance, gli zigomi fino ad arrivare al collo, perdendosi nei suoi corti capelli che in quei pochi giorni stavano invecchiando troppo velocemente.

Richiamò a sé le dita, che strisciando dolorosamente sulla parete pungente si ricongiunsero inermi in due saldi pugni, che sbatterono con ponderata forza contro le piccole lance di calce, provocando numerosissimi minuscoli fori sanguinanti nella tenera carne delle mani.

Prima di accorgersi di quell’infimo dolore che si propagava in tutto il corpo, il mercante dovette toccare lentamente il suolo, facendo scivolare le gambe lungo la parete, per poi distenderle lungo le piastrelle di cotto che ricoprivano il pavimento del portico in cui si trovava, quasi disarticolate e senza vigore alcuno.

Antonio si portò le mani al volto, sollevando appena la parte ferita di esse, consapevole dell’errore che aveva appena commesso, ma senza curarsene in alcun modo.

Riaprì gli occhi umidi, guardando il molo esplodere dei colori dell’ultimo clamoroso fuoco solare. Sollevò il volto facendosi inondare il mento e le guance da quel calore che si andava via via sempre più spegnendosi. Richiuse le palpebre e si lasciò catturare da quelle fiamme vigorose.

Fuochi che si tramutarono subdolamente in sensazioni astratte, sensuali, ma dilanianti.

Quel fisico calore solare si permutò in bollente ricordo di membra, labbra, mani, sospiri, gemiti, lingue combattive e complici. Fiati di brace, parole roventi, racconti vogliosi, fantasie indescrivibili, abbracci potenti, occhi offuscati, guance umide di baci, chiome indomabili e madide, sostanze avvolgenti, sete e rose, sessi incompleti da soli, e incontenibili insieme......calore d’amore...calore di sensualità.....fuoco che riscalda.....fuoco che vuole essere rinvigorito...fuoco che vuole, desidera e in un balzo di possessivo egoismo,

Pretende....

Il mercante sentiva sulla sua pelle piccole frasi provocanti, che piano piano, con calligrafia immaginaria e svolazzante si marchiavano a fuoco all’esterno e all’interno delle sue cellule...si raffreddavano...ingrigendosi...per poi scomparire e dare nuovo spazio ad altre più ribelli, indiscrete, bollenti, al limite della decenza e forse perfino più in là.

Via via che la sua mente si liberava da malumori, paure, tensioni ed inibizioni l’immaginazione di Antonio definiva immagini sempre meno astratte. Ora quelle parole immorali e lascive si tramutavano in una bocca calda di passione che esplorava il suo petto, che baciava, mordeva giocava con la sua pelle: quella leggermente tesa a contatto con le ossa del costato e delle clavicole, e sia con quella morbidissima dei capezzoli, liscia, e facilmente convertibile a turgida ed infiammabile area di piacere gentile, bruciante e paradisiaca. Forti braccia che lo cingevano gelosamente, mille tocchi leggeri di mani vogliose, labbra che si arcuavano in sussurri dolci, che si tramutavano in passionali ed incontenibili in un susseguirsi di cambiamenti sorprendenti e schiaccianti: quel corpo immaginario, maschile, famigliare oltre ogni possibile intimità umana, dapprima lo avvolgeva con primordiale violenza, con uno spaventoso bisogno di superare qualsiasi barriera fisica, reale...umana per fondersi col suo corpo, aprire mille varchi roventi che provocavano nel mercante moti di estatico dolore, per poi riversarsi in un fuoco bollente, in una lava incontenibile al suo interno e finalmente congiungersi con ogni cellula, fibra, organo del corpo amato e spasmodicamente desiderato. Via via che il limite di piacere veniva raggiunto, superato, ricresceva e tornava alla sua vetta, la passione scemava, senza alcun trauma, verso un dolce abbraccio, più mite, appagato e profondo, che si sedimentava all’interno del corpo di Antonio, lentamente, stringendo pacatamente quelle fibre tormentate ed eccitate oltre ogni misura, completando gentilmente l’opera di fusione così violentemente esplosa. Tutto il tormento della carne, la sua eccitazione erotica, la smania di un ricongiungimento totale ed impossibile si estingueva in un impareggiabile appagamento dei sensi, e nella consapevolezza immaginaria di essere riusciti a possedere ed essere posseduti e al medesimo tempo di non aver provato affatto tutto ciò che era accaduto in così brevi attimi di solitudine.

I suoi occhi ripresero a vedere, e ciò che percepì attraverso di loro fu una Venezia buia, fresca, ed irreale nelle sue luci lontane, nelle sue voci inesistenti e nelle acque nere ed inquietanti.

Si accorse di aver provato, nel giro di pochi minuti, la più grande disperazione......e il più spirituale, magnifico e bruciante orgasmo di tutta la sua lunga vita.

- Flash Back -

- Nel corso del pomeriggio, mentre un mercante conosceva il vero inferno terrestre, un giovane nobiluomo si stava apprestando ad assaggiare i frutti di un falso Eden -

"ahh Bassanio, eccola...eccola....la più incantevole delle isole....Belmont!"

l’isoletta verdeggiante, di nome Belmont si mostrò ai due nobiluomini e al loro rozzo traghettatore, graziosa e fuori dal tempo. Brillante nei bianchi marmi che costituivano il palazzo rinascimentale di Porzia, dalle parvenze di un raccolto tempietto greco, circondato da numerosi piccoli giardini traboccanti di minuscole viole disposte a tappeto, nivee magnolie dai fiori oscenamente carnosi che prosperavano lungo i sentieri che conducevano alle varie entrate del complesso, fanciullesche margherite selvatiche, siepi lucide, dalle foglie pungenti, o oleose ed estese, tripudi di narcisi che si affacciavano curiosi sulle acque della laguna, bocche di leone scintillanti, rose, buganvillee che abbracciavano le colonne dei portici più soleggiati, soffioni selvatici, giacinti dal raro color porpora ,iris, Itzim bicolori, e numerosissime altre specie sconosciute perfino agli studiosi occidentali più pignoli ed esperti di botanica.

Era il luogo più adatto per esporre l’idea generale che le persone europee potevano possedere per descrivere il paradiso terrestre, o l’effimera piacevolezza della bellezza perfetta, tripudiante, ma priva di qualsiasi slancio passionale o di riferimenti minimamente peccaminosi a causa della sua finitezza fredda, calcolata, pulita, casta, che non aveva nulla a che fare con luoghi più nascosti, ombrosi, sicuramente più modesti, ma profondi e meno scenografici dove vi alloggiava però la vera passionalità, il peccato della carne e dello spirito, e dove regnava incompreso e contrastato l’amore.

Bassanio, con questi suoi intimi pensieri stava in cuor suo cercando di schiarirsi le idee confuse, comparando in un eccesso di materialismo e realismo i due luoghi che fin ora rientravano tra quelli più significativi per la sua esistenza, presente, e forse futura: la splendida villa di Porzia, e il palazzo più raccolto ed intimo di Antonio. E per la prima volta in cuor suo il suo amante e la sua giovane e nobile ereditiera vennero davvero in conflitto l’uno contro l’altro.

Intanto , nel palazzo di Belmont....

"Porzia...arrivano!"

Un’elegante ragazza uscì dalla porta finestra centrale, per dirigersi verso la sua amica che saltellava pericolosamente a pochi millimetri dalla balaustra dell'alto balcone padronale che si affacciava sul giardino principale, che avrebbe accolto ,tra pochi minuti l’esigua delegazione di Basssanio, venuto a chiedere la mano di Porzia e a cercare di superare l’infima prova dei tre scrigni.

"Nerissa, lo vedo...lo vedo....cara?"

"sì!": squittì tutta eccitata l’amica, compiendo un balzo tale da rischiare una rovinosa caduta di quattro metri dal balcone. Porzia era invecchiata di una decina di anni, in meno di una decina di secondi.

"..p...potresti evitare di tentare un immorale suicidio durante la tua permanenza sul mio balcone?"

Sfoderando la sua solita disarmante tecnica migliore: un sorrisone brillante a trentadue denti, la ragazza annuì maliziosa, riprendendo subito poi a indicare poco signorilmente la piccola gondola scintillante che si avvicinava all’isola.

Porzia, evitando di riprendere Nerissa a causa del suo comportamento molto poco femminile, più adatto ad un garzone di strada che ad una dama di compagnia le si avvicino ponendosi accanto a lei e con un insolita mossa di virile forza la agguantò con un braccio e la immobilizzò alla meglio peggio, evitando almeno che continuasse ad urlare sguaiatamente epiteti ben poco costumati e virginali sulle immaginarie qualità nascoste di Gratiano.

Lo stesso sovrumano sforzo lo stava compiendo Basanio, cercando di tappare la bocca del suo amico, che in quel momento vedendo la sua bella Nerissa si stava lasciando trasportare da un incontenibile volgarità linguistica, rispolverando tutte le espressioni che potevano descrivere in modo alquanto colorito quello che un poeta potrebbe definire, arrossendo violentemente "la giovine rosa da cogliere" della propria amata e sospirata fanciulla.

La gondola attraccò nel piccolo, ma organizzatissimo porticciolo dell’isoletta, e la piccola comitiva fu accolta da alti squilli di trombe scintillanti che riflettevano i raggi solari in mille riflessi dorati ed accecanti. Bassanio e Gratiano furono accolti da una decina di uomini vestiti per l’occasione: pregiata calzamaglia rossa, casacca bicolore, blu è oro, bassi copricapi di velluto a coste leggermente calcati sul lato destro del volto, rossi anch’essi e una lunga panciera raffigurante un leone incoronato che artiglia un fiordaliso, in campo bianco e oro. I due gentiluomini però interruppero subito le formalità d’accoglienza, spiegando ai maestri di corte che era previsto un secondo sbarco, ben più nutrito in cui oltre a essere traghettati verso Belmont numerosi giovani dell’emergente nobiltà veneziana, venivano trasportati preziosi doni da presentare alla bella ereditiera da conquistare.

Già, numerosi presenti per Porzia, per l’ammontare di, guarda un po’, tremila danari...Quel pensiero era già di per se un incubo, ma come se non bastasse

la truce immaginazione di Bassanio diede il colpo finale alla sua stabilità emotiva, gettandolo in un oblio di fantasie terribili e angoscianti:

Ogni prezioso trasportato su quella seconda capiente gondola costava al cuore del giovane nobiluomo mille rimpianti, rimorsi ed infelicità. Ogni ametista, rubino, filiere d’oro, coppa o tessuto erano già in origine macchiati, intrisi, imbevuti, grondanti del sangue di Antonio.

Il giovane nobiluomo vedeva quel sangue, rosso, scuro, ancora caldo, anzi bollente traboccare dagli scrigni, inzuppare le sacche di velluto, insidiarsi nelle le piccole confezioni e con orrore aspettava che quei forzieri e contenitori fossero aperti, una volta giunti sull’isola, per vedersi le calzature impregnarsi del liquido che sgorgava mostruosamente da essi, vedere le radici e gli steli dei lusinghieri fiori che impreziosivano Belmont succhiare avidamente la rossa linfa e nutrirsi di essa, sentire le isteriche risate dei maestri di cerimonie, dei gentiluomini che li avevano accolti, l’orrore degli amici di Antonio che lasciavano cadere disgustati gli scrigni e le sacche facendo schizzare il loro rivoltante contenuto ai piedi di Bassanio, vedere le loro espressioni di sdegno e di rimprovero sul proprio volto, vedere Gratiano che gli rivolgeva le spalle piangendo, ed infine vedere Porzia dagli occhi sgranati dall’orrore ed un inquietante ghigno sulle labbra di rosa, ambigua nel suo giudizio e indicante un punto ben preciso dello scrigno più grande e ricolmo di sangue.....il punto dove galleggiava, gonfio, pulsante, e dilaniato un Cuore....

"Bassanio...Bassanio, amico mio?"

Gli occhi segretamente velati di lacrime di Bassanio si rivolsero verso il viso di Gratiano che lo guardava curioso ed interrogativo.

"...dimmi Gratiano..."

"Amico mio......la cavalleria sta arrivando...e credo che con questa offensiva la battaglia sarà nostra......compreso il bottino di guerra, ovviamente!"

Bassanio si girò verso la laguna, dove a pochi metri dal molo sopraggiungeva la ricca gondola, straripante di uomini riccamente vestiti e di luccicanti scrigni.

- Fine Prima parte dell’ottavo capitolo -

La capiente imbarcazione raggiunse lentamente il porticciolo, dove attraccò senza troppe difficoltà, riversando a terra il suo carico d’uomini e oggetti preziosi.

Mentre una quindicina d’uomini elegantemente abbigliati, dagli sguardi fieri, e inconsapevolmente o meno alteri raggiungevano Bassanio e Gratiano, accolti anch’essi da alti squilli di tromba dal suono argentino, dei servi dalla pelle brunita dal sole e dai miseri abiti scaricavano le pesanti casse di preziosi, le confezioni di seta che contenevano costosi capi d’abbigliamento ed altri scrigni dalle varie dimensioni e fattezze.

Lo scintillante e distinto gruppetto di nobiluomini era capitanato da un nobile, poco più che ventenne, dalla pelle lucida e perfettamente rasata, che vestiva, sopra una casacca a manica a cipolla color cremisi, una spessa pettorina di cuoio scuro equino le cui fibbie si allungavano come tentacoli di polpo verso le sue cosce, coperte da una corta tunichetta dello stesso tessuto rosso e ruvido, con la funzione di reggere un lungo stiletto a sinistra e la consueta sottile spada a destra, il tutto completato da spesse calze bianco panna che gli avvolgevano le gambe muscolose, ma snelle e la corta chioma bruna coperta da un capello a punta color mattone da dove spuntavano, eleganti, numerose piume di pavone albino che scendevano come una cascata di latteo liquido oltre le tornite spalle.

Quel nobile si chiamava Fabrizio della Quercia, cognome di una delle più giovani, potenti e violente famiglie nobiliari veneziane.

Il suo passo era studiato con minuzia quasi maniacale, il modo in cui poneva un piede di fronte all’altro era di una perfezione e controllo tali da risultare troppo forzato ed innaturale, anche se Fabrizio si sforzava in ogni maniera di rendere il suo portamento fluido e congenito, con una gestualità elegante ed disinvolta (mani poste sui fianchi, petto rilevato, cenni di incoraggiamento ai suoi compagni di ventura) e con sorrisi sicuri, elargiti a tutti e a tutto come se fossero i colorati coriandoli di stoffa che a Carnevale venivano gettati dalle finestre e dai balconi delle case durante i cortei in maschera.

Ma Bassanio sapeva che tutto questo atteggiarsi ,controllarsi corporalmente ,apparire come un condottiero raggiante e sicuro di sé erano solo espedienti che celavano dietro di essi una spiccata insicurezza e fragilità tenuta a freno e velata da gesti forti e trascinanti.

Bassanio non amava particolarmente il giovane Fabrizio, che gli appariva spesse volte come una creatura falsa e falsata da atteggiamenti non propri, dettati da una società, quella nobiliare, che doveva difendersi da coloro che attanagliavano il loro potere a colpi di ipocriti e boriosi comportamenti , a tratti fastidiosamente grotteschi.

"Bassanio! Gratiano! impareggiabili esempi di eleganza e distinzione, nonché grandi amici, come state?"

"....il nostro umore e paradisiaco, caro Fabrizio!": rispose Gratiano ,notando un sottile sorriso contrariato sul volto di Bassanio.

I due nobili si salutarono amichevolmente, abbracciandosi con forza.

" Ottimo!...Bassanio, carissimo...eccoci arrivati al grande passo!": disse Fabrizio rivolgendo lo sguardo verso il giovane pretendente ,che gli dedicò a sua volta un tirato sorriso d’assenso.

"ehhh!! Fabrizio calmo con le parole....eccolo arrivato al grande passo...no eccoci...non vorrai rapire il cuore dalla sua donna?"

"futura donna...forse": rispose un incerto Bassanio.

"oh certo che no, la bella Porzia è un territorio vergine ed inesplorato che attende solo il suo legittimo proprietario...cioè il nostro amatissimo amico Bassanio, nevvero?" : rispose Fabrizio alla provocazione di Gratiano, ammiccando verso Bassanio, ma ignorando bellamente il suo precedente tentennamento.

- In fondo, lui doveva ancora vedersela con la prova dei tre scrigni, che avrebbe decretato o no il suo diritto a chiedere la mano della giovane ereditiera, e Fabrizio sembrava così sicuro della sua riuscita. Lo stava sicuramente schernendo!-

Bassanio non rispose, e tra i tre uomini scese un silenzio più che imbarazzante.

"Bassanio!"

Il silenzio fu infranto da una delle numerose voci di nobiluomini e servi che avevano raggiunto lui, Gratiano e Fabrizio, seguiti dai mastri di cerimonia e gli uomini della corte di Porzia.

"Alessandro! Ragazzi! Ah eccovi qua, scansafatiche, nemmeno due casse riuscite a sollevare da soli!": affermò Bassanio rivolgendosi ad un nobile venticinquenne, scorgendo, non senza sentire qualche brivido d’apprensione e paura le pesanti casse e scrigni trasportati con fatica dai servi.

"Siamo nobili per un motivo!"

Senza degnare di uno sguardo un indispettito Fabrizio, Bassanio si diresse verso l’amico d’infanzia e il resto del gruppo, lasciando Gratiano alle prese con gli sbuffi di rabbia del giovane della Quercia.

Dopo qualche minuto per i saluti e lo scambio di poche divertite parole di ringraziamento, Bassanio annuì ad un impaziente Gratiano, che trovandosi in difficoltà con gli umori neri di Fabrizio inviava all’amico indiscutibili segnali di procedere verso il palazzo di Porzia.

"Che ne dite, Signori, è ora di andare, no?...le signorine hanno aspettato fin troppo": esclamò un sollevato Gratiano, fungendo da capofila.

Il corteo si avviò estasiato dalle meraviglie floreali dell’isola di Belmont, dirigendosi a passo cerimoniale verso l’entrata principale dell’originale palazzo di Porzia.

Calendule scintillanti ove si infiltravano violette selvatiche segnavano i contorni del sassoso marciapiede, mentre una decina di ancelle e fanciulli bianco vestiti spargevano un numero incalcolabile di setosi petali di rosa e giacinto.

"...questo è il tempio di Venere, amico mio ...altro che il sontuoso palazzo di una vergine nobildonna"

"...davvero lo credi, Alessandro?"

" Certamente....Bassanio, qualcosa ti turba, nevvero?"

Bassanio sorpreso dalla perspicacia di Alessandro gli rivolse un sorriso dolce e mite, che non faceva altro che far trasparire il turbamento e la confusione che anelavano il suo animo in quel momento, ma non gli rispose.

Alessandro a quel silenzio con contraccambiò con un’ennesima domanda curiosa, ma si limitò, invece, a stringere con più forza e trasporto la spalla destra di Bassanio ,che fraternamente cingeva da parecchi minuti, cercando di trasmettere tutto il calore e l’appoggio possibile ad un amico che aveva sempre ammirato e protetto.... e segretamente amato, tacitamente senza mai far trasparire i suoi sentimenti, ne al diretto interessato, ne ai suoi amici più intimi e fidati, in primo luogo per non spaventare e confondere il giovane cuore del ragazzo, e successivamente per porsi pacificamente in disparte quando con una sola occhiata, dettata dalla sua naturale perspicacia nell’identificare i sentimenti altrui aveva intuito che il suo amato Bassanio si era perdutamente innamorato di un altra persona, che lo ricambiava con discrezione, ma anche sicuramente con un trasporto e passione intimi e segreti donati generosamente durante i loro incontri clandestini e nascosti ....e lui sapeva benissimo di chi si trattava, ma essendo un uomo di forti principi morali e considerando la fedeltà e l’amicizia come i cardini portanti della vita di un uomo onesto non si era mai neppure permesso di sotto intendere maliziosamente, né in privato, né tanto meno in pubblico sulla possibile relazione d’amore tra Antonio, anch’egli suo carissimo amico e il suo adorato Bassanio, figuriamoci di parlarne apertamente con il sorriso sulle labbra alzando una coppa di vino invocando una bonaria benedizione divina sul loro amore, che comunque come poteva intendere da numerosi e segreti segnali che i due amanti si inviavano era fortissimo e per il momento indistruttibile.

Grazie alle regole ferree sull’amicizia che si era imposto fin da fanciullo, Alessandro, anche nei momenti di disperazione più dilaniante, quando il suo cuore sanguinava più copiosamente, tormentato dalla vista di intime carezze, e dolci parole che i due amanti si inviavano segretamente, senza mai essere colti in flagrante da nessuno tranne che dai suoi occhi e dalle sue orecchie attente, mute e autolesioniste non si permetteva mai di poter lanciare verso la coppia stilettate maliziose. Neppure dopo interminabili banchetti, dove i fumi dell’alcol potevano dar adito a conversazioni imbarazzanti ed infamanti. Non si permetteva neppure di pronunciare qualche battutina maliziosa e compiaciuta quando i due amanti si accomiatavano nello stesso tempo da qualche discussione leggera e senza importanza. Mai una minaccia. Nulla di tutto ciò; il suo buon senso, e i veri sentimenti d’amicizia e amore che provava rispettivamente verso Antonio e Bassanio avevano la meglio anche sulla selvaggia gelosia che molto spesso s’insinuava dentro il suo corpo, iniettando all’interno delle sue fibre il veleno del rancore, della violenza e del furore portando la sua mente ad architettare diaboliche congetture su come disintegrare l’opprimente relazione segreta, infangandola pubblicamente oppure infamandola subdolamente spargendo varie crudeli voci a tutti i conoscenti dei due amanti, riuscendo così a dividere l’amico mercante dal suo giovane amato, carpendo, anche con la forza più brutale il cuore ed il corpo di quest’ultimo.

Ed ora, che le ferite del cuore si stavano lentamente ma inesorabilmente rimarginando, provando sempre più spesso felicità nel vedere la spensieratezza sulle gote arrossate di Bassanio e nei suoi sguardi carichi di un solo amore terrestre, restava sinceramente spiazzato dalla decisione repentina del suo amico di voler prendere una sposa al suo fianco. Non che Porzia non fosse una donna giovane, dall’innocente bellezza, colta e ricca, ma il nobiluomo proprio non riusciva a concepire come sia Bassanio potesse permettere al suo cuore di far spazio ad una altra persona, e sia Antonio potesse accettare tutto questo, perfino finanziando così pericolosamente questa spedizione amorosa, che sinceramente di amoroso, Alessandro non percepiva nulla.

Forse era stato un atto di bramosia subitanea a qualche rottura nel rapporto così apparentemente forte ed indissolubile dei due? L’urgenza di Bassanio di mantenere le apparenze, potendo così dedicarsi al proprio amore segreto con il cuore più sollevato? Problemi economici? Ardore giovanile? Errore? Alessandro non conosceva la risposta, ma senza ombra di dubbio sapeva che il bellissimo nobiluomo al suo fianco non amava Porzia, e questo, anche se non sapeva perché, lo sollevava così grandiosamente da potergli permettere di sopportare un ennesimo involontario scorno ai suoi sentimenti da parte del giovane Bassanio, che comunque avrebbe sempre avuto il suo appoggio, la sua comprensione e il suo amore pudicamente mascherato d’amicizia.

I nivei portoni lignei del palazzo furono spalancati ed il primo ad entrare, dopo i mastri di cerimonia, che avevano il compito di annunciare ad un apparente desertico palazzo, fu un estasiato Fabrizio, che varcò l’immenso uscio con uno sprezzante sorriso sulle labbra e un occhio indagatore e malizioso che più che osservare gli splendori del complesso analizzavano ogni angolo alla ricerca del giovane corpo di Porzia.

Dietro di lui seguì un Gratiano dall’altrettanto sguardo indagatore, alla ricerca però delle femminili forme della dama di compagnia della bella ereditiera. Subito dopo di lui giunsero Alessandro e Bassanio ed il resto della compagnia di nobiluomini con i servi a chiudere il corteo. Tutti quanti estasiati dall’insolita bellezza partenopea degli spazi e degli arredamenti che sembravano irradiare le superfici di un innocente splendore e luminosità.

Quando il gruppo di nobili, di servi e la corte di palazzo si ritrovarono nell’atrio si sentì un altro grandioso squillo di trombe che intonarono però una melodia cerimoniale che accolse quasi subito la comparsa di due dame che sinuose nelle loro vesti scendevano con grazia la rampa principale di scale dalla parvenza di una cascata diamantina, che congiungeva i piani superiori all’atrio.

Porzia per nulla intimidita dalla folla di soli uomini che la rimiravano piacevolmente scrutava senza remore il viso, leggermente arrossato di Bassanio che con coraggio la ricambiava con uno sguardo altrettanto magnetico e sicuro. La giovane ereditiera appariva a tutti come l’incarnazione della misteriosa luce stellare, nel suo abito svolazzante bianco panna, dalla scollatura uniforme e apparentemente casta, impreziosito da velature, rifiniture e mantelline ai lati delle maniche di un color oro scuro e antico. I suoi capelli biondi erano lasciati liberi di fluire come un mare in tempesta sulle sue spalle, maliziosamente, infrangendo ogni regola di decenza e pudore.

Al seguito di Porzia, un gradino dietro di lei come vigeva da protocollo vi era la bruna Nerissa, dai capelli ricciuti elegantemente raccolti in un alto chignon che liberava sbarazzino qualche ciocca corvina facendole ricadere sulle guance e le spalle nude. Il rosato abito le fasciava il corpo quel tanto da poter alimentare i sogni proibiti di un interdetto Gratiano per i prossimi sei secoli, ma senza esagerare troppo, sdrammatizzando quel tocco sensuale con numerosi sottili veli trasparenti ,anch’essi di un lieve rosa pastello che nascondevano il vero corpo del vestito.

"Carissimi ospiti, benvenuti a Belmont....un isola fuori dal tempo, certamente, ma che saprà donarvi un’ospitalità che non conosce epoca..."

Moti di assenso si levarono dalla compagnia di nobili che si scambiavano già diverse opinioni sulla padrona di casa e la sua dama di compagnia.

"...ma che si presenti colui che è venuto a chiedere la mia mano!": disse sicura la bella Porzia, scrutando già colui che cercava.

Alessandro diede una piccola pacca sulla schiena di Bassanio, esortandolo a farsi avanti.

" Sono qui, mia deliziosa dama!"

Bassanio si trovava al centro del gruppo di giovani nobili, che si girarono immediatamente a guardarlo, attendendo le sue prossime mosse.

"oh, chi è colui che viene a chiedere l’amore di una fanciulla, e si nasconde da essa, timido e ...bellissimo?"

"...Bassanio, mia carissima!"

Porzia sorrise tra sé e sé, ma quell’impercettibile movimento di labbra non sfuggì a Nerissa che avanzò oltre la sua amica alzandosi leggermente sulle punte dei piedi, assumendo un aria più imperiosa. Si schiarì la voce e, mentre Porzia stava già risalendo le scale, esortando Bassanio a seguirla, enunciò con voce forte:

" Che il Pretendente segua la Promessa nella stanza degli scrigni, e che i suoi compagni lo seguano per infondergli forza, coraggio e perspicacia per la prova che dovrà sostenere"

Sentendo quest’ultime parole, Bassanio si voltò verso Alessandro, tendendogli una mano.

"...allora , amico mio avrò bisogno di te più che in qualsiasi altra sfida che mi si sia presentata davanti"

"....e io sarò onorato di seguirti e consigliarti": rispose Alessandro, leggermente sorpreso da quelle parole, ma anche molto compiaciuto da esse.

" Allora, signori miei cosa aspettiamo....una sfida aspetta il nostro amatissimo Bassanio...diamo il meglio di noi stessi, perché lui dia il meglio di sé": proclamò ad alta voce Gratiano esortando il gruppo di nobili a seguire Porzia, Bassanio ed Alessandro, dando però anche un occhiatina alla reazione di Nerissa a quella sua presa di posizione, dalla forza ed impatto degni, almeno secondo lui, di un generale che esorta i suoi a gettarsi in battaglia.

E sempre secondo lui, Nerissa ammiccandogli con lo sguardo un punticino oscuro del palazzo dava adito di aver particolarmente apprezzato la sua uscita.

Fine della seconda parte dell’ottavo capitolo.

  
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