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Autore: 365feelings    16/07/2010    4 recensioni
Quella donna moriva nella foresta in fioreQuella donna sapeva che altrove c'era una foresta molto più verde(C.Cros)
#01 SasuSaku: Sakura
#02 ItaIno: Murasaki -Prima classificata allo Yamanaka Contest indetto da Shark Attack-
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Itachi, Yondaime | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Hanazakari no mori

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo primo – Sakura 桜

 

I corpi esanimi dei ninja giacevano a terra riversi nel proprio sangue, le carni martoriate, da cui, denso e copioso, era fuggito via il nettare vitale che tingeva di rosso l’erba. Nell’aria solo l’odore di morte, soffocante e indelebile. Nel cielo plumbeo, solo i corvi gracchianti. Maestosi e terribili, macchie nere nel verde della foresta, planavano con le loro grandi ali sui cadaveri e senza mai toccare terra si avventavano sulle carni, artigliando, ghermendo, strappando, per poi riprendere quota e sparire oltre le nubi.
L’Hokage avanzò, attenta a non mettere il piede i fallo tra l’intreccio di cadaveri, seguita da un gruppo di paramedici attrezzati con barelle.
Tsunade scrutò con occhio attento la radura, alla ricerca della sua allieva, fino a quando una voce non la chiamò.
Si voltò, raggiungendo uno dei medic-ninja chino su di un corpo al limitare della foresta, il passo affettato e il respiro trattenuto.
Sentì la speranza, come la fiamma morente di una candela che prima di spegnersi arde con maggior intensità nello splendore del suo ultimo istante di vita, riaccendersi e bruciare impetuosa nel cuore, per poi scomparire nel nulla, come mille altre volte in passato e lasciarle quella sensazione di fallimento e amarezza che lei bene conosceva.
Il corpo esangue di Sakura era appoggiato al tronco di un ciliegio dalle pallide gemme, una pozza scura e cremisi si allargava sotto di lei.
I capelli, una volta lucenti e setosi ora incrostati di sangue raggrumato e terra, accarezzavano il pallido volto della fanciulla scarmigliati, unica nota di colore in quella radura di morte.
Sul torace si apriva, grande e dai labbri laceri, una ferita da cui la vita era scivolata via, e affianco l’arma che l’aveva procurata.
Tsunade, il volto impassibile e lo sguardo imperturbabile, si chinò ad accertare la morte, toccando la pelle fredda del collo, spinta dalla disperazione che ben nascondeva sotto gesti calmi e misurati. Ma ciò che sentì, fu solo il silenzio. Il silenzio del nulla, il silenzio della morte.
Chiuse gli occhi, per un attimo, per cercare di scacciare dalla mente l’immagine della promettente allieva senza vita, il pallore dell’incarnato e le labbra livide. Era troppo.
Si alzò, senza parlare, accennando alla barella che due medic-ninja tenevano in mano, e non appena il cadavere fu deposto su di essa lasciarono la radura, immergendosi nella vegetazione.
Alle sue spalle la boscaglia aveva già iniziato a nascondere il campo di morte, teatro di una battaglia di troppo figlia di una guerra cruenta e disastrosa.
Erano i giovani a dover seppellire i vecchi, non viceversa, ma ormai il naturale scorrere della vita era stato invertito e scombussolato.
Mentre il triste corteo spariva nel verde, inghiottito dagli alberi, le pallide gemme del ciliegio si coloravano di rosa, le radici alimentate dalla vita perduta di Sakura.

 

L’acqua del ruscello, fresca e pura, lambiva le sue caviglie con un suono argentino che giungeva alle sue orecchie simile ad un’arcana melodia.
Là dove le chiome degli alberi permettevano ai suoi occhi di scorgere il cielo azzurro, il sole brillava e i suoi raggi accarezzavano dolcemente la sua pelle candida, regalandogli una sensazione di pace che mai aveva provato e che da tempo agognava.
Si tolse la casacca bianca, gettandola sull’erba fresca, e si chinò verso l’acqua trasparente, sfiorandola con le mani e poi portandosela al volto.
Il suo corpo traboccava di serenità, ogni fibra del suo essere si tendeva per appagare il suo desiderio di pace. I muscoli si scioglievano, il volto si rischiarava, i pensieri e le preoccupazioni sparivano.
Guardò la foresta che lo circondava, verde e viva, simile a quella di Konoha, che si innalzava verso il cielo, avida di luce, e in lontananza scorse uno splendido ciliegio, un tripudio di fiori rosati delicati e belli, circondati da una corona di foglie.
Risalì il ruscello, verso la fonte, le gambe che si muovevano veloci e leggere, fino a quando questo non divenne una sottile striscia argentata che terminava tra delle rocce in una cascata di luce che veniva dall’alto.
Fu lì che la vide, nel riverbero del sole seduta su un masso, gli occhi chiusi e i piedi immersi fino alla caviglia nella polla cristallina dove la scia argentea finiva.
Non si accorse subito della sua presenza, il volto sereno rivolto al cielo, ma quando sentì il rumore dei suoi passi le iridi smeraldine tornarono alla luce e si volse a guardarlo, sorpresa e felicità, amalgamate con una punta di tristezza, si rincorrevano nel verde dei suoi occhi.
«Sasuke.», sussurrò.
«Sakura.»
Rimasero fermi a guardarsi, a studiarsi, dopo anni che non si vedevano.
«Cosa ci fai qua?», chiese con un tono neutro di voce che ben mascherava la curiosità, cogliendo di sorpresa la ormai giovane donna, abituata com’era ai suoi silenzi.
«Sono morta Sasuke.», rispose tranquillamente senza tradire paura o rimpianto che non provava.
Il silenzio tornò, interrotto solo dal gorgheggiare dell’acqua, e lui ne approfittò per prendere posto davanti a lei, sedendosi su una roccia levigata e umida.
«Come sei morta?»
Il capo rosato si alzò all’improvviso distogliendo l’attenzione dai piedi nudi e guardandolo negli occhi non si vergognò di mostrargli la sorpresa che ancora una volta le procurava quella domanda inaspettata.
«Stavo combattendo. La radura era disseminata di cadaveri e il cielo coperto da nuvole. Eravamo rimasti solo io e qualche altro ninja. I rinforzi non arrivavano. Ci siamo scontrati con dei rivoltosi, ma erano troppi e una katana mi ha trapassata senza che io potessi evitarla. Se fossi stata nel pieno delle mie forze e se i miei compagni avessero avuto il tempo di coprirmi, quella ferita sarebbe stata un graffio. Invece ho portato con me almeno altri due nemici e poi sono morta, prima di potermi curare. In realtà riflettendoci la colpa è stata mia. Un ninja medico deve riuscir a schivare ogni colpo e deve lasciare che siano i suoi compagni ad aprire la strada. Se muore, chi cura la squadra? Invece mi sono lasciata prendere dalla foga. Ma infondo va bene così. Ero stanca della guerra, della morte. Konoha non esisteva più, avevo perso tutto, compresa la forza di vivere. E quando è così, non c’è più niente da fare.», raccontò pacata con voce calma, come se anche lei fosse pervasa dalla pace e dalla serenità.
«Tu?», chiese poi inclinando il capo da una parte lasciando che alcune ciocche più corte di capelli le solleticassero il collo.
«Madara era forte, troppo, e per sconfiggerlo bisognava che qualcuno si sacrificasse.», rispose atono, ma lei capì che con quella battaglia e con la sua morte, aveva saldato il proprio conto, espiato il proprio peccato. Sapeva che in questo modo lui aveva salvato le terre ninja da una catastrofica fine e sapeva anche che lui voleva che si credesse che degli altri non gliene importava niente. Per questo non disse niente, lasciando che lui le chiedesse di Naruto, ignaro che da tempo lei lo aveva capito. E per quanto cercasse di non mostrare interessamento per il vecchio amico, si capiva che quel legame era ancora lì, vivo e integro.
«Naruto? È diventato l’eroe che voleva diventare
«Non pensi soffrirà, l’hai abbandonato.»
«L’ho…l’abbiamo lasciato in buone mani. Un giorno anche lui ci raggiungerà, un giorno lontano quando sarà invecchiato con in testa il copricapo degli Hokage si ricongiungerà a noi. Allora il team 7 sarà di nuovo unito.»
«Lo pensi d’avvero
«Si, come quando ti ho detto che ti amavo.»
«Lo pensi ancora?»
Una risata cristallina si levò verso il cielo. Forse in vita non avrebbe riso, ma ora era morta e la morte cancellava tante cose, appianava i contrasti, annullava il dolore, regalando solo quel senso di pace che nulla poteva più dissipare.
«Non hai mai capito niente Sasuke. La mia esistenza era condizionata da te, tu eri il centro del mio mondo. Ti amavo e ti ho aspettato a lungo, rimanendo fedele alla mia promessa d’amore che tu declinasti tempo prima. Ma sembra che ora sia tutto finito: gli dei celesti hanno in fine esaudito il mio desiderio. Se per rivederti ancora,-esitò un attimo, allungando una mano per sfiorargli il volto-, se per sentirti ancora mi bastava morire, sarei morta mille volte.», gli disse senza perdere la serenità che provava, ma lui notò, mentre lo sfiorava causandogli un piacevole brivido, che era commossa.

Pensò che alla fine si meritasse una ricompensa per l’amore che aveva provato a dargli in vita, senza sapere che ci era benissimo riuscita.
Si porse verso di lei, appoggiando le labbra sulle sue, morbide come un frutto estivo, e le rubò il respiro.
«Quando me ne sono andato ringraziandoti, la mia mente e il mio corpo erano rivolti al potere. Sarei stato pronto a vendere l’anima al diavolo pur di ottenerlo. Ma ciò che restava di me e della mia vita trascorsa a Konoha, l’avevo ceduto a te, nella speranza che un giorno, quando tutto fosse finito, quel frammento di me mi richiamasse da te.»
A modo suo l’aveva amata in vita, a modo suo le aveva regalato il suo cuore, o ciò che ne restava. Ora erano entrambi morti, ma andava bene lo stesso, perché sapeva che in vita non sarebbero mai potuti stare insieme, mai.
Sakura si alzò e lo abbracciò. Un abbraccio dolce e vagamente materno, protettivo per certi aspetti, che sapeva di primavera e fiori di ciliegio.
Un po’ esitante, lui non era certo fatto per quelle cose, congiunse le braccia dietro la schiena ammantata di rosso della giovane chiudendo gli occhi.
Poco dopo lei si scostò appena, quanto bastava per guardarlo negli occhi, e lo baciò: si sentì appagata come non lo era mai stata, come se le sofferenze provate quando ancora era in vita non l’avessero mai sfiorata, come se lui non se ne fosse mai andato.
«Mi sei mancato.», gli sussurrò sulle labbra per poi sorridere. Lui non disse niente, limitandosi a guardarla.
«Mentre aspettiamo Naruto cosa facciamo?», gli chiese poi immergendo una mano tra i suoi setosi e morbidi capelli corvini e lui incredibilmente la lasciò fare.
«Lo precediamo.», propose con non curanza osservando i rosei capelli dell’ex compagna di squadra, così esotici e belli, facendola sorridere, ancora.
Lo prese per mano e lo fece alzare, lui lasciò che fosse lei a guidarlo.
Insieme si avviarono nel folto della foresta, lasciandosi alle spalle il gorgogliare del ruscello, e lentamente svarino, dissolvendosi come neve al sole tra il verde delle piante.
Le loro anime, unite per sempre, avrebbero preceduto l’amico fino a quando il tema 7 non si sarebbe riunito nei boschi infiniti oltre la vita.
Naruto avrebbe capito, ne erano certi.





Note finali

Questo è il primo capitolo di una vecchia raccolta che ho scritto ancora l'estate scorsa, ispirata dall'omonimo libro (Hanazakari no Mori è il titolo in giapponese de La foresta in fiore) di Yukio Mishima.
Si tratta un paio di storie autoconclusime post-mortem. Ho preso le coppie che più mi piacevano e ho immaginato questi incontri tra di loro, in una dimensione in cui tutto è possibile, in cui finalmete i nostri stanchi e addolorati ninja possano riposarsi e ottenere ciò che vogliono: la pace.
Spero vi piaccia, ditemi che ve ne pare.
Il prossimo capitolo sarà incentrato su Itachi e Ino.
Ja ne
Cla

   
 
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