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Autore: Per_Aspera_Ad_Astra    16/07/2010    1 recensioni
Vi siete mai chiesti come sarebbe la vostra vita se la ricominciasse tutta da capo? Se tutto quello che avete vissuto è solo nullità?
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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LOOK INTO THE NEW FUTURE'S FACE - THE LINE

Questo è uno dei capitoli che mi piace di meno..(e c'ho messo anche troppo tempo a farlo..-.-). Spero hce questa FF non abbia perso tutto il succo che aveva all'inizio, perchè mi dipsoacerebbe molto. Spero di non deludervi mai con questa FF..perchè davvero ci tengo molto a quello che scrivo..e ci tengo naturalmente a voi che commetnate ^^. Mi scuso anche per aver postato dopo un lungo periodo (spero che l'euro sia ancora la moneta nazionale xD), ma non avevo idee e quando mi venivano facevano schofo a metterle insieme. Buona lettura. Ah.. dimenticavo un gorsso baccio alla mia Ciccia e ad HiFromHell..ti ringrazio tanto ^^

 

Tutto mi sembrava diverso, non mi ricordavo nulla della mia vita passata in questo “mondo”. Non sapevo come erano fatte le case, i prati, le montagne…le persone.

Non sapevo nulla di questo mio nuovo mondo, e  non vedevo l’ora di scoprirlo; anche se me ne sarei pentito, molto prima che accadesse.

S:Attento al gradino Jared!

Già me ne ero dimenticato…io ero un inutile preda.

Il sole accecava i miei occhi ormai abituati alla luce interna e artificiale, della camera d’ospedale; la gente mi guardava come se fossi un marziano, come se non avessero mai visto una persona come me.

E me ne vergognavo.

S:Jared? Cos’hai?

Non ero abituato a tutto questo e forse non lo sarei mai stato…

Il viale alberato dell’ospedale, ci portava in un luogo pieno di macchine e con un uomo che le parcheggiava nei casi di emergenza.

Gli alberi filtravano la luce, come se non volessero che il sole ci facesse del male. Ci coprivano con le loro foglie verdi e scintillanti che si muovevano con il passare di quel venticello fresco che ti passava nelle narici, e farti sentire che era davvero estate.

Il cemento bianco, scricchiolava sotto i nostri passi incerti…coprendo un po’ di erba verdeggiante e appena nata. Non sentivo molti odori, ma mi colpiva di più quell’odore fresco di erba appena tagliata…

S:Siamo quasi arrivati alla macchina, Jay…

J:Ma…perché…non camminiamo?

S:Cosa?

Mi guardò negli occhi, scettico. Forse non voleva capire quello che avevo detto…

J:Hai sentito…bene…camminiamo?

S:Jared ma ti sei visto in che condizioni sei?

J:Cosa ho..che non…va?

Non sarei riuscito a parlare per molto…ormai la gola mi bruciava, il suono della mia voce mi dava i brividi, sembrava quella voce dei vecchi film d’orrore…

Non mi sarei voluto perdere questo bellissimo scenario, calpestare tutto ciò che poteva essere osservato e capito. Forse ancora nessuno se ne era accorto…ma la vita doveva essere colta in qualsiasi momento..che sia bello o brutto.

S:Ahahah…adesso mi dici cosa hai che non va? Hai una macchina che ti fa passare l’aria nei polmoni, perché i tuoi sono ancora troppo fragili, cammini a stento e non riesci ad aprire bene gli occhi…adesso mi vuoi dire che non hai nulla che non va?

J:Ma io…ci…vedo…

S:Andiamo dai!

Sapevo che se non sarei stato in quelle condizioni sarei riuscito a dire la mia, e a fargli cambiare idea. Ma aveva ragione…non potevo fare nulla ora, se non obbedire come un cagnolino…

S:Dai, salta su…

J:Questa…sarebbe la tua macchina…?

S:Cos’ha che non va?

J:..l’avevo già vista…

S:Forse comincia a ricordare..che ne so, dai monta in macchina..non abbiamo tutto questo tempo.

Era una macchina abbastanza grande, nero corvino, il sole faceva brillare la sua marca “Land Rover”, facendo risaltare la targa californiana.

Mi misi in auto, faceva troppo caldo, ma non me ne lamentai…mio fratello chiuse i finestrini per far passare sopra di noi un aria congelata, che mi faceva rabbrividire la schiena.

Appoggiai la testa sul finestrino…vedevo le immagini scorrere veloci come se fosse la terra a girare velocemente e no noi che correvamo. Vedevo le velature degli alberi scappare rapidi dai miei occhi…tutto diventava una striscia unica, di colori differenti.

S:Dove vuoi andare?

Non proferì parola, ero affascinato da questa specie di illusione ottica che mi prendeva come se fosse una droga..quasi a farne una dipendenza.

S:Ehi? Mi hai sentito?

Distrussi quella grande bolla che aveva creato quella striscia per ascoltare le parole di mio fratello…avevo bisogno di trovare un passa tempo del genere…

S:Allora?

J:Scusami…non..lo so..dove potremmo andare?

S:Dove tu desideri..a casa in California, da mamma in Louisiana…oppure ritornare a Seattle e prendere li, una di quelle camere d’albergo

J:La California è…lontana?

S:Saranno forse quattro o cinque ore di viaggio..dobbiamo attraversare il continente

J:…non c’è altro mezzo…per..arrivarci?

S:L’aereo non lo puoi prendere…non ci metto tanto a ritornare a Seattle

J:..no voglio vedere la nostra casa…

S:Va bene..allora preparati per questo lungo viaggio.

Premette la frizione e mise la quinta…accellerò, il tachimetro faceva su e giù, e io ero ancora incantato a quella striscia, che di colori non aveva più nulla.

Non so quanto tempo passò da quando dissi l’ultima parola a mio fratello…ricordo solo che chiusi gli occhi, entrai in un mondo parallelo al mio.

 

*Era alloggiato in un alta montagna in Romania, sulla riva dell’Arges..si estendeva questo grande castello. Le grosse mura erano oramai quasi tutte diventate di un verde muschio…che ne ricopriva quasi l’edificio. Il fiume passava vicinissimo al ponte, che ne collegava questi con la cittadina vicina…Molti avevano paura degli inquilini del castello, ecco perché era molto lontano dalla città..ma il re aveva deciso di non emarginarli da tutto il resto.

Era oramai il tempo del tramonto, e la luce arancione del sole illuminava il tetto nero corvino del castello facendolo diventare ancora più tetro…delle luci all’interno illuminavano le piccole finestrelle dell’ultimo piano. Un grande balcone era al centro di tutto..una luce blu filtrava dalle tende bianchissime, una donna dai lunghi capelli biondi con una maschera era affacciata per vedere il panorama.

Lui, entrò in questo grande alloggio, anche lui aveva una grande maschera che gli copriva quasi tutto il viso. Era nera con un lungo naso color argento, Una maschera veneziana. Solamente la bocca e l’occhio destro erano scoperti, per far vedere le sue bellissimi iridi di ghiaccio.

Fu accolto da tantissime persone, tutte con delle maschere di scena..da maschere francesi a maschere africane. Cominciò a correre più che poteva in quella enorme stanza, che veniva adornata da un gradissimo lampadario grande quanto una statua greca. Aveva tantissimi pendenti trasparenti che facevano brillare la luce artificiale di tutte lampadine. Brillavano di tantissimi colori, dal blu al viola, dal nero al bianco, e si riflettevano tutte sul grande soffitto indaco.

Le scale erano molto alte, sorrette tutte la colonne del seicento adornate tutte con grandi ghirigori; i suoi piedi pestavano violentemente il marmo scuro delle scale; voleva arrivare velocemente dalla ragazza del balcone.

Pochi passi la separavano da lei, non sapeva il perché ma aveva forse fatto tutto il lungo corridoio correndo…ma non gli importava era dietro le sue spalle. Lei respirava affannosamente come se avesse paura..la sua pelle liscia contro la sua mano sembrava acqua limpida, i lunghi capelli color oro toccavano le spalle e come onde, che si poggiavano sulla pelle, il piccolo corpo esile veniva coperto dalla braccia…Aveva paura. Cercò di girarsi per vedere il bell’uomo dalle iridi ghiaccio…il suo viso era coperto da una bellissima maschera di Pierrot, quella lacrima scura sembrava vera per il confronto sulla sua pelle. Solamente gli occhi e la piccola bocca colorata di rosso, si intravedevano nella maschera…i suoi occhi grandi e rossi si intravedevano dalla maschera. Un lungo brivido, su per la schiena, percorse l’uomo dalle iridi di ghiaccio. Un ghigno della donna faceva intravedere quei denti bianchissimi, e quei troppo affilati canini; adesso aveva paura lui. Non c’era scampo. In un solo movimento la donna lo prese e lo morse. Era stato ingannato. Era uno sciocco. Sentiva il movimento del sangue che lasciava il suo corpo, sentiva il proprio odore..e le energie perdersi…*

J: NO!

Non era vero.

Era un sogno.

Pensavo di morire davvero, avevo paura di essere ingannato…

S:Jared? Che ti è successo?

Era stanco, sbadigliava già da un po’..e faceva tutto questo per me. Gli volevo davvero bene, se mi potevo sdebitare in futuro lo avrei fatto.

Lo avrei voluto fare anche io adesso. Ma non mi avrebbe permesso di fare nulla.

J:Niente…ma sei stanco…riposati…arriveremo un altro giorno a casa

S: No Jared, mancano solo poche miglia…

J:Ne sei sicuro?

Mi sorrise, forse per farmi stare meglio…e io amavo quando mi sorrideva in quel modo.

S:Sicuro…tu riposa…

  
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