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Autore: Soul Sister    16/07/2010    7 recensioni
Dal primo capitolo:La mia vita era sempre stata come una di quelle sit com americane, piena zeppa di colpi di scena, ma sempre prevedibili. Di quelle con teenager alle prese con qualche cretino super-figo che le tormenta e rende la loro vita un inferno, ma che, inevitabilmente, poi, le fa innamorare di lui come delle povere pere cotte.
Ma, fortunatamente, io non ero la classica ragazza da sit com che s’innamorava del cretino della città. Io ero la teenager che affrontava il deficiente in questione, perché, purtroppo, anche nella mia prevedibile realtà, lui esisteva.
Non poteva mica non esserci. Perché quella presenza era peggio di una piaga in via di putrefazione, un porro peloso, un foruncolo, e resisteva.
Ma, se nelle sit com, poi diventava l’eroe, si poteva star certi che qui, nella mia città, nella mia vita, lui non sarebbe mai diventato magicamente il santo della situazione. Non c’erano segreti scabrosi della famiglia che l’avevano irreparabilmente rovinato, niente maschere che nascondevano un cuore d’oro. Eh sì, perché, purtroppo, il figone del mio, di villaggio, lo conoscevo fin troppo bene. Perchè le nostre famiglie erano amiche da quando mio padre e mia madre andavano al liceo, e, come se non bastasse, una delle mie sorelle era fidanzata col fratello maggiore della mia nemesi. Solo per informazione, nel mio universo, la pustola, colui che rompeva le palle insistentemente, aveva il famoso nome di Adam Brown: mi rifiutavo categoricamente di ritenerlo mio cognato. Era troppo..deprimente.
Restava il fatto, che la Pustola aveva appena segnato la sua ora.

-Spero vi abbia incuriosito :)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo 2: avere le spalle larghe è una fregatura



Sbadigliai, assonnata. Che palle, la scuola. Certo, a volte era il mio rifugio da genitori impossibili, ma a volte. Per me, la maggior parte delle volte, era il patibolo. Senza test a occupare i miei pensieri, il mio cervello era come in standby. Se fosse stato un telefono, ci sarebbe stata la segreteria telefonica, sicuramente. Quel giorno non ero presente, la gente poteva anche urlarmi nelle orecchie, e io avrei sentito tutto ovattato, come aldilà di un muro trasparente. I miei genitori mi sgridavano molto spesso, per questo mio lato distratto. Avevo sempre la testa tra le nuvole, a crearmi castelli per aria. Le mie fantasie volavano alto con me, e quando la realtà mi piombava addosso, mi spiaccicavo a terra, sempre, e ci rimanevo male. La vita è fatta a scale: c’è chi scende e c’è chi sale. Io a metà della rampa ero già stanca, di solito. Mi sarebbe tanto servito un ascensore.
“signorina Smith, è qui con noi?” mi richiamò la prof. Ecco che precipitavo di nuovo sulla terra, dalle mie splendide nuvole rosa.
“sì, professoressa, scusi.” Dissi, mettendomi composta. Cercai di seguire la lezione, fino a quando non mi arrivò una gomma in testa. Ignorai il deficiente- ovviamente sapevo chi fosse l’artefice del dispetto-, e continuai a prestare attenzione all’insegnante. Mi arrivarono anche due palline di carta, e perfino una penna, addosso. Quando anche un righello di metallo mi colpì, mi voltai furente verso quell’imbecille con patente. “ma la vuoi finire?!” sbraitai. Lui mi sorrise strafottente, soddisfatto, e divertito.
“Smith, per l’Amor del cielo!” mi richiamò la prof. “datti un contegno!” Ops. “ma professoressa, lui..” cercai di giustificarmi, ma lei mi zittì con un’occhiata. Sbuffai, annuendo, e tornai a seguire la lezione.
La prof ricominciò a blaterare. Ma chi se ne importava di che colore aveva i calzini Napoleone! Gli insegnanti erano davvero assurdi. Se così cercavano di farci avvicinare alla materia, si sbagliavano di grosso: scappavamo a gambe levate, noi!
La campanella suonò e ringraziai il cielo che ci fosse la pausa pranzo. Non ne potevo più. Raccolsi le mie cose e fuggii fuori, all’aria fresca- se così si poteva definire quel tanfo, mix tra muffa e vernice, che proveniva dai muri. Beh, era pur sempre fuori dalla classe.
“ehi, Nat.. oggi la prof non finiva più di parlare..” sospirò Kim, raggiungendomi. “davvero, mi stavo per tagliare le vene con i righello. Ci sarei riuscita.” Dissi, convinta. Lei strabuzzò gli occhi, scioccata.
“Kim, per l’Amor del cielo, scherzavo!” la rassicurai, per poi ridere. Lei mi fece una linguaccia. “beh, da te sarebbe anche normale.”
“come? Ehi, non prendermi per una suicida!” sbottai. Mi finsi offesa- con scarsi risultati oltretutto. Infatti, scoppiai a ridere, seguita da lei. “andiamo a mangiare, va!”
“non ci vedo più dalla fame” concordai, accelerando il passo. A costo di mettere qualcosa nello stomaco, mi sarei avvelenata con le schifezze della mensa. Dopo un’interminabile fila, notai con (dis)piacere che c’era la pizza: c’era, appunto. Era già finita, o meglio.. l’ultima fetta la stava prendendo lui. Un motivo in più per odiarlo. Presi un semplice panino e una mela. Dopo averlo visto mi era passato l’appetito. Mi sedetti ad un tavolo con Kim, poi arrivarono anche Susan e Megan, altre due nostre amiche.
“com’è andata oggi?” chiese la prima, sorridente. In un certo senso la invidiavo. Lei riusciva a trovare il bello in tutto e in tutti, anche nella scuola. Il suo carattere era l’opposto del mio.
“male.” Dissi, seccata. “quell’imbecille mi ha fatta richiamare.” Le altre ridacchiarono. “ci piacerebbe essere in classe con voi, per vedere le vostre zuffe. Le voci girano, e tu ci racconti tutto, ma vedere è un altro paio di maniche.” Disse Meg, convinta. In quel momento, mi arrivò qualcosa in testa. Portai la mano sui miei capelli, e sentii qualcosa di viscido. Cacciai un urlo acuto, saltando in piedi e buttando lo schifo sul tavolo. Era gelatina. Tutti gli studenti cominciarono a ridere di me, a parte Kim, che sapeva cosa sarebbe successo di lì a poco. Vendetta.
“è probabile che stiate per assistervi..” mormorò la mia amica alle altre.
Mi voltai verso quell’idiota, che sorrideva vittorioso. Anzi, ghignava. Mi avvicinai a lui, con uno sguardo che di buono e affabile non aveva niente. Presi un piatto, con dentro la pasta, di un ragazzo al suo tavolo, e glielo tirai in testa.
“così impari, scemo.” Dissi, soddisfatta. La sua sorpresa si trasformò in rabbia. Rovesciò l’acqua in terra, poi mi spintonò facendomi cadere di sedere. Non fece in tempo a ridere, che gli feci lo sgambetto, e così mi raggiunse sul pavimento sporco e bagnato. Sorrisi soddisfatta, mentre mi rialzavo e lo condivo con la maionese, in testa. “ha bisogno di un po’ di sapore..” commentai. Mi trucidò con lo sguardo, e si rialzò con uno scatto. Afferrò la sua pizza e me la spiaccicò in faccia. Il trancio cadde a terra, mostrando la mia bocca aperta e la mia espressione scioccata. Come osava?! Un suo amico si stava portando alla bocca la lattina di Fanta, ma non ci riuscì: l’afferrai e rovesciai l’aranciata addosso a Brown. Prese una torta- dove la trovò, non lo so- e mi finì in faccia. Con la mano mi pulii il viso, e lo trucidai con lo sguardo. “sei uno scemo, idiota, imbecille..” per ogni insulto gli tiravo qualcosa addosso- o meglio, cercavo di centrarlo. Purtroppo la mia mira non era delle migliori, e lui aveva una prontezza di riflessi notevole. “tu sei una piaga, un porro, un foruncolo con pus giallo, di quelli che fanno male se li sfiori, di quelli che fanno schifo a vederli.” Sputò, avvicinandosi a me, con aria minacciosa. “e tu sei un essere senza cuore, schifoso e viscido, che fa soffrire le ragazze perché sei un p********e del cavolo!” sibilai, avvicinandomi ulteriormente a lui. Era la prima volta che ci trovavamo così tremendamente vicini.
“ e tu.. tu sei una di quelle persone che si mostra ingenua, ma non lo sei proprio. Una che sotto sotto pensa di essere migliore e superiore agli altri. Credi di sapere tutto, di essere perfetta, ma non sai proprio niente. In realtà, sei solo un’ipocrita.” Disse a pochi centimetri dal mio viso, tant’è che sentivo il suo respiro sulla pelle, anche se leggero. I nostri occhi erano incatenati, ma il suo sguardo intenso e infuriato era davvero pesante. Dovevo trovare il modo di allontanarci, assolutamente. “cos’è, ho toccato un tasto dolente?” sfidò.
Lui non mi conosceva nemmeno e pensava di avere delle pretese su di me? Ma come si permetteva?!
“l’ipocrita sarai tu” risposi con lo stesso tono, spintonandolo via.
[…]
[…]
Entrai in casa come una ladra, di soppiatto, cercando di non farmi né vedere né sentire dai miei. Dovevo fare una ‘Mission impossible’, dato che per andare in camera mia dovevo attraversare il corridoio- da cui, ovviamente, si apriva il mio salotto. E loro erano lì, in agguato, pronti a farmi una lavata di capo. Lo sentivo, c’era aria di sgridata. Un rumore attirò la mia attenzione: le urla di Emma contro Adam erano accusatorie, incredule, deluse. Era davvero esasperata, poverina. E se Emma- la gentile e buona Emma- sbraitava così contro il figlio, io cosa mi dovevo aspettare dai miei? Deglutii a vuoto. Dire che ero terrorizzata era un eufemismo bello e buono. Sfilai le scarpe e, sempre con la massima cautela, avanzai stile pantera rosa. Purtroppo, sembrava che ogni mio passo,fosse una zampata di bisonte. Ogni minimo, impercettibile rumorino era amplificato, forse perché c’era un silenzio innaturale. Dov’era quella casinista di mia sorella, quando serviva un diversivo? Eppure io l’aiutavo sempre ad evadere per andare da Bryan! Che ingiustizia. Feci un altro passo, attenta a non far troppo.. “signorina, vieni qui immediatamente!” chiamò mia madre. Presi un bel respiro, pronta alla mia disfatta. Entrai in salotto, con la faccia più innocente che avessi.
“Mamma, papà, come siete in forma, oggi!” feci, sorridendo affabile.
“non provare ad abbindolarci, sappiamo quello che hai combinato.” Disse papà, serio. Ahia, qui si metteva male. “mamma, papà, posso spiegare.” Provai, ma loro mi interruppero.
“Natalie, sei un’irresponsabile! Come puoi essere così selvaggia? Eppure non mi pare, che io e tuo padre ti abbiamo insegnato a non rispettare le regole. Ma forse, tu pensi sia superfluo. Delle semplici regole per la felice, pacifica, convivenza civile, tu non riesci proprio a seguirle!” mi sgridò.
“mamma..”
“niente mamma. Natalie, sei una brava ragazza, l’abbiamo sempre pensato. O forse ci hai raggirati, in fondo.. sei una vandala!”
“Emily, non credi di esagerare adesso?” chiese papà, vedendo che le parole di mamma mi stavano colpendo troppo violentemente.
“non sto affatto esagerando: voglio che capisca, Richard. Deve mettersi in quella zucca vuota, che deve smetterla di comportarsi male, perché non le porterà nulla di buono! Deve capire che non è tutta una sua stupida fantasia!”
“Emily.” Riprovò, questa volta sembrò un rimprovero. Io trattenevo le lacrime. La odiavo, la odiavo profondamente. Era mia madre, ma perché non mi capiva? Era sempre colpa mia, ogni cosa succedeva, io c’entravo sempre. Cos’era, perché avevo le spalle larghe dovevo portare il peso di ogni cosa sbagliata?! Se ci fosse stato un incidente, sarebbe stata colpa mia, sicuramente.
Certo, anche io avevo combinato quel casino in mensa, ma ora stava andando su altri argomenti, che non c’entravano proprio con l’accaduto di oggi. “Natalie, su tre figlie, sei quella che mi da più problemi, proprio non riesco a capirti. Melanie..” non la lasciai finire.
“Melanie, Melanie, Melanie.. Sai, non hai solo lei come figlia! Ma sembra che io e Rose proprio non ci siamo, non contiamo per te.” Sputai, con rabbia. Emily arrossì per la rabbia, stringendo i pugni lungo i fianchi.“Natalie, sei in punizione. Non uscirai più di casa, non vedrai più le tue amiche, finché non cambierai atteggiamento.” Sai che m’importava…
“tanto devo ancora finire di scontare la scorsa!” sbottai, tra le lacrime. Mio padre fece un passo verso di me, per consolarmi, ma io indietreggiai. “sono sempre in punizione, anche per cose che non ho fatto!” urlai. Dovevo sfogarmi, e avevo trovato il pretesto per farlo. Non reggevo più, tutte le sue grida, le colpe e accuse, i castighi infondati stavano venendo fuori con la frustrazione.
“sei l’unica madre che non difende la propria figlia! Anzi, Melanie- dissi il nome di mia sorella come se fosse un insulto- la difendi eccome! È la tua preferita, la figlia perfetta, che ha voluto andare in un college privato in Europa! Vi ha fatto spendere tanti soldi, ma non conta! Lei è lei, mentre fai storie per comprarmi un paio di jeans!” sputai, con rabbia. “e che atteggiamento ho, eh? Ho solo litigato con un ragazzo, il cui odio è reciproco! Oddio, però quanto Melanie si comportava da t***a con i suoi compagni, andava tutto bene. Lei è carina, è normale che i ragazzi le girino in torno come mosche!” Forse stavo esagerando, ma ero troppo arrabbiata, e non avevo nemmeno finito di sfogarmi. Mel non c’entrava nulla, non era colpa sua, ma credevo veramente che mia madre preferisse lei a me e Rose. Emily si avvicinò e mi diede uno schiaffo. “ ma come ti permetti! Vergognati, non dovresti parlare così di tua sorella!”
“vergognati tu, di fare preferenze con le figlie! TI ODIO!” detto questo, marciai fuori dalla stanza, diretta all’uscita. In quel momento, aprì la porta Rose. Il suo sorriso sereno si trasformò in una smorfia per la preoccupazione. “Nat! Oddio, Nat cos’hai?! Tesoro..” mi abbracciò forte, e io continuai a sfogarmi sulla sua spalla.
“Rose, non stare a consolarla nemmeno! Non sai cos’ha detto su Mel e di me!” disse ancora scioccata, la mia non-madre.
“Non so cos’abbia detto, ma tu non devi esserci andata piano. Non hai idea di come tu possa essere ingiusta con lei!” le rispose Rose, arrabbiata. “cosa?! Anche tu con questa storia.”
“Rose, io vado via..” mormorai, per poi scappare fuori. Mentre uscivo dal cancello, sentii distintamente Rosalie difendermi, e discutere con nostra madre con toni abbastanza accesi.
“Nat, Nat! Che sta succedendo?” eccolo lì, il mio migliore amico. Bryan mi abbracciò stretta, cullandomi. “Rose non ci va piano, la sentivo urlare..” mormorò, preoccupato.
Sospirai. “le ho sputato in faccia tutto il male che mi ha fatto, dalle ingiustizie alle punizioni.. e le ho rinfacciato di Melanie..” Bryan sapeva, sapeva tutto, ed era dalla mia parte. Emma non faceva così- e lo credevo bene, anche io avrei voluto lei come madre-, non aveva mai fatto né preferenze né torti a loro. Semplicemente, il mio amico cercava di capirmi, e ci riusciva. “e Rose non è riuscita a non dire la sua. La conosci, è troppo impulsiva..” tirai su col naso, e passai una mano sul viso per togliere le lacrime.
“ti vuole un mondo di bene, lo sai. Farebbe di tutto, pur di vederti sorridere.” Commentò lui, baciandomi i capelli. Bryan era il fratello che non avevo. Gli volevo un mondo di bene, non sapevo cos’avrei fatto senza di lui e Rose. Era un vero tesoro.
“Non capisce niente! La detesto, ma come può non accorgersene!” sbraitò Rose tra sé e sé, uscendo. Quando mi vide ancora nelle stesse condizioni, si fiondò da me. “ehi, Nat.. tranquilla. Va tutto bene, è finita.” Cercò di rassicurarmi, accarezzandomi la testa.
[…]
Avevo paura, paura di rientrare a casa mia. Rose mi prese per mano, e varcò la soglia con sicurezza. Nonostante lo sguardo fiducioso e tranquillo, sapevo che era preoccupata e che stava soffrendo. La conoscevo troppo bene.
“Nat!” esclamò mio padre, correndo ad abbracciarmi. “mi hai fatto star malissimo, stupidina..” disse, quasi rasserenato, baciandomi una tempia. Accarezzò i capelli a Rose, sorridendole grato, e lei rispose allo stesso modo al gesto. “Mamma?” mormorai. Il suono era strozzato, basso, intriso di preoccupazione. Mi rendevo conto di essere stata molto dura con lei, anche se pensavo veramente ciò che avevo detto. “è di là, sai.. l’hai fatta riflettere molto, ma la prossima volta non sbatterle in faccia tutto, in questo modo.” Annuii piano, stringendolo forte ancora, per poi andare in salotto. Non volli che né Rose, né papà mi seguissero. Era una cosa tra me e mamma, niente intermediari.
“mamma.” Chiamai, e lei alzò lo sguardo. “Natalie” esclamò, alzandosi in piedi e correndo ad abbracciarmi. La lasciai fare.
“scusami, tesoro. Avevi ragione ad essere arrabbiata con me. Beh, forse avresti potuto essere un po’ più delicata, e un po’ meno scortese ma.. ti devo ringraziare. Ho esagerato a darti tutte quelle colpe, anche se non ti posso assolvere per la storia della mensa.. e Nat.. Melanie non è la mia figlia preferita: io vi voglio bene tutte allo stesso modo. E tu sarai sempre la mia piccola, distratta, Nat..” disse, accorata e commossa, stringendomi ancora. Ricambiai l’abbraccio, trattenendo le lacrime. Sapevo che mi voleva bene, forse davvero non si rendeva conto di avere attenzioni in più per Mel, e capivo che si sentiva in colpa. Comunque, ora ero più leggera, avevo fatto riflettere mia madre, avevo parlato ancora con il mio migliore amico, e sapevo per certo di avere una sorella fantastica. Le cose sembravano aver preso, in questo senso, la direzione giusta.
Andai a farmi una doccia, sperando di sciogliermi un po’. Fortunatamente, l’acqua calda ebbe un effetto rigenerante e calmante per me. Mi rivestii, poi scesi a cenare. La serata passò tranquilla, serena quasi, tra chiacchiere e risate. Sparecchiai la tavola, aiutata da Rose, poi fuggii in camera mia. Dovevo riposare, la mattina mi sarei alzata più presto del solito. Purtroppo mia madre e Emma, avevano consigliato al preside come punizione di farci capire che fatica facessero i bidelli per ripulire la scuola. Perciò, tutte le mattine, per due settimane, prima che cominciassero le lezioni, io e Adam dovevamo sistemare la scuola.
Sciolsi i capelli, mentre ero alla ricerca del mio Ipod. Ascoltavo sempre la musica, prima di dormire, altrimenti non c’era verso che m’assopissi. Ed eccolo lì! Misi gli auricolari nelle orecchie, ma prima che accendessi l’aggeggio, sentivo già la musica. Lo osservai, con un cipiglio in volto: Ipod-mannaro? Poi m’accorsi che quella canzone-davvero bella, peraltro- non proveniva dal mio ‘cosino’, ma da fuori. Era una chitarra classica, strimpellata un po’ a caso, ma l’effetto era davvero piacevole. Mi affacciai alla finestra, e scoprii- con mio enorme sorpresa- che stava suonando Adam. La sua finestra, di fronte alla mia, era aperta, ed era chiaro che le note prevenivano da lì. Con profondo rammarico, ammisi che era davvero bravo. Non seppi il perché, né con quale senno lo feci, ma mi sedetti sul davanzale ad ascoltarlo. I suoi accordi erano davvero azzeccati, incutevano calma, tranquillità, ma quasi tristezza. Malinconia. Forse era dispiaciuto per aver litigato con la madre, e un po’ mi sentii in colpa: dopotutto, l’avevo istigato io a continuare, anche se lui aveva cominciato..
All’improvviso, s’interruppe. Qualche istante dopo, la luce si spense, e ricadde il silenzio.
‘buonanotte, Adam’ Pensai, mentre mi coricavo.


*
Che diree :D Ma ciao!
Sono felice che la storia piaccia *-* Sette recensioni, dico sette...ma voi siete tutte FUORI.
Ma mi fate così contenta... :) Vi ringrazio infinitamente...GRAZIE!!!
che ne pensate del capitolo? Vi sembra brutto? Infantile? Banale? Spero di no...Ho introdotto un nuovo protagonista..la terza sorella di Natalie--> Melanie. Non apparirà solo in questo...tornerà, tornerà per far danni, ovviamente xD Ma farà anche tanto bene. U.U
Bon...Io dire di non rompervi piu le scatole...:) CIAUU^^



  
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