Continuo a premere sulla ferita.

Lei continua a piangere.

“No, non ti preoccupare, ora aspetto che si calmi tutto e poi...” scoppia di nuovo a piangere.

Non ho idea di cosa fare. Avevo detto che la mia giornata era iniziata in un modo da schifo, ma non fino a questo punto. In che cosa sono andata ad incappare?

“Non puoi restare cosi..”

“Sei stata gentile, ma non preoccuparti..”

Finisco di legarle la bandana rossa sia di sangue che di colore al braccio, poi continuo con il dirle qualche altra parola.

“No, non sono gentile. Agli occhi degli altri sono sempre apparsa tutt'altro” dico guardandole la ferita “medicata” da me “e questa volta, finalmente che qualcuno riconosce ciò che veramente ho fatto, vorrei portare a termine il compito che, a quanto pare, mi è stato affidato oggi.” sorrido

“E cioè?” mi dice accennando un sorriso

“Salvare persone.” rido

Finalmente riesco a strappare un sorriso anche alla ragazza che sembra divertita dal fatto che mi sia quasi descritta come una super eroina da cartone animato.

“Allora, ti fai curare?” accenno un sorriso

“D'accordo!” sorride e mi segue

Le tengo la borsa mentre lei continua a premere contro la sua ferita ancora sanguinante.

“Siamo vicine. Eccoci qui.”

In effetti casa mia è distante si e no 50 metri dalla sua, a patto che lei vivesse li. Decido di chiederglielo.

“Vivi qui? No perchè non ti ho mai vista da queste parti..”

“No, vivo con mia madre. Quello che hai visto all'opera era mio padre.”

Intanto siamo entrate in casa, alzo le serrande chiuse per far entrare luce in camera. Poggio la borsa sul tavolo e l'accompagno al bagno.

“Eccoci qui.”

Mi sorride con gli occhi inondati di lacrime. Povera creatura.

“Perchè ti è accaduto tutto ciò?”

Non sono una persona che fa conoscenza facilmente con nuovi esseri incontrati sul cammino, sono piuttosto chiusa, ma lei sembra ancora più introversa di me e in un certo senso mi sento a mio agio.

“Non..non so se..”

“Tranquilla, non devi dirmelo per forza!”

Riesce a vedere probabilmente un po' di sicurezza nei miei occhi e nelle mie gesta se pur estranea quindi in un modo o nell'altro riesce a tirar a poco a poco qualche parolina per farmi capire cosa avesse spinto quell'uomo a trattarla in quel modo.

Inizia a raccontarmi la sua storia.

“I miei sono separati..”

“..posso capire cosa abbia spinto tua madre a fare ciò..”

“..no, non è stata colpa sua, in verità è stato lui a lasciare lei. L'ha beccata a letto con..”

Sta per rimettersi a piangere, ma la blocco.

“Hey hey! No..calma, respira, fa dei respiri profondi.”

Perchè devo prendermi cura di un estranea?

“Ok arrivo al dunque.” fa un respiro profondo “Non è facile..”

“Ascolta, te l'ho detto, non c'è bisogno che..”

“Amo le donne!”

“C..come?”

Mi coglie un po' di sorpresa e ammetto che qualche brivido mi sia corso su e giù per il corpo e probabilmente ho anche capito il motivo di quel taglio sul braccio e di tutto il resto, la bottiglia, le urla.

“Si è cosi.” Mi fissa

Io non so che dire.

“Beh è una tua scelta, non vedo il motivo per cui ciò debba influenzare sul rapporto con i tuoi genitori.” faccio finta di nulla

“E invece è proprio questo il mio problema. Non mi accettano per come sono.”

“Non li capisco.”

“Sinceramente nemmeno io. Ormai sono 5 anni che vivo nel buio, l'ho sempre nascosto, ma forse non troppo bene..”

“Che cosa è accaduto?” le chiedo interessata all'argomento

“Avevo una ragazza, Amy si chiamava. Un giorno mi aveva accompagnata sotto casa, ci siamo baciate e mia madre era sul balcone che guardava. Una volta salita su in casa Dio solo sa cosa accadde. Sono rimasta li fino ad oggi, fino a quando mia madre non ha avuto la bella iniziativa di dirlo a mio padre..”

“Cosa le costava stare zitta?” ho un po' di rabbia dentro

“Non lo so, non lo so. Da come hai notato, lui non l'ha presa bene.”

Questa sua storia è assurda se pur reale. Non possono dei genitori trattare una figlia in questo modo. Sono dispiaciuta. Non le ho ancora chiesto l'età.

“Quanti anni hai?”

“17 il prossimo Settembre.”

“E il tuo nome?”

“Eleonora. E tu ce l'hai un nome? Un'età?” mi sorride

Nel mentre ascolto il suo racconto e cerco risposta alle sue domande ho già disinfettato e messo a posto la sua ferita in modo molto casareccio oserei dire, avrà sicuramente bisogno di un dottore vero e proprio.

“Sofia. 18 anni.” le sorrido

La faccio accomodare nella sala da pranzo e le offro qualcosa.

“Vuoi da bere? Acqua, succo, Coca cola?”

“Della Coca cola va bene grazie! Anche se preferirei avere una casa ora come ora.” è dispiaciuta

“Che vuoi dire? Che ti hanno veramente cacciata di casa?”

“Esatto.”

Non sa cosa aggiungere. La vedo tremare ancora mentre le verso nel bicchiere la Coca gelata. I suoi occhi ancora cosi rossi e impauriti. Voglio far qualcosa per lei, ma cosa?

Provare a darle tranquillità non so quanto possa essere utile.

E' una bella ragazza, ha la parlantina sciolta e un dolce accento che la personalizza ancor di più. Sto facendo di tutto pur di evitare che le lacrime le prendano di nuovo possesso di quegli occhi che...wow...credo sia l'unica parola adatta a due perle del genere.