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Autore: E c a t e    17/07/2010    1 recensioni
La mia storia è una "What if?", perché molte domande mi sono sorte dopo la conclusione della saga di Harry Potter. E se fosse stato Harry Potter a lasciare per sempre la sua cara Hogwarts, ad abbandonare i suoi amici, per poi perire per mano di Colui-che-non-deve-essere-nominato? E se non si fosse mai innamorato di Ginny, ma di una semplice ragazza babbana residente a little Winging? Andrea, diciassette anni appena compiuti, si trova catapultata in un mondo che non le appartiene, in una realtà così diversa dalla sua. Dovrà scelte che la faranno crescere, maturare, cambiare per sempre. Non potrà tornare più indietro, potrà solo andare avanti, spingersi oltre ogni suo limite per costruirsi un futuro migliore.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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** YESTERDAY I DIED, TOMORROW'S BLEEDING }

Mi ritrovai immobile, con lo sguardo fisso sul profilo di una vecchia pallina da baseball, senza nemmeno capire bene il perché.
Chissà, forse dentro di me sapevo che nulla sarebbe più stato come prima, eppure....eppure come una stupida continuavo a pensarci. Si, perché proprio non potevo farne a meno.
Quando Harry morì credevo che tutto sarebbe cessato.
I miei incubi, i miei presentimenti, e invece. Mi sbagliavo. Si, mi sbagliavo di grosso.
Ero come imbrigliata in un mondo che non mi apparteneva, un mondo troppo crudele dove non mi era stato concesso un po’ di spazio.
Eppure con lui era stato tutto così diverso. Come se in un certo senso la realtà che mi circondava stesse lentamente cambiando.
Come se forse un piccolo spiraglio di luce mi avesse concesso un po’ di pace.
Pace assoluta, che non avrei ritrovato mai più.

Mi guardai intorno, come se vedessi la mia stanza per la prima volta.
Giallo, rosso, giallo e ancora rosso.
I colori si alternavano ad un ritmo troppo veloce per me. Non riuscivo a seguirli, a stargli dietro.
Eccoli lì, belli in fila, i colori del Grifondoro.
Ma io, li avevo vissuti davvero?
No, li avevo semplicemente letti su dei fogli di pergamena ingialliti. Lettere sfocate, che continuava a mandarmi lui.
Mi parlava di un castello con alte torri, animali fantastici, della capanna di un buffo guardiacaccia.
Io stiravo le labbra in un sorriso, cercando di immaginare la mia vita lì, insieme a lui.
Semplicemente insieme al lui che credevo di conoscere, che credevo di amare.
Lo stesso che tornava al Little Winging ogni estate, che mi stringeva tra le sue braccia per quelle settimane, che mi baciava dolcemente al chiaro di luna.
Lo stesso lui a cui quasi un anno prima mi ero concessa, quasi per scherzo.
Potevo ricordare i suoi capelli che mi solleticavano le labbra, i suoi occhioni verdi, così fissi nei miei. Potevo ancora sentire la mia pelle contro la sua, e le sue forti braccia che mi stringevano, facendomi aderire perfettamente al suo corpo.
Ed era stata quella la vera magia.
Nell’istante esatto in cui l’avevo sentito davvero per la prima volta, tutto il resto mi sembrò svanire.
Mi ritrovai sola con lui, al centro esatto dell’inferno.
In un luogo ignoto per alcuni e fin troppo conosciuto per altri.

Ma dovetti pagare a caro prezzo quegli attimi di infinita follia.
Quando lui tornò nel suo castello dorato, non mi lasciò da sola. Dentro di me infatti un piccolo cuore cominciò a battere, un cuore che tutt’oggi non mi ha ancora abbandonato.
Scoprendolo però ne fui quasi felice. Continuavo a ripetermi che grazie a quel bambino lui sarebbe tornato, e non mi avrebbe abbandonata mai più.
Eccole lì le stupide fantasie di una ragazzina innamorata.
Mi sbagliai di grosso in quel momento, perché..perché Harry Potter mi lasciò per sempre.
Morto, assassinato.
Ed io semplicemente non avevo nemmeno in testa l’assurdo motivo perché un ragazzo di diciassette anni potesse finire così.
Fatalità dirà qualcuno di voi, ma io, in cuor mio sapevo bene che in un mondo dove la parola “magia” non sembrava poi tanto strana, la parola fatalità non esisteva affatto.
Era semplicemente scomparso, svanito nel nulla. Quello che mi era rimasto cos’era?
Un bambino che cresceva nel mio grembo e l’amaro in bocca.

Per la prima volta, dopo quasi quattro anni insieme a lui, cominciai a leggere uno strano giornale con le figure in movimento.
Si chiamava “la gazzetta del profeta”, e proprio questa, annunciava la sua morte e di come, un mago era riuscito a distruggerlo.
Disintegrarlo, ridurlo in polvere.
E per cosa? Il potere.

Ma no, c’era qualcosa che non aveva preso in considerazione, qualcosa che persino lui era all’oscuro. Automaticamente mi portai una mano sul ventre, chiudendo gli occhi, e cercando di carpire il battito di quel piccolo cuoricino.
Si, perché Harry Potter, in un modo o nell’altro viveva ancora.
Viveva in ogni mio piccolo gesto, in ogni mio respiro.
Sebbene fosse stato mio per una notte soltanto, adesso riuscivo a vedere tutta con più chiarezza
Cos’ero io? Solo una stupida babbana, eppure..
Eppure portavo in grembo suo figlio.
Un bambino innocente, che sarebbe stato strappato alla vita proprio come suo padre e io non potevo di certo permetterlo.

Presi la borsa che tenevo appoggiata sulla scrivania e decisi di uscire di casa.
Si, sarei dovuta andarmene il più lontano possibile, ma non lo feci.
Ritornai nel “nostro” posto, quello dove il nostro amore si era chiuso in un lungo e caldo abbraccio.
Nel ricordarlo mi vennero i brividi, quindi cercai di scacciare quei pensieri dalla testa; dopotutto, erano solamente stati dei piccoli momenti di assoluta perfezione.
Si, perché era come se, soltanto in quegli attimi, a me sembrava davvero che andasse tutto bene.
Socchiusi le palpebre lentamente, sentendo sul viso rigato dalle lacrime, il fresco venticello di aprile che quasi mi parlava, come se volesse sussurrarmi segreti mai detti.
Mi passai una mano sul ventre gonfio pensando che ormai il momento era quasi giunto.
James Potter sarebbe nato.
E sarebbe stato il più forte.
Guardai il sole all’orizzonte, che pian piano scompariva dietro una fitta coltre di nubi.
Si, il tempo stava cambiando e un temporale era vicino.
Una tempesta ci avrebbe portati entrambi alla deriva, ma io, io dovevo farcela, per entrambi, anzi, per tutti e tre.
Non ci sarebbe stato nessuno a fermarmi e soprattutto, nessuno sarebbe riuscito a portarmi via anche lui.
Basta, basta, basta..Ero stanca di soffrire, stanca di star male, stanca di tutto.
Non ce la facevo più, non riuscivo più ad andare avanti.
Ero come intrappolata in un corpo che detestavo, in un mondo di cui ormai ne avevo abbastanza.
Ma lui, il mio piccolo James, sarebbe stata la mia salvezza, il mio modo di andare avanti, di continuare a vivere, forse più serenamente, senza preoccupazioni. Solo io e lui.
Insieme.

Mi alzai di scatto, guardando a destra e poi a sinistra.
Il piccolo parco sembrava vuoto, ma una strana sensazione mi stringeva le viscere.
Come se qualcuno fosse lì, pronto a spuntare fuori dal nulla, e chissà, forse pronto a farci del male.
Mi voltai, pronta a gridare, o più semplicemente a chiedere
“Chi c’è lì?” ma non feci nessuna delle due cose. Non ne avevo la forza.
Appoggiai la schiena ormai dolente ad un palo della luce, e mi portai la testa tra le mani.
Ecco, come al solito una forte fitta mi trapassava la testa, come una lama affilata che cercava di uccidermi, di farmi stare sempre peggio. E il dolore non passava subito.
Ci volevano minuti, anche ore.
Sbuffai e mi misi a sedere sul marciapiede, giocherellando con una vecchia lattina di coca cola arrugginita che qualcuno aveva abbandonato sul ciglio della strada.
Ad un tratto qualcosa catturò la mia attenzione, distraendo completamente la mia contemplazione.
Due occhi azzurri mi fissavano con curiosità da dietro un cassonetto dell’immondizia.
Stavo forse impazzendo?? Mi alzai di scatto, lasciando rotolare la vecchia lattina arrugginita.

“Calma, calma. Non voglio spaventarti..” una figura scura cominciò ad avanzare verso di me.
Istintivamente indietreggiai, cercando di non inciampare nei miei stessi piedi.
“Che vuoi da me? Vattene!” urlai quelle parole con tutto il fiato che avevo nei polmoni.
Ovviamente volevo che qualcuno nelle case vicine si svegliasse, e che magari mi soccorresse. Povera stupida.
A Little Winging era noto che chi si faceva gli affari suoi, beh, viveva meglio. Fu per questo che nessuno venne in mio soccorso quella sera. E fu per questo che io scoprii una traumatizzante verità.
Una verità che mi cambiò la vita.
Una verità che ancora oggi stento a credere.
  
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