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Autore: Elanor89    20/07/2010    0 recensioni
Elena Dumont è una bella vampira, una donna in carriera e di successo, ma la sua diffidenza l'ha sempre condotta per strade solitarie, lontana dai suoi simili nei quali non riesce più a riporre fiducia... Accadrà tutto in una notte: il destino mescolerà le carte in gioco e lei dovrà imparare a fidarsi di nuovo per sopravvivere... Ma quando la fiducia non sarà più sufficiente, quando ogni segreto verrà svelato, riuscirà a fuggire da un passato terribile che torna sempre a bussare alla sua porta?
Genere: Generale, Romantico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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*

 


Mie carissime, non potevo andare in vacanza senza lasciarvi questi due missing moments.

Spero soddisfino il lato romantico di tutte.

Vi auguro buona estate :)

Un abbraccio a tutte,

Elanor <3

 

 

*

 


Mi svegliai gelata, con un braccio a stringermi la vita.
Cercai di voltarmi verso Victor, ma una fitta di dolore alla schiena mi impedì di muovermi. Non riuscii a trattenere un gemito.
Il braccio mi strinse più forte mentre cercavo di concentrarmi su dettagli insignificanti per non pensare al dolore. Facevo sempre così quando mi svegliavo in preda al panico e realizzavo di essere in gabbia, di non avere via d'uscita... ma quella volta il dolore non era nella mia mente. Lo percepivo con chiarezza dentro di me mentre mi sforzavo di respirare lentamente, di non agitarmi.

Di non sentirmi sola e vulnerabile.
Osservai il baldacchino sulla mia testa, la cassettiera al mio fianco... la porta del bagno. Le lenzuola bianche, quel profumo di paradiso. Non ero nella mia camera a Mosca.
Conoscevo quel posto, ma non potevo essere lì. Avrei voluto, ma non era possibile...
La mia mente mi stava facendo uno scherzo niente male, cercando di darmi un'illusione di felicità. Probabilmente stavo sognando, non c'erano molte altre spiegazioni, oppure avevo bevuto parecchio. Non ricordavo nulla della serata e avevo anche le allucinazioni, a quanto pareva. Sbuffai, tentando di girarmi nuovamente.
Se avessi visto Vic sicuramente mi sarei convinta che non potevo essere a casa. Il cinismo di quel pensiero mi annebbiò la mente, togliendomi quel poco di lucidità che avevo riacquistato con non pochi sforzi. Davvero volevo cancellare tanto in fretta quell'illusione? Sapevo che abbandonarmi a quell'istante di felicità non avrebbe giovato alla mia situazione: non se mi fossi ritrovata a Mosca, ancora prigioniera. Ma del resto, continuare a domandarmi come dovessi comportarmi non mi aiutava a mantenere la calma nè ad affrontare la realtà, qualunque essa fosse.
Trattenni il fiato mentre raccoglievo ogni briciolo delle mie forze per compiere quel piccolo movimento. Non capivo il motivo di quel dolore... Cosa era successo?
Sbattei le palpebre, dieci, venti volte.
Un paio di occhi di cobalto mi guardavano fisso, incorniciati da tratti eleganti, da capelli scuri in disordine. Le sue braccia nude mi tenevano vicina.
Non parlava, non sorrideva.
- Svegliati, Elena- mi dissi, sottovoce.
Battei le palpebre ancora una volta. Chris non poteva essere lì. Anzi,
io non potevo essere li...
Vidi la mia allucinazione chiudere gli occhi, avvicinarsi a me, poggiando la sua fronte alla mia.
- Ho avuto paura...- mi sussurrò piano. La voce roca per il prolungato silenzio.
Sollevai una mano ad accarezzargli il viso, i capelli. Repressi un brivido di dolore, mentre mi stringevo a lui. Se davvero era un sogno volevo godermelo fino in fondo.
- Sono qui adesso...- risposi. Tutto, pur di vederlo sorridere. Tutto. Anche il mio dolore quando mi sarei risvegliata accanto a Victor, di nuovo sola.
Aprì gli occhi, sfiorando piano il mio viso con la punta del naso, prima di coprirmi con il lenzuolo immacolato.
- Senti molto dolore?- mi chiese.
- No.- risposi.
- Non farmi più una cosa simile...- mi ammonì con dolcezza.
Senza sapere di cosa stesse parlando annuii, ammutolita dal dolore che quel semplice movimento mi causava.
Lui mi sfiorò il viso con il dorso della mano.
- Se non avessi riaperto gli occhi... non so cosa... cosa avrei fatto...- aggiunse, mesto – Non posso lasciarti andare, El...-

Fu come se le sue parole accendessero un grande faro nella mia mente, illuminando i pezzi di quel quadro che erano rimasti oscuri fino a quel momento. E ricordai, tutto. L'incontro al Victoria, la fuga, il volo dall'undicesimo piano, il vicolo. Tutto, eccetto quelle ore in cui, in qualche modo, lui era riuscito a portarmi a casa...
Quanto ero rimasta incosciente? Quanto male ero conciata?

Ma oltre la cortina di domande che mi affollavano la mente si affacciò una verità che non avrei mai creduto di poter ritenere tale: io ero
davvero a casa.
E Chris era davvero con me. Nulla aveva importanza se potevamo stare insieme.
La felicità ruppe gli argini, sgorgando attraverso le mie lacrime.
- Sono qui...- dissi solo, con la voce rotta dall'emozione.
- Si...- mi rassicurò lui, asciugandomi gli occhi.
- Abbracciami, ti prego...- sussurrai. Lui accentuò la stretta su di me, cercando di non farmi male.
- Non ti lascio...-
Le sue labbra trovarono le mie in un bacio di una dolcezza estenuante, mentre intrecciavo le dita tra i suoi capelli, avvicinandolo ancora di più al mio viso.
Sentii il mio sangue scorrere veloce, ribollirmi nelle vene come lava incandescente. Non avvertivo neanche il dolore alla schiena, del tutto distratta da quella sensazione di appagamento e allo stesso tempo di insoddisfazione che mi straziava.

Tutte le notti al fianco di Victor mi scorsero nella memoria veloci, come fotogrammi di un film dell'orrore. Il dolore, la paura, la sensazione di panico e di angoscia che avevo provato non esistevano più. Erano svanite, senza lasciare nessuna traccia, come se Chris fosse l'antidoto, come se la sua vicinanza fosse la cura di ogni mio malessere, di ogni mio turbamento. La sua presenza diluiva ogni mia sofferenza, risvegliando sensazioni che avrei giurato di non poter più provare. D'istinto emisii un sospiro, in cerca di quell'appagamento che solo il contatto con la sua pelle avrebbe potuto darmi. La sua risposta fu un roco gemito di piacere che mi fece perdere il controllo delle mie azioni, mettendo la mia razionalità definitivamente fuori uso.
Approfondii il bacio mentre le mie mani scendevano ad accarezzargli le spalle, poi le braccia, il torace. Aveva il respiro accelerato, lo sentivo sulla pelle del mio viso, sul mio fianco, sfiorato dal suo addome al ritmo del suo affanno.
Lo strinsi per i fianchi mentre lui si portava piano sopra di me, cercando di non gravarmi col suo peso. Una mano tra i miei capelli, una accanto al mio viso. Mi strinsi a lui, inarcando la schiena indolenzita, facendo aderire i nostri corpi. Non riuscii ad evitare che un gemito sfuggisse dalle mie labbra.
- Vuoi... vuoi che mi sposti?- mi chiese, senza staccare gli occhi dai miei. Erano lucidi, lievemente arrossati, preda di un desiderio pari al mio, ma mi guardava con preoccupazione. Sapeva meglio di me quali danni avevo riportato e l'ansia tingeva di una nota più grave la sua voce. Ma non avrei permesso che si muovesse da lì neanche se da quel movimento fosse dipesa la mia vita.
La mia risposta trovò le sue labbra prima che potesse dire altro. La mia lingua tracciò i contorni del suo palato, riprendendo possesso della sua bocca, mentre le sue mani lasciavano scie roventi sulle mie gambe, portandole a cingergli la vita. Sentivo il suo corpo sul mio muoversi prima con cautela, poi con maggiore disinvoltura... Sapevo a cosa stava pensando. Conoscevo l'espressione che assumeva quando qualcosa suscitava i suoi sensi di colpa, ma non doveva.
Tutto ciò che desideravo in quel momento era cancellare le sue ansie e ricordare a entrambi quanto forte fosse il nostro legame. Gli appartenevo, mi apparteneva. Nulla di ciò che era accaduto avrebbe potuto cambiarlo.
Ovunque fossi stata insieme a lui, quella sarebbe stato il mio posto.
Lo guardai negli occhi, privandomi per in istante dell'estasi delle sue labbra, mentre lo accoglievo in me con desiderio. E mi sentii veramente completa, come se le sue braccia potessero tenere insieme tutti i pezzi del mio corpo e della mia anima che in quei mesi si erano irreparabilmente sbriciolati.
Le sue labbra accarezzavano la mia pelle con una devozione che mi toglieva il fiato, le mie mani lo stringevano con un'urgenza che faceva male. Non so dopo quante ore l'alba ci trovò lì, ancora abbracciati, al centro del nostro letto.
Baciato dai primi raggi del sole, Chris mi offrì la gola, guardandomi dritto negli occhi privo di qualsiasi esitazione. Senza fiato, senza più incertezze, avvicinai la mia bocca e sfiorai con lentezza là dove il suo sangue scorreva veloce, preda della nostra eccitazione. Affondai i denti con lentezza, sentendo il suo sapore bagnarmi la lingua, spegnendo ogni altra percezione.
La forza fluì lungo i miei arti, riscaldandomi dall'interno, mentre una sensazione di totale appagamento mi costringeva a reclinare la testa, persa nel piacere di quell'istante. Il mio e il suo.
Lo strinsi a me, raccogliendo con la lingua una goccia del suo sangue adagiata sulla sua pelle ambrata, là dove il mio veleno aveva richiuso il taglio disegnato dai miei denti affilati.
E desiderai di potermi sentire sempre in quel modo: viva, felice, appagata. Completa.
Mi lasciai avvolgere dalle sue braccia, mentre malvolentieri lo lasciavo stendere al mio fianco. Ero vicinissima a lui, le sue labbra mi fioravano il viso, il collo, con una dolcezza ed una lentezza estreme. Ma non era abbastanza. Nulla sarebbe stato più abbastanza.
Lo baciai ancora prima che trovassi la forza di parlare, la fronte contro la sua, annegando in quello sguardo che mi metteva a nudo.
- Ti amo, Christian Grey...-
E con i suoi occhi ad incendiarmi l'anima mi addormentai esausta, finalmente al suo fianco, finalmente a casa.

 

 

 

 

*

 


 

Non so come riuscii a rimettermi in sesto tanto in fretta, nè come Chris avesse trovato quel posto meraviglioso.
Per tradizione non avrebbe dovuto vedere il mio vistito fino alla cerimonia, ma aveva barato, ne ero certa, mentre Charlotte mi aiutava a sollevare la cerniera sotto al braccio destro.
La mia migliore amica mi sistemò il velo, facendo attenzione a non sgualcire i fiori della mia acconciatura. Avevo i capelli sciolti, lievemente fermati sul retro da alcune forcine invisibili. I boccoli erano ricresciuti velocemente, ormai superavano le clavicole.
Si adagiavano morbidi sulla seta opaca del vestito, scollato a V sia sul davanti che sul dietro e fermato sotto al seno da una fascia di un dorato chiarissimo, ornata di perline.
La gonna scendeva a piegoline lunga fino ai piedi, coprendo i sandali col tacco e terminando con una leggera decorazione sull'orlo.
Mi ero innamorata di quel vestito così come di quelli delle damigelle. Sue e Mel erano a dir poco deliziose nei loro vestitini beige. Erano due damine, eleganti e sorridenti come due piccole spose. Daniel le aveva portate in braccio fuori dalla stanza, per evitare che mi deconcentrassi, aveva detto.
- Come ti senti?- mi chiese Charlie.
La guardai attraverso lo specchio che avevo di fronte a me. Da quando sapeva tutto di me e Chris mi ero legata tanto a lei da sentirla come una sorella. Amavo lei e le bambine come fossero sangue del mio sangue, consideravo la sua famiglia la mia e sapevo che era un affetto reciproco.
Le sorrisi.
- Sono stata peggio...- risposi. Molto più che peggio.
Attraversai la passerella di legno sulla sabbia bianca sulle note della marcia nuziale suonata da un quartetto di archi, subito dietro le mie piccole che spargevano petali di rosa, e non potei fare a meno di pensare che l'uomo che mi aspettava sotto un gazebo bianco ornato di calle era esattamente tutto ciò che avessi mai desiderato nella mia vita.
Era di una bellezza mozzafiato nel suo smocking scuro, elegante ed impeccabile come un divo del cinema degli anni venti. Era sinuoso anche da fermo, rassicurante nella sua posa spontanea, sorridente nonostante l'emozione evidente sul suo viso. Se non lo avessi amato già con tutta me stessa me ne sarei innamorata in quel momento, rapita dal suo sguardo azzurro come l'oceano alle sue spalle, concentrato sul mio incedere cadenzato come se da quello dipendesse la sua esistenza.
Solo noi sapevamo quanto intenso fosse il nostro legame, quanto fosse necessario. Solo io sapevo quanto fosse impossibile per me vivere senza di lui. Senza le sue braccia a tenermi intera, senza la vua voce a risvegliarmi al mattino, senza il suo coraggio, la sua devozione. Capii di avere vissuto tutta la mia esistenza per quel momento.
E con quella consapevolezza lo raggiunsi sotto al gazebo, prendendo la mano che lui mi offriva e voltandomi verso il giudice White. Anche lei aveva avuto un ruolo nella nostra vita. Prima mia collega, poi giudice nell'affidamento di Mel e Sue, adesso ministro di quella cerimonia.
Il suo discorso fu breve e informale, accompagnato dal lieve infrangersi delle onde e da un leggero vento che mi soffiava i capelli e che mi accarezzava le braccia. Era il tramonto, le ultime ore di quell'ultimo giorno come Elena Dumont. Le prime della nostra vita da marito e moglie.
Pronunciai la mia promessa con una commozione che mi rendeva difficile persino parlare, ascoltai Chris con le lacrime agli occhi mentre giurava di amarmi per sempre, davanti a tutti i nostri amici.
Mel ci porse le fedi, e le mie lacrime strariparono mentre ne infilavo una all'anulare di mio marito.
Il bacio che seguì durò un'eternità, sovrastato dal suono degli applausi e dal brusio dei presenti. Quando mi allontanai da lui, vidi una lacrima scivolargli oltre il confine del suo viso, nascondendosi lungo il suo collo fino a perdersi nello smocking.

E in quell'istante seppi che in qualche modo sarebbe stato mio per sempre. Mio marito, l'amore della mia vita. E se lo avessi avuto accanto il mio destino avrebbe avuto un lieto fine.

 

 

 

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