Non ho mai visto la luce del sole. Il cielo non so cosa
sia. Non ho mai avvertito il vento sulla pelle.
Ho spiegato le ali solo per volare nella cupola che è
stata innalzata per me, senza finestre e con un’unica porta che solo mio padre
può aprire.
Per tutta la vita non sono mai uscita dalla mia prigione.
Tutti mi chiamano “Angelo”, dicono che sono una creatura
sacra al Creatore, che io sono l’unica che può salvare il mio popolo. Però,
quello che ho scoperto è che gli Angeli non vivono in cattività, sono liberi.
Gli Angeli vedono il cielo tutti i giorni e si lasciano
cullare dal vento mentre osservano il sole che muore e rinasce ogni giorno.
Io non sono un Angelo.
I miei capelli non sono boccoli biondi; sono neri, come
nere sono le mie ali e come nera è la mia anima. I miei occhi sono verdi come
se fossero fatti di smeraldo, ma in essi non vi è lo stesso chiarore brillante
e regale. Non assomiglio neanche fisicamente ad un Angelo. Il mio corpo è
curvilineo, ho una figura flessuosa.
La mia preparazione è completa, posso parlare tutte le
lingue del mondo, non esiste esercizio che non sappia risolvere, non c’è legge
fisica che non possa cambiare. Posso controllare la vita e la morte, non che
questo mi diverta ancora: gli Umani sono diventati meno divertenti in morte,
rispetto che in vita.
Conosco gli Umani perché posso osservali negli specchi
che trovo in giro per la mia prigione, alcuni di loro posso seguirli anche
nei sogni, parlare con loro, entrare nelle loro menti e farli muovere a mio
piacimento.
I Mortali sono facili da manipolare, da controllare. Non
hanno forza di volontà, sono per lo più involucri vuoti, privi di ogni
coscienza morale, privi di ogni interesse comune. Se prendessero coscienza di
se stessi e si unissero, piuttosto che combattersi, forse, allora, potremmo
cominciare a temere la loro tanto esaltata forza.
Per fortuna, nel futuro, non c'è niente di simile.
Sono un essere instabile, sono portata a ferire gli
altri, a farli soffrire, fino a far desiderare loro la morte.
Quelle essenze, che non sempre sono anime, quelle che il
Creatore non ammette nel suo cielo di buoni propositi e sante riflessioni, le
prendo io: le mie guardie le conducono nel castello di mio Padre e lui le
conduce nella mia gabbia, apre la porta e le fa entrare.
Devo insegnare loro ogni cosa. Stanno lì, a guardarmi
senza occhi, senza un volto, fluttuano senza un corpo dove nascondersi e dove
muoversi; volteggiano goffamente nella mia cupola e apprendono quello che devo
insegnare loro.
Solitamente, evito di guardare la loro fumosa
inconsistenza. Le trattengo il meno possibile, un po' schifata dai loro
sentimenti.
Un esercito di ingrati, senza scrupoli, pronti a tutto
per riassaporare qualche misero momento da Mortali, per essere per pochi
secondi quello che sono stati: creature frivole, senza senso del dovere, facili
da manipolare e corrompere. Nient’altro.
Eppure, anche loro sono qualcosa, mentre io? Io cosa
sono?
Continuo a interrogarmi sulla mia esistenza, sul mio
essere mentre, incerta, scrivo su pagine bianche di un diario senza fine. Sono
solo appunti; sono appunti di una vita eterna che non avrà mai pace: la mia
vita.
Non sono un Angelo e non sono un Demonio; sono una
creazione, un esperimento che forse non è neanche riuscito.
Non sono un Angelo e non sono un Demonio: io soffro;
fredde lacrime percorrono il mio viso ogni giorno, rotolano lungo le mie guance
e muoiono sulle mie labbra. Soffro. Gli Angeli non soffrono perché non hanno
motivo di soffrire, sono figli del Creatore, sono creature sacre. I Demoni non
soffrono perché non hanno il cuore o l’anima per farlo.
Io invece soffro, sanguino come una qualsiasi Umana, ho
le ali degl’Angeli e la spietatezza dei Demoni. Che sono io?
Ricordo che quando posi a mio padre tale domanda, egli mi
rispose con un sorriso sbieco e con parole gelide. Per lui io non sono.
Quella affermazione mi dilaniò il cuore per giorni, finché mi resi conto che
anche per me, lui, non era.
Non chiesi mai a mio padre chi fosse mia madre, non gli
domandai mai se avessi fratelli o sorelle; non ho desiderio di scoprirlo, o
forse non voglio turbare la sua irrequieta pace.
L’unico mio desiderio, adesso, è volare al di sopra delle
nuvole, oltre il cielo, oltre il sole, col vento sulla pelle. Sono solo
desideri. Io non posso permettermi alcun desiderio, nessun sogno.
Non ho mai visto la luce del sole e mai la vedrò. Il
cielo non so cosa sia e mai lo scoprirò. Non ho mai avvertito il vento sulla
pelle e mai lo sentirò. Tutto questo non può far altro che farmi soffrire.