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Autore: MagicalWind    21/07/2010    4 recensioni
Michelangelo è un ragazzino di 11 anni che scopre di avere un talento particolare: percepisce le presenze. I casi che seguirà gli saranno un utile allenamento per affrontare un caso più grande che gli si presenterà 3 anni dopo: quale segreto si cela in un parco nel quale si manifestano diverse anime, sconosciute fra loro, ma unite da un misterioso filo in comune?
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: questa è la prima volta che scrivo ... a me soddisfa, spero soddisfi anche voi.... potreste però indicarmi se è troppo lungo, troppo corto o se così va bene? (vado in vacanza dal 24/07 al 3/08)

Provai a sforgiare un sorriso convincente e un saluto altrettanto valido, ma niente da fare: non sono fatto per socializzare con le persone. Me ne andai dallo specchio e ritornai in camera mia sul mio letto.
«Uff! Ma dov'è il problema?» pensai fra me e me. Tornai davanti allo specchio e dissi: «ciao! Mi chiamo Michelangelo, sono un ragazzino di 11 anni che domani inizia la prima media. Sono un tappo, pallido come un fantasma con i capelli castano scuro e gli occhi nocciola e sono anche magro, nonostante mangi abbastanza. Non riesco mai a socializzare molto bene e l'anno scorso ho anche scoperto di poter interagire con i fantasmi. Alcuni brillano di luce bianca, altri sono a esatta immagine e somiglianza di come erano da vivi. Io ci ho provato a dirlo che vedo i fantasmi, ma nessuno mi ha creduto. Non importa, con la coscienza sono a posto e nessuno di loro per adesso mi ha mai parlato, quindi il problema si ridimensiona al fatto che io non abbia la testa a posto come tutti gli altri. Alle elementari mi sono trovato abbastanza bene e non so proprio che cosa aspettarmi alle medie.»
Non feci in tempo a continuare che sentii le chiavi girare nella toppa: la mia sorellina e i miei genitori erano tornati e non era il caso che notassero che mi piaceva parlare da solo. Gli salutai e tornai in cameretta, il mio angolo di mondo privato, a pensare, pensare e pensare ancora per poi concludere niente: domani mattina sarei andato in un posto nuovo per 3 anni della mia vita e non sapevo come comportarmi. In fondo, iniziare è sempre la parte più difficile.


«Così però non vale!» pensai innervosito; era mattino e tutti i ragazzini del primo anno erano davanti alle scale mentre la preside gli assegnava alle rispettive classi. «Ma quand'è che arriva la mia classe?!» ripresi innervosito. Mi guardai attorno: tutte facce sconosciute ad eccezione di una ragazzina che avevo conosciuto un po' a catechismo; si chiamava Beatrice, era alta quanto me, con i capelli castano biondo e gli occhi cerulei con davanti un paio di occhiali. Ne avevo visto un'altra di faccia non sconosciuta, soltanto che era già stata chiamata: si trattava di Charlotte, mia compagna delle elementari, un po' più alta di me con occhi e capelli neri e la pelle del mio stesso identico colore. Eravamo arrivati ad un punto morto: la preside non leggeva più l'elenco e ci guardava con aria smarrita. Se questa scena fosse capitata con me come spettatore esterno, mi sarei fatto due risate; peccato però che io ne ero coinvolto assieme ad una decina di ragazzini e non avevo proprio voglia di ridere. Infine ci portò nel suo ufficio, consultò un altro elenco e ci disse in quale classe eravamo. Salutai Beatrice con lo sguardo ed entrai nella mia nuova classe nel peggiore dei modi: in ritardo sotto gli occhi di tutti. «Preside tricheco!» pensai prima di entrare in classe. Una volta entrato, vidi Charlotte, spiegai all'insegnante l'accaduto e vidi che due ragazzini dall'aspetto più grande degli altri mi stavano guardando, indicando, e ridevano piano fra loro. «Incominciamo bene» pensai rassegnato, andando a sedermi nell'ultimo posto rimasto: una desolante coppia di banchi vuoti appoggiati di fianco alla finestra in prima fila.


Ero più impalpabile io dei fantasmi che incrociavo certe volte: in due settimane non avevo instaurato il dialogo con nessuno. Un giorno all'intervallo decisi di partire all'esplorazione, uscendo nei giardinetti della scuola in condivisione con la scuola elementare di fronte. Mi sedetti sul "muretto separatore" (così lo chiamavo io) quando notai che due occhi mi stavano fissando. Rimasi a guardare il paio di occhi nello stesso modo in cui un'otaria guarderebbe un cammello, quando decise di uscire allo scoperto: si trattava di un bambino, a occhio e croce aveva l'età da terza\quarta elementare. Ero certo di averlo già visto, soltanto che non ricordavo nè dove nè quando.
«Come mai sei qui, Michelangelo?» chiese lui.
«Vado in questa scuola» indicai dietro di me, «ma tu... mi conosci?».
«Non ti ricordi di me? Sono il cugino di Charlotte, ci siamo visti alla sua ultima festa di compleanno»

Improvvisamente mi tornò in mente: era il bambino con cui mi ero particolarmente divertito all'ultimo compleanno di Charlotte. «Sì, ora credo di ricordare... Ti chiamavi Ricky, giusto?»
«Bravo!» sorrise, e poi continuò «per caso sai dove posso trovarla?»
«È in classe con me...»
Suonò la campanella di fine lezione.
«Ora scusa, ma devo andare... Te la saluto e magari ci vediamo di nuovo uno di questi intervalli... Ciao!» salutai frettolosamente e mi precipitai in classe notando uno strano particolare: l'intervallo delle elementari iniziava ora, quando finiva quello delle medie; come aveva fatto lui a uscire da solo, prima della fine delle lezioni e ad allontanarsi così tanto dalla sua classe?
Tornato in classe (fortunatamente l'insegnante non era ancora arrivato) notai che mi indicavano, ma non era quello a preoccuparmi, bensì Charlotte che stava leggendo un libro, apparentemente ignara di Ricky che stava urlando e sbracciando per attirare la sua attenzione. Improvvisamente il bambino si voltò e mi guardò con uno sguardo fisso, uno di quelli sguardi che ti inchiodano. Fu velocissimo, si trovò davanti a me in un batter d'occhi.
«Devi dirglielo!»
«Che cosa?»
«Che volevano che affogassi nel fiume!»

  
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