Serie TV > La signora del West
Ricorda la storia  |      
Autore: ISI    21/07/2010    2 recensioni
"Un moto violento lo svelle da dentro e come una marionetta che venga strattonata quasi fino a spezzarne i fili si alza in piedi di scatto, arranca alla cieca con le mani protese in avanti, inciampa su qualcosa -un braccio o un caviglia- e sbatte forte una spalla contro il legno di una panca, mentre il suo stomaco si contrae a vuoto e gli occhi si sgranano, le iridi si dilatano alla ricerca di ossigeno. Jake, il passato e l'apocalisse.
Perchè certe cose non si dimenticano.
Genere: Drammatico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Che sia morto anche il sole?


Questa è per voi, Sarhita, Lady Snape e Col_vale, sperando che vi piaccia.


-Trae spunto da quanto il nostro adorato Jake racconta della sua infanzia nella puntata "Ricordati di me" della... della quinta stagione se non erro. Ovviamente il tutto è stato rivisto e rimaneggiato, nonchè ampliato dalla sottoscritta.

Buona lettura.-


“Mamma... mamma...” la voce argentina della piccola Lucinda, sette anni appena, è ora poco meno che un sussurro leggero, flebile come il battito d’ali di una farfalla la cui esistenza stia lentamente volgendo al termine.“Lucy, mia adorata Lucy, ci sono qui io, non preoccuparti, ci sarò sempre, ma non parlare ora, non sforzarti, per favore...” la voce del ragazzino che tenta invano di rassicurarla accarezzandole dolcemente e con mano tremante i capelli, come solo un fratello può saper fare, è roca e debole, come se ogni parola che proferisce a fatica fosse un pugno, come se ogni respiro fosse una coltellata.

Eppure li preferirebbe.

Sì, preferirebbe un pugno, una coltellata, cento pugni, cento coltellate, preferirebbe ritrovare livido ogni centimetro del proprio corpo, preferirebbe guardare il proprio sangue aprirsi sotto di sé come i petali fragili di un papavero, preferirebbe venire sgozzato così su due piedi dai denti di un cane rabbioso, piuttosto che starsene immobile al capezzale della sua adorata Lucy, stretto tra le braccia il piccolo James, il suo piccolo, capriccioso James che adesso però non piange più, non si lamenta più, non fa più il broncio, non storce più il nasino...

Non respira neanche.

“La mamma... Jake, la mamma, dov’è la mamma?” chiede ancora la bambina con tono implorante ed il fratello si ficca una mano tra i capelli chiari maledicendo chi li ha messi al mondo e al tempo stesso li ha condannati.

“La mamma non c’è!” urla il bambino di colpo, come se d’un tratto una follia sopita, taciuta si fosse risvegliata in lui così, di soprassalto “Non c’è la mamma, se n’è andata e non c’è neanche papà, siamo soli Lucy, siamo soli come lo siamo sempre stati!”

Le grida del piccolo squarciano il silenzio di un’alba dalla luce asettica che incombe sul piccolo villaggio delineando i contorni delle case e degli alberi spogli, senza fiori e senza foglie nonostante la stagione, invadendo i campi brulli e sterili, divenuti qua e là cimiteri improvvisati di carcasse nude e depredate, simposi di corvi e di cagne dalle mammelle rinsecchite.

“Non è vero...” lo rimprovera la piccola Lucy, mentre un sorriso si allarga febbricitante, schizofrenico, terrificante quasi, sul suo bel volto oramai butterato dalle piaghe del morbo “Non è vero, io... io la vedo, la vedo... vedo la mamma...”

“Lucy...” le mani di Jake tremano incontrollabilmente, il corpicino gelido di James quasi gli sfugge dalle braccia.

“Dice che... che è tornata da New York per portarmi con sé...” il sorriso sul volto della bambina si fa ancora più largo, più spaventoso, mentre il piccolo Jake si fa indietro con passi insicuri scuotendo ferocemente il capo, trattenendo a stento un conato di vomito che gli riempie la bocca di bile “Mi porterà a mangiare il gelato e mi comprerà un vestitino nuovo e poi...”

“Lucy, ti prego...” geme il bambino con voce strozzata e di colpo è con le spalle al muro.

“E poi.... e poi...”

“Lu... Lucy...”

E poi più niente.

Non un respiro, non un battito.

Nulla, solo quel sorriso terrificante e folle che riecheggerà nei suoi incubi per anni.


L’unico sopravvissuto nella piccola stanza sporca e puzzolente, già torbida del caldo di un sole appena nato, posa con delicatezza sul letto il piccolo feticcio di vita che ha tra le mani e con calma, come fosse un automa si mette all’opera: un bottone dopo l’altro la camicetta logora si lascia slacciare docile e scivola via dalle membra inerti lasciando scoperto il minuscolo petto acerbo divorato dalle piaghe.

Le metterà il vestito della domenica, quello bello, tutto bianco e ricamato che le piace tanto...

Che le piaceva tanto...

E le pettinerà i capelli, sì, le pettinerà i capelli: cento colpi di spazzola come lo pregava ogni sera prima di coricarsi.

Come non lo pregherà mai più...


Bene.

Ora sono pronti per andare.

L’uscio della piccola capanna si apre piano su di una strada polverosa, inondata da una luce inanimata e quasi gli viene il dubbio.

Che sia morto anche il sole?


La strada è vuota.

Nessun falegname che sudi sui suoi legni, nessun fabbro che alimenti la sua fucina, nessun droghiere che declamaila qualità della sua merce, nessuna puttanella che lasci scivolare tutt’altro che distrattamente una delle spalline dell’abito già sufficientemente succinto innanzi agli sguardi affamati dei cowboy di passaggio, nessuna vecchia rinsecchita che celi dietro le sue critiche bigotte per queste signorine tutta l’invidia dell’avvizzimento e della vecchiaia, nessun prete in soffocante sottana nera pronto a fare la morale, solo lui per la strada polverosa e deserta, lui, tra le braccia, contro il petto, il freddo che nessun bambino dovrebbe mai sentire, neppure di riflesso.

Jake cammina a passo lento, lo sguardo che si sofferma su particolari che avrà tutta la vita per poter maledire uno ad uno: la staccionata del signor Caine andrebbe riparata ad esempio, il signor Epstein farebbe meglio a sostituire quella trave marcia lì nella veranda di casa sua e quella donna, oltre quella finestra sporca è immobile, bluastra in viso, come il corpicino del bambino che ha ancora attaccato al seno, mentre un cerchio di mosche li incorona come la luce fa con i bei volti della Vergine e del piccolo Cristo nel dipinto della piccola chiesa del villaggio.

E’ li che sta andando.

Gli hanno spiegato una volta, non ricorda bene quando, ma l’hanno fatto, che devono essere i preti e i becchini ad occuparsi di queste cose, ma il becchino da dentro la cassa rivestita di velluto non si era degnato di rispondergli, quindi dovrà accontentarsi del solo reverendo.

Varca la soglia della casa di Dio e dopo qualche attimo alle sue orecchie sopraggiunge, impastata alla penombra, una sorta di nenia tremolante che s’insinua flebile nel silenzio.

“V... vidi salire dal mare una be... bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. La bestia c... che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la... la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potestà g... grande...”

Il bambino si avvicina piano all’altare e un passo dopo l’altro l’apocalisse incombe sempre di più su di lui una parola dopo l’altra, un cadavere dopo l’altro, tanto che non ritrovarsi sotto i piedi le falangi di qualcuno è quasi impossibile.

“Alla b... bestia fu... fu data una bocca per proferire parole d'orgoglio e bestemmie, c... con il potere di agire p... per quarantadue mesi...” il reverendo Jasper se ne sta accucciato dietro l’ara sacra in ginocchio, con il crocifisso stretto tra la mani piagate, mentre ondeggia piano avanti e indietro con il busto, ripetendo a memoria i passi dell’Apocalisse di Giovanni che al collegio gesuita gli hanno inculcato a forza di vergate e abusi.

“Reverendo, io...” prova a chiamarlo Jake, ma l’uomo, gli occhi aperti e vigili innanzi ai diavoli delle sue allucinazioni, non lo vede, non lo sente, non ha più neppure coscienza di se stesso figuriamoci di lui.

“Io sono qui perché...”

“Essa aprì la b... bocca per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e... e la sua dimora, contro tutti quelli ch... che abitano in cielo...” continua pacato l’uomo di chiesa, ma è quando il bambino fa per allungare una mano al volto dell’uomo che questo scatta in avanti e gli afferra la gola, buttandolo a terra e gettandosi su di lui: James e Lucinda gli scivolano dalle braccia come fossero bambole di pezza urtando contro il pavimento in un leggero tonfo sordo che le grida dell’uomo impazzito subissano nel terrore della morte “Non mi avrai Satana, non mi avrai mai, non avrai mai la mia anima!”

L’uomo urla, sbraita, le sue dita si serrano con forza sulla gola del ragazzino che inutilmente scalcia, si divincola sotto il corpo massiccio del suo assalitore, ma è proprio quando tutto sta per perdere consistenza agli occhi del piccolo Jake che la sua mano urta contro qualcosa, qualcosa di freddo e di metallico.

E’ un attimo e l’argento di un crocefisso poco più grande di un palmo si fa strada tra le carni del reverendo, gli apre il collo come se questo fosse fatto di burro e il sangue schizza a fiotti copiosi, secondo il ritmo, ormai insostenibile del cuore.

Le parole dell’Apocalisse gli rantolano in gola scarlatte, la stretta delle sue dita contratte allo spasmo si allenta irrigidendosi, mentre la sua anima si arrende al gelo inarrestabile della morte che lo lascia ad occhi sgranati come a potergli meglio mostrare il baratro al quale è stato destinato.

Il ragazzino, ancora in parte immobilizzato per il terrore si fa indietro piano, strisciando come una serpe, ma è solo quando una goccia ferrigna più audace delle altre si lascia scivolare dallo zigomo fino ad accarezzargli le labbra secche per la sete che Jake si capacita realmente di ciò che ha compiuto.

Un moto violento lo svelle da dentro e come una marionetta che venga strattonata quasi fino a spezzarne i fili si alza in piedi di scatto, arranca alla cieca con le mani protese in avanti, inciampa su qualcosa -un braccio o un caviglia- e sbatte forte una spalla contro il legno di una panca, mentre il suo stomaco si contrae a vuoto e gli occhi si sgranano, le iridi si dilatano alla ricerca di ossigeno.

Con il volto riverso a terra, ripiegato su se stesso, Jake trema ora senza controllo mentre pian piano, però, i crampi si fanno meno dolorosi e violenti.

Devono andarsene da lì.

Si rialza barcollando, come ha sempre fatto dopo ogni caduta e in ginocchio tra i corpi cerca il macabro sorriso della sua Lucy e la dolcezza del sonno eterno del suo James.

Come al solito dovrà fare tutto da sé.

Perchè è così che funziona quando si è soli e Jake lo sa, lo sa meglio di chiunque altro conosca.


C'è un vanga nella capanna degli attrezzi del signor McCoy.

Ogni tanto lo aiuta nel lavoro dei campi per racimolare qualche soldo ed è per questo che lo sa.

Era un tipo simpatico, il signor McCoy.

Uno come lui, uno di quelli nati per essere più soli di altri, uno di quelli in grado di portare un croce più pesante di altri.

Il ragazzino è sicuro che che il suo amico non si arrabbierà se per mezz'ora gli chiederà in prestito la sua vanga...

Chi tace acconsente, dice il detto e Jake spera che questo valga anche per i morti.


La terra è secca, dura come pietra.

Scavare è faticoso e si sente senza forze, ma ormai la fossa è abbastanza grande e profonda da contenerli entrambi.

Vi porrà i loro cadaveri, un fiore ciascuno, la vecchia e logora bambola di pezza della sua Lucy, il soldatino di legno del suo James e poi la terra ricoprirà tutto, anche la sua piccola anima ormai corrotta, mentre un padre ubriaco tornerà a casa cercando invano i suoi figli morti.


Un ultima manciata di sabbia e ancora Jake non piange, non versa una lacrima.

Sa che avrà tutta la vita per farlo.




Fine.


Tristezza...

Spero solo che nonostante tutto sia stata di vostro gradimento.

Una storia davvero strana per i miei standard...

Non uso molto speso il presente come tempo verbale per le mie storie, ma stavolta mi pareva che avrebbe potuto starci bene.

Potrei decidere di volgere tutto al passato, fatemi sapere che ne pensate, ok?

Alla prossima!

ISI.

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > La signora del West / Vai alla pagina dell'autore: ISI