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Autore: Nihal    21/07/2010    4 recensioni
Bianca Losio è una normale ragazza, se escludiamo il suo temperamento un tantino ribelle, che ha portato la sua scuola ad optare per la sua sospensione.
Proprio a causa di questo, sua madre - donna dai saldi principi morali - ritiene che la figlia abbia bisogno di un'educazione più ferrea, educazione che non può esserle impartita nell'anonimo liceo in cui aveva studiato fino a quel momento.
Dovrà quindi terminare i suoi studi nel collegio di San Draculeo, ritenuto dalla madre adatto ai suoi scopi. Qui incontrerà molte persone che cambierà e dalle quali verrà cambiata.
«Adesso cosa dirà tuo padre? Cosa diranno tutti?»
In ordine, suo padre si sarebbe fatto quattro risate perché alla sua età era peggio di lei e tutti non avrebbero detto assolutamente nulla perché avevano di meglio da fare che controllare spasmodicamente la vita di una sedicenne random che si divertiva a giocare a scopa con Giacomo che, poverino, ci era anche rimasto male quando la professoressa gli aveva portato via la sua avversaria con tanto di mazzo di carte e aveva ignorato le sue proteste quando aveva osato protestare perché il suddetto mazzo era il suo e non di Bianca.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il collegio dei devoti di San Draculeo



1. La partenza


I suoi passi risuonavano cupi sulle piastrelle perfettamente quadrate dell’aeroporto di Torino, uno dei luoghi che in quel momento si trovavano in cima alla sua personale top ten dei posti in cui era meglio non mettere piede.
Si guardò intorno lanciando così, per sport, qualche sguardo assassino agli ignari passanti che sicuramente erano lì per qualche strana vacanza di metà stagione o, comunque, per un qualsivoglia motivo molto meno agghiacciante del suo.
Osservò il cartellone che la sovrastava e che, purtroppo, non annunciava nessun ritardo o catastrofe naturale che dir si voglia che avrebbe potuto ritardare almeno di qualche ora il suo supplizio.
Una voce fredda, di donna, si espanse per tutto l’aeroporto.
«Il volo per Milano è anticipato di trenta minuti. Si pregano i passeggeri di prepararsi per l’imbarco.»
Imprecò sonoramente, mentre si dirigeva alla reception, il trolley al seguito, sbatacchiato furiosamente da una parte all’altra, con una mezza idea di togliere la vita alla fonte di quella notizia in modo possibilmente molto doloroso.
Possibile che in quel posto scioperassero ad oltranza anche se mancava la carta igienica in bagno e invece quel giorno la parola d’ordine era diventato un qualcosa come l’efficienza prima di tutto?
«Bianca, per carità, datti un contegno: siamo in un luogo pubblico!» La rimproverò sua madre, che aveva insistito per accompagnarla. Giovanna Salici, quarant’anni suonati e un cipiglio severo che la contraddistingueva ovunque. Era lei la causa di tutte le sue disgrazie, quelle già avvenute e quelle che prospettava sarebbero arrivate in massa entro poco per togliere di mezzo ciò che restava della sua povera vita da adolescente – quasi – libera.
Si trovava due passi dietro di lei, per poterla meglio controllare, e mentre avanzava si rassettava il tailleur con fare nervoso, forse convinta che qualche amico di Bianca fosse lì per farla scappare e darsi ad una fuga rocambolesca con lei.
Non che Bianca non ci avesse pensato, anzi. Quello era proprio l’argomento di cui aveva discusso a lungo il giorno precedente con diversi componenti della sua ex classe, salvo poi rendersi conto che sua madre, a cui evidentemente era sconosciuta la parola privacy, era rimasta attaccata come una cozza al telefono della cucina, ascoltando per filo e per segno tutto ciò che lei aveva proferito – epiteti rivolti alla sopraccitata Giovanna Salici doverosamente inclusi – e sventando così il malefico piano, come lei lo aveva definito.
Una volta giunte alla reception, la receptionist incassò con dignità lo sguardo di fuoco di Bianca – che la riteneva colpevole del suo esilio quasi quanto la madre per motivi non meglio precisati –, ignorandola e chiedendo alla madre di cosa avessero bisogno.
«Di piantarti quella penna su per la gola.» Sussurrò quindi lei sorniona, guadagnandosi l’ennesimo rimprovero della sua genitrice, che quel giorno era nella fase perché mi è capitata una figlia così indisciplinata, io sono una brava madre.
Dopo aver ritirato il biglietto di sola andata per l’inferno, come Bianca adorava definirlo, si sedettero sulla panchina due minuti, giusto il tempo per scambiarsi gli ultimi convenevoli, prima che Bianca partisse per il luogo del non ritorno, altra denominazione amorevole affibbiata dalla sopraccitata al posto in cui avrebbe vissuto da quel momento in poi.
«Stai attenta, mi raccomando.» Le raccomandò, stampandole un bacio sulla guancia.
«Sì, le suore potrebbero aggredirmi.» Ribatté lei.
Sua madre finse di ignorarla e, aggiustandosi gli occhiali già perfettamente a posto qualche secondo prima, decise di passare ad argomenti più pratici e sicuramente più utili secondo il suo modesto parere.
«Comportati bene, questa volta.» Disse, premurandosi di sottolineare le ultima due parole per farle capire quanto la sua condotta fosse stata disdicevole fino a quel momento.
«Sarò una santa.» Controbatté lei, acida, con un riferimento preciso al luogo di tortura in cui sua madre aveva deciso di mandarla, dopo averle assicurato che comprendeva perfettamente come lei si sentisse.
Quando la voce fredda si ripresentò per avvisare che il suo volo sarebbe partito entro dieci minuti esatti, salutò sua madre e si avviò depressa verso l’aereo. Non le restava che sperare in uno sciopero dell’ultimo minuto.
Una volta salita cercò il suo posto e si sedette imbronciata, ignorando il suo compagno di volo, un biondissimo ragazzo che doveva avere all’incirca la sua età e che sembrava davvero intenzionato ad imbastire una conversazione, a giudicare dal suo saluto entusiasta con tanto di presentazioni. Peccato per il ragazzo che aveva scoperto chiamarsi Giulio che a lei non interessasse minimamente parlare, in quel momento: non era affatto dell’umore, quindi si limitò a presentarsi anche lei, prima di tirare fuori le cuffie dalla sua borsa e sprofondare nel suo mondo privato, il capo appoggiato pigramente al poggiatesta e lo sguardo nostalgico rivolto verso l’esterno.
Quella volta sua madre era stata di parola: due giorni prima l’aveva avvisata che sarebbe partita, e così era stato. Ricordando quel martedì non sapeva se doveva ridere o piangere. Forse entrambi.
Tutto era cominciato perché era stata sospesa dal suo liceo. Una lettera, che notificava quel fatto, aveva trovato un modo per arrivare a casa sua in un momento in cui lei non avrebbe potuto nasconderla o darla in pasto ai lupi, quindi sua madre, che in quel momento non aveva davvero nulla di meglio da fare, aveva preso la posta e, una volta arrivata a quella lettera il cui mittente era senza ombra di dubbio il preside della scuola, aveva compreso che sicuramente non si trattava di un encomio speciale ma doveva essere qualcos’altro.
«Bianca, vieni subito qui!»
Quando poi l’urlo di sua madre l’aveva raggiunta, nel momento in cui aveva messo piede sulla soglia, aveva capito che nella cassetta delle lettere non c’era nulla perché sua madre aveva avuto la premura di svuotarla prima che lei potesse far sparire la missiva incriminata.
Dopo aver posato le chiavi sul mobile, era entrata titubante in cucina, dove sua madre, livida di rabbia, stringeva ancora la lettera, mostrandogliela.
«Questa cos’è secondo te?» Chiese, evidenziando l’ovvio.
Bianca rifletté qualche secondo. Evidentemente quella doveva essere una domanda trabocchetto, giacché la risposta una lettera, che era sul punto di darle era talmente scontata da sembrare irriverente.
«Io non so cosa fare con te.» Aveva poi continuato, indubbiamente sicura che la domanda precedente non avrebbe ricevuto risposta o ne avrebbe ricevuta una estremamente stupida.
Bianca si era seduta, perché sapeva che avrebbe passato davvero un fastidioso quarto d’ora, con sua madre che le avrebbe elencato tutte le cose che aveva fatto di sbagliato fino a quel momento, magari terminando con un dovresti vergognarti molto ad effetto.
Infatti non era passato molto dalla sua ultima affermazione che aveva ripreso il discorso da dove l’aveva lasciato.
«Questa è una lettera da parte del preside che notifica la tua sospensione per ben cinque giorni!» Aveva gracchiato stridula, sventolandole la lettera a due centimetri dal naso caso mai non l’avesse ancora guardata con la dovuta attenzione e serietà.
Bianca aveva aperto la bocca per discolparsi e dire che non aveva fatto nulla di esagerato, però sua madre aveva alzato la mano per bloccarla e aveva iniziato a leggere la lettera a grandi passi, sottolineando quelli che lei riteneva essere i punti più importanti che la componevano. Così lei si era ritrovata ad ascoltare le parole pompose del preside per bocca di sua madre, che ogniqualvolta interrompeva la sua lettura, ne approfittava per storcere il naso contrariata.
«… dal momento che la suddetta alunna ha più volte ignorato i richiami disciplinari, perseverando, recidiva, nella sua condotta inappropriata, viene con la presente notificata la sua sospensione… Ma il bello deve ancora venire!» Aveva affermato convulsamente.
In quel momento Bianca aveva creduto che sua madre stesse per dare di matto. Forse la consapevolezza di una figlia che aveva avuto la bella idea di farsi sospendere dal liceo era troppo per lei.
«Qui spiega perché sei stata espulsa: … la sospensione è stata proposta dalla professoressa di lettere, Giuliana Zanini che, in orario di lezione, ha avvistato l’alunna nei pressi della scuola, intenta a giocare a ‘scopa’ su una panchina antistante l’edificio, con un senzatetto contro cui scagliava epiteti di vari gradi di volgarità a causa di un ‘cazzo di settebello’ che il suddetto senzatetto aveva avuto l’ardire di ‘fregare da sotto il suo naso’. All’intervento della professoressa, ha inoltre affermato che ‘le partite con Giacomo sono molto più costruttive di quelle inutili lezioni senza capo né coda’. Generalmente tali comportamenti vengono puniti con una nota di demerito, ma a causa dei precedenti dell’allieva, si è deciso di agire in questo modo.»
Precedenti? Quando sua madre aveva letto quella parola Bianca aveva dovuto trattenere un risolino con tutte le sue forze, conscia che nello stato in cui si trovava, se le avesse riso in faccia sua madre sarebbe svenuta o avrebbe chiamato la polizia per farla arrestare.
Precedenti. Neanche fosse stata una criminale incallita.
Aveva di nuovo aperto bocca per le giustificazioni del caso, però sua madre, dopo aver appoggiato con malagrazia la missiva incriminante sul tavolo, aveva ricominciato a parlare, una nota quasi disperata ad incrinarle la voce.
«Adesso cosa dirà tuo padre? Cosa diranno tutti
In ordine, suo padre si sarebbe fatto quattro risate perché alla sua età era peggio di lei e tutti non avrebbero detto assolutamente nulla perché avevano di meglio da fare che controllare spasmodicamente la vita di una sedicenne random che si divertiva a giocare a scopa con Giacomo che, poverino, ci era anche rimasto male quando la professoressa gli aveva portato via la sua avversaria con tanto di mazzo di carte e aveva ignorato le sue proteste quando aveva osato protestare perché il suddetto mazzo era il suo e non di Bianca.
Con tatto, aveva comunque evitato di farglielo notare, dal momento che sembrava sul punto di esplodere. Infatti sua madre aveva continuato beneamata con il suo discorso, ricordandole tutte le sue malefatte dalla prima all’ultima.
«Che dire di quando hai suggerito alla tua insegnante di fisica di dormire di notte invece di dilettarsi in giochetti a tre con il collega che insegna nell’altra sezione e con il tubo di newton a suggellare il loro amore perverso dal momento che le sue occhiaie sembravano dei trolley?»
Beh, era tutto vero, però!, avrebbe voluto obiettare, salvo essere travolta in pieno da un’altra ondata di ricordi rievocati da sua madre che quel giorno si sentiva proprio in vena.
«Oppure quando la tua insegnante di storia aveva deciso – e ne aveva tutti i diritti, peraltro – di verificare la vostra preparazione con un test a sorpresa e tu hai risposto a tutte le domande con un guardi sul libro di testo, lì c’è scritto tutto? Ti sembra l’atteggiamento adeguato? Il vostro registro di classe è pieno delle note che hai collezionato!» Si era lamentata stridula e la sua voce era sembrata salire di un’ottava.
Sua madre aveva dimenticato di precisare che la suddetta insegnante di storia, tale Antonella Antonelli, non aveva mai preso in considerazione l’idea di spiegare neanche un paragrafo di tale libro. Lei l’aveva solo gentilmente invitata a leggerlo, così forse si sarebbe fatta una cultura riguardo alla materia che pretendeva di insegnare.
Nuovamente, però, non aveva detto nulla. Doveva solo aspettare che sua madre sbollisse la rabbia. Aveva guardato l’orologio di sottecchi, notando che il brutto quarto d’ora si era miracolosamente trasformato in una schifosa mezz’ora e aveva sperato che Giovanna Salici si sarebbe ricordata che sarebbero morti tutti di fame se non avesse cucinato qualcosa.
Invece quel giorno la cucina era sembrata essere proprio l’ultimo tra tutti i suoi importanti pensieri, in primis la figlia totalmente indisciplinata.
Bianca si era preparata, in ordine dalla meno dannosa alla più catastrofica, alle seguenti rappresaglie: niente più televisione.
E fin lì, poteva anche andare bene, dal momento che non era il tipo di persona che sprecava tutto il suo tempo libero davanti a quella scatola.
Niente più lettore mp3.
Lì si andava già malino, però avrebbe potuto facilmente aggirare l’ostacolo recuperando il vecchio lettore CD che stava ammuffendo sotto il suo letto.
Niente più computer.
Quella era l’ipotesi più temuta da Bianca, ma anche la più accreditata, dal momento che purtroppo sua madre era a conoscenza della sua passione sfrenata per il suo pc, che la portava a non riuscire a separarsene per più di ventiquattrore di fila. Forse aveva una fissazione, ma quello non era il momento per eliminarla.
Era rimasta stupita, quindi, quando sua madre non aveva detto nulla e aveva ripreso – anzi, iniziato – a cucinare come se nulla fosse, spostando la lettera dal tavolo e ignorando Bianca completamente.
«E quindi?» Aveva domandato titubante, con la voce ridotta ad un soffio, mentre sua madre mescolava febbrilmente un cibo non meglio identificato nella pentola e si raddrizzava gli occhiali innervosita, continuando di tanto in tanto a mormorare povera me, cosa ho fatto di male.
Al suono della sua voce Giovanna si era girata di scatto e l’aveva fulminata con lo sguardo, evitando accuratamente di rispondere e uccidendo con il mestolo quello che una volta sarebbe dovuto essere il loro pranzo e che a quel punto Bianca si era annotata mentalmente di non assaggiare neanche per sbaglio.
Aveva accuratamente deciso di non stare tra i piedi quel giorno, di modo che sua madre avesse tutto il tempo per pensare che quella sospensione non era tanto brutta come pensava.
La sera, all’ora di cena – aveva avuto il buonsenso di saltare il pranzo, per salvaguardare la flora intestinale – aveva preso posto a tavola e aveva mangiato come suo solito con sua madre e suo padre, mentre regnava il più religioso silenzio, rotto solo dagli intermittenti miagolii del vecchio gatto, che occhieggiava con brama la coscia di pollo che troneggiava nel piatto di Bianca.
Ad un tratto, sua madre, dopo aver posato la forchetta, aveva cominciato: «Bianca, io e tuo padre…»
Suo padre aveva lanciato uno sguardo sconvolto alla moglie, quindi quest’ultima aveva subito ritrattato.
«Bianca, io senza tuo padre…»
Suo padre aveva brontolato un adesso è già meglio che aveva provocato un attacco di nervi di Giovanna, che per quella giornata non poteva sopportare altro, incluse le inutili interruzioni del marito.
«Filippo fammi finire. Bianca, dopo ciò che è accaduto ho pensato che questo non è il posto più adatto per te.»
A quel punto Bianca si era resa conto che sua madre stava macchinando qualcosa e quel suo sguardo risoluto non le piaceva per nulla. Per esperienza, sapeva che suo padre non avrebbe obiettato per nessuna delle idiozie con le quali se ne sarebbe venuta fuori, quindi iniziava davvero a ritenere che la perdita momentanea del suo pc avrebbe potuto essere l’ultimo dei suoi problemi a quel punto.
All’improvviso aveva avuto davvero tanta ma tanta voglia di andare in bagno.
«E quale sarebbe il posto più adatto a me, la prigione?» Aveva allora mormorato, tentando di mantenere il suo solito sarcasmo sebbene la cosa fosse più complicata del solito.
Sua madre aveva sbuffato come a dire che quello non era il momento, mentre suo padre aveva affogato la testa nel piatto per dissimulare la risatina che gli era salita spontanea alle labbra.
«No, Bianca. Abbiamo pensato…»
Il discreto tossire di Filippo Losio l’aveva fermata.
«Ho pensato, che sarebbe meglio per te completare i tuoi studi… altrove, ecco.»
Da lì era seguita una scenata in grande stile a cui i vicini avevano potuto assistere dalle finestre delle loro case, allietati anche da un perfetto effetto acustico dal momento che le voci combinate di Bianca Losio e Giovanna Salici erano un qualcosa che i timpani degli uditori avrebbero ricordato in eterno.
Tutto questo mentre Filippo Bosio si era defilato saggiamente e si era chiuso in camera sua con il povero Gigi, il vecchio gatto, per salvaguardare la sua incolumità e quella del felino.
Il litigio era terminato con un «Vacci tu a completare i tuoi studi altrove!» di Bianca che aveva imboccato le scale come una furia e si era richiusa la porta di camera sua con un scatto furioso, salvo poi trovare sul suo letto un plico informativo – forse finito lì per grazia divina – che aveva fatto aumentare la sua rabbia in maniera esponenziale.
Il plico in questione recava sul frontespizio la foto a colori dell’edificio in cui avrebbe studiato da quel momento in avanti: quando l’aveva visto la prima cosa che le era venuta in mente era che quel posto prima doveva essere stata davvero una prigione o che le sovvenzioni statali per la scuola dovevano essere davvero irrisorie dal momento che esso dava l’aria di una vecchia villa dall’aria molto abbandonata con le mura che avevano bisogno di una seria riverniciata. L’esterno, mostrato all’interno del fascicolo, era composto da un parchetto ben tenuto – almeno quello – e quello che doveva essere una palestra all’aperto. Mentre degli interni venivano mostrate alcune aule, molto più curate della facciata esterna, e alcune delle camere degli allievi, che ad occhio sembravano dei cubicoli tre metri per quattro.
In cima al plico campeggiava la scritta ‘Benvenuti al collegio I devoti di San Draculeo da Silvania'.
Chissà perché, già il nome non presagiva nulla di buono.

***



Una mano gentile la riscosse dal leggero sonno in cui era caduta. Mentre apriva gli occhi intontita, si rese conto che, nel sonno gli auricolari le erano caduti, perché non sentiva più la musica.
Si voltò verso colui che l’aveva risvegliata e si trovò di fianco niente di meno che il fantomatico Giulio, il suo compagno di volo che la guardava con aria garbata.
L’insulto per averla svegliata le si sciolse in gola.
«Cosa c’è?» Domandò invece, raccattando gli auricolari che erano finiti sotto il sedile insieme al lettore mp3.
«Nulla, siamo quasi arrivati a destinazione, perciò ho pensato di svegliarti.» Rispose, continuando ad osservarla con quell’aria cortese. Non poté trattenere un sorriso, sebbene lei stessa sapesse che, una volta al collegio dei devoti di San Draculeo, non avrebbe avuto davvero nulla da ridere.


Fine prologo!


Ehm… salve!^^’
Bene, se volete tirarmi dietro il sovrastante prologo ne avreste tutti i diritti, soprattutto dopo San Draculeo da Silvania! (Non metto nessuna faccina perché non saprei se metterne una che ride o una che piange disperata!°°)
Molto in teoria ho in mente una sovrannaturale comica dal momento che ho constatato che le storie drammatiche in mano a me non fanno per nulla una buona fine!xD Poi non si sa mai che giusto per provare qualcosa a me stessa la trasformi in una drammatica!xD
Come si può vedere, non sono ancora molto sicura sul genere: figurarsi, non è da me saper dire qualcosa con precisione!ç__ç
E adesso passiamo alle doverose spiegazioni. La scopa è un gioco di carte le cui regole precise si trovano qui. Il settebello è una carta che, se posseduta, fa guadagnare un punto. Lo specifico solo perché conosco molte persone che non conoscono questo gioco!^^
Invece il tubo di newton è un tubo contenente una piuma e una pietra (almeno quello della mia scuola è così!^^’) in cui viene creato il vuoto per dimostrare che in mancanza di attrito la piuma e la pietra cadono con la stessa velocità.
Ho specificato anche questo perché se io non fossi stata presente il giorno in cui abbiamo fatto quell’esperimento a scuola non avrei avuto la più pallida idea di cosa fosse!xD
Beh, direi che come note possono bastare dal momento che stanno diventando più lunghe del capitolo!xD
Spero che vi piaccia!^^

Nihal

  
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