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Autore: Harriet    22/07/2010    1 recensioni
Devono portare una cosa preziosa a una persona importante. Ma... né l'oggetto, né il destinatario sono esattamente ciò che i due corrieri si aspettano.
Genere: Avventura, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'ultimo respiro


- Qualcuno dovrebbe proprio ricordare alla bella stagione che è tempo di arrivare.
- Una volta ho conosciuto un piccolo spirito del ghiaccio, un cosino fragile e tremante, che odiava la primavera e non vedeva l'ora che fosse inverno.
L'uomo biondo, allampanato, dal portamento rigido, si soffiò il naso e poi si tolse gli occhialetti tondi, appannati. Li guardò con fastidio, tirò fuori dalla tasca un panno verde e li pulì con attenzione meticolosa.
- E con questo, cosa vuoi dire?- Domandò poi al suo compagno di viaggio, rimettendosi gli occhiali in bilico sul naso lungo e affilato.
- Che il concetto di “bella stagione” è molto relativo.- Rispose l'altro, un tipo alto e robusto che si proteggeva dal freddo sotto una mantella di lana nera.
- E' aprile e ancora si congela.- Protestò l'uomo biondo, sporgendosi fuori dalla lunga coda di persone che occupava quasi tutto lo stanzone, per controllare quanto ancora mancasse prima di raggiungere la biglietteria.
- Nel mio mondo d'origine tutti gli anni ad aprile si congelava.
- Vorrei sapere perché i biglietti per questo treno non si possono prenotare, e siamo costretti a fare questa fila senza senso!
- C'è qualcosa di cui non hai intenzione di lamentarti stamattina, Caleb?
- Oh. Ma sentite. Mikhail Aksenov fa dell'ironia.
Mikhail fece un sorriso bonario, che addolcì il suo viso dai tratti severi. Batté una mano sulla spalla dell'altro e sospirò.
- So che non avevi voglia di fare questo viaggio, Caleb, e soprattutto non con me. Ma quel che dobbiamo fare è importante.
- Misha, tutto quello che per te è importante diventa regolarmente una fonte di immensi problemi per tutti quelli che lavorano alle tue dipendenze. E comunque non ho niente contro i viaggi, o contro di te. Ma tu hai un lavoro. Dovresti essere dietro la tua scrivania, a dirigere il tuo hotel, e io dovrei essere nel mio ufficio a...
- A tenere il conto di ogni minima spesa e a disapprovare le mie scelte.- Lo interruppe Mikhail, senza smettere di sorridere. - Hai ragione. Però non potevamo ignorare ciò che è successo proprio davanti ai nostri occhi, nel nostro hotel. E' nostra precisa responsabilità far sì che tutto vada a buon fine. E trattandosi di una cosa tanto delicata, ho preferito partire di persona, portandomi dietro qualcuno di cui mi fido molto.
- Non mi compri con l'adulazione.- Ribatté Caleb, gettando all'altro uno sguardo piuttosto contrariato. Neppure quello riuscì a spegnere il sorriso fiducioso di Mikhail.
- Sono sincero e lo sai benissimo.
Finalmente fu il loro turno alla biglietteria. Dietro il vetro incrinato della piccola cabina c'era una ragazza con i capelli rosa naturali, che masticava una gomma con particolare impegno.
- Buongiorno!- Li salutò con una voce stranamente squillante, per una bigliettaia che fa il turno dell'alba. - Dove siete diretti, signori?
- Città di Inyal, stato di Hevata, mondo di Nirtha.- Rispose Caleb, infilando nella fessura sotto il vetro l'importo esatto per quella tratta.
- Perfetto!- Cinguettò la ragazza. - Sarà un percorso lungo, ma assai soddisfacente. Vedrete panorami indimenticabili e non...
- Signorina, avremmo fretta, e dietro di noi ci sono numerosi altri passeggeri con la nostra medesima fretta.- Tagliò corto Caleb, ritirando i biglietti.
- Grazie e perdoni la brutalità del mio collega!- La salutò Mikhail, mentre Caleb lo trascinava via.

Agli occhi di Mikhail, cresciuto in povertà in un paese di campagna, il treno verde sembrò piuttosto moderno e affidabile. Per Caleb, che veniva da una città altamente tecnologizzata, il treno aveva l'aspetto del relitto di un'altra epoca. Così Mikhail salì a bordo con un'espressione di meraviglia genuina, mentre Caleb si limitò a constatare con un certo disprezzo che anche l'interno del mezzo era trasandato e sgradevole.
Avrebbero condiviso il loro scompartimento con altre quattro persone, quattro donne dalla pelle violacea: una vecchissima signora, una donna dalle belle forme con una sorta di diadema in testa, una ragazza con una miriade di treccine colorate e infine una bimba di pochi mesi, avvolta in un panno intessuto d'oro. Parlavano tra sé in una lingua sconosciuta a entrambi gli uomini e spesso ridevano, con gli occhi che si illuminavano di aspettative sconosciute. Mikhail le guardò con ammirazione e simpatia, mentre Caleb borbottò qualcosa riguardo la spiacevole evenienza di un pianto della piccola.
- Tu non apprezzi mai le cose belle.- Protestò Mikhail, sistemandosi al suo posto.
- Tu troveresti bella qualsiasi cosa.- Ribatté l'altro, già in posizione per dormire.
Mikhail avrebbe voluto rispondergli a tono, ma il treno partì in quel momento, cogliendolo di sorpresa. Appoggiò la fronte al finestrino e guardò fuori, seguendo l'uscita dalla stazione e l'ingresso nella città immersa in una nebbia tanto fitta da impedire di scorgerne i confini. Il treno iniziò la sua corsa lentamente, poi prese velocità e in breve la nebbia rimase indietro: di fronte a loro c'erano solo campi verdi e poche case. Al fianco di Mikhail, Caleb aveva preso il respiro regolare di chi sta dormendo, mentre le donne erano silenziose. Mikhail portò la mano al petto, sfiorando la tasca sinistra, nella quale s'intuiva la presenza di un piccolo oggetto. Sinceratosi che era ancora lì, integro, emise un sospiro rilassato e chiuse gli occhi.

Era tutto così bianco, fuori dal finestrino, che Mikhail pensò di essere ancora dentro al sogno. Poi capì che era neve. Lungo le strade c'erano case con i tetti spioventi, l'una a ridosso dell'altra, tutte con piccole finestre dai vetri colorati: era un po' come se la ferrovia corresse attraverso un presepe o una miniatura perfettamente intagliata.
- Guarda, Caleb, qui è inverno!
Mikhail scosse gentilmente la spalla del suo compagno di viaggio, che aprì gli occhi a fatica, palesemente scontento di quella sveglia.
- Dove siamo?- Domandò Caleb, tirando fuori gli occhiali dal taschino.
- Non lo so, ma è inverno.
Anche le donne guardavano fuori, in contemplazione silenziosa e stupita.
- Dovrebbe essere il mondo di Deima.- Ricordò Caleb. - A giudicare dalle casette e dal cielo scuro, direi proprio di sì. Queste sono le regioni del sud di Deima. E sai cosa significa? Che abbiamo viaggiato appena un'ora. Credo che morirò di noia prima della fine.
- Potresti apprezzare il cambiamento di panorama.- Rispose Mikhail, incantato a guardare le facciate scure delle case a contrasto con il biancore della neve.
- Nevicava anche a casa nostra fino a due mesi fa.
- Ma non nevicava così tanto, e lì non ci sono edifici come questi.
Caleb offese cordialmente Mikhail e si rimise a dormire.

Quando Deima finì e il treno inter-mondo passò oltre, nei territori di Werald, Mikhail era sveglio. Poté vedere lo stretto tunnel che fungeva da portale tra i due mondi, trattenendo il respiro per tutto il tempo trascorso dal treno all'interno della galleria immersa nel buio più completo. Dall'altra parte arrivò il sole di mezzogiorno, all'improvviso, insieme a un susseguirsi di campi rossi e arancio, e strade di sassi azzurrini che li attraversavano. Su un colle dalle sfumature rosate si ergeva un palazzo, una costruzione candida che scintillava sotto il sole. Mikhail avrebbe voluto aprire il finestrino e sentire l'aria di quel mondo dai colori invertiti e attraenti, ma non sapeva se per loro fosse respirabile oppure no.
Werald passò in fretta: il treno si tuffò in un lago (Mikhail serrò gli occhi e li riaprì pian piano, col cuore che batteva forte) e rispuntò in superficie, sulle rotaie invisibili di un tragitto aereo che passava sopra a una distesa di grattacieli d'argento. Caleb era immerso nella lettura di un librone e Mikhail non volle disturbarlo per domandargli di che mondo si trattasse. Notò però gli abitanti di quel posto, che volavano sui loro automezzi a poca distanza dal treno. Pelle candida, occhi viola e capelli di un biondo chiarissimo. Dalla lunghezza dei loro arti Mikhail intuì che dovevano essere una razza particolarmente alta e imponente. Avevano un qualcosa di inquietante, ma i loro colori eterei conferivano a quella gente anche un certo fascino.
A un tratto il treno puntò verso uno sperone di roccia bianca e vi girò attorno. Dall'altra parte c'era solo acqua: il treno procedeva spedito immerso nell'azzurro, mentre si potevano scorgere sul fondo abitazioni scavate nella roccia, e il rapido sfrecciare di creature acquatiche appena visibili.
- Arimal.- Disse Caleb, chiudendo il suo libro. - Dicono sia un posto splendido, per venirci in vacanza. Sei sai respirare sott'acqua, naturalmente.
- Tanto noi non abbiamo tempo per andare in vacanza.- Commentò Mikhail, ridendo.

Il treno viaggiava in una foresta di altissime piante con i tronchi rossi e la chioma biancastra, quando le donne tirarono fuori un'insalata di verdure e petali di fiore. Senza parole, la offrirono ai compagni di scompartimento, che ricambiarono con panini, biscotti e latte. Mangiarono con gusto, e perfino Caleb riuscì a fare un piccolo, fulmineo sorriso grato alle signore sconosciute. Si ricompose subito e distolse lo sguardo, concentrandosi sulle casette cubiche ammucchiate sul fianco di una montagna e sugli abitanti di quel posto, alti quanto un ciuffo d'erba e ugualmente verdastri.

Nel mondo successivo era notte e non c'era neanche una stella: una schiera di luci artificiali cercava di rischiarare le tenebre, addensate da uno strano miasma grigio che inglobava edifici e persone. Mikhail fu assalito da un'immensa tristezza e cercò conforto nel sonno. Quando si risvegliò era ancora notte, ma sulla sua testa c'era una schiera fiammeggiante di stelle, e due lune piene gemelle a illuminare una terra desertica e un accampamento di tende colorate.
- Quanto manca?- Chiese a Caleb, che era tornato a dedicarsi al suo libro, Commerci dimensionali.
- Credo che il prossimo mondo sia il nostro.
- Sono un po' ansioso.- Confessò Mikhail, spostando dal viso qualche ciocca scura dispettosa. - Non vedo l'ora di consegnarlo.- Aggiunse, toccando il carico prezioso che portava nella tasca sinistra.
- Tutta questa strada per una cosa tanto piccola.- Sospirò Caleb. - Mi chiedo perché quella vecchia abbia deciso di morire proprio nel nostro hotel, lasciandoci quella stupida scatolina.
- Non so perché sia successo, ma è un bene, in fondo, no? Pensa se l'avesse presa qualcuno che conosce la magia e la usa per i suoi scopi personali. Oppure qualcuno che la magia non la conosce per niente! L'avrebbero aperta e buttata via.
- Se non altro, avrebbero faticato meno di noi, che ci siamo messi a fare ricerche su ricerche, scoprendo che si tratta di un oggetto preziosissimo, da riconsegnare solo a un mago con una certa competenza.- Brontolò Caleb, seccato.
Caleb si stirò e scosse la testa, contrariato dallo zelo eccessivo di Mikhail.
- Davvero, Misha: se non fossi stato tu, non avrei mai accettato di svolgere un compito del genere.
- Lo fai solo perché sono il tuo capo?- Domandò Mikhail, avvilito. Caleb abbassò lo sguardo, un po' a disagio.
- No. E' che tu sei più bravo di me, a capire quando una cosa è veramente importante.

Scesero in una stazione molto simile a quella da cui erano partiti: antiquata per Caleb, avveniristica per Mikhail. Le signore dello scompartimento avevano regalato loro un fagottino di focaccine, e Mikhail cominciò a pescarvi dentro, sfogando sul cibo l'agitazione che lo aveva assalito.
- Bene. Stazione di Inyal.- Decifrò Caleb, indicando un cartello. - L'alfabeto è abbastanza simile al nostro.
- Al tuo.- Lo corresse Mikhail. - Vuoi una focaccina?
- Oh, controllati! Sei un adulto.
- Un adulto affamato.
Caleb non gli rispose e continuò a guardarsi attorno, alla ricerca di qualsiasi cosa potesse aiutarli a capire quale dovesse essere la loro mossa successiva.
- Una cartina della città.- Caleb indicò la mappa appesa a un muro. - Dobbiamo trovare la via che ci serve.
- Però a me sembra strano che lei non abbia mandato nessuno a prenderci. Era informata del nostro arrivo.
Caleb scosse la testa e sbuffò, per fargli capire che stava dicendo una sciocchezza.
- Una del suo livello che si spreca per noi? Ma figuriamoci...
- Ha la fama di essere una persona umile e disponibile!- Protestò Mikhail. - A dire il vero, non vedo l'ora di incontrarla.
- Rimarrai deluso.- Rispose Caleb, secco. - Non è di certo una maga come piacciono a te. Guarda: abita in un mondo senza alcun tipo di magia. Sarà solo una funzionaria della magia inter-mondo, noiosa e fredda, che prenderà quel che dobbiamo darle e ci rifilerà una formuletta burocratica e arrivederci.
- Beh, se uno deve sempre prepararsi alle delusioni, tanto vale non sognare neppure.- Protestò Mikhail, contrariato. - Io dovrei smettere di parlare con te. Le nostre conversazioni finiscono tutte così.
In quel momento una donna si fece largo tra la folla e andò incontro ai due. Era una signora non più giovane, con la faccia buffa, i capelli rossi, una lunga veste blu e le pantofole ai piedi.
- Vi chiedo scusa. Siete Mikhail Aksenov e Caleb Ryan del mondo di Enn?
I due si scambiarono un'occhiata perplessa.
- Esatto.- Rispose Caleb, sospettoso. - E lei chi è?
- Suppongo che stiate cercando me.
- Siamo qui per incontrare la Signora di Vel, Maga di Secondo Livello del Grande Raduno, conosciuta come la Notturna di...
- Sì, beh, sono in pantofole e ho il vestito macchiato di crema, ma sono io.- Rispose la donna, mostrando ai due un bracciale con un piccolo ciondolo che entrambi riconobbero come segno della sua autorità. - Potete chiamarmi solo Therese. Venite, vi accompagno a casa mia in auto. Lì potremo parlare di quel che mi avete portato.
Mentre salivano sulla piccola, sgangherata utilitaria azzurra, Mikhail si tolse la soddisfazione di mormorare un te l'avevo detto all'orecchio dell'incredulo Caleb.

La casa di Therese era un posto modesto: poche stanze con i muri tappezzati da foto e quadri e un minuscolo giardino sul retro.
- Allora, mostratemi ciò che dovete darmi.- Disse lei, tirando le tende del salotto dove aveva condotto i due uomini.
- E' qui.- Mikhail tirò fuori dalla tasca una scatoletta di carta bianca e tese le mani verso la donna.
- Grazie di essere venuti di persona. E' qualcosa di talmente prezioso che sarei stata molto in pensiero, sapendolo in mano a qualcuno poco affidabile.- Disse lei, sorridendo.
- Che ne sa lei, se siamo affidabili oppure no?- Chiese Caleb.
- Oh, ma nei mondi si parla molto di voi.- Rispose Therese. - Come si parla di ogni singola persona notevole. Anche delle più umili. Ci sono i grandi poteri e le ruote dei destini, e poi ci sono le piccolissime creature di ogni dimensione, che smuovono gli eventi e fanno cambiare le cose. Da sempre.
- Noi siamo davvero molto piccoli.- Mormorò Mikhail, stranamente toccato dalle parole di lei. - Ma abbiamo capito che questo oggetto era importante.
- Grazie a voi, sarà preservato qualcosa che altrimenti sarebbe andato perduto.- La donna prese la scatola tra le mani con immensa delicatezza e fece cenno ai due di avvicinarsi. - Avete compiuto un lungo viaggio, quindi vi meritate di vedere.
Si diresse verso la libreria che occupava un'intera parete del suo salotto. I due uomini fecero caso solo in quel momento alla quantità di volumi che affollavano gli scaffali: i colori, le dimensioni e le mille decorazioni differenti erano la prima cosa che saltava all'occhio, ma guardando con maggior attenzione ci si poteva divertire a riconoscere lingue e alfabeti dei titoli lungo le costole. La donna si fermò davanti al mobile e cercò con lo sguardo i suoi ospiti.
- Chi vi ha portato questa scatola?- Domandò.
- Una vecchia signora.- Rispose Caleb, colto all'improvviso da uno strano senso del mistero, come se si fosse trovato in un luogo indicibilmente sacro. - Era... Stanca. Ha tratto il suo ultimo respiro nel giardino del nostro hotel, davanti ai nostri occhi, dopo averci affidato quella scatola.- Si fermò: qualcosa gli bloccava le parole in gola e lo faceva rabbrividire.
- Ha detto che era la fine di un mondo.- Concluse Mikhail. - Che lei era l'ultima abitante di quel mondo.
- E' così.- Sussurrò la maga, iniziando ad aprire la scatola. - Qui dentro c'è l'ultimo respiro di un mondo intero. Una dimensione che è giunta al suo termine. Ma lei ha conservato le sue memorie, perché quel mondo non venisse dimenticato.
Quando la scatola fu aperta del tutto, Mikhail ebbe la sensazione di una tempesta estiva, l'elettricità nell'aria e il freddo della pioggia sulla pelle, una benedizione dopo l'afa durata giorni e giorni. Caleb sentì la bocca riempirsi del gusto infinitamente dolce di un frutto mai assaggiato, mentre la mente veniva occupata da sfumature di verde e azzurro.
Poi entrambi furono raggiunti da un sentore di neve vicina, accompagnato da un tintinnare di strumenti dal suono stridulo e spaventoso, e nell'aria c'era una vecchia voce che raccontava una vecchia storia a proposito di un vecchio mostro che aspettava il momento buono per svegliarsi.
Un refolo di vento dispettoso dissolse la voce e all'improvviso i tre si ritrovarono in mezzo ai suoi di una festa: strumenti a corda e a fiato, risate, chiacchiericcio, grida di incitamento per qualche impresa che si doveva compiere. Un turbinare di vesti e gioielli riempì la loro vista, e proseguirono in mezzo alla festa finché uno stormo di farfalle impazzite non arrivò a trascinarli via, in un altrove pieno di nebbia bluastra e la sensazione umidiccia e poco rassicurante di una stanza chiusa e bassa. L'odore d'acqua marcia si fece più forte, finché svanì in un'esplosione d'acqua: acqua ovunque, e da qualche parte una canzone di marinai, l'unico appiglio per uscire da quel blu.
Aggrappati alla canzone percorsero il mare e raggiunsero un raggio di luna: al sicuro, si immersero in un cielo dove le stelle raccontavano storie, e impararono i nomi di tutti quelli che nel mondo giunto alla fine si erano amati, perduti e ritrovati.
E alla fine le stelle esplosero in un magnifico fuoco d'artificio, per svanire poi lentamente in una pioggia di bagliori sempre più tenui.
- Ecco. E' finito.- Mormorò la maga, abbassando la testa. Mikhail si accorse di avere il viso bagnato. Caleb avvertiva una sensazione di malinconia struggente quasi fastidiosa, da quanto era forte.
- Cosa abbiamo visto?- Chiese alla maga.
- Gli ultimi istanti di una storia millenaria.- Rispose lei. - Quella donna che è venuta da voi ha voluto salvare le memorie migliori del suo mondo, perché qualcosa rimanesse negli archivi del tempo.
- Ma ora è svanito. Come faremo a ricordare?- Domandò ancora Caleb, confuso.
La donna sorrise e mostrò ai due cosa stringeva tra le mani: un nuovo libro, dalla copertina verde striata d'azzurro.
- E' tutto qui dentro. E' al sicuro.
Therese cercò un posto libero nella sua libreria e vi pose la memoria mutata in pagine.
- Ma tu, chi sei?- Sussurrò Caleb, facendo un passo indietro, con reverenza e timore.
- Solo una persona comune. Esattamente come voi due. Non c'è bisogno di essere eroi o prescelti, per salvare un mondo.
- Quel libro a cosa servirà?
- Un giorno forse qualcuno avrà bisogno di ricordare un piccolo mondo, dove c'erano dolcissimi frutti azzurri e dove i mostri dormivano nella neve.- Rispose lei. - E anche se quel mondo non esiste più, non avrà finito di essere utile all'intreccio delle dimensioni. I mondi terminano, i cicli si chiudono, ma qualcosa rimane sempre e le storie vanno avanti. Ci sono tante cose che non possiamo capire. Possiamo solo cercare di salvare quello che è importante.
I due uomini rimasero muti a fissare la libreria, domandandosi quante memorie, quanti secoli di storia, quante vite fossero racchiuse in ciascun volume.
- Posso offrirvi un tè?
Si voltarono verso la donna, che si era avviata verso la cucina con tutta la tranquillità possibile, come se non avessero appena assistito a una specie di miracolo.
- Ne abbiamo bisogno.- Rispose finalmente Mikhail, con un sorriso.

- Visto che avete dovuto lasciare il vostro mondo e il vostro lavoro per venire da me, vi farò tornare a casa in un modo più comodo e veloce che il treno.
Therese aveva servito loro uno strano tè dalla colorazione blu, e ora ciabattava qua e là per la cucina, impacchettando biscotti e mettendo insieme cibarie di ogni genere.
- Grazie.- Rispose Mikhail. - Sono sicuro che Caleb apprezzerà particolarmente la sua offerta.
- Io invece...- Cominciò Caleb, imbarazzato. - Pensavo che forse dovremmo prendere di nuovo il treno.
- I treni inter-mondo sono pochi e fanno percorsi lunghissimi.- Notò la donna. - Ciò significa che se non troverete il treno giusto, vi ci vorrà una vita, per tornare a casa.
- Vedremo un po' di mondi.- Rispose Caleb.
- Sei impazzito o che altro?- Chiese Mikhail, strozzandosi col tè.
- E' solo che... Non credo di essere molto bravo a capire quali sono le cose importanti. Magari se provo a guardare fuori dal finestrino, comincerò a capire qualcosa di più.
- Mi sembra un'ottima idea.- Disse lei. Poi andò ad aprire la finestra e da fuori entrò l'alito della notte, insieme allo scintillio di un albero lucente al centro del giardino, e un vento che sembrava raccontare infinite storie di infiniti mondi, tutti incredibilmente splendidi e pericolosi, tutti lì, proprio dietro l'angolo.





***
Grazie di essere qui! Venite a trovarmi al Worlds Hotel?

   
 
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