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Autore: _Mary    22/07/2010    7 recensioni
“Oh, beh…” rifletté Myrilla. Che storia avrebbe potuto raccontare? Non ne conosceva altre oltre a quelle che aveva già raccontato in tutte le varianti durante le lunghissime sere di quella settimana, e lei non brillava certo per fantasia. L’unica cosa che le venne in mente fu un’idea che sicuramente avrebbe mandato in bestia Andromeda.
Myrilla ghignò: sarebbe stata la sua vendetta per non averla avvertita dei rischi che quel ‘piccolo favore personale’ le aveva fatto correre.
Si preparò alla narrazione, sforzandosi di mantenersi seria. “I protagonisti hanno nomi che tu conosci bene: si chiamano Ted e Andromeda”.
Fanfiction che ha partecipato al 'Contest a squadre' indetto da BS. sul forum di EFP.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Andromeda Black, Nuovo personaggio, Ted Tonks | Coppie: Ted/Andromeda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gocce di pioggia'
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 NOTE PERSONALI: giusto un paio di sciocchezze per facilitare la comprensione della fanfiction ed evitare inutili cacce all’indizio: Ted, Lewis ed Evan sono all’ultimo anno; Dromeda e Mirylla, invece, al sesto.

Il titolo è una variante modificata dalla sottoscritta delle ‘Bedtime stories’; con questa espressione si intendono i ‘racconti della buonanotte’, cioè le favole che vengono raccontate ai bambini prima di dormire.

Ted è un Nato Babbano (Muggle-born). In senso dispregiativo, nella versione originale sarebbe stato definito Mud-blood, ovvero Sanguesporco, anche se la traduzione italiana sarebbe stata Mezzosangue. Dato che, però, Mezzosangue (Half-blood) nella versione inglese è utilizzato per identificare coloro che hanno un solo genitore mago, in questa fic Ted sarà identificato come Sanguesporco.

Nel primo capitolo si possono trovare frasi non rispettose nei confronti dei Tassorosso; specifico che fa parte della caratterizzazione del personaggio, dato che sono una delle poche, pochissime persone che non hanno niente contro di loro.

Dopo queste piccole spiegazioni, buona lettura!

 

DISCLAIMER: I personaggi di questa fanfiction non mi appartengono, tranne Lewis e Myrilla, ma sono tutti di JK Rowling. La fic non ha scopo di lucro.

 

Bathtime Story

 

Capitolo uno

 

 

“Vieni immediatamente qui, mostriciattolo!”

Myrilla passò in esame la stanza, assottigliando lo sguardo. L’elegante salotto dei Tonks, non recava segni del passaggio della peste – segni che avrebbero potuto essere macchie di colore sulle pareti immacolate o, ancor peggio, sulla stoffa bianca del rivestimento del divano, per esempio. Se, da una parte, questo era un bene, perché almeno Myrilla non avrebbe avuto niente da ripulire, era anche vero che la presenza di quelle ‘orme’ avrebbe potuto fornire indicazioni preziose su dove Dora si fosse nascosta; quindi, il fatto che la bambina fosse riuscita a sparire senza lasciare tracce non era solo incredibile, ma anche sconfortante.

Dopo un attimo di riflessione, Myrilla intuì che quella piccola peste doveva essersi di nuovo nascosta sotto il divano, sfruttando le sue capacità di Metamorfomagus e appiattendosi lì, raccogliendo la polvere in agguato da anni – o, considerando l’ossessione per la pulizia di Andromeda, da una settimana, da quando cioè la padrona di casa aveva lasciato tutto in mano a Myrilla per concedersi una settimana di tregua.

“Ninfadora, se non vieni fuori al tre…” cominciò a dire ad alta voce, scandendo bene le sillabe.

“Non chiamarmi Ninfadora!”

Myrilla si voltò nella direzione dello strillo, notando la bambina appena riemersa dal divano, tutta impolverata e completamente impiastricciata del poco verde che aveva potuto spremere fuori dal tubetto di tempera, prima che Myrilla la chiamasse per il bagnetto.

Myrilla la afferrò prontamente per la maglietta, vittoriosa.

“Non vale!” pigolò la bambina, mentre i capelli le diventavano di uno strano rosso acceso.

“Mi hai chiamata per nome!”

Myrilla ghignò.

“Certo. È quel che si dice ‘giocare sporco’”.

“Mamma e papà non giocano mai sporco” ribatté la bambina, mentre Myrilla la trascinava in bagno.

“Dovrebbero farlo” osservò Myrilla. “Si eviterebbero faticacce inutili. Invece di rincorrerti per casa quando ti nascondi per evitare il bagnetto…”

“Non voglio fare il bagnetto!” protestò Ninfadora.

“Vuoi che la tua mamma se la prenda con la povera Myrilla, quando tornerà dalla sua vacanza?”

Dora parve rifletterci un attimo.

“Sì!”

Myrilla le fece una linguaccia, mentre lei si imbronciava, in vista della vasca da bagno già riempita d’acqua.

“E poi non capisco come sopporti che ti chiamino ‘Myrilla’” proseguì Ninfadora, imperterrita.

“Io da grande mi farò chiamare solo col cognome!” annunciò, serissima, mentre Myrilla cominciava a spogliarla.

Myrilla storse il naso.

“Oh, devo dire che ‘Wilkinson’ è molto meglio di ‘Myrilla’” borbottò. “E comunque, meglio Myrilla di Ninfadora, che sa tanto di bambina capricciosa che non vuole farsi il bagnetto” puntualizzò, prendendola in braccio e provando a metterla nella vasca da bagno. Ninfadora cominciò a strillare con tutto il fiato che aveva in gola.

Myrilla alzò gli occhi al cielo.

“Vorrei poter finire questo bagnetto entro oggi, Ninfadora, se possibile” ringhiò.

La bambina rifletté.

“Io faccio il bagno se tu mi racconti una storia”.

Myrilla ci pensò un attimo su.

“Ti ho già raccontato tutte le favole che conoscevo, babbane e non” osservò, mettendola senza tanti complimenti nella vasca.

Ninfadora si imbronciò.

“Allora faccio asciugare l’acqua” minacciò, facendo effettivamente abbassare il livello dell’acqua nella vasca.

Myrilla sbuffò irritata: accidenti a lei quando aveva detto di essere disponibile a tenere quel mostriciattolo! In quella settimana non aveva avuto un attimo di tregua, e Myrilla ringraziava Merlino, Circe e tutti gli altri maghi per averla fatta arrivare viva fino a quel giorno. Quella bambina era incredibile: come era possibile che avesse già capito come far Evanescere l’acqua?

“E va bene, va bene, bambina capricciosa” sbuffò Myrilla, per amore di pace.

“Cosa vuoi sentire, Baba Raba? Lo stregone dal cuore peloso?” chiese prendendo il bagnoschiuma.

Dora rifletté qualche istante.

“Ce l’hai una storia nuova?”

“Una storia nuova? Per chi mi hai presa, mostriciattolo, per un libro di fiabe?” abbaiò Myrilla, cominciando a spalmarglielo sul corpo.

Il livello dell’acqua nella vasca cominciò ad abbassarsi velocemente.

“Va bene, va bene!” sbottò Myrilla.

“Te ne racconterò una che non hai mai sentito”.

Dora batté le mani, mentre i suoi capelli assumevano una decisa tonalità rosa fucsia.

“Come si chiamano i protagonisti?” chiese, interessata.

“Oh, beh…” rifletté Myrilla. Che storia avrebbe potuto raccontare? Non ne conosceva altre oltre a quelle che aveva già raccontato in tutte le varianti durante le lunghissime sere di quella settimana, e lei non brillava certo per fantasia. L’unica cosa che le venne in mente fu un’idea che sicuramente avrebbe mandato in bestia Andromeda.

Myrilla ghignò: sarebbe stata la sua vendetta personale per non averla avvertita dei rischi che quel ‘piccolo favore personale’ le aveva fatto correre.

Si preparò alla narrazione, sforzandosi di mantenersi seria.

“I protagonisti hanno nomi che tu conosci bene: si chiamano Ted e Andromeda”.

 

 

::

 

 

La piuma scricchiolava pigramente sulla pergamena, mentre Ted cercava uno schema abbastanza accettabile per riassumere i concetti delle ultime lezioni di Astronomia.

Sbuffò, grattandosi il mento. Il silenzio della biblioteca era interrotto solo da qualche bisbiglio affrettato e dal rumore di pagine che venivano pigramente voltate.

Non che fare una semplice mappa dei concetti fosse complicato: scrivere quel mucchio di nomi non richiedeva un grande impegno; la parte più difficile era imparare a memoria che Sirio, Mirzam e Adhara appartenevano alla costellazione del Cane Maggiore, che Rigel, Bellatrix e Betelgeuse appartenevano a quella di Orione, che Antares…

Ted si bloccò a metà nome, portandosi una mano alla faccia. Troppi nomi, troppi dati, troppi dettagli noiosi. Ne aveva abbastanza di stelle e pianeti, ed il fatto che la sua vecchia professoressa di Divinazione l’avesse fermato quel giorno per annunciargli che Io era in una posizione favorevole al suo destino non migliorava la situazione, dato che, nell’ordine, aveva già inciampato tre volte, era finito addosso al Caposcuola Serpeverde, si era fatto togliere dieci punti proprio per questo motivo ed aveva incrociato anche la sua insegnante di Astronomia, che si era premurata di ricordargli che il giorno seguente avrebbe fatto una ‘verifica orale’ dei concetti di tutto il programma, in preparazione agli esami.

Insomma, se quel giorno Io era in una posizione favorevole, Ted si chiedeva cosa sarebbe successo se così non fosse stato.

“Ted! Ted!”

Tanto per dimostrare che al peggio non c’è limite, pensò Ted, prima di scoccare un’occhiataccia al ragazzo che correva verso di lui attirandosi gli sguardi stizziti di tutti gli occupanti della biblioteca.

“Ted, hai sentito? Hogsmeade!” urlò quello raggiungendolo e buttandosi sulla sedia accanto alla sua, fuori di sé per l’entusiasmo. Da dietro agli scaffali vennero varie imprecazioni ed imposizioni di silenzio. Ted tornò alla sua mappa con una smorfia.

“Umh. Non vedo la novità, Lewis, perdonami” disse riprendendo a scrivere, sperando che l’amico capisse l’antifona e lo lasciasse in pace.

Lewis storse la bocca in una smorfia, chiudendo con un gesto secco il libro che Ted stava consultando e costringendolo ad alzare lo sguardo.

Non vedo la novità, Lewis, perdonami… ti dico che so che è arrivata l’ora d’aria, l’ora in cui potremo andarcene un po’ da questo posto freddo e umido e tu reagisci così!” esclamò teatralmente, gettando a terra la borsa dei suoi libri.

Ted arrotolò il foglio di pergamena e trasse a sé il libro che aveva di fronte. In sette anni, aveva capito almeno una cosa: con Lewis nei paraggi non sarebbe mai riuscito a studiare, né a completare mappe, né a scrivere temi, né a pensare. Era l’essere più rumoroso e rompipluffe che avesse mai conosciuto.

“Davvero, Lewis, sono anni che andiamo a Hogsmeade. Pensavo che ti servisse di più per…” cominciò riponendo la piuma.

“Stavolta è diverso” replicò l’altro a voce alta, gesticolando animatamente. “È l’ultimo anno, Ted, e l’ultima gita a Hogsmeade! È l’ultima occasione per…”

Ted gli diede precipitosamente una gomitata nelle costole non appena vide una ragazza affacciarsi da dietro lo scaffale più vicino.

“So che è davvero difficile per voi capire questo concetto”, cominciò trafiggendoli con lo sguardo, “ma in biblioteca si viene per studiare” sillabò lentamente come se si stesse rivolgendo a due Troll particolarmente stupidi.

“Quindi, silenzio” concluse con un sorriso amabile, incrociando però le braccia al petto.

Lewis sbuffò annoiato.

“Black”, chiamò a voce altissima, infischiandosene delle proteste dei vicini, “torna a studiare ed evita di rompere le Pluf…”.

Lewis dovette interrompersi a causa di una nuova gomitata di Ted, più forte di quella precedente.

“Hai ragione, Andromeda. Lewis voleva dire che faremo silenzio, tranquilla” lo corresse Ted scoccandogli un’altra occhiataccia.

Andromeda li congedò con un sorriso glaciale e gli voltò le spalle senza un’altra parola.

Lewis schioccò la lingua gettando un’occhiata in tralice all’amico.

“Andromeda Black”, sussurrò sonoramente, “strega con un pedigree da fare invidia al cane più premiato, una delizia di pura acidità condita da sfiziosissimi geni di follia tipicamente Purosangue”.

Ted rivolse nuovamente la sua attenzione alla borsa dei libri, evitando lo sguardo di Lewis.

“Non fare tanto l’indifferente, Tonks” sibilò Lewis con un ghigno. “E fatti dire che sei un cacasotto Tassorosso travestito da Corvonero: sono anni che le muori dietro, e anche se è diventata Prefetto non hai ancora trovato la scusa per rimanere un attimo solo con lei” concluse indicando con un cenno del capo la direzione in cui la ragazza era scomparsa.

Ted lo fulminò con lo sguardo.

“Lo sai che non è semplice” borbottò. “Insomma… è vero, ci parliamo da anni, ma sembra che abbia tutt’altro per la testa, come faccio a…”.

Ted si zittì quando vide il ghigno che era apparso sulla faccia dell’amico. In realtà, quello che lo fece preoccupare davvero fu la scintilla nel suo sguardo.

“Invitala. Avanti” disse ad alta voce, ignorando il ragazzino con le lentiggini che l’aveva guardato male.

Ted inarcò un sopracciglio.

“Prego?”.

“Invitala a Hogsmeade. Guarda” Lewis si alzò e superò il tavolo per guardare cautamente in direzione di Andromeda. “È sola. Non c’è né sua sorella né quella sua amica sfigata che le va sempre dietro. Avanti, che aspetti?” chiese, tornando indietro e mettendosi di fronte a Ted.

Ted alzò gli occhi al cielo.

“Toglimi una curiosità: credi davvero in quello che dici o speri solo di vedermi umiliato?”

“Fa’ come ti pare” sputò Lewis. “Io a Hogsmeade con un finto-Corvonero-secchione non ci vengo. O la inviti o ti arrangi”.

“Bene, mi arrangio” ribatté Ted ostinatamente.

“È l’ultima occasione che hai!” esclamò Lewis. “Pensaci! Poi non la vedrai più, hai presente? ‘Ultimo anno’ ti dice niente?”.

Ted si bloccò. In effetti, rifletté, quella sarebbe stata l’ultima uscita e l’ultima occasione che avrebbe avuto per passare un po’ di tempo con lei. Per un attimo carezzò l’idea di andare a parlarle, magari in quello stesso istante, ma dopo scosse la testa, deciso.

Lewis alzò gli occhi al cielo, prima di inarcare le sopracciglia.

“Hai perso il treno, amico” mormorò guardando un punto indefinito alle spalle di Ted.

Ted si voltò: Evan Rosier stava entrando in biblioteca in quello stesso istante.

Ted corrugò la fronte.

“Cosa ci fa Rosier in biblioteca? Sa leggere?” chiese sgranando gli occhi, rivolto a Lewis.

Quello scosse la testa.

“C’è solo un libro che gli interessa qua dentro. Ed è quello che sta leggendo la tua bella”.

Ted seguì Rosier con lo sguardo: entrò esattamente nel settore di Andromeda.

Lewis fece un fischio sommesso giusto prima che una ragazzina dai capelli crespi lo incenerisse con lo sguardo.

“Se stavi aspettando il momento giusto… beh, era quello”.

 

*

 

‘Idioti’, pensò Andromeda con rabbia. ‘Hanno gli esami quest’anno e non studiano. E non solo, schiamazzano pure! I Corvonero non dovrebbero essere intelligenti?’.

Andromeda tornò ai suoi appunti cercando di trovare di nuovo la concentrazione. Afferrò con decisione la piuma, cercando un paragrafo che potesse avere un titolo almeno vagamente allettante, ma capì subito che si trattava di un’impresa persa in partenza.

‘Mi chiedo a cosa potrà mai servirmi imparare a memoria che diciassette è uguale alla somma delle cifre del suo cubo, né che diciassette erano i nei che Morgana aveva in faccia!’.

Andromeda cominciò a prendere appunti, ma un paio di ragazze lì intorno decise di scoppiare in risatine stupide proprio in quel momento. Andromeda sospirò, soppesando l’idea di tornare in sala comune da Myrilla. Lì sotto faceva sempre un freddo incredibile, ma almeno c’era silenzio, dato che a nessuno sano di mente poteva venire l’idea di rimanere lì dentro. Storse il naso quando sentì di nuovo le voci di due ragazzi poco distanti.

Avrebbe proprio fatto meglio ad andarsene, pensò, prima di sentire una voce alle sue spalle.

“Dromeda?”

Andromeda si voltò di scatto.

“Oh. Rosier” salutò con un cenno secco del capo.

Evan ghignò. Andromeda davvero non capiva cosa ci trovassero di bello le sue ammiratrici: era soltanto uno stupido con la puzza sotto il naso, come tutti gli altri. E il fatto che fosse vagamente attraente non bastava a cancellare i suoi innumerevoli difetti, né i suoi occhi di un azzurro straordinario potevano bastare a farle dimenticare che era stato lui ad averle reso la vita impossibile lì dentro fin dal suo primo anno.

“Hai saputo di Hogsmeade?” biascicò, con quella voce viscida che Andromeda aveva imparato ad odiare.

‘No, ho vissuto in una caverna insieme ad un Troll fino a questo istante’.

“Sì” rispose laconica, sperando che cogliesse il sottinteso ‘Ora potresti gentilmente toglierti di torno?’.

“Dato che so che ci andresti da sola – tua sorella si è già organizzata con alcune amiche – ti volevo chiedere di venirci con me”.

La prima cosa che Andromeda pensò fu che quel tizio era informato meglio di lei sugli spostamenti di sua sorella, il che non era un bene. Ma non appena Andromeda riuscì ad andare oltre quell’informazione, sentì qualcosa di molto grosso e sgradevole risalirle lo stomaco fin quasi in gola.

Lei? Uscire con Rosier?

“È brutto andarci da sola. Insomma, se non conti quella sfigata di Myrilla…” continuò Rosier, a voce strascicata “Triste, no?”.

Rosier” sibilò Andromeda, alzandosi in piedi e fulminandolo con lo sguardo. “Davvero, hai una sensibilità innata per fare proposte del genere. Ho apprezzato in particolar modo la tua galanteria: commovente prendere informazioni su di me e venirmi a sventolare in faccia il fatto che, secondo te, sarei più sola di un Avvincino in una brocca d’acqua. Oltretutto, mi chiedo per quale oscuro motivo tu abbia deciso di venire a chiedere una cosa del genere proprio a me”. Andromeda si sforzò di non ricordare le strane occhiate che ogni tanto lo aveva sorpreso a lanciarle – che l’avevano fatta rabbrividire in più di un’occasione – e di cui forse, vista come si era evoluta la situazione, avrebbe fatto meglio a preoccuparsi prima. “Ma…”, continuò alzando le mani, “No, non ho nessuna intenzione di venire con te, un pallone gonfiato talmente pieno di sé da riempire da solo l’intera Sala Comune”.

Rosier la fissò per qualche secondo. Andromeda incrociò le braccia al petto senza smettere di fissarlo.

Poi lui scoppiò a ridere.

“Chi diavolo credi di essere, Black?” esclamò. “Il tuo cognome non ti autorizza mica a fare tanto la difficile, sai, soprattutto considerando che, tu lo voglia ammettere o no, sei davvero sola come un Avvincino in una brocca d’acqua” disse.

Andromeda sostenne il suo sguardo, cercando di scacciare dalla sua mente il fatto che Rosier avesse ragione: in quegli anni, avrebbe potuto contare sulle dita di una mano le amicizie che aveva stretto.

“Chissà come mai” ribatté, ironica. “Non eri tu quello che quando non c’era Bellatrix nei paraggi si divertiva a farmi scherzi davanti agli altri Serpeverde, rendendomi il pagliaccio della situazione?”.

Oltretutto”, continuò Rosier facendole il verso, “le nostre famiglie sarebbero felici se ci… frequentassimo. E, anche se mi costa ammetterlo, forse non sei così male come eri al primo anno, anche se hai il carattere di un Ippogrifo imbestialito”.

Andromeda sentì gelarsi il sangue delle vene: “I nostri genitori stanno già prendendo accordi, quindi mi sembra preferibile cominciare a vederci adesso. Potremmo sopportarci di più, se non altro” aveva infatti concluso Rosier.

“Prendendo accordi…”, balbettò Andromeda ritraendosi, “per cosa?”

Rosier ghignò.

“Non sai niente? E non fare quella faccia, non credere che io ne sia entusiasta”.

Andromeda si scosse.

“Non sei tenuto a frequentarmi, se ti do tanto fastidio” sibilò a denti stretti, cercando di impedirsi di assimilare le parole che aveva appena ascoltato. Dopotutto, avrebbero potuto essere solo bugie. “Perché non torni da una delle tue amichette e le fai la tua proposta? Sono sicura che gradirebbe, anche se non ho idea di cosa trovi di bello in un Troll come te” gli disse.

Rosier sgranò gli occhi, e Andromeda non poté fare a meno di sentirsi soddisfatta.

“Come ti permetti, razza di brutta…”

“Qualche problema?”

Andromeda voltò lo sguardo verso la voce. Ted Tonks, il Caposcuola.

“Niente che interessi un Sanguesporco come te, Tonks” sibilò Rosier.

Ted indurì lo sguardo.

“Peccato. Perché come Caposcuola posso togliere… fammi pensare… direi cinque punti alla tua Casa per schiamazzi in biblioteca, altri cinque per aver disturbato una studentessa e altri cinque ancora per aver insultato chi stava soltanto facendo rispettare le regole” ribatté, guardandolo in faccia.

“Ora, fammi il favore di allontanarti dalla signorina Black, o sarò costretto a levartene altri”.

Rosier sembrava sul punto di insultarlo di nuovo, ma dovette obbedire. Ted non accennava ad andarsene.

Rosier si voltò verso Andromeda.

“Oh, vedo che ti sei trovata un elfo domestico che si curi di te” ghignò accennando a Ted.

Andromeda lo incenerì con lo sguardo, portandosi le mani sui fianchi.

“Oh no, Evan. Lui non è il mio Elfo. È colui che mi accompagnerà a Hogsmeade questo fine settimana”.

Andromeda sentì su di sé lo sguardo stupefatto di Ted, oltre a quello incredulo e furioso di Rosier. Non sapeva bene perché l’avesse detto: tutto quello che voleva in quel momento era fare qualcosa che le permettesse di toglierselo di torno, e sapeva che Rosier non l’avrebbe mai più degnata di uno sguardo se fosse davvero uscita con un Sanguesporco. E l’indifferenza sprezzante era un bene, se paragonata al suo precedente atteggiamento.

“Sei pazza” sputò quello dopo qualche istante. “Sei pazza e ti meriti uno come lui, se proprio lo vuoi”.

“Rosier, ti conviene andartene di qui prima che il tuo didietro Purosangue si trovi così arrossato dai miei calci che sederti su delle uova di Ashwinder* ti sembrerà un dolore da niente al confronto” lo interruppe Ted.

Rosier gli rivolse un’ultima occhiata di disprezzo, prima di andarsene.

 

*

 

Ted sentiva che avrebbe potuto farsela sotto da un momento all’altro. Stava per uscire sconsolatamente dalla biblioteca, quando aveva visto Rosier vicino ad Andromeda. Troppo vicino. Non aveva avuto il tempo di collegare il cervello prima di parlare.

Quando vide che aveva girato l’angolo si sentì cedere le ginocchia, e fu solo in quel momento che notò il piccolo gruppo di curiosi che si era riunito per assistere alla scena.

Guardò Andromeda, che a sua volta lo guardava ad occhi sgranati. Poi fece un mezzo sorriso.

“Per Morgana e tutte le fate, Ted, non ti facevo così” disse Andromeda, dirigendosi verso il tavolo per raccogliere le sue cose.

Ted si sentì davvero stupido quando si accorse che il suo sorriso si stava allargando ancora di più.

“Grazie” disse Andromeda. Ted alzò le spalle.

“L’hai proprio spaventato”.

“Ti stava infastidendo” ribatté Ted. “Non avrebbe mai dovuto permettersi”.

“Rosier è un Troll. Si crede forte solo perché è circondato dalla sua cricca. Però sta’ attento, non è prudente di questi tempi andare in giro a difendere fanciulle indifese” sorrise Andromeda, timidamente.

Ted fece una smorfia, sistemandosi la tracolla della borsa.

“Sono un Sanguesporco, l’hai sentito. Pensi che difendendo fanciulle indifese potrei attirarmi più odio di quanto già susciti?” chiese semplicemente.

Andromeda si irrigidì, a disagio. Ted sorrise noncurante.

“Grazie, comunque. Non l’avrebbero fatto tutti” mormorò Andromeda, concedendogli un ultimo sorriso e superandolo.

Fu solo in quel momento che Ted ricordò una cosa che Andromeda aveva detto.

Non è il mio elfo, Rosier. È colui che mi accompagnerà a Hogsmeade questo fine settimana.

“Andromeda!” chiamò, voltandosi.

Lei lo guardò incuriosita.

“Quello che hai detto prima…” esitò, sentendosi arrossire in zona orecchie. “Di Hogsmeade… era per togliertelo dai piedi, vero?”

Andromeda inarcò entrambe le sopracciglia.

“Beh… certo” rispose, tentennando.

Ted ebbe una stranissima sensazione: fu come se Lewis fosse entrato nella sua testa e gli stesse urlando: ‘Se cerchi il momento giusto, è questo!’.

Esitò. Insomma, aveva già azzardato tanto, mettendosi contro Rosier: era dal primo anno che lui lo copriva di insulti, ma mai prima di allora Ted aveva avuto il coraggio di esporsi e rispondergli – e il numero di componenti della sua banda aveva una grossa responsabilità in questo.

Forse quel giorno la fortuna girava dalla sua, pensò. Forse avrebbe potuto vedere fino a dove fosse riuscito ad arrivare. Quella pazzoide della professoressa di Divinazione non gli aveva detto che, quel giorno, Io stava girando nel verso giusto?

“Ecco… mi chiedevo” Ted prese un bel respiro, umettandosi le labbra con la lingua. Gli parve di sentire di nuovo la voce di Lewis, più insistente e penetrante che mai: Se stavi aspettando il momento giusto… beh, è questo!

“Setucivolessidavverovenireconme” concluse in un fiato.

‘Idiota!’ urlò la voce nella sua testa. ‘No, non solo idiota, sei il re degli idioti! Il re supremo ed incontrastato, il tiranno, l’imperatore, il dittatore, il…’.

Andromeda lo stava guardando ad occhi sgranati. Non disse niente.

‘Idiota!’ ripeté la voce, e Ted ebbe l’impressione che da qualche parte lì dentro stesse tirando testate ad un ipotetico muro.

“No, beh, io… era solo una proposta come amici, cioè come Prefetti, no, cioè, tu sei un Prefetto ed io sono Caposcuola, però avevo pensato che forse, la scuola sta per finire, è il mio ultimo anno, l’ultima uscita, e magari, ecco, Lewis mi ha piantato, ma tu non sei un ripiego, cioè…” cominciò Ted senza prendere fiato, tornando precipitosamente sui suoi passi e cercando un filo logico alla marea di stupidaggini che stava disperatamente dicendo.

“A Hogsmeade… con te?” chiese Andromeda, gli occhi ancora sgranati.

La voce imprecò nella testa di Ted.

“Era… non importa” rispose Ted, mortificato. “Ci si vede, allora” sorrise a disagio, mentre la voce urlava insulti in perfetto stile-Lewis.

Ted stava uscendo dalla biblioteca, quando alle sue spalle sentì un flebile “Va bene”.

Si voltò, certo di esserselo immaginato. La voce si era zittita.

“C-come?” esalò Ted. Anche Andromeda sembrava piuttosto stupita.

“Hogsmeade. Ho detto che va bene. Insomma… è a posto” ripeté Andromeda annuendo vigorosamente.

“V-va… va bene?” disse Ted senza fiato.

“Va bene. Sarà bello andarci come amici, in questi anni ci è sempre mancata l’occasione di parlarci un po’ di più” rispose Andromeda. Ted rimase paralizzato a fissarla, incredulo. Andromeda gli rivolse un sorriso tirato, prima di fargli un cenno di saluto e di voltargli le spalle.

“Va bene. Va bene” si ripeté Ted, quando la consapevolezza di ciò che aveva fatto riuscì finalmente a filtrare nel suo cervello.

Chi l’avrebbe mai detto? Sembrava proprio che Io stesse girando nel verso giusto!

 

*

 

Andromeda pronunciò la parola d’ordine della sua Sala Comune, e come al solito si sentì investire dall’aria umida proveniente da lì dentro. Si chiese se avesse fatto bene ad accettare: Tonks non si poteva certo definire suo amico, aveva avuto modo di parlargli durante quegli anni, ma sempre per cose ‘ufficiali’. Probabilmente una volta soli e senza nessuna riunione dei Prefetti da organizzare sarebbero rimasti in un lungo ed imbarazzato silenzio. Forse accettare non era stata una buona idea. Ma tanto, pensò, ci sarebbe ovviamente stata Myrilla a non rendere la loro un’uscita di coppia.

Stava per rintanarsi nel suo dormitorio, quando si accorse che tutti le poche persone che erano lì in Sala Comune la stavano fissando.

Li guardò ad uno ad uno, perplessa, e quelli distolsero lo sguardo. Tutti tranne una, che, anzi, si alzò dalla poltrona sulla quale era seduta per venirle incontro.

Quando le fu davanti, Narcissa parlò.

“Allora?”

Andromeda inarcò le sopracciglia. “Allora?” ripeté senza capire.

Narcissa la prese per un braccio e la condusse nel suo dormitorio, lontane da orecchie indiscrete.

“La storia di Rosier… è vera?” chiese, gelida.

Andromeda alzò gli occhi al cielo.

“Se ti riferisci al fatto che Tonks gli ha risposto per le rime, sì, è vera” rispose, abbandonandosi sul letto più vicino.

Narcissa la trafisse con lo sguardo.

“E… Tonks? È vero anche quello?”.

Andromeda sbuffò, portandosi le mani davanti alla faccia.

“Senti, non mi sembra il caso di farne…”.

“No, no, no, Andromeda” la interruppe Narcissa, decisa. “Non eri mai uscita con un Sanguesporco. Un Sanguesporco che si è dimostrato irrispettoso nei nostri confronti, oltretutto”.

Andromeda sgranò gli occhi, alzandosi.

“Irrispettoso nei nostri… sei impazzita? Rosier l’aveva insultato, ha avuto quello che meritava”.

“Andromeda” chiamò Narcissa, cercando di farla ragionare. “Comunque sia, non puoi davvero uscire con lui! Non volevi uscire con Rosier, e va bene, ma spero che tu ti renda conto di quello che stai facendo! Non puoi essere così cieca da non vedere cosa significhi questa tua scelta così assurda”.

“Mi sembri Bella” sbottò Andromeda, ostinata. Aveva sempre fatto tutto quello che una brava Black avrebbe dovuto fare. Aveva stretto amicizia con persone che la sua famiglia riteneva indegne, nel corso di quei sei anni, ma era tanto sbagliato voler provare a guardare oltre la cerchia di sangue purissimo che frequentava da quando era stata in grado di camminare? Era così disonorevole comportarsi come una strega normale ed accettare l’invito di un ragazzo che conosceva da anni?

“Anche zio Alphard frequenta i babbani, mi spieghi perché io non potrei passare una giornata con un compagno di scuola?”

Narcissa non rispose, si limitò a lanciarle un’ultima occhiata, prima di uscire.

“Fa’ come ti pare, Dromeda. Per questa volta non dirò niente alla nostra famiglia, ma sarà meglio per te che questa sia la prima e l’ultima volta che vedi quel tipo. Spera solo che non si venga a sapere da altre fonti”.

“Grazie tante” rispose Andromeda, ironica.

Quando Narcissa se ne fu andata, Andromeda si rese conto di avere un gran mal di testa. Pensò di andare a dormire, nonostante fosse piuttosto presto, così si cambiò e si mise sotto le coperte, cercando di togliersi dalla mente la situazione in cui si era andata a cacciare.

Andromeda sussultò sentendo sbattere la porta del dormitorio. Le ci volle meno di un secondo per capire che era entrata Myrilla, che era furiosa, e che presto avrebbe assistito ad una sua sfuriata.

“Cos’è la storia di Tonks?” abbaiò infatti l’amica, raggiungendola suo letto.

Andromeda alzò gli occhi al cielo.

“Siamo nervosette” osservò evitando la domanda.

Myrilla incrociò le braccia al petto, i capelli crespi e gonfi che le conferivano un’aria ancora più minacciosa.

“Andromeda Black, o mi spieghi questa storia di cui evidentemente tutta – e dico tutta! – la Casa di Serpeverde sembra essere già a conoscenza, o ti pentirai di avermi conosciuta il primo anno…”.

“… rinfacciandoti il fatto che il tuo nome era ridicolo!” completò Andromeda, che ormai aveva imparato a memoria i discorsi dell’amica.

Myrilla inarcò le sopracciglia.

“Sfotti pure, ancora non ho saziato la mia sete di vendetta Serpeverde per quella storia. Come se ‘Andromeda’ fosse migliore”.

Andromeda stava per ribattere, ma Myrilla la interruppe di nuovo.

“Racconta. E niente scuse!”

Andromeda si stiracchiò sul letto, mettendosi sotto le coperte.

“Magari domani, ora…”

“Razza di traditrice che non sei altro, esci con Tonks e non mi hai detto niente? A me?! Alla tua migliore amica!” esclamò Myrilla, sdegnata, tirandole via le coperte.

Andromeda cercò la coperta a tentoni, mantenendo gli occhi chiusi.

“E va bene” mugugnò. “Diciamo che Tonks mi ha invitata ad uscire. Più o meno” disse alzandosi a sedere e guardando l’amica.

Quella sgranò gli occhi, sorpresa.

“È vero che Tonks ha minacciato Rosier?” chiese con un gridolino.

“Tonks è stato molto gentile” confermò Andromeda. “Rosier faceva lo stupido, e…”

“Ma perché hai invitato lui? Non mi avevi detto che ti piacesse!”

Andromeda si portò le mani alle tempie maledicendo silenziosamente la curiosità dell’amica.

“Infatti non ho mai detto che…”

“E allora perché hai accettato?”

“Perché è gentile, carino e galante, va bene?!” sbottò Andromeda riappropriandosi della coperta e coricandosi senza dire altro, voltando le spalle a Myrilla. Che credesse quello che le pareva.

Quella rimase in silenzio per qualche istante.

“Tonks… è il Caposcuola, giusto?”

Andromeda era decisa a non rispondere.

“È carino. Ma che ne pensa Narcissa?” chiese Myrilla, carezzandole una spalla.

Andromeda rifletté.

“Non è il primo come lui con cui abbia mai fatto amicizia, no?” chiese lentamente, voltandosi per guardare in faccia l’amica e mandando a farsi benedire il suo proposito di ignorarla per dormire.

Myrilla ghignò.

“Già, ma alla tua famiglia è quasi preso un colpo quando hai detto che non sapevi se i miei genitori fossero maghi. Voglio dire… io sono cresciuta in un orfanotrofio babbano, ma per quel che ne so potrei essere Purosangue; invece non c’è dubbio che Tonks sia un Nato Babbano” disse. “E cosa diranno di lui, adesso?”

“Cosa dovrebbero dire? Mica me lo voglio sposare, ci andiamo solo a fare un giro a Hogsmeade!” ribatté Andromeda.

“Certo” sbuffò Myrilla. Andromeda la fulminò con lo sguardo.

“Come amici” puntualizzò. Myrilla sbuffò di nuovo.

“Quindi, se ci andate solo come amici, immagino che ci sarà anche il suo amichetto del cuore, quel Lewis, no?”

“Mi è sembrato di capire che l’abbia piantato in asso. E poi che vuol dire ‘ci andate’, è logico che verrai anche tu!”

Myrilla alzò gli occhi al cielo. “Sveglia, bellezza, quello ha invitato te, non me! Dovrai andarci da sola, e ai tuoi genitori prenderà un infarto!”

Andromeda si rabbuiò.

I nostri genitori stanno già prendendo accordi. Non lo sapevi?

Myrilla rifletté qualche istante.

“Penso che farò meglio ad insegnarti qualche mossa di difesa, anche se Tonks non mi sembra il tipo da aggressione” borbottò tra sé e sé.

Andromeda non rispose. Myrilla aggrottò le sopracciglia.

“Ti senti bene?”

Andromeda sospirò.

“Sì e no” bofonchiò. Poi si morse un labbro, alzandosi a sedere di scatto.

“Secondo te è possibile che i miei stiano pensando a Rosier?” chiese torcendosi le mani.

Myrilla la guardò qualche istante.

“Pensando a Rosier… in che senso?” mormorò cauta, guardando l’amica negli occhi.

Quella sospirò stizzita.

“Lo sai in che senso” sbottò incrociando le gambe. “Prima mi ha fatto capire che potrei sentirmi fare un… discorso su di lui, prossimamente” disse, guardando Myrilla.

Quella si illuminò.

“Oh, in quel senso!” esclamò alla fine.

Andromeda continuava a fissarla in ansia. Myrilla rifletté qualche istante.

“Beh… non lo so, sinceramente” rispose desolata.

Andromeda annuì mestamente, poi, all’improvviso, sorrise.

“Che c’è?” chiese Myrilla, curiosa, cercando lo sguardo dell’altra.

“Pensavo a Tonks” rise Andromeda. “È proprio strano, avresti dovuto vederlo! Insomma, prima ha fatto scappare Rosier a gambe levate, poi mi ha fatto un discorso stranissimo sull’uscire, sull’ultimo anno e cose del genere… mi sono trovata ad accettare prima che potessi capire cosa avevo fatto!” esclamò.

Myrilla sgranò gli occhi.

“Oh, e io che mi ero creata chissà quale visione romantica dell’accaduto…” sospirò fingendosi delusa.

Andromeda le diede un colpetto sulla spalla.

“Scema. Piuttosto, ora che facciamo?” chiese Andromeda, portandosi le mani tra i capelli.

“Forse non è stata una grande idea accettare… insomma, cosa abbiamo in comune di cui parlare, noi tre?” chiese, nervosa. “Sembrerebbe brutto se mi rimangiassi la parola, eh?” sospirò guardando Myrilla.

“Bruttissimo” confermò Myrilla. “Beh, ora sei in gioco e devi giocare!” esclamò battendo le mani.

Andromeda la guardò inarcando un sopracciglio.

“Scusa?”

“Penso che potresti persino divertirti, no? Hai detto che era buffo, almeno quel giorno ti farai due risate!” continuò Myrilla, alzandosi e dirigendosi verso il bagno.

“Come sarebbe a dire, potrei divertirmi? Non avrai mica davvero intenzione di lasciarmi sola con lui!” esclamò Andromeda terrorizzata, sporgendosi dal letto.

“Non mi sembra un mostro a tre teste, eh” ribatté Myrilla. “E poi sei tu che accetti inviti prima di pensare, mica io”.

“Myrilla!” esclamò Andromeda. “Andiamo, sono la tua migliore amica, non puoi rispondere così ad una mia richiesta di aiuto!”

Myrilla si voltò sulla porta con aria meditabonda.

“Fammici pensare…” cominciò schioccando la lingua.

Le rivolse un ultimo ghigno, prima di chiudersi la porta alle spalle urlando un ‘Sì!’.

 

*

 

“Tonks, lasciati dire che sei un idiota!”

Ted schivò il cuscino che Lewis gli aveva lanciato.

“Non ho mai saputo di un invito formulato in maniera  peggiore” continuò Lewis. “Mi sorprende che Black abbia accettato, io ti avrei salutato senza tanti complimenti! Hai già fatto in partenza la figura del pazzoide!”

“Ma se avevi detto di…” cominciò Ted, subito zittito da Lewis. “Non ti ho detto ‘bofonchia un invito alla ragazza di cui sei cotto da anni in modo che ti pianti ancor prima di uscire con lei’, Tonks!” disse quello.

Ted sbuffò. Gli altri ragazzi nel dormitorio trattenevano le risate.

“Henry, togliti quella smorfia dalla faccia” sbottò Ted.

“Ma ve lo immaginate? Ted con Andromeda Black!” esclamò Henry, scatenando le risate degli altri tre.

Fu il turno di Ted di lanciare cuscini.

“Molto divertenti” bofonchiò.

Lewis ghignò.

“Ted, spera solo che lei non sia brava con le fatture Orcovolanti come sua sorella”.

 

 

 

 

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L’Ashwinder si genera quando un fuoco magico viene lasciato bruciare senza sorveglianza per troppo tempo. Vive solo un’ora e in questo lasso di tempo cerca un luogo buio e riparato dove deporre le uova, dopodiché si incenerisce. Le uova emanano un intenso calore e, se non trovate e congelate in tempo con un opportuno incantesimo, possono appiccare il fuoco all’abitazione in pochi minuti.

 

Fonte: Gli animali fantastici: dove trovarli, di Newt Scamander

 

 

Ho scritto questa fan fiction per il ‘Contest a squadre’ indetto da BS. sul forum di EFP. Inserirò il giudizio alla fine del terzo ed ultimo capitolo – ne posterò uno a settimana.

Ora devo scappare, baci a tutti! <3

   
 
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