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Autore: Shadowolf    24/07/2010    5 recensioni
"Ad un tratto vuole che sia inverno. Vuole che sia Dicembre.
Vuole che ci sia la neve per strada e le luci natalizie ad addobbare le vetrine dei negozi."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow There'll Be Sunshine And All This Darkness Past'
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Ad un tratto vuole che sia inverno. Vuole che sia Dicembre.
Vuole che ci sia la neve per strada e le luci natalizie ad addobbare le vetrine dei negozi.
Vuole dover indossare un maglione sopra la camicia ed una sciarpa – una sua sciarpa – prima di uscire.
Vuole poter camminare in mezzo alla gente tutto imbacuccato, sentire il freddo colorargli le guance, vedere il fumo uscirgli dalle narici ad ogni respiro.
Ad un tratto vuole che sia Dicembre e che quei giorni gli vengano restituiti.
Quei giorni in cui usciva per andare a comprare qualcosa di caldo da mangiare e quando tornava in camera – la loro camera – lo trovava lì seduto sul divano, il caminetto acceso, un grande sorriso sulle labbra che gli si dipingeva non appena lo sentiva rientrare.
Quei giorni in cui, quando si toglieva di dosso il cappotto, la sciarpa ed il berretto, le sue mani ghiacciate venivano subito catturate da quelle calde dell’altro, strette in un abbraccio bellissimo.
Quei giorni in cui poggiava il cibo sul tavolinetto, si stendeva sul divano e poggiava la testa sulle sue gambe, e la sua mano gli si intrufolava piano tra i capelli, e lui lo guardava e gli sorrideva, e non diceva mai niente, perché non serviva.
Quei giorni in cui forse non avrebbero dovuto stare insieme, perché non c’erano riprese, non c’erano meeting, non c’erano prove varie; quei giorni che tuttavia assomigliavano sempre di più alla vita che avrebbero potuto – e voluto – vivere insieme.

Ma guarda fuori dalla finestra e tutto ciò che vede sono miglia e miglia di sabbia sparsa al vento, le onde che si infrangono sul bagnasciuga, il sole che regna incontrastato in cielo, la solita, stessa, media, fottuta temperatura di Malibu, uguale per 300 giorni l’anno.

Sono passati sei mesi, gli sembrano sei anni. Ed undici settimane assomigliano alle calende greche.

Poggia la fronte sul vetro caldo, chiude gli occhi e sospira piano, per permettere al suo dolore di uscire e abbandonarlo almeno per un po’, quel tanto che basta a far sì che Tony Stark riprenda per 12 ore il comando della sua anima, giusto il tempo di fare la sua bella e spavalda apparizione al Comic-Con, giù a San Diego.

Ottobre è lontano, troppo lontano, le sue foglie rosse, arancioni e gialle sono ancora tutte verdi e tutte al proprio posto nei viali alberati di Londra, dall’altra parte del mondo.
Lo sa, anche se non è lì. Glielo ha detto lui, l’ultima volta che l’ha chiamato. Secoli fa.

Dall’ingresso sua moglie lo chiama, dice che è tardi, ci vogliono tre ore di auto per arrivare. Come se non lo sapesse.
Ma sa anche che ha ragione, così riapre gli occhi, ricaccia indietro una scintilla che stava per farsi piano strada sul suo viso, respira un paio di volte a fondo e rimette su la maschera di spensieratezza con cui tutti lo identificano, raggiungendo lei in macchina.

Ottobre è dannatamente troppo lontano, e lui non sa a che altro appigliarsi per farsi forza se non al ricordo di quei bellissimi momenti trascorsi in una suite all’ultimo piano di un albergo che dà sulla Piccadilly. I loro baci dolci e innocenti scambiati nell’intimità di un divano riscaldato da un caminetto a legna, le loro mani intrecciate e calme, le loro carezze delicate e leggere.

Ottobre è dannatamente troppo lontano per poterci fare qualcosa, e lui gli manca più di quanto è disposto ad accettare, molto più del minimo che giustificherebbe una sua chiamata senza un’altra valida ragione se non quella di sussurrargli “I miss you, I love you” come solo lui saprebbe fare, se giusto lo ammettesse. Se solo ammettesse che la lontananza lo sta facendo letteralmente impazzire, e che tutti i suoi tentativi di opporvisi, giorno dopo giorno falliscono miseramente.

Ottobre è dannatamente troppo lontano e lui non può far altro che inserire la chiave nella fessura, spingere il bottone dell’accensione e partire in quinta verso San Diego, permettendo pian piano lungo il tragitto a Mr. Stark di usare una volta di più il proprio corpo, avvertendo il sorriso riapparirgli in volto, gli occhi ridiventargli vivaci, qualcosa che identifica come buonumore riappropriarsi di lui. Mentre intanto dentro di sè, nascosto in un angolino buio e freddo della sua anima, Rob continua a piangere.

I'm here without you baby
But you're still on my lonely mind
I think about you baby
And I dream about you all the time
I'm here without you baby
But you're still with me in my dreams


AUTHOR'S CORNER: Questa ha una doppia matrice. La prima, ieri ero in giro con il motore e stavo ascoltando una *certa* playlist, e ad un tratto mi accorgo che, non so per quale motivo, ci sono una serie di canzoni che mi fanno venire in mente l'inverno, per come sono costruite melodicamente e armonicamente. E, complice anche il caldo umido e assurdo che c'è in questi giorni dalle mie parti, ho cominciato ad aver nostalgia dell'inverno (o almeno, della versione idiilica dell'inverno), e poi ho collegato la cosa a Rob ed ecco la fic. Per quanto riguarda la seconda matrice, ieri sera stavo sola soletta nella mia stanza e vagavo dalla scrivania al letto e viceversa, perchè la mia socia è via ed io non sapevo che fare, in un caldo venerdì sera estivo. Quindi questa te la dedico, Jude, I miss you.
   
 
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