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Autore: Naife    24/09/2005    6 recensioni
Se non io, almeno le mie memorie
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Olocausto
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                               A Davide, in questo caso, la mia “Musa”.     

 

                                                   Dio è morto

 

 

 

Arrivati li, l’unica cosa che puoi fare è pregare.

Perché vedere uno spettacolo del genere ti fa star male.

I corpi, uno ammassato sull’altro, un corpo su un corpo, cadavere su cadavere.

Il sangue, con il suo colore purpureo ti fa distogliere l’attenzione dagli occhi ancora spalancati, terrorizzati, molti ancora non rassegnati.

Lo so, è patetico che un ragazzo scriva queste parole su un pezzo di carta, si forse questo ragazzo non sopravvivrà al campo, ma ho bisogni di sperare, se non io, almeno le mie memorie ed impressioni.

Quando poi qualcuno leggerà, penserà “Povero Isaak, aveva solo 17 anni!” Non che l’età conti molto, qui.

Qui, si è abituati ad imbattersi nelle fosse comuni come niente, come se fossero cose normali.

Molti di noi le stanno accettando.

Accettano tutto quello che gli violentano nella mente, accolgano le imposizioni come richieste..

Ed è questo che mi fa sentire diverso.

Io non mi lascerò mai contagiare.

Per questo, quando mi ritrovo davanti ad un ammasso di cadaveri, vomito il poco che ho mangiato, perché non mi abituerò all’orrore.

Veloce, non vi sto a raccontare quello che i libri di storia racconteranno già, ma voglio raccontare quello che provo.

Laggiù nel futuro dove siete voi, ci sono diciassettenni, e avete proprio la mia età.

Però voi non dovete pregare davanti a cadaveri, perché non ne vedrete mai così tanti.

Non riesco a essere forte come voglio, perciò ammetto che vi invidio tantissimo.

Voi non invidiate me, costretto a vomitare?

Non mi invidiate davvero, un ragazzo costretto ad assistere a tutto questo?!

Poche ore fa, un agente ci ha riso in faccia.

Ha detto che eravamo bestie spaventate, non uomini.

Un mio compagno, allora, si è alzato in piedi, e fingendo di sparare ha esclamato:

“Io sono un uomo. L’unica differenza è che io, il pollice opponibile non lo uso per sparare…”

Inutile dire che quello che rimase del mio amico era carne e sangue caldo che usciva a fiotti.

E, anche in lui, gli stessi occhi combattivi.

Non mi interessa fingermi coraggioso, non voglio mentire.

E che ho dannatamente paura.

Tanta tanta tanta.

Ho paura di morire male, e di essere buttato tra gli altri, come se io, Isaak Stend non fossi mai stato altro che carne qualsiasi.

Per questo ieri sera, quando sulle mie mani giunte in un ormai abituale preghiera, sentii cadere una sottile pioggia.

Il mio sguardo cadde sui cadaveri davanti a me, sempre differenti.

La pioggia cadeva sorda sui loro corpi senza volto ne identità.

Alzai lo sguardo, e le mie lacrime si unirono alle gocce gelide della Polonia.

Ecco perché succede tutto questo.

Le mie mani si separarono.

Dio è morto.

 

Isaak Stend, si massaggiò il polso.

Soffiò sull’umile foglio che brillava di lettere scritte in scarlatto.

Aveva usato il sangue di un suo compagno, ucciso poche ore prima.

Lui il pollice opponibile lo usava per scrivere.

Perché, se lui no, almeno le sue memorie.

 

  
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