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Autore: marie le bon    25/07/2010    0 recensioni
storia drammatica ambientata in un paese rurale nel periodo precedente la seconda guerra mondiale
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luisa era chiamata Volpe dai compaesani e dai parenti del marito. Era una bruttezza terrosa, aveva la pelle troppo scura e ruvida, un paio di sopracciglia cespugliose e una peluria troppo evidente sopra il labbro. Sempre vestita di nero per il lutto di suo padre e suo fratello, viveva in una casa appena fuori il paesino, vicino al fiume. Era una casa con il mulino. La Volpe era molto ricca, aveva ricevuto in eredità parecchi campi, era molto furba e maliziosa, e per questo aveva ricevuto in dono il nome dell’animaletto dal fulvo pelo. Berto l’aveva sposata, sotto la pressione dell’ intera famiglia, solamente per i suoi possedimenti e si era convinto a lavorare nel mulino con lei. Non l’aveva mai amata.

In un anno di crisi egli lasciò l’Italia, in compagnia del fratello, e se ne andò in Germania a cercare fortuna. Trovarono lavoro come manovali a Stoccarda e dividevano i soldi che guadagnavano spedendone un pochi a casa e il resto bevendoseli.

La città offriva cose che loro non conoscevano e si lasciarono trasportare dalla vita vorticosa dei caffè fumosi di periferia, dalle scommesse sui pugili più forti e dalle donne bionde, con labbra rosse facili ai baci, che sorridevano contando i minuti.

Proprio tra queste ragazze, troppo giovani e già troppo stanche, Berto trovò il vero amore.

Si chiamava Ingrid ed era senza passato. Raccolta dall’orfanotrofio all’età di dieci anni, era stata allevata per l’arte del piacere da una vecchia Madame con troppi scrupoli di coscienza, ma che viveva con l’unico scopo di levarseli.

Dopo alcuni sabati di appostamento, i due iniziarono a frequentarsi, egli le offriva spesso il braccio in passeggiate eterne sotto i viali alberati, nella nebbia invernale, o si mescolavano tra la folla di gente indaffarata, guardando e sognando dalle vetrine futuri che loro non avrebbero potuto mai vivere. Tolse qualcosa dalla somma che doveva mandare alla Volpe e alla figlia, che nel frattempo era nata in Italia, per regalarle il primo paio di guanti. Lei le donò qualcosa che in tutti i suoi anni d’esperienza non aveva mai osato concedere nemmeno ai suoi più assidui clienti, l’amore.

Il fratello di lui, pensando fosse un’avventura senza coinvolgimenti, dava rumorose pacche sulla schiena a Berto e rideva di cuore per quelli che considerava i capricci sessuali di un uomo giovane e nel pieno delle energie. Il problema sorse quando giunse il momento di tornare a casa. L’anno di lavoro era finito e il permesso di permanenza sarebbe scaduto di lì a poco. Berto decise di non tornare. Il fratello impazzì di collera, un conto erano gli amorazzi extra-coniugali, un'altra cosa era la fuga, e il venire meno agli impegni matrimoniali. Il matrimonio era sacro, un’ unione voluta da Dio e pertanto non poteva essere dissacrata per una puttana senza valore.

Dopo tante lacrime e tante urla, Berto si fece convinto e tornò a casa. Appena giunto trovò la figlioletta scalza e schiamazzante  sull’aia che correva dietro alle galline, una bambinetta troppo simile fisicamente alla madre, perché lui potesse volerle bene. D’altra parte, lei non conosceva suo padre e si mise a fissare Berto con sguardo stralunato da ebete, mettendosi in bocca la cocca del grembiulino unto come tentativo di sconfiggere la timidezza nei confronti di quell’uomo mai visto.

La Volpe stava sopraggiungendo proprio in quel momento, sudata perché tornava carica dalla contrada vicina, dove era andata a comperare della polenta e del latte. Quando lo vide si arrestò di colpo, posò a terra il peso, si chinò e con un po’ di saliva pulì il visino della piccola. Poi la prese tra le braccia e la porse al marito, a cui disse: “ Questa l’è la vostra fiola”.

I mesi passavano e nel frattempo era rimasta ancora incinta. Una mattina di sole andò a fare il bucato con l’Agnese. Mentre era intenta ad urlare alla figlia il modo migliore per sbattere i panni, arrivò il corriere con una lettere per Berto. Si sistemò la chioma scompigliata e lì fece fede al suo soprannome; decise di aprire la busta. La Volpe non era analfabeta, un po’ di italiano lo leggeva, ma quella era una calligrafia incomprensibile. Non ci mise neanche mezzo minuto per capirne la provenienza. Sapeva che in paese c’era un altro suo parente che era stato in Germania, si recò subito da lui con lo scritto e se lo fece tradurre. Ad ogni parola, ad ogni frase, ad ogni capoverso, le sembrava che un pezzo di mondo, con la terra, i monti, l’acqua e tutti gli esseri creati dal buon Dio, le crollasse addosso. Scoprì la tresca del marito e, cosa più sconvolgente ancora, scoprì l’esistenza del frutto di quella tresca.

Non ebbe il coraggio di svelare al marito ciò di cui era venuta a conoscenza. Si limitò a dirgli che era arrivata corrispondenza dall’estero. In compenso studiò il suo viso mentre leggeva. La curiosità che gli inondava il viso in un primo momento si trasformò in stupore, poi si fece rosso e, mano a mano che procedeva nella lettura, ebbe bisogno addirittura di sedersi. Alla fine calde lacrime bagnarono lo scritto.

La moglie soffriva, soffriva ma non poteva far nulla, lui era l’uomo a cui aveva giurato rispetto e fedeltà, inoltre, nonostante fosse povero e lei ricca, le aveva sempre incusso timore reverenziale, tanto da chiamarlo per cognome.

Lui divenne via via sempre più insofferente, si mise a picchiare la Volpe, anche in presenza delle figlie e non lavorò più. La suocera tentò di tenerlo buono, regalandogli una bicicletta rosso fuoco, ma lui la gettò nell’Adige. Non pensò mai, tuttavia, di tornare in Germania da Ingrid e da loro figlio, le convenzioni erano più forti di qualsiasi sentimento. Nonostante ciò, si rovinò la vita nello struggimento e nel rancore per scelte non sue, che gli erano state imposte perfino da esseri divini, a cui lui non credeva.

Era l’inizio del 1939, la guerra sarebbe scoppiata di lì a poco, trascinando con sé tutte le miserie umane, con il solo risultato di crearne delle altre.

 

 



  
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