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Autore: Demdem    25/07/2010    1 recensioni
L'aquila ha spiegato le ali... Una terrificante discesa nell'oblio che trae origine da un'era dannata e ormai lontana. Al tempo in cui ogni fenomeno inspiegabile era attribuito a divinità onnipotenti. Dei giusti e buoni, e altri crudeli e spietati. Dopo 5000 anni due semplici adolescenti vedranno scomparire la propria vita da giovani, essi saranno costretti dal destino ad irrompere in una battaglia tra gli esseri umani e le loro stesse colpe. Inimicizia dettata dalle circostanze sarà eliminata, per lasciare spazio ad un' alleanza forzata che permetterà la sopravvivenza e la salvezza di ogni essere vivente dell'universo. La lotta sembra persa in partenza, ma è uno sbaglio riporre la propria fiducia nella forza, quando si possiede un forte cuore...
Genere: Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa è la prima volta che propongo una mia fanfiction su questo sito.

In realtà...è anche da un sacco di tempo che non scrivo una Long-fic, spero vivamente di non essermi arrugginito xP

Questa storia è alla base di un genere in cui non mi sono mai cimentato, è una specie di fusione tra moderna azione e mitologia (mitologia egizia per la precisione, che personalmente adoro)

Qui c'è solo il primo capitolo, ma scrivere gli altri non mi risulterà difficoltoso, visto che l'intera storia e gli sviluppi della trama ce li ho già tutti in mente.

Mi è venuto un pò corto a dirla tutta, generalmente riempio più di 10 pagine di World... <.<

Beh bando alle ciance, e buona lettura! ^^


CAPITOLO 1:Il Falco e lo Sciacallo


Bianco, Nero. Giorno, Notte. Sole, Luna. Ogni cosa in natura ha un proprio opposto e un proprio ruolo nel grande cerchio dell’universo. Il bene insieme al male sono le più grandi rappresentazioni di questo disegno universale. Opposte e immortali.

 La dicotomia tra giusto e sbagliato è sempre stata descritta dagli antichi poeti, scrittori e artisti fin dalla preistoria, e le popolazioni che seguirono.

 

3000 a.C.

 

Sorge il “dono del Nilo”, ovvero l’antico Egitto come lo descrive il grande intellettuale greco Erodoto, fin dall’inizio di questa civiltà, secondo i miti, gli Dei hanno combattuto per la sopraffazione del bene sul male.

Isis, la moglie di Osiride, il padre degli Dei, diede alla luce colui che sarebbe destinato a reincarnare la luce del mondo. Horus, il potente dio falco.

Qualcuno intanto cospirava nell’ombra: Seth, il fratello di Osiride, geloso dal potere che esso aveva, uccise a tradimento il padre degli dei, dividendolo in 14 pezzi, per dimostrare la sua brutalità.

Horus, una volta raggiunta la giusta età, promise di vendicare il padre, affinché potesse riposare in pace.

 

*

 

Nekhen, grande città della prima dinastia dell’antico Egitto, il buio manto della notte si estendeva su tutta l’antica metropoli. I grandi Nobili così come gli schiavi erano assopiti cullati dalle braccia di Morfeo. Le stelle illuminavano la città, circondando la luna splendente, rendendo i grandi palazzi lucenti di una tiepida luce biancastra.

Ma un’ombra oscurava la luce delle stelle su alcuni palazzi, che in maniera silenziosa scivolava sulle strade illuminate e sulle finestre dei cittadini.

Un grande rapace volava in alto, intorno alle nuvole buie della notte, uno splendido falco bianco e grigio, decisamente più grande di un normale volatile di quel genere.

Lo sguardo deciso lo rendeva quasi umano, sembrava a caccia di qualcosa, qualcosa che non sembrava un semplice coniglio da sgranocchiare. Il Falcone si diresse in picchiata verso la cima di una torre, arrivato nelle vicinanze del tetto di essa, spalancò le grandi ali e atterrò con eleganza sul grande cornicione.

Il volatile scrutò attentamente la città come solo un falco sapeva fare. Intanto alle sue spalle, in un buio vicolo in basso, due grandi occhi lo fissavano.

Grandi occhi rossi di brace, che sembravano appartenere ad un feroce animale nero.

Una grossa zampa simile a quella di un cane uscì dal buio, calpestando il terreno sabbioso, pian piano l’intera figura di un’ enorme sciacallo fuoriuscì dall' oscurità.

Il carnivoro ringhiò con decisione, ma silenziosamente verso il falco, che a quanto pare non lo aveva notato. Approfittando della distrazione del rapace, lo sciacallo saltò con abilità da un palazzo all’altro, percorrendo grandi distanze lungo i muri, finché con un ultimo, potente salto, raggiunse il tetto ove il volatile era appollaiato, dandogli le spalle.

Con sinuosi movimenti simili a quelli di una tigre, il carnivoro si muoveva verso il nemico, i suoi occhi di brace puntarono il suo collo, e leccandosi i canini affilati, preparò un ultimo balzo…

Una luce abbagliante, proveniente dal grande falco che intanto aveva aperto le grandi e possenti ali, abbagliò lo sciacallo che chiuse gli occhi con un guaito.

Quando gli ebbe riaperti, il rapace non c’era più, un aitante ragazzo sulla ventina aveva preso il suo posto. Aveva un’elegante copricapo da faraone color cobalto, sotto la quale si potevano intravedere dei brillanti capelli biondi. Un ornamento dorato sul suo petto non nascondeva il suo fisico sviluppato, sotto la quale, all’altezza della cintura una bianca sottana costituiva il suo unico vestito.

«Sono sorpreso…» disse piano il ragazzo biondo «Non credevo che ti saresti abbassato ad attaccare alle spalle in questo modo».

Lo sciacallo rimase immobile per un momento, fino a quando delle lingue di un viola quasi nero, che sembravano fatte di fumo, si avvilupparono attorno a lui, lentamente.

Quando il fumo nero si diradò, un uomo di neanche quarant’anni aveva preso il suo posto. Quest’ultimo era vestito in maniera simile al ragazzo biondo, ma i colori che predominavano erano Nero, Grigio e Marrone scuro. Sotto il copricapo nero come la pece un volto dai lineamenti affilati come coltelli. Occhi colore della brace e capelli corvini con striature biancastre.

«E io mi sarei sorpreso se tu non te ne fossi accorto» mormorò l’uomo «Non sarebbe valso la pena di combattere contro qualcuno che non è capace neanche di respingere un attacco così banale. Non trovi, Horus?»

Il ragazzo biondo ridacchiò. «Forse hai ragione, Seth…» si voltò, mostrando un intenso sguardo dagli occhi ambrati e dalle pupille verticali come quelle di un aquila. «Questo ti dimostra che non sono un ingenuo, come hai sempre pensato.»

«Vero, sarò costretto a ricredermi.» disse Seth, con un leggiero sorriso «Eppure tuo padre lo era… »

Horus inarcò le sopracciglia in uno sguardo che sfigurò il suo bel volto «Non ti permettere neanche di nominarlo! Tu, che lo hai pugnalato alle spalle come un vile sicario!»

Seth al contrario allargò il suo sorriso, mostrando dei canini più lunghi del normale, che gli davano un’aria selvaggia.

«Perché, altrimenti cosa fai?»

Un altro lampo luminoso, e nelle mani di Horus comparvero due spade d’oro dalle fattezze di una sciabola.

«Ti uccido…» ringhiò il biondo.

Il Dio Sciacallo non smise di sorridere, e mentre nuove lingue di fumo nero si cosparsero attorno alle sue mani, facendo comparire altre due sciabole color pece, disse: «Beh… sei qui per questo, no?»

Horus si pose in una decise posizione da combattimento. «Precisamente. Quindi preparati, codardo!»

Seth imitò il nipote ponendosi anche lui in posizione, pronto ad attaccare. «Non preoccuparti, visto che sei sangue del mio sangue, ti ucciderò in maniera veloce e indolore» disse il dio, prima di ridacchiare malignamente. «Beh… forse.»

Il Dio falco non potè sopportare oltre, con uno scatto impressionante si diresse contro suo zio, sfoderando un fendente orizzontale con entrambe le spade, attacco che Seth parò con decisione.

Horus non si arrese, continuò ad attaccare con estrema velocità, ma il potente dio nero parò o schivò ogni suo fendente. Schivando un ultima volta, Seth si esibì in un potente balzo all’indietro, atterrando a piedi uniti su un palazzo che era alle sue spalle.

«Se devo dirtelo, mi aspettavo di meglio…» mormorò deluso.

Horus ringhiò irato, e senza rispondere caricò un salto e si diresse contro il nemico, preparando altri fendenti.Questa volta Seth decise di attaccare, cosicché il dio falco fu costretto ad eseguire in volo una parata invece che un attacco. Dandosi lo slancio dalla sua stessa spada, atterrò poi alle spalle dello zio, che senza lasciarsi sorprendere continuò ad attaccare il figlio di suo fratello.

Seguì una violenta e veloce lotta sul palazzo, i rumori del acciaio si estendevano lungo tutta la città, lampi neri e dorati scaturivano dal tetto della costruzione.

Horus e Seth sembravano incapaci di sentire la stanchezza, mentre i loro fendenti si scontravano uno contro l’altro, finché dopo un ultimo boato metallico ci fu il silenzio.

Il Dio falco teneva le spade in crociate, per difendersi dalle sciabole nere del nemico, che spingeva sulla difesa di Horus per romperla definitivamente.

Il biondo tentava in tutti i modi di resistere, ma sentiva che Seth imprimeva più forza di quanto lui fosse in grado di respingere.

Fu inevitabile.

Il Dio sciacallo, fece roteare le sue spade, lanciando lontano quelle del nemico. Colto di sorpresa Horus si distrasse. Neanche vide la mano del nemico che si dirigeva verso il suo occhio sinistro…

STRATCH!

Il sangue schizzò veloce sul pavimento sabbioso del tetto, mentre le urla del ragazzo si poterono udire in tutta la grande metropoli… Horus aveva entrambe le mani sulla parte sinistra del volta, urlando di dolore come non aveva mai fatto.

Seth, intanto, con un’orribile sguardo sadico reggeva nella mano sinistra le due spade, e nella destra un bulbo oculare sanguinante. Il sadico omicida getto l’occhio del suo stesso nipote giù dal tetto, che andò a scontrarsi contro la fredda sabbia del terreno.

Horus alzò lo sguardo ancora gemente, con la palpebra sinistra chiusa e sanguinante. Senza pensarci, strappo un pezzo della sua sottana e lo legò intorno alla testa a mo’ di benda.

«Sc… schifoso bastardo…» Mormorò il Dio falco.

«Sai… ci ho pensato su…» iniziò Seth con sguardo pensieroso «Credo che morirai in maniera abbastanza dolorosa…».

Il biondo riafferrò le spade e le strinse forte nelle mani. «Non credere che io abbia paura di te… potrai uccidermi… ma resterai sempre un codardo.»

Il Dio bruno non ribadì, si limitò a lanciansi all’attacco con furia.

Pur con l’occhio sinistro ormai assente, Horus continuò a combattere deciso, seppur limitato, dato che ormai non aveva più un senso della profondità visiva.

Mentre i veloci colpi dello zio venivano faticosamente bloccati dal ragazzo, esso pensava che sarebbe stato meglio porre immediatamente fine all’incontro, oppure sarebbe stato impossibile sopravvivere.

Un potente calcio di piatto smorzò il fiato ad Horus che fu scagliato al bordo del tetto, appoggiato al cornicione.Seth intanto si avvicinava con sguardo crudele al suo nemico, le spade strette nei pugni, pronto all’attacco finale.

«Mi mancherai, Horus» disse sorridendo il Dio Sciacallo.

L’interpellato alzò lo sguardo «N…non sai mentire, Seth».

Seth rise, «Si, hai ragione».

Senza dire altro, alzò in alto entrambe le spade e portò le lame contro il volto del nemico.

Con un ultimo atto di coraggio, Horus si scostò di lato, a destra. E le lame di Seth si andarono a incastrare tra le rocce del cornicione.

«Dann…!» Ringhiò. Mentre Horus stringendo una spada nella mano sinistra, la infilzò con forza nella parte destra del costato di Seth, che con un urlo di dolore lasciò le sue spade ancora incastrate nella pietra, accasciandosi a pancia all’aria.

Horus non perse tempo, levò la spada sopra la testa, ignorando le suppliche del nemico: «NO! Ti prego! Non mi uccidere!»

Il Dio falco trafisse suo zio, all’altezza del cuore. Sentì le costole spezzarsi, il cuore scoppiare, e la punta della spada sbattere contro la roccia. Horus si alzò lentamente dal cadavere di Seth, l’occhio ancora sanguinante, e levò lo sguardo al cielo.

Padre, ora sei in pace…

 

*

 

Passarono alcuni giorni, e nonostante la morte di Seth, sorse un problema tra gli dei: Tutti conoscevano i poteri del Dio della morte, così come tutti sapevano che una sua resurrezione era probabile.

Fu nuovamente Horus ad avere una soluzione, anche se fu sofferta.

Il Dio falco decise di farsi mummificare, in una cripta affianco a quella di Seth, sapendo che solo se fosse stato, come lui, nel mondo dei morti, avrebbe potuto sorvegliarlo, per l’eternità.

E così fu. Seth e Horus furono sepolti in stanze vicine, all’interno di un tempio sotterraneo dove sarebbero per sempre stati al sicuro… Beh… quasi.

 

 

A D L E R 

 

 

5000 anni dopo…

Los Angeles, America, 3:30 del mattino.

Un ragazzo scattò nel suo letto svegliandosi di soprassalto, sudando freddo.

Leo si mise una mano sul volto, gemendo lentamente, quegli stramaledetti incubi ricorrenti lo stavano facendo letteralmente impazzire. Aveva bisogno di una lavata.

Scostando le coperte di lato, scese dal letto e si diresse verso il bagno. Arrivato al lavandino, non si guardò neanche allo specchio, si pulì il volto con acqua fresca e si mise l’asciugamano sulla faccia.

Facendolo scivolare lungo il volto, Leo si guardò allo specchio. Un ragazzo di circa sedici anni ricambiò il suo sguardo allo specchio.

Aveva i capelli di un biondo brillante e occhi colore dell’ambra. Su quello sinistro si notava una piccola particolarità. Una voglia verticale che partiva da appena sotto il sopracciglio e finiva prima dell’inizio dello zigomo.

A Leo piaceva quella voglia, sembrava una cicatrice che gli dava un’aria da guerriero ribelle.

A passi sonnolenti il ragazzo tornò nella sua stanza, quando improvvisamente il telefono fisso che aveva sul comodino squillò.

Leo prese la cornetta e mettendola all’orecchio, disse: «Pronto, Dust…»

Una voce vispa ed energetica rispose dall’altra parte della cornetta. «Come facevi a sapere che ero io, Leo?!»

«Tu sei l’unico che mi chiamerebbe a quest’ora, chi altri può essere?»

Il ragazzo chiamato Dust non rispose a questa domanda, ma parlando in maniera veloce e dinamica, disse: «Ascolta un po’, allora… sai che i nostri genitori sono interessati a quella roba egizia, mummie faraoni e roba del genere?»

«Si… e quindi?» mormorò Leo assonnato.

Si, sapeva benissimo della passione che i loro genitori avevano in comune, era proprio ad un club archeologico che le loro famiglie si erano incontrate.

«Beh, preparati ad una notiziona! La settimana prossima io e te (con i nostri genitori, s’intende) ce ne andiamo al Cairo! Non è grandioso?»

Leo rimase in silenzio per qualche secondo…

«Leo? Ci sei?»

«Oh, si si… scusami, mi ero distratto… comunque: Wow… grandioso». Mormorò il ragazzo senza interesse particolare.

«Uhm… ti sento strano Leo… sicuro di star bene?»

«Oh si, una meraviglia. Solo che sono molto assonato…»

«Oh beh… allora ci sentiamo domani!»

«Ciao, Dust».

Una volta che ebbe salutato, Leo crollò sul cuscino, ripensando alle parole del suo amico.

Il Cairo… la più famosa città egiziana.

Improvvisamente il suo incubo gli rivenne in mente: Si vedeva seduto su una grande duna del deserto affianco ad una bella ragazza dai capelli ricci e castani, quando di fronte ai suoi occhi, in un lampo, compariva l’immagine dell’occhio di Horus, il dio egizio mitologico. E Leo si trasformava in una specie di orribile falco mutante, facendo urlare di terrore la giovane ragazza che era al suo fianco.

Era un sogno che faceva spesso, e il fatto che sarebbe andato proprio al Cairo lo faceva leggermente pensare…

Già il fatto che si trasformasse in quel mostro orribile lo terrorizzava, solo il pensiero che succedesse di fronte a Nancy, poi… Già, Nancy Criss, la sua “Migliore amica”.

Il solo sentire queste parole e Leo aveva voglia di sboccare… Decisamente ciò che voleva da lei non era proprio amicizia, ma purtroppo nella situazione in cui si trovavano, era impossibile riuscire a combinare qualcosa, ormai Leo si era rassegnato da tempo.

E così, pensando alla dolce ragazza dei suoi sogni, si assopì ancora una volta…

Poche ore dopo Leo era già nel cortile della scuola, vestito con una semplice maglia bianca dell’“Hard Rock” un Jeans e delle logore converse nere. Il suo abbigliamento preferito.

Mentre camminava da solo intorno a centinaia di ragazzi che chiacchieravano rumorosamente, senti una voce femminile alle sue spalle.

«LEO! Ehi, Leo!»

Il ragazzo si voltò, in tempo per vedere una giovane ragazza di circa la sua età, dai capelli castani ricci, occhi azzurri e dai lineamenti gentili, che correva verso di lui.

Raggiunto il suo amico, Nancy sorrise allegra. «Ti sto inseguendo dall’inizio della strada!».

«Scusami, ero soprappensiero» disse Leo sorridendo «Come mai tutta questa allegria oggi?»

«Ho bisogno di una motivazione di essere allegra?» disse Nancy fingendo un broncio.

Leo allargò il sorriso «No no! E che…»

«Ehi! Leo!» Una voce lo chiamò da lontano, la stessa voce che aveva sentito poche ore fa al telefono.

Un ragazzo aitante di circa diciotto anni si avvicinava a Leo. Aveva i capelli corvini con delle sottili striature bianche, due occhi di un curioso castano dalle sfumature rossastre e dei lineamenti duri che non si abbinavano per niente con il sorrisetto beffardo che aveva stampato sul volto, attraverso il sorriso Leo intravedeva una delle più curiose particolarità fisiche di Dust, ovvero i suoi canini decisamente più sviluppati del solito.

Indossava una maglia nera, dei jeans blu scuro, e un paio di semplici scarpe da ginnastica. Mentre passava, molte ragazze si fermavano a guardarlo, alcune parlottavano tra loro ridacchiando stupidamente. Anche Nancy strinse forte il braccio a Leo, arrossendo e esibendo un timido sorriso verso Dust.

«Sei arrivato finalmente!» disse il bruno al suo amico «Ciao Nancy.»

La ragazza non fece in tempo a rispondere che Dust afferrò Leo da un braccio con la sua solita energia e se lo portò dietro. «Scusa Nancy! Te lo rubo per qualche minuto.»

Leo, si lasciò trascinare ma era abbastanza seccato. Avrebbe semplicemente potuto dirgli di venire con lui invece di trascinarlo come un sacco di patate.

Dust lo portò nell’edificio, d’avanti alla fontanella che si usava per bere.

«Allora? Che ne pensi del viaggio? Eh? Eh? »

Leo sorrise mestamente «Sono contento di farlo, ma credo che il tuo entusiasmo sia esagerato».

«Questo perché non sai cosa faremo! I miei genitori e i tuoi si sono messi d’accordo per farci fare una vacanza completamente soli! Loro prenderanno un albergo da una parte del Cairo, mentre noi ne abbiamo prenotato un altro! Decideremo i nostri orari, le nostre tappe, cosa comprare quando tornare in albergo… Non è grandioso!?»

Questa volta Leo dovette cedere all’entusiasmo «Wow! Certo! E… quando hai detto che si parte?»

«Tra circa 10 giorni, hanno detto che prenderemo un aereo…»

Una volta entrati in classe non fecero altro che parlare del viaggio.

Nonostante Leo e Dust si passassero due anni, erano nella stessa sezione, questo perché Leo aveva un quoziente intellettivo più alto della media ed era quindi stato deciso di fargli saltare un anno. Dust al contrario ne aveva perso uno dato che quando suo fratello più grande morì, rimase per molti mesi in uno stato di Shock, Leo non sentivo mai il suo amico nominarlo, ma sapeva che ne soffriva molto.

La giornata passò abbastanza velocemente. Dopo la scuola Dust e Leo si separarono dato che abitavano da una parte all’altra del quartiere. Al contrario il biondo abitava vicino a casa di Nancy, quindi spesso lui l’accompagnava a casa, e così fu anche quel giorno.

Mentre camminavano, Leo notò che Nancy aveva perso la sua allegria, il ragazzo non ci mise molto a capire perché.

«Non preoccuparti» cominciò lui «Vedrai che prima o poi ti noterà».

Ma la ragazza non sembrava convinta «Non lo so… con tutte le ragazze che gli vanno dietro, perché dovrebbe scegliere proprio me?»

«Per il semplice fatto che sei migliore di tutte quelle oche.» ribadì Leo, pensando davvero a ciò che diceva.

Arrivati a casa di lei, Nancy sembrava più allegra. All’inizio del viottolo che, attraversando il giardino, conduceva alla casa. La ragazza i alzò sulle punte e diede un bacio sulla guancia di Leo, mormorando «Ci vediamo domani».

E con un sorriso, gli diede le spalle ed entrò in casa.

Il ragazzo era abituato a ricevere baci di quel genere dalla sua “Migliore amica” ma ogni volta sentiva come se la temperatura si alzasse di 10 gradi.

Con aria pensierosa, il giovane biondo si diresse verso casa, quando vi arrivò, i suoi genitori erano già tornati.

Non fecero che parlargli del Viaggio, ma Leo sinceramente non fu molto interessato visto che la cosa era già stata ampiamente discussa a scuola con Dust.

Solo una cosa attirò la sua attenzione: su uno delle decine di depliant di viaggio sul tavolo, ce n’era uno che mostrava un’immagine del famoso simbolo dell’occhio di Horus… Leo fisso la foto per qualche secondo, mentre il cianciare di suo padre e sua madre diventava pian piano un rumore lontano…

Un lampo. E davanti ai suoi occhi comparve per un’secondo l’immagine che stava appena fissando, ma occupava tutto il suo sguardo, e tra i ricalchi della scultura grondavano gocce di sangue…

Leo si mise una mano sulla fronte, gli era venuto un forte mal di testa.

Era la stessa immagine che vedeva nel suo sogno, ma un conto era vederlo mentre dormi, un altro è mentre sei sveglio e lucido.

«Scusate… oggi mi sono affaticato abbastanza… credo che andrò a riposarmi un po’…».

Detto questo, Leo lasciò i suoi genitori a parlottare allegramente, mentre si dirigeva in camera sua, con l’intenzione di farsi una bella dormita, Arrivato nella sua stanza, crollò sul letto.

Non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine di quell’occhio sanguinante. Cosa aveva a che fare con il sogno? Perché stava succedendo tutto in contemporanea con la notizia del viaggio al Cairo? E soprattutto… Perché stava succedendo proprio a lui?


Spero che abbia suscitato un minimo d'interesse xD

Scherzi a parte, se qualcuno vuole commentare, mi piacerebbe ricevere anche qualche critica negativa, in modo da migliorarmi (anche se quelle positive le leggo decisamente con più soddisfazione xP).

Al Prossimo capitolo!!

  
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