Hopelessly
Devoted To You <3
Capitolo
11: Primi passi.
Lei.
-Signor Barnes, non
è salutare che Hannah frequenti quella casa. La Signora
Stein
potrebbe essere un pessimo esempio per lei. La prego, per il suo
bene, le proibisca di frequentarla, lei e quel suo figlio.- George
fissò Eleanor al di sopra di una copia del New York Times.
Paese
diverso, stesse abitudini.
-Sta ingigantendo la
cosa Eleanor. Ho avuto modo di scambiare qualche parola con la
Signora Stein, e non ho notato nulla di tutto ciò di cui lei
si
lamenta. Certo, con me non è stata neppure lontanamente
cortese, ma
Bert dice che è una donna esemplare seppure piuttosto
eccentrica e
devo ammettere che talvolta è divertente pur essendo
totalmente
prima di humor inglese. Ammetto che sia fin troppo schietta, ma sono
sicuro che c'è stato solo un fraintendimento tra voi. Non
vedo
proprio come potrebbe nuocere ad Hannah. Anche se volesse farlo poi,
non ne trarrebbe alcun beneficio. - Eleanor si mosse le labbra con
forza, l'unico modo che conoscesse per sfogare tutto il suo
disappunto alla reazione del padrone di casa. - Sono felice che lei
continui a tenere ad Hannah come se fosse figlia sua e a prendersene
cura, ma dobbiamo lasciarle un po' di respiro. Mi sono accorto che
è
molto più felice da quando siamo qui.- Hannah
squittì dalla
sorpresa da dietro la porta dello studio di suo padre, dove si era
fermata ad origliare la loro conversazione e a spiarli attraverso la
porta socchiusa. Sapeva benissimo di non aver alcun diritto di stare
li, e che ascoltare i discorsi altrui era certamente quanto di meno
educato potesse fare, ma quando passando per il corridoio aveva
sentito pronunciare il suo nome, per qualche motivo non era riuscita
a proseguire fino alla propria stanza. I suoi piedi si erano
rifiutati di muoversi e andare oltre quella soglia e così si
era
fermata ad ascoltare, convinta che se si fosse mossa il meno
possibile e se non avesse fatto alcun rumore non si sarebbero accorti
della sua presenza. Si fece scoprire alla prima occasione.
La tata non voleva
che lei vedesse Jace... Questo la rese terribilmente triste. Non le
avevano mai proibito di frequentare nessuno, forse perché
non aveva
mai avuto nessuno da frequentare. La cosa più sorprendente
era però
che suo padre insistesse perché lei fosse libera di
frequentarlo.
Era un evento che aveva del sovrannaturale. Forse era il segnale che
la fine del mondo era vicina. Al 2012 mancava poco più di un
anno in
fondo.
-Hannah, non sta
bene origliare, entra.- La ragazza, maledicendosi per essersi fatta
scoprire così facilmente, fece come ordinato:
aprì la porta e
scivolò all'interno della stanza, richiudendosela alle
spalle. - La
tua tata insiste nel dire che non dovresti più vedere gli
Stein. Pur
trovando il ragazzo privo di particolari doti, mi pare che da quando
lo frequenti ti sia fatta molte nuove amicizie. Ti vedo spesso girare
per i corridoi con la figlia di Bud Salenti e la figliastra di...
Come si chiama... Ah, ecco, di Simmons.-
-Già... Jaquie e
Rose.- mormorò mentre avanzava fino alla scrivania del
padre. - Sono
simpatiche... Anche Daphne lo è.- Aggiunse, e intanto si
chiedeva
come non vedere tutte le qualità di Jace, che erano
così lampanti
per lei. - Papà... Non proibirmi di vedere Jace...- disse in
un
sussurro. Non ricordava d'aver mai osato tanto. In effetti non aveva
mai fatto una richiesta del genere prima di allora. Non ne aveva mai
avuto bisogno. Non aveva mai tenuto tanto a qualcuno.
-Non te lo
proibirò,
non preoccuparti. Anzi, visti i risultati dovresti continuare a stare
a contatto con il ragazzo, e ancor di più con sua madre. -
sorrise.
Aveva abbassato il giornale e aveva sorriso. Hannah non ricordava
d'averlo mai visto sorridere in quella maniera. - Eleanor mi ha fatto
notare quanto sia impulsiva. Non posso darle completamente
torto, ma nonostante ciò è di sicuro un ottima
persona. - Non
riusciva a credere alle proprie orecchie. George, che non si era mai
interessato a ciò che lei faceva, delegando ogni decisione a
Eleanor, ora si dimostrava interessato alle sue amicizie e a quanto
potessero essere proficue per lei. Era un paradosso, un vero
paradosso. Aprì bocca per chiedere spiegazioni, ma si disse
che non
era saggio forzare il fato: fino a quel momento era stata fin troppo
fortunata.
Era tornata da poco
dalla visita a Jace, che aveva avuto esito relativamente positivo:
non solo non l'aveva respinta ma voleva vederla ogni giorno se
possibile, finchè era costretto a letto dalla febbre. E
voleva
conoscerla meglio. A lei pareva si fossero detti l'un l'altro tutto
l'indispensabile, anche se riconosceva che non erano mai entrati nei
particolari di alcuna questione. Coltivare delle amicizie si stava
rivelando molto più complicato ed impegnativo di quanto
avesse mai
creduto. Era felice di avere l'opportunità di fare tutta
quella
fatica.
-Io... Papà...
Grazie.- cominciò ad indietreggiare verso la porta. - Vado a
finire
i compiti prima della cena. - Prima di uscire dallo studio
lanciò un
occhiata alla tata. La fissava con un misto di rancore e tristezza.
Hannah si chiese se non si sentisse scavalcata o messa da parte a
favore di una semi sconosciuta che oltretutto aveva avuto l'ardire di
comportarsi in maniera così maleducata, mettendo in dubbio
le sue
capacità di educatrice. Le si spezzava il cuore, ma non
riusciva a
rinunciare neppure all'idea di poter godere della compagnia di Jace
per non fare un torto alla sua tata. É questo che
si prova quando
si vuole davvero bene ad un amico? É normare diventare tanto
egoisti? Si domandò, mentre lanciava un ultimo
sguardo alla
donna prima di chiudersi la porta alle spalle. Non riuscì a
darsi
una risposta. Si disse che avrebbe dovuto chiedere alle ragazze
l'indomani, alla pausa pranzo.
In ogni caso, era
felice. Felice che suo padre le permettesse contro ogni previsione e
contro l'opinione di Eleanor di vedere ancora Jace, il che equivaleva
ad averle dato ufficialmente il suo consenso perché lo
frequentasse
anche al di fuori della scuola, proprio come faceva con le ragazze,
proprio come fanno i veri amici. Era troppo euforica per chiedersi a
cosa fosse dovuto quel cambiamento radicale. Aveva sempre creduto che
George provasse una certa antipatia per il ragazzo. Il sabato
precedente non si era mostrato troppo felice quando aveva saputo che
tra i presenti ci sarebbe stato anche Jace. Ma anche il comportamento
contraddittorio di suo padre passava in secondo piano in quel
momento, insieme a tutto il resto. Ora che aveva l'approvazione
paterna si sentiva libera da un peso che non si era accorta di
portare. Pensava a quanto il ragazzo sarebbe stato felice nel vederla
tornare il giorno dopo, proprio come le aveva chiesto quando sulla
porta di casa l'aveva stretta forte. Al solo pensiero delle sue
braccia che la stringevano si sentì andare a fuoco, il suo
cuore
cominciò una corsa folle, lo sentiva scender giù
nello stomaco e un
istante dopo risalire fino in gola, a mozzarle il fiato, come se
fosse finito su un'altalena. Era una sensazione esaltante.
Lui.
Jace aveva dormito
malissimo quella notte. Continuò a rigirarsi sotto il peso
delle
coperte senza riuscire a trovare pace. Si disse che forse aveva
dormito troppo durante il giorno e poi la tosse, il naso che
continuava a colare la febbre e... No! Sapeva benissimo che la sua
insonnia era dovuta perlopiù all'impazienza. Continuava a
pensare a
cosa chiederle: di Hannah voleva sapere tutto, e non riusciva ad
aspettare fino a quel pomeriggio. Ma soprattutto provava una morbosa
curiosità riguardo a ciò che era stata in passato
la sua vita
sentimentale. Lei era così timida che non si sarebbe
sorpreso nello
scoprire che aveva un ragazzo a Londra di cui non aveva parlato a
nessuno. Magari un matrimonio combinato? No, troppo romanzesco. Ma se
fosse sbucato per davvero un ipotetico fidanzato, ne sarebbe stato
infastidito. Per qualche motivo trovava irritante l'idea che Hannah
potesse davvero avere o aver avuto qualcuno di
“speciale”.
Accolse con sollievo
il sorgere del sole, cui raggi, penetrando attraverso le avvolgibili
alla finestra, illuminarono la stanza di un bagliore rosato.
Perlomeno era già giorno. La casa era tremendamente
silenziosa a
quell'ora del mattino. Dopo un po' sentì i passi di sua
madre nella
stanza accanto. Per un po' tornò a regnare il silenzio, poi
nuovamente i suoi passi lungo tutto il corridoio fino alla sua
camera. La porta di aprì piano, e Jace volle sorprenderla
tirandosi
su a sedere. - Se sei venuta a controllarmi sappi che sono sveglio.-
Greta entrò nella stanza. Indossava un vecchio pigiama di
flanella
verde di almeno due taglie più grande del dovuto. A lei
piaceva
dormire comoda, ma non era raro che dovesse tenersi su i calzoni con
una mano mentre camminava. I capelli corti erano schiacciati su un
lato, mentre dall'altro erano arruffati come se avesse passato a
notte a tormentarli.
-Come mai già
sveglio? La febbre? La tosse? I quintali di muco che continui ad
espellere da quella proboscide che ti ostini a chiamare naso? -
Ironia mattutina. Jace sapeva che Greta sarebbe rimasta Miss Sarcasmo
fino a che non si fosse fatta la sua dose di caffeina. Meglio
assecondarla.
-Probabile...-
replicò lui, facendo spallucce. - Mamma anche se la mattina
sei
sempre adorabile, cosa ci fai già sveglia? Non hai chiesto
un giorno
di permesso?-
-L'abitudine. Io, al
contrario di qualcun altro, non passo la vita a dormire.- disse
lanciandogli un'occhiataccia. - Visto che quel qualcuno è
sveglio, è
meglio che prepari qualcosa per colazione.- Jace fece per aprir
bocca. - No, niente caffè per te!-
Lei.
-Hannie!Ciao!-
Hannah fu raggiunta da Rose mentre frugava con foga all'interno del
proprio armadietto.
-Ciao Rosie.-
salutò
senza sollevare il capo. Tra Hannah e Rosalie si era andato a creare
un legame del tutto particolare. Era molto diverso da quello che
aveva con Jaquie e Daphne. Si era affezionata a tutte loro nel
medesimo modo, e anche se del tutto inesperta in quel genere di
faccende, aveva capito che loro tre ormai erano diventate le sue
migliori amiche. Quando aveva bisogno di un consiglio pensava di
domandare a loro, se aveva un problema era a loro che si rivolgeva
per prime. E tra le tre, la prima tra tutte era senz'altro Rose.
C'erano tratti del loro carattere che le accomunavano e le avevano
avvicinate sempre più. Nella dolcezza di Rose Hannah aveva
trovato
affettuoso conforto, nella pazienza e nell'attitudine ad ascoltare
senza mai giudicare di Hannah Rose aveva trovato la confidente
ideale. Jaquie era troppo irruenta e impicciona, e spesso lei e
Daphne erano troppo prese dalla loro storia per concentrarsi davvero
su di lei, e Rose talvolta si era sentita il terzo incomodo,
nascondendo però con maestria quella brutta sensazione. Con
Hannah
aveva trovato un'amicizia sincera basata sul dare e ricevere.
Così
le aveva aperto il suo cuore senza riserve, e piano piano Hannah
aveva cominciato ad aprirle il suo. Ed erano cominciate le telefonate
giornaliere, ogni sera dopo cena si chiamavano a turno. Un enorme
divertimento per Hannah, che aveva sempre associato il telefono alle
lunghe e tediose telefonate dei nonni o quelle di lavoro di suo
padre.
Anche la sera prima
le aveva telefonato per raccontarle che era stata da Jace e come
erano andate le cose. Era strano per lei parlare così
apertamente
con qualcuno. Avrebbe voluto comportarsi nello stesso modo con Jace,
ma non le riusciva. Questo l'aveva aiutata a capire che Jace non era
solo un amico, ma ancora non sapeva come doverlo classificare.
-Non è possibile!
Non riesco a trovare l'album per schizzi. Eppure ieri l'ho riposto
proprio qui, esattamente tra il libro di storia e quello di
spagnolo.- asserì convinta, chiudendo lo sportello
dell'armadietto
con insolita stizza. - Credi che me l'abbiano rubato? Sarebbe
tremendo!-
-Dovresti andare a
reclamare in direzione. Sai che non è la prima volta che
capita?
Pare che alcuni lucchetti siano difettosi e che qualcuno si diverta a
svuotare gli armadietti per gioco.- replicò Rose, mentre si
incamminavano con calma verso l'aula di Inglese. - Lo scorso anno ad
una ragazza hanno rubato la tuta dall'armadietto della palestra e
l'hanno appesa all'asta della bandiera.- lo raccontò con
voce
sommessa e tono allarmato, come se il solo parlarne avrebbe portato
ad un'altra catastrofe simile.
-Sul serio?
Terribile!- sospirò l'altra. Quell'album era come un diario
segreto
per Hannah. Ogni disegno, che fosse frutto della propria
immaginazione o meno, aveva un significato e celava tutti i suoi
pensieri più nascosti. Inoltre vi aveva abbozzato giusto il
giorno
precedente degli schizzi molto importanti, a suo dire fondamentali.
Era un enorme perdita per lei, in tutti i sensi. - Rosie... Posso
farti una domanda... Ahm... personale?- La ragazza annuì
corrugando
la fronte. - é da ieri che ho questa continua tachicardia, e
a
momenti sento caldo, davvero tanto caldo. Credi sia normale?- Rose
scoppiò a ridere.
-E questa sarebbe
una domanda personale?- Hannah sospirò, prima di risponderle.
-Mi preoccupa sai
Rose. Capita che io pensi a... Qualcuno... Ed ecco che il cuore
comincia a battere fortissimo. Volevo sapere se tu... Seth... Voglio
dire, se provi lo stesso per Seth.- disse tutto d'un fiato, prima che
potesse mancarle del tutto il coraggio. Rose arrossì al solo
sentire
quel nome. Oh si, aveva confidato ad Hannah persino della sua
infatuazione per il timido e sensibile Seth, spinta dal fatto che, al
contrario di Jaquie e Daphne, la ragazza non si sarebbe mai messa in
mezzo in una faccenda che non la riguardava. Certo l'aveva sorpresa
chiedendole perché non gli avesse confessato i suoi
sentimenti. A
rigor di logica, diceva Hannah, se ci si innamora di un ragazzo, lui
dovrebbe esserne messo al corrente. Ma Rose le aveva spiegato che
amore e logica non vanno mai di pari passo, e che in realtà
l'amore
è più complicato di quanto lei non credesse. -Quando
capiterà
allora capirai!- aveva aggiunto. Hannah forse cominciava a
capire.
-Beh... Si, in un
certo senso. Quando penso a lui sento un nodo in gola, e il cuore
quasi scoppia. Ma non è un batticuore continuo e duraturo,
se è
quello che intendi.- Hannah annuì.
-é proprio quello
che intendevo. - mentì -Forse dovrei fare una visita
medica.-
soggiunse, sospirando mestamente per l'ennesima volta.
Perchè il suo
corpo continuava con quelle reazioni inconsulte e incontrollabili?
Cosa stava cercando di dirle? La sua mente e il suo corpo sembrava
stessero complottando contro di lei. Volevano farla diventare
matta. Non era pronta ad ammettere che qualcosa la stava cambiando,
non con gli altri e tanto meno con se stessa.
-Perchè non provi
a
chiedere a Daphne? Sua madre è un cardiochirurgo. Sono
sicura che ti
consiglierà un bravo dottore o se sei fortunata
troverà il tempo
per riceverti. É un medico molto capace, e soprattutto
è sempre
molto disponibile.-
-Credo tu abbia
ragione. Chiederò oggi stesso. A proposito, come mai
né lei né
Jaquie sono con te?- Domandò guardandosi intorno. Non si era
ancora
accorta della loro assenza.
-Oh, mi hanno
chiamato stamattina, hanno deciso di partire, di allungare il week
end insomma. Ogni tanto capita che decidano di fare una vacanza fuori
programma.- Sorrise trasognata e Hannah le sorrise di rimando.
-Deve essere
bello...- Mormorò sorridendo dolcemente.
-Bello cosa?- fece
l'altra.
-Avere un rapporto
come il loro. Ammetto che non credo gradirei romanticherie come fughe
d'amore, cene al lume di candela o simili. Però mi sembra
che avere
accanto qualcuno e sapere che non ha intenzione di abbandonarti sia
bellissimo.- Rose le sorrise, allungando una mano ad accarezzarle il
volto.
-L'avevo detto alle
ragazze che avresti capito da sola.- Hannah sollevò lo
sguardo,
incrociando il suo. Non capiva cosa volesse dire. - L'hai capito
sabato? Le ragazze non vogliono che si sappia, per tanti motivi che
sono sicura capirai da sola. Ma a te volevano dirlo, sul serio. Ho
detto loro che secondo me avresti capito da sola, proprio come ha
fatto Jace. Ed infatti eccone la conferma.- Prima che Hannah potesse
risponderle si infilarono all'interno dell'aula ancora deserta.
Presero posto e Hannah perse del tempo a si sistemare con metodica
precisione una penna e un quaderno sul banco, poi finalmente le
rispose.
-Non è stato
sabato. Sabato è stato... Potrei dire che è stata
una conferma. Ho
solo notato dei piccoli particolari e poi li ho collegati insieme.-
Scrollò appena le spalle. Non le pareva di aver fatto
chissà quale
strabiliante scoperta. Jaquie non faceva poi molto per nascondere i
suoi sentimenti, o se ci provava non le riusciva affatto bene.
-Ad essere sincera,
credevamo saresti stata sconvolta.- Ammise candidamente la ragazza, a
cui Hannah rispose ancor più candidamente.
-Perchè mai?
Suppongo ci si innamori a prescindere da tutto, compreso il genere. -
Sorrise dolcemente e abbassò il tono della voce, tanto che
Rose si
dovette chinare appena per poterla sentire meglio. Sembrava stesse
per confidarle un grande segreto. - Sai, una persona molto vicina
alla mia famiglia è omosessuale. Siamo stati persino al suo
matrimonio, qualche anno fa. Beh, al corrispettivo di un matrimonio
civile tra persone dello stesso sesso o quel che è... In
ogni caso,
non ho mai visto due persone più felici ed innamorate.
Purtroppo è
finita male, ma in ogni caso è quello che ho rivisto in
Jaquie e
Daphne. La stessa devozione. - Rose non potè che sorriderle
raggiante, non riuscì a dirle quanto le desse piacere
scoprire che
era immune da quella orribile forma di razzismo che è
l'omofobia. La
classe cominciò a riempirsi velocemente. Nel giro di pochi
minuti,
con l'arrivo del professore, cominciò anche la lezione.
***
Le lezioni del
mattino erano volate vie. Si era concentrata al massimo su ogni
materia per impedirsi di avvertire il tempo scorrere troppo
lentamente, altrimenti le sarebbe parso che la fine delle lezioni non
sarebbe arrivata mai. Così facendo invece pareva avesse
premuto
sull'acceleratore, e in men che non si dica si era ritrovata seduta
al solito tavolo della mensa accanto a Rose. Aveva addirittura un
insolito appetito.
-Hannie, visto che
ora siamo sole... Come mai ieri hai saltato la pausa pranzo? Abbiamo
sentito dire che hai saltato anche l'ora successiva e che ti hanno
visto uscire dall'infermeria. É vero? É successo
qualcosa?- Chiese
con tanta premura che Hannah non ebbe nessun imbarazzo nel
risponderle sinceramente. In effetti la sera prima era stata
così
impegnata a raccontarle di Jace che si era completamente dimenticata
di dirglielo.
-In realtà si, ci
sono stata. La Signora Stein è davvero... Come
dire...Particolare.
Sono andata a chiedere di Jace, e a chiederle se non fosse possibile
fargli visita.- La sua voce era andata assottigliandosi pian piano,
tanto che alla fine Rose ebbe qualche difficoltà a
comprenderla. Era
imbarazzante raccontarlo, e ancor più imbarazzante
comprendere che
in realtà non aveva fatto nulla di vergognoso. Nessuna delle
ragazze
si sarebbe mai creata alcun problema al suo posto.
-Ecco perché sei
andata a trovare Jace! Mi sembrava strano che gli avessi fatto
un'improvvisata, non è da te.- Commentò l'altra
felicemente. Fu
allora che Hannah sentì il bisogno insopprimibile di farle
una
confessione.
-Mi dispiace di non
avervelo detto. Ma avevo il timore che Jaquie... Non fraintendermi,
mi sono affezionata e le voglio un gran bene, e anche a Daphne e a te
di certo, ma era qualcosa che dovevo fare da sola. Non volevo si
intromettesse, anche se sono certa l'avrebbe fatto a fin di bene.- Si
affretto a specificare, imbarazzata al dover esternare uno dei
difetti più evidenti dell'amica. Rose rise.
-Invece hai
perfettamente ragione, è un'impicciona della peggior specie!
Ma come
dici tu è convinta di fare del bene.- sospirò. -
Come tra Seth e
me.- Concluse. Il suo tono era un misto di noia e rassegnazione, il
che non le impedì di arrossire violentemente.
- Scusami Rosie, ho
detto forse qualcosa fuori luogo, io mi...-
-No no, non
scusarti. Hai proprio colto nel segno. É che si diverte un
mondo a
intromettersi negli affari amorosi degli altri, visto che lei
è già
bella che sistemata. Crede che io sia troppo timida e che non possa
farmi avanti senza una spintarella da parte sua.- Si zittì
per un
istante prima di sollevare gli occhi dal proprio piatto e piantarli
dritti in quelli di Hannah. - Secondo te, davvero sono troppo timida?
A volte sono così vicina a fare il primo passo che ne sono
terrorizzata. Ma Seth mi piace davvero. Ormai è un anno che
ci giro
intorno, forse dovrei darmi una mossa. Per una volta Jaquie potrebbe
avere ragione.- Storse le labbra in una smorfia. - Sarebbe
terrificante, continuerebbe a rinfacciarmelo per anni!- Rise,
tornando a fissare il proprio piatto.
Hannah non seppe
cosa risponderle in un primo momento. Dovette pensarci mentre
addentava una mela e masticava piano il boccone, cercando di
guadagnare tempo. - Non sono la persona adatta a cui porre una
domanda simile. Sono poco espansiva per natura e più timida
di te,
mi pare. Quel che per voi tutte è semplice e naturale come
respirare
a me costa un enorme fatica, quindi dal mio punto di vista, che
è
del tutto anormale, no non sei troppo timida. Io... Credo di capire
qualcosa che a Jaquie sfugge, mi sembra. Forse hai solo bisogno di
tempo. Tutti abbiamo tempi diversi nel fare qualcosa. Jaquie
è
impaziente e istintiva, tu invece sei disposta ad attendere per avere
occasioni migliori. - Rose annuì, fissandola con ancor
più
intensità di prima. Non l'aveva mai vista così
seria, ne l'avrebbe
più vista così in futuro. Pensò di
aver detto qualcosa che
l'avesse offesa.
-Come fai a
sembrare... No, ad essere tanto ingenua eppure tanto attenta a chi ti
sta intorno? Noti dei piccoli, infinitesimali particolari che nessun
altro riesce a notare. Come è possibile? Se non ti
conoscessi, direi
che sei un'attrice da Oscar e fino ad ora ci hai preso tutti per il
naso.-
Hannah scrollò le
spalle, imbarazzata. Non aveva una risposta da darle. - Non lo so.
Potrei elencarti tanti luoghi comuni come “gli artisti sono
capaci
di vedere ciò che gli altri ignorano” oppure
“ quando si cresce
da soli si ha tanto tempo per studiare gli altri”. Potrebbero
essere veri entrambi per me. Ma in realtà non ne ho idea.-
-Però non sembra
tu
sia molto interessata a quel che capita a te.- Replicò
l'altra.
Quell'affermazione sarebbe parsa accusatoria se fosse uscita da
un'altra bocca, mentre se era Rose a pronunciarla con il suo tono
tono gentile non era altro che un'innocente constatazione. Seppure
rabbonita dalle maniere dell'amica, la ragazza ne fu colpita.
-Ma no... Non mi
pare. É che non mi capita niente di interessante. - Rose
scoppiò a
ridere.
-Ah certo, perché
trasferirsi all'altro capo del mondo, e per giunta a New York
nell'Upper East Side, essere letteralmente accerchiata da tre pazze
che non ti danno tregua, ed essere la preferita di uno dei ragazzi
più popolari della scuola, non è per niente
interessante! Vedi, ho
ragione. Gli artisti sono sempre troppo impegnati a guardarsi intorno
per guardarsi dentro.- le disse infine, con un tono allusivo che la
ragazza, pur essendo totalmente priva di malizia, riuscì a
cogliere
all'istante.
La campanella
suonò,
togliendola dall'impiccio di rispondere. Mentre si alzavano,
arrossendo mormorò alla compagna – Rosie, stasera
io torno da
Jace. E voglio andare da lui finché ne avrò la
possibilità. Forse
sarò indiscreta, ma lo devo fare. Secondo te, questo
è un primo
passo?-
-Dipende da cosa o
chi vuoi raggiungere, Hannie. -
Lui.
Continuò a
guardare
la sveglia sul comodino per un bel pezzo. Mancavano esattamente due
minuti alle diciotto e di Hannah neppure l'ombra. La giornata l'aveva
trascorsa facendo la spola tra letto e divano, prendendo medicine,
soffiandosi il naso, cercando di guardare un film o di leggere un
libro, e poi di schiacciare un pisolino, il tutto intervallato da due
pasti e uno spuntino, preparati amorevolmente dalle mani di sua
madre, che aveva preso un giorno di permesso dal lavoro per accudirlo
e darsi alla cucina salutista: nel suo caso equivaleva a preparare
verdure lesse ed insipide in grandi quantità. Niente di
tutto questo
era riuscito a dargli sollievo. Specialmente non le verdure.
L'impazienza non
solo era rimasta ma si era intensificata. Alla fine, vinto dalle
medicine e dalla fatica, dato che quel costante stato d'agitazione
gli prosciugava le già scarse energie, si era addormentato
verso le
tre del pomeriggio, risvegliandosi solo due ore e mezza più
tardi,
minuto più minuto meno.
Dalla cucina
proveniva un silenzio tombale, segno che sua madre doveva essere
uscita, quindi Hannah non poteva essere in casa. Moriva di sete, la
gola era così arsa che ogni respiro gli raschiava la gola,
quindi
seppur riluttante, si alzò abbandonando il suo letto comodo
e caldo.
Infilò le pantofole e si mise una coperta sulle spalle,
l'avrebbe
coperto dal freddo e dagli spifferi del corridoio, che
attraversò il
più velocemente possibile.
Quando entrò nella
sala principale, rimase di sasso: Hannah non solo era in casa, ma se
ne stava seduta al tavolo della cucina, a sfogliare vecchi album di
fotografie. Ci impiegò meno di un istante a realizzare che
l'album
che la ragazza sfogliava al momento era quello che conteneva tutte
quelle foto imbarazzanti e prive di senso che i genitori, per una
sorta di perverso feticismo, si ostinano a scattare ai propri
pargoli, mostrare a chicchessia e conservare gelosamente come se
fossero un tesoro. Quelle foto lo mettevano a nudo, nel vero senso
della parola: sua madre, quando era un povero bimbetto incapace di
ribellarsi a quell'atroce tradizione, adorava fotografarlo con le
chiappette all'aria... e non solo quelle. Bagnetto, cambio del
pannolino, sbrodolamenti di pappette e pioggie di spaghetti sulla
testa al tempo spelacchiata: tutto veniva immortalato per essere
tramandato ai posteri. Al solo pensiero rabbrividì: doveva
assolutamente toglierle quell'album dalle mani, prima che il danno
fosse irreparabile e posasse gli occhi su quelle immagini
raccapriccianti. Poi avrebbe provveduto a bruciarle, o perlomeno a
nasconderle dove sua madre non avrebbe mai potuto trovarle: il suo
armadio. Non l'avrebbe mai aperto, era rimasta traumatizzata quella
volta che aprendolo era stata letteralmente sommersa da uno tsunami
di vestiti, tutti sporchi.
Sembrava non aver
visto ancora nulla di troppo imbarazzante, in ogni caso. Appariva
tranquilla e stranamente a proprio agio nella loro cucina. Come se
quello fosse il suo posto e facesse parte di quella scena da sempre.
Non si era neppure accorta di lui,che nel vederla così
concentrata
non mosse un solo muscolo. Era sempre interessante osservarla nei
momenti in cui era più assorta. Era se stessa come non mai
quando si
tormentava una ciocca di capelli o come quella sera la punta della
treccia laterale con cui a volte raccoglieva i capelli, quando posava
il capo contro una mano, o le due dita sottili giocherellavano con
qualcosa. In più era strano vederla con addosso degli abiti
che non
fossero la divisa scolastica. Sopra il maglione portava una lunga
catenella d'oro che non le aveva mai visto portare prima.
-Hannie?- si decise
ad attirare la sua attenzione. Lei alzò gli occhi dall'album
al
volto di lui, arrossendo. Scattò in piedi come se le fosse
stato
ordinato di stare sull'attenti. - Non sapevo fossi qui.
Perchè non
mi hai svegliato?-
-Ciao Jace.-
mormorò
– Sono arrivata un ora fa. Tua madre mi ha chiesto di non
svegliarti, perché non hai passato bene la notte. - Si
voltò a
lanciare un occhiata alla pila di grossi album sul tavolo. - Quelli
credo me li abbia lasciati apposta, mi ha detto che mi aveva trovato
un passatempo mentre lei era via e tu dormivi. Suppongo fossero
quelli.- Precisò, a mò di giustificazione.
-Certo che li ha
lasciati di proposito!- Esclamò con voce roca, prima di
cominciare a
tossire violentemente. La tosse gli mozzava il respiro, gli occhi gli
si riempirono di lacrime, a momenti gli pareva di soffocare. Hannah
gli corse accanto, spaventata nel vederlo sforzarsi così per
riuscire a respirare. Si aspettava che lei gli battesse inutilmente
una mano sulla schiena, invece gli poso una mano sulla spalla e con
l'altra cominciò a massaggiargli la schiena con un movimento
circolare. Non alleviava di certo la tosse, ma era rilassante.
-Cerca di respirare
lentamente e a labbra socchiuse. Inspira ed espira Jace, inspira ed
espira...- Il ragazzo fece come detto, e lentamente cominciò
a
respirare più facilmente, mentre la tosse si faceva
più leggera. Il
naso era completamente tappato, e la gola gli doleva da impazzire, ma
perlomeno respirare ancora possibile.
-Okay... Okay...
Sono ancora vivo...Grazie...- Hannah lo prese per un braccio e
lentamente lo accompagnò fino al divano, mormorando : - La
tata lo
faceva sempre quando prendevo una brutta tosse. Non avresti dovuto
alzarti, comunque.-
-Ma avevo sete...-
Borbottò lui di rimando,imbronciandosi un po' avvilito e un
po'
infastidito.
-Ti porto dell'acqua
se mi dici dove trovare dei bicchieri.- si diresse verso la cucina
senza attendere risposta. Intanto Jace si sistemò la coperta
sulle
gambe. Stare sdraiato gli rendeva difficile respirare con quella
tosse, quindi si mise seduto.
-Sportello centrale.
Ci dovrebbe essere anche un pacco di fazzoletti, se fossi
così
gentile... Ah, l'acqua è nel frigorifero. - Si
voltò, riprendendo a
tossicchiare: vederla muoversi per la cucina era come avere visioni
di un improbabile futuro.
-Bevi piano, è
fredda.- gli raccomandò, porgendogli un bicchiere colmo
d'acqua poco
dopo. Jace lo prese con entrambe le mani, si sentiva così
debole che
anche un bicchiere d'acqua sembrava un peso insostenibile per una
sola mano.
-Grazie.- bevvè un
sorso d'acqua, godendo della piacevole sensazione del liquido fresco
che gli scorreva in gola. - Allora, visto qualche foto imbarazzante
in quegli album?- le chiese, riprendendo a bere. Fingeva noncuranza,
ma temeva d'essere arrivato troppo tardi.
-No, niente di
imbarazzante. Eri un bambino molto carino. - gli sorrise, porgendogli
i fazzoletti e sedendogli accanto, ad una ragionevole distanza.- In
una foto eri ricoperto di passato di verdura e avevi un piatto in
testa.- lo disse come se fosse la cosa più naturale del
mondo.
-E questo non ti
sembra imbarazzante?- chiese lui perplesso.
-No, mi sembra
adorabile. Io non ho foto del genere. In genere i miei genitori
pagavano un fotografo professionista perché una volta
l'hanno mi
facesse un book fotografico. Mia madre era uno storico come suo
padre, e in particolare studiava il periodo vittoriano. In breve, in
tutte le foto della mia infanzia indosso questi abitini d'epoca che
mi fanno sembrare una bambola. Questo è imbarazzante.-
sorrise
sarcastica, quasi a burlarsi di se stessa. - Ah! Tua madre e io
abbiamo avuto la stessa idea, sai? Purtroppo mio padre non ha voluto
portare con se nessuna di quelle foto, quindi ho solo questa.- alla
fine della catenella, Jace non l'aveva affatto notato, stava uno di
quei ciondoli in cui si possono inserire delle fotografie. Hannah lo
prese tra indice e pollice destro e con l'altra mano l'aprì.
Gli si
avvicinò, mostrando le due piccole foto: la prima ritraeva
una donna
d'una bellezza incredibile, ne fu talmente colpito che degnò
solo
d'un fugace sguardo la foto di una piccola e cicciottella Hannah
infagottata in un abitino tutto pizzi con tanto di cuffietta di pizzo
in testa. Non c'erano dubbi, era la madre della ragazza: avevano gli
stessi enormi occhi azzurri, pieni di sentimento e malinconica
rassegnazione. Le labbra erano simili, ma quelle di Hannah non erano
così carnose, così come i capelli, scuri come
l'ebano. Anche quella
foto sembrava essere stata scattata da un fotografo di professione,
perché la posa della donna ne metteva in luce i lineamenti
fini, il
fisico asciutto, il profilo perfetto, ma era palesemente innaturale.
La faceva sembrare in attesa di qualcuno che potesse trarla dal
grigiore e dalla malinconia della sua esistenza, con il capo sorretto
da una mano e il busto proteso in avanti. Forse nella foto originale
si poggiava ad un tavolino, ma non avrebbe saputo dirlo con certezza.
-Accidenti. Tua
madre era... Non ho parole, è una delle donne più
belle che io
abbia mai visto. Anche più di mia madre. Ma questo non
diciamoglielo! - le strizzò un occhio sorridendole
brevemente. -
Come si chiamava?- Per vedere meglio la foto si era chinato verso il
basso, ma essendo la posizione scomoda, aveva istintivamente posato
il capo sulla sua spalla. Non si era affatto accorto di come la
ragazza si fosse irrigidita a quel semplice gesto, finché
non
sollevò lo sguardo dal ritratto di Zara per guardarla in
volto. Era
arrossita, e se ne stava a fissare un punto davanti a se per paura di
abbassare lo sguardo e incrociare quello di lui.
-Zara... Si chiamava
Zara.- Rispose brevemente.
-Ti somiglia. Mio
padre si chiamava Jonathan. Per fortuna non gli somiglio per niente.
Abbiamo qualcosa in comune. Portiamo entrambi i nomi dei genitori che
ci hanno abbandonato.- Jace allungò una mano e prese il
ciondolo,
fissò ancora per qualche istante la splendida e triste Zara,
e poi
lo richiuse, posandolo nella mano di Hannah. - Come è morta
tua
madre? Mi hai detto che tuo padre è vedovo da anni.-
-Si è uccisa.-
Ciò
che più lo colpì fu il modo in cui lo disse, con
totale freddezza.
Si aspettava perlomeno della tristezza, o di notare un certo tremolio
o commozione nella voce, qualcosa che lasciasse trapelare i suoi
sentimenti, la sofferenza, o persino la rabbia.
-Lo dici con
un'indifferenza che mette i brividi.- Non poté trattenersi
dal farle
notare.
-Non me la ricordo
quasi, e subito dopo mi hanno affidato alla tata. Ricordo a malapena
il suo profumo e il fatto che non la vedevo sorridere quasi mai.
É
come parlare della morte di un'estranea.-
-Non sei arrabbiata?
Ti ha abbandonata. Non ti viene voglia di urlare quando pensi a quel
che potrebbe essere la tua vita se avesse avuto il coraggio di
continuare a vivere?- prese un fazzoletto dal pacco che aveva posato
sul grembo e si soffiò il naso rumorosamente, facendola
sussultare.
- Io lo sono stato per anni, e a volte lo sono ancora. Arrabbiato con
mio padre intendo.- aggiunse, osservandola dal basso. La ragazza
sospirò. Continuava ostinatamente a fissare il muro.
-No. La rabbia non
la riporterà in vita quindi che senso ha crogiolarsi nel
rancore?
Tuo padre e mia madre hanno deciso di andarsene in maniera
differente. Probabilmente sono solo diverse dimostrazioni di egoismo,
ma se tuo padre forse l'ha fatto per codardia, forse mia madre l'ha
fatto perché era infelice. E tuo padre probabilmente
è vivo da
qualche parte, la tua rabbia è quantomeno giustificabile. La
mia non
potrebbe esserlo.- Strinse le spalle. Forse cominciava ad abituarsi a
quell'imbarazzante posizione, perché si poggiò
piano allo schienale
del divano. - Ma a volte sento come un fastidio nei suoi confronti.
Mio padre si è rifugiato nel lavoro ignorandomi per la
maggior parte
della mia vita da quando lei è morta. Non ricordo come fosse
prima,
ma probabilmente sarebbe stato più presente se lei fosse
stata in
vita. Forse sarei stata più felice.-
-Ognuno reagisce al
dolore in modo diverso. Mia madre per esempio ha sviluppato un odio
feroce verso gli uomini che le ricordano mio padre. Se é
maturo,
riccho e affascinante non c'è storia, scarica sul
malcapitato di
turno tutto l'odio represso in questi anni. É strano che
abbia preso
così in simpatia Miller in effetti. Credo lo faccia
perché ha paura
di ricascarci, comunque.- commentò, soffiandosi nuovamente
il naso.
- E ci ricascherebbe! Ha un debole per gli uomini alla Richard Gere
in Pretty Woman.- le disse, ridendo.
-Certo che abbiamo
cominciato la nostra reciproca conoscenza partendo dai risvolti
più
dolorosi delle nostre storie personali.- Commentò lei,
chinando
finalmente lo sguardo verso il suo volto. Per un momento Jace
dimenticò cosa volesse dirle.
-Eh... - aggrottò
la fronte – é...Meglio così. - distolse
velocemente lo sguardo.
Cos'èra stato quell'attimo di tensione? Perché si
era come sarebbe
stato baciarne le labbra? Non poteva e non doveva pensarci. Mai
più.
- É un sollievo averne parlato subito, perché ora
possiamo passare
ad altro, concentrarci sugli aneddoti divertenti e imbarazzanti,
sulle figuracce... Soprattutto sulle figuracce! E sappi che ho
tantissimi aneddoti da raccontare. Come quella volta che chiesi alla
madre di Seth e Jem se i suoi figli erano dei cloni alieni!Questo
è
il meno ridicolo!- Hannah scoppiò a ridere, e l'atmosfera,
che da
triste e malinconica era diventata tesa e vibrante come la corda di
un violino, sembrò rilassarsi al suono della sua risata. -
Però se
un giorno vorrai parlarmene ancora, sai dove trovarmi.-
La ragazza annuì.-
Lo so, grazie. - Gli sorrise. - L'hai fatto davvero? Certo che ne
avevi di fantasia.-
-Certo che l'ho
fatto! A che pro mentirti? Se proprio dovessi montare i fatti lo
farei per apparire migliore non certo fare la figura dello scemo.- Si
lasciò scivolare verso il basso, all'altezza della spalla di
lei,
per maggior comodità. Improvvisamente si sentì
rilassato e
assonnato, ed era sul punto di crollare, quando lei gli chiese: -
Possiamo continuare a guardare le foto per favore? Vorrei continuare
a curiosare tra i vostri ricordi. Volevi che conoscessi tutto di
te...-
Come poteva dirle di
no? Era una logica schiacciante.
Greta.
Quando Greta
rincasò
fu accolta sul pianerottolo di casa dal silenzio più
assoluto. Al di
là della porta non proveniva un solo sibilo.
Pensò che Jace non si
fosse svegliato e alla fine Hannah, stanca di aspettare, se ne fosse
andata. Sbuffando di fatica, posò una delle pesanti buste
della
spesa che aveva trascinato per tredici piani, per infilare una mano
in borsa e estrarre le chiavi di casa. Aprì la porta, e la
socchiuse
soltanto, per avere il tempo di infilare nuovamente le chiavi in
borsa e caricarsi nuovamente della spesa. Spinse piano la porta.
Stava entrando in casa propria furtivamente, come una ladra,
perché
l'aveva sfiorata l'idea che quel silenzio forse era dovuto al fatto
che i ragazzi potevano essere impegnati in qualcosa di più
interessante delle chiacchiere. Si ritrovò invece a spiare
una
scenetta quanto mai tenera. Gli album erano stati spostati dal tavolo
della cucina ai piedi del divano, dove i ragazzi stavano seduti. In
realtà non si poteva dire che Jace fosse proprio seduto:
all'apparenza le dormiva addosso, con il capo comodamente poggiato
sulla spalla di lei, e si era raggomitolato contro il suo fianco,
come se anche nell'incoscienza del sonno continuasse a cercarla.
Hannah stava terminando di sfogliare uno dei raccoglitori, tutta
concentrata a non perdere neppure uno dei momenti che nel corso degli
anni lei era riuscita ad immortalare. Il suo cuore di mamma fremette
di gelosia: il giorno in cui il suo bambino avrebbe preferito
addormentarsi sulla spalla di un'altra persona, di un'altra donna,
era finalmente arrivato. Lo attendeva già da un po' e
improvvisamente era là, senza neppure darle il tempo di dare
l'addio
ai giorni in cui era l'unica donna della sua vita.
La gelosia e
l'angoscia però svanirono in un attimo. Era giusto che Jace
dovesse
scegliersi la propria strada e una compagna con cui percorrerla:
questo li avrebbe resi più distanti e al contempo
più vicini di
quanto non fossero mai stati. Il nido si sarebbe svuotato del suo
unico piccolo, ma lei non sarebbe stata sola, non più. Non
avrebbe
sofferto di solitudine. Sentì lo stomaco rivoltarsi
piacevolmente,
come se migliaia di farfalle l'avessero scelto come dimora. Le
farfalle nello stomaco. Dio, Greta! Sei alla frutta!
Pensò,
scuotendo il capo. Non riuscì a distogliere il pensiero da
quell'uomo in alcun modo.
Lei.
-Salve piccioncini!-
All'eclatante entrata di Greta, Hannah sussultò. Si rese
conto di
quanto potesse apparire compromettente quella posizione. Non era
scattata in piedi solo perché Jace dormiva così
bene che si sarebbe
sentita in colpa a svegliarlo.
-Sa-salve...Io...
Jace do-dormiva...e...Insomma...- farfugliò nel vano
tentativo di
formare una frase di senso compiuto. Da quando frequentava Jace le
capitava sempre più spesso.
-Oh... Ti si è
addormentato addosso. Aspetta...- Greta posò le buste
davanti
all'ingresso, chiudendo la porta a chiave. - Ora ti aiuto a liberarti
dal pachiderma.- le sussurrò facendole un occhiolino.
Lasciò che
Greta ne sollevasse piano il capo e lo facesse scivolare verso il
capo opposto del divano. Quando si alzò, sollevò
anche le gambe e
lo coprì per bene con la coperta.
-Credo gli si sia
alzata la febbre.- si preoccupò di riferirle immediatamente,
un po'
per reale premura nei confronti di Jace un po' per non dover
affrontare discorsi imbarazzanti. Greta posò una mano sulla
fronte
del figlio, annuendo.
-Hai ragione. Ora
preparo qualcosa per cena, lo imbottisco di medicine e lo spedisco a
letto.- disse, dirigendosi poi spedita verso la cucina. Prese il
telefono, posato sul tavolo, e lo portò ad Hannah. - Chiama
tuo
padre. Tuo padre, non la bambinaia, capito? Digli che rimarrai qui a
cena, e che dovrà mandare qualcuno a prenderti.- Hannah
prese il
telefono del tutto inconsciamente, per poi ritrovarsi a fissarlo come
se non sapesse cosa farsene.
-No... Non credo sia
una buona idea... Voglio dire, sono di troppo, lei deve già
pensare
a Jace...-
-Ti avevo detto di
chiamarmi Greta o mi sbaglio? Proprio perché Jace
è K.O., ho
bisogno di una mano per sistemare la spesa. Il minimo che possa fare
in cambio è offrirti la cena!-
-Va bene, se davvero
le serve una mano...- mormorò, sorridendole felice.- Se
posso essere
sincera, ho sempre desiderato farlo. Nei film sembra divertente, e in
casa non ho mai visto entrare un solo barattolo. A sei anni credevo
che il nostro forno fosse magico e i piatti uscissero da li
già
pronti.- ammise, facendo ridere Greta di tutto cuore.
-Okay, okay, allora
oggi faremo avverare il tuo sogno! Di solito le bambine sognano di
diventare principesse, tu invece preferisci fare la Cenerentola!-
disse, passandole uno dei sacchetti – Le verdure nel
frigorifero,
al resto ci penso io.- La ragazza annuì, infilando una mano
nella
busta per tirarne fuori una confezione di spinaci.
La verità era che
mai, in nessun film, neppure per un secondo sistemare cartoni di
latte e scatolette le era parso anche solo vagamente divertente. Era
affascinata dal gesto in se, anche se noioso e banale,
perché
implicava una grande familiarità con la casa e i suoi
abitanti. Il
semplice fatto di poter poi scambiare qualche parola nel mentre, la
faceva sentire serena. Tutto sapeva di casa, in quel posto, di
famiglia, e non avrebbe impedito a niente e nessuno di impedirle di
illudersi che per qualche ora poteva essere parte. Ad Hannah mancava
una famiglia, una vera famiglia. Ora che aveva dato uno sguardo
attraverso le sbarre del cancello dorato che l'aveva protetta dal
mondo esterno per tutta una vita, si era accorta di quante cose le
fossero mancate. Quel cancello un giorno l'avrebbe scardinato pur di
fuggire via, nel mondo vero.
Poteva avere tutto
ciò che il denaro avrebbe potuto comprarle, ma non poteva
ridarle
indietro sua madre, non poteva comprare il senso d'intimità
e
sicurezza che le persone normali provano entrando in casa, non poteva
godere dell'affetto di una vera famiglia staccando un assegno. Stare in quel
piccolo appartamento, godere della compagnia di Greta e Jace, trarre
beneficio dall'atmosfera rilassata che regnava in casa, era una
momentanea ma impagabile panacea. Si sentiva vuota al solo pensare di
dover tornare a casa sua, da un padre che a mala pena si sarebbe
accorto della sua presenza e da una governante che l'aveva cresciuta
e che adorava ma che non le bastava più. Comprendeva meglio
il
discorso che Eleanor le aveva ripetuto per l'ennesima volta qualche
giorno prima. Quello che davvero intendeva dirle era che il momento
in cui giocare a “facciamo finta che la tata sia la
mamma”non le
sarebbe più bastato era spaventosamente vicino.
Lui.
Jace adorava sua
madre, era risaputo. Quel che provava per lei andava ben oltre
l'adorazione dopo che aveva avuto la meravigliosa idea di invitare
Hannah a cena. Aveva sentito tutto, perché in
realtà non si era mai
addormentato. Aveva rischiato di farlo, ma come poteva addormentarsi
quando si trovava in una posizione così interessante? Dato
che non
era affatto sicuro che Hannah si sarebbe lasciata avvicinare ancora a
quel modo in futuro, aveva deciso di approfittarne finché
poteva.
Era stato difficile fingere tanto a lungo, con quella tosse a
tormentarlo e il naso che gocciolava come un rubinetto lasciato
aperto.
Odiava il silenzio,
era per questo che era diventato logorroico, ma stare in silenzio in
due era ben diverso: in quel contesto era diverso, con il volto
affondato nell'incavo del suo collo era diverso, respirando il suo
profumo era diverso. E quando lei aveva poggiato il capo contro il
suo aveva rischiato l'infarto. Era stato duro trattenersi ancora dal
baciarla. É troppo presto! É troppo
presto! Si era detto,
facendo uno sforzo sovrumano. Se l'avesse fatto, lei sarebbe scappata
via, avrebbe rovinato tutto quanto. Poi era arrivata sua madre e
l'idillio era terminato.
Greta non doveva
aver creduto neanche per un secondo che lui fosse davvero
addormentato: era stata troppo delicata e attenta a non svegliarlo.
Hannah non lo sapeva ma sua madre non era nota per la sua
delicatezza. Se l'avesse creduto davvero addormentato si sarebbe
limitata a svegliarlo in malo modo e dirgli di spostarsi. In ogni
caso, la ragazza se l'era bevuta e tutto andava così
tremendamente
bene da fargli sospettare di essersi addormentato per davvero e di
stare sognando. Quando il fracasso prodotto da lattine che venivano
riposte e dall'apri e chiudi dello sportello del frigorifero
cessò,
e le chiacchiere tra Hannah e Greta cominciarono a languire, decise
che era il momento giusto per svegliarsi.
Aprì gli occhi e
si
voltò di lato, sbadigliando il più
convincentemente possibile. Poi
si stiracchiò senza alcuna grazia, allungando le gambe e poi
mettendosi a sedere. Si guardò intorno con aria fintamente
spaesata,
e quando vide Hannah, le sorrise. - Hei... Ciao... Sei ancora qui.-
biascicò con voce più assonnata possibile.
-E rimarrà per
cena, visto che è stata così gentile da aiutarmi
con la spesa.-
Greta ammiccò, alle spalle della ragazza che si era voltata
verso
lui non appena si era sollevato. - A proposito, stasera c'è
il tuo
piatto preferito!-
-Messicano? Ti prego
dimmi che hai preso qualcosa al messicano dietro l'angolo!-
esclamò
entusiasta. Già pregustava un buon burrito, ma qualcosa
nell'aria,
forse un certo olezzo che si spandeva ad ondate dalla cucina per
tutta la sala, gli fece capire che di un burrito non avrebbe visto
neppure l'ombra.
-Ma no! Broccoli
bolliti! Non è fantastico?- Come volevasi dimostrare. Jace
si alzò
sbuffando. Tra tutte le verdure, i broccoli erano quelli che
più
odiava. Lo disgustava soltanto l'odore, per non parlare della loro
consistenza molliccia. E poi quel colore
così...Così... Verde! -
Non preoccuparti, ti ho preparato anche un bello ed insipido petto di
pollo, solo cibi sani per il mio bambino.- Gli andò
incontro,
abbracciandolo e pizzicandogli le guance. Odiava quando si metteva si
intestardiva a volerlo mettere in imbarazzo a qualsiasi costo. - La
prossima volta cerca di fingere meglio. Si vedeva lontano un miglio
che non dormivi.- Gli sussurrò prima di trotterellare
nuovamente in
cucina.
-Disse la regina del
take away... Mi hai tirato su a involtini primavera e pizza a portar
via!- disse tirando su con il naso, mostrandosi imperturbabile.
Lanciò un'occhiata fugace ad Hannah, sembrava l'avessero
messa a
disagio. Si disse che si sarebbe presto abituata alle loro esagerate
dimostrazioni d'affetto. Non aveva altra scelta, perché
nessuno
avrebbe impedito a Greta di continuare a strapazzarlo di coccole.
-Non mettermi in
imbarazzo. Anzi, fila a letto, intanto che io finisco di preparare la
cena.- Si voltò verso Hannah. - Te lo affido, mi raccomando.
Conducilo sano e salvo oltre il corridoio.- disse con tono solenne.
Lei.
Tornare nella stanza
di Jace le faceva uno strano effetto. Le appariva ancora come un
luogo sconosciuto e misterioso. Trovarsi nella camera di un ragazzo
era come essere stata catapultata su un pianeta alieno.
-Come ti senti?- gli
chiese non appena si fu sistemato, tendendogli il pacco di
fazzolettini che aveva avuto l'accortezza di prendere dalla sala.
-Uno straccio. E mia
madre vuole avvelenarmi con i broccoli. Sono un povero malato in
balia di una pazza.- Hannah ridacchio. Cominciava ad abituarsi al suo
essere così melodrammatico. - Ti faccio ridere? Tu dovresti
stare
dalla mia parte!-
-Scusa, ma sei
così
drammatico talvolta da risultare comico.- disse in tutta
sincerità.
-Devo prenderlo come
un complimento o come un insulto?- Le fece segno di sedere accanto a
lui, spostandosi di lato per farle spazio.
-Mi fai ridere... Il
che dovrebbe essere positivo... Quindi, si, direi un complimento.-
Stava per sedere quando la sua attenzione fu attirata da una piccola
libreria che aveva già notato il giorno prima. Un libro in
particolare la colpì. - Posso vedere i tuoi libri?- Chiese
prima di
fare un passo verso il mobile.
-Sicuro!- replicò
lui,scrollando le spalle. Quando si avvicinò vide che non si
era
sbagliata. Sfiorò un grosso tomo con la punta delle dita e
delicatamente lo estrasse dalla pila. Era un libro di fiabe e favole.
-Non mi sbagliavo.
Ho un libro identico. La tata me lo leggeva ogni sera quando tornavo
a casa dal collegio.- Corse a sedersi accanto a lui, aprendo il tomo
ad una pagina a caso. Strabuzzò gli occhi quando si accorse
che non
era stampato in inglese.
-Scherzi? A me l'ha
regalato mia nonna. Me lo portò dalla Germania l'ultima
volta che
venne a trovarci. In realtà fu la prima e l'ultima volta che
la
vidi. Avevo circa otto anni, non me la ricordo bene.-
-Dalla Germania?-
Non le risultava che Jace avesse parenti in Europa, o per meglio dire
ne lui ne le ragazze avevano mai accennato alla cose.
-Mamma è tedesca,
è
venuta in America per seguire mio padre.- le si avvicinò e
allungò
una mano a voltar pagina. Una splendida illustrazione, anche se dai
colori leggermente ingialliti dagli tempo, fece capolino dall'altro
lato della pagina.
-Non ne avevo
idea... Oh! Ora ricordo perché amavo questo libro. Che
splendide
illustrazioni. É cercando di imitarle che ho cominciato a
disegnare.- disse sfiorando il volto di una bella principessa che
teneva sollevato all'altezza del volto un rospo bitorzoluto ma
dall'espressione vagamente umana.
-E io cercando di
leggerlo ho imparato il tedesco. Alla faccia di chi dice che le
favole sono inutili! Quale era la tua preferita?- chiese, prendendole
delicatamente il libro dalle mani e riprendendo a sfogliarlo.- Dio,
non lo aprivo da anni...- sussurrò tra se e se.
-Raperonzolo.- Non
ci fu alcuna esitazione nel suo rispondere. Raperonzolo era sempre
stata la sua fiaba preferita, ricordava di aver persino avuto una
bambola con dei capelli lunghissimi che aveva chiamato proprio a quel
modo.
-Ti sentivi
intrappolata in un'altissima torre e aspettavi di essere salvata da
un cavaliere dall'armatura splendente?-
-Probabilmente la
prima cosa che hai detto. I principi azzurri e i cavalieri non sono
mai così onorevoli e senza macchia come si pensa. Noi lo
sappiamo
bene, non trovi?- gli rivolse un sorrisetto triste.
-Non siamo tutti
così noi uomini... Ci sono alcune eccezioni.- Jace le parve
quasi
offeso dalla sua affermazione.
-Tu sei
l'eccezione.- Quando si voltò a guardarlo, si rese conto di
cosa
potessero voler dire quelle parole. In qualsiasi altra occasione,
dette a chiunque altro, sarebbero state un complimento, ma non se
dette a lui. Incrociandone lo sguardo sentì di nuovo ogni
muscolo
del suo corpo irrigidirsi. Era la stessa sensazione, la stessa
tensione che aveva provato poco più d'un ora prima, quando
seduti
nel salotto aveva abbassato lo sguardo sul suo volto e aveva sentito
una forza invisibile spingerli l'uno verso l'altro, proprio come
accadeva in quell'istante.
-Hannie... Il
tuo
primo bacio... L'hai già dato a qualcuno?-
L'angolo
dell'autrice:
Rieccomi
qui, nuovo giro nuova corsa...
e nuovo capitolo! Che ho cominciato al mare in clandestinità
( i
miei parenti già mi prendono per pazza perché amo
leggere più di
ogni altra cosa, se poi sapessero che scrivo pure diventerei la
stramboide ufficiale della famiglia... o meglio mia madre sa, l'ha
scoperto praticamente... ieri, e spero che se lo tenga per se
=_=”
) su pezzi di carta trovati qua e la (come Antonacci insegna).
Ho
voluto approfondire le storie dei
personaggi, o meglio entrare un poco nelle loro menti per sapere cosa
ne pensano di quei genitori che li hanno abbandonati. Ho esagerato o
lesinato in qualcosa? Avendo per fortuna due genitori affettuosi e
presenti, non so se ho toccato i punti giusti in questo capitolo. In
caso fatemi sapere cosa ne pensate, o dove secondo voi ho sbagliato
(perchè lo so devo aver toppato alla grande da qualche
parte!)
Che
idiota, la scorsa volta ho
dimenticato di linkare la storia di KELLINA! Eccola qui --->XXX
Mi
sono sforzata di pubblicare il
capitolo 10, perché sono arrivata alla conclusione che se
non
l'avessi fatto avrei lasciato la storia incompiuta. Quindi ve l'ho
presentato così, anche se pieno di errori, con una trama
secondo me
assolutamente inconsistente e incoerente e qualsiasi altro aggettivo
dalla valenza negativa che possa venirvi in mente. Eppure a poche ore
dalla pubblicazione ho ricevuto una recensione che mi ha veramente
commosso.
Mie
poche commentatrici fedeli, ci
tengo a precisare che per me ogni vostra recensione, anche un
“mi
piace continua” è fonte di grande gioia e
commozione. Anche la
persona più modesta non può non andare in brodo
di giuggiole quando
vede che il proprio lavoro viene riconosciuto apprezzato e lodato.
La
recensione di Melikes
però mi ha
davvero colpito.
In
un primo momento mi son guardata
intorno alla ricerca di una telecamera nascosta, perché era
inconcepibile che tu avessi capito tutto: tutto quello che cercavo di
trasmettere, tutto quello che cercavo di dire, tutto ciò che
volevo
il lettore si figurasse. Ho il sospetto che tu sia un genio,
perché
per capire tutto questo ci vuole un Q.I. alto... no altissimo! Sono
conscia che spesso ciò che scrivo risulta incomprensibile, e
mi
perdo in mille giri di parole (sono prolissa... molto prolissa!) che
probabilmente annoiano o fanno perdere il filo del discorso al
lettore.
Il
complimento più bello è stato
quando mi hai scritto che la mia inventiva ti spiazza, con colpi di
scena imprevisti. Io considero banale ciò che scrivo, non
riesco a
vedere poi tutta questa originalità e i colpi di scena...
Eh?Bo! Non
so dove siano! XD Devo averli scritti in uno stato di trance
meditativa... U.U Ovviamente scherzo. Ma sono molto realista riguardo
le mie capacità di “scrittrice”, non mi
sembra mai di aver dato
un input abbastanza evidente o particolare perché il lettore
si
chieda alla fine del capitolo “ Eh mò che
succede??”. Ho cercato
di evitare però i soliti clichè tipo un ipotetico
ritorno del padre
di Jace nel momento meno opportuno, oppure svelare i motivi che hanno
spinto la madre di Hannah ad uccidersi, tipo scoprire di essere
incinta di un altro uomo, per fare un esempio tra i tanti.
I
miei personaggi sono portati
all'estremo è vero, ma neppure tanto, perché sono
quel genere di
personaggi di cui mi piace leggere. Li trovo esilaranti
perchè sono
eccessivi, spesso strani, e soprattutto imperfetti. Ovviamente non
devono essere troppo strani, altrimenti risultano campati per aria e
allora hanno l'effetto opposto: fanno venire voglia di smettere di
leggere. Sono felice di aver fatto un buon lavoro almeno in quel
senso. Proprio per questo ho creato per Jace un piccolo scheletro
nell'armadio. Era troppo...tutto: troppo bello, troppo gentile,
troppo simpatico, troppo intelligente, troppo troppo troppo! Doveva
avere una piccola macchietta e mi serviva qualcosa di abbastanza
originale e sensato che giustificasse la rivalità tra lui e
Thomas.
Probabilmente
non si nota, perché ho
un senso dell'umorismo davvero pessimo ç_ç ,
però cerco sempre di
sdrammatizzare senza ricadere nel sarcasmo, a meno che non lo
richieda la situazione, il che per ora non è accaduto.
Sarebbe
inutile e controproducente criticare il consumismo, la corruzione, e
tutti i difetti dell'alta società dell'East Side. Non
avrebbe avuto
alcun senso, non in un racconto romantico. Anche se ammetto che la
scrittrice ogni santo rosica! XD Un bel Valentino lo vorrebbe anche
lei! ç___ç
Direi
che DOLCEAMARO riassume nel
complesso tutta la situazione dei due protagonisti principali,
durante tutto il dipanarsi delle loro vicende.
Il
fatto che tu abbia messo questa
storia tra i preferiti, insieme a storie come quelle di fallsofarc,
che io personalmente adoro, mi fa toccare il cielo con un dito,
proprio perché non mi considero assolutamente a quel
livello. Non so
neppure come ringraziarti per tutti i complimenti, e queste
bellissime parole che mi hanno davvero dato la spinta per riprendere
a scrivere nonostante tutta la sfiga e i guai che ultimamente mi
perseguitano, ultimo tra tutto la morte del pc, resuscitato dal
tecnico di fiducia e tornato a casa giusto lunedì. Ah si, ho
pure
rotto uno specchio di un metro e mezzo... Tanto per non farmi mancare
quel pizzico di sfiga in più!
Un
altro enorme grazie a Dayan,
che è
stata un vero tesoro a contattarmi in privato. :-) A volte una parola
gentile ti risolleva davvero l'animo, e proprio come mi hai scritto
tu l'unica via d'uscita è mettere tutto nero su bianco.
Spero che le
cose vadano meglio anche per te e che tu riprenda a scrivere te lo
auguro con tutto il cuore. :-)
Spero
questo capitolo scritto in tempo
record (non credo di aver mai scritto così tanto in un
così breve
tempo. Ma le botte d'ispirazione ovviamente capitano sempre quando il
mio computer decide di fare le bizze) non faccia troppa pena (secondo
me è il peggiore che io abbia mai scritto). Non so quando
potrò
pubblicare ancora, perché ho deciso di fare una scelta
importante e
avrò bisogno di tempo per prepararmi, qualunque siano le
conseguenze.