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Autore: Noony    26/07/2010    2 recensioni
Hannah e Jace non hanno nulla in comune. Vengono da mondi differenti, sono la principessa e il povero dei giorni nostri. Sono due persone che nonostante tutto, si trovano e si innamorano delle proprie differenze.
Lei ha solo sedici anni quando si trasferisce a New York con suo padre. Lascia alle sue spalle un'esistenza vuota, e nessun amico a cui dire addio. Non ha nulla da portare con se nella sua nuova vita. Una vita che non vuole, perché identica alla precedente. É ricca, ma povera di affetti. É una ragazza sola, taciturna,malinconica.
Lui vive con la madre in un appartamento malconcio ad Harlem, frequenta un'esclusiva scuola privata solo perchè ha ottenuto una borsa di studio. Ma è una vita piena la sua, di affetti, di amici, di ricordi felici. Ha solo diciassette anni ma ha già in se un forte desiderio di rivalsa. Ha già progettato tutto il suo futuro, e sa come riuscire a raggiungere i propri obbiettivi: lavorando duramente. É ottimista, intraprendente, bello e carismatico.
Sullo sfondo della loro storia d'amore si intrecciano le vicende di amici e genitori, ognuno con i propri drammi e amori. Questa è una storia banale, una storia come tante altre già scritte e già raccontate.
Dal capitolo 8. Il cambiamento: E sapeva che non pensava di perdere un'amica, pensava di
perdere Hannah. Hannah era Hannah, un mondo a se stante nel suo
universo. Non era un'amica, forse non lo era mai stata.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Hopelessly devoted to you







Hopelessly Devoted To You <3

Capitolo  11: Primi passi.

Lei.

-Signor Barnes, non è salutare che Hannah frequenti quella casa. La Signora Stein potrebbe essere un pessimo esempio per lei. La prego, per il suo bene, le proibisca di frequentarla, lei e quel suo figlio.- George fissò Eleanor al di sopra di una copia del New York Times. Paese diverso, stesse abitudini.
-Sta ingigantendo la cosa Eleanor. Ho avuto modo di scambiare qualche parola con la Signora Stein, e non ho notato nulla di tutto ciò di cui lei si lamenta. Certo, con me non è stata neppure lontanamente cortese, ma Bert dice che è una donna esemplare seppure piuttosto eccentrica e devo ammettere che talvolta è divertente pur essendo totalmente prima di humor inglese. Ammetto che sia fin troppo schietta, ma sono sicuro che c'è stato solo un fraintendimento tra voi. Non vedo proprio come potrebbe nuocere ad Hannah. Anche se volesse farlo poi, non ne trarrebbe alcun beneficio. - Eleanor si mosse le labbra con forza, l'unico modo che conoscesse per sfogare tutto il suo disappunto alla reazione del padrone di casa. - Sono felice che lei continui a tenere ad Hannah come se fosse figlia sua e a prendersene cura, ma dobbiamo lasciarle un po' di respiro. Mi sono accorto che è molto più felice da quando siamo qui.- Hannah squittì dalla sorpresa da dietro la porta dello studio di suo padre, dove si era fermata ad origliare la loro conversazione e a spiarli attraverso la porta socchiusa. Sapeva benissimo di non aver alcun diritto di stare li, e che ascoltare i discorsi altrui era certamente quanto di meno educato potesse fare, ma quando passando per il corridoio aveva sentito pronunciare il suo nome, per qualche motivo non era riuscita a proseguire fino alla propria stanza. I suoi piedi si erano rifiutati di muoversi e andare oltre quella soglia e così si era fermata ad ascoltare, convinta che se si fosse mossa il meno possibile e se non avesse fatto alcun rumore non si sarebbero accorti della sua presenza. Si fece scoprire alla prima occasione.
La tata non voleva che lei vedesse Jace... Questo la rese terribilmente triste. Non le avevano mai proibito di frequentare nessuno, forse perché non aveva mai avuto nessuno da frequentare. La cosa più sorprendente era però che suo padre insistesse perché lei fosse libera di frequentarlo. Era un evento che aveva del sovrannaturale. Forse era il segnale che la fine del mondo era vicina. Al 2012 mancava poco più di un anno in fondo.
-Hannah, non sta bene origliare, entra.- La ragazza, maledicendosi per essersi fatta scoprire così facilmente, fece come ordinato: aprì la porta e scivolò all'interno della stanza, richiudendosela alle spalle. - La tua tata insiste nel dire che non dovresti più vedere gli Stein. Pur trovando il ragazzo privo di particolari doti, mi pare che da quando lo frequenti ti sia fatta molte nuove amicizie. Ti vedo spesso girare per i corridoi con la figlia di Bud Salenti e la figliastra di... Come si chiama... Ah, ecco, di Simmons.-
-Già... Jaquie e Rose.- mormorò mentre avanzava fino alla scrivania del padre. - Sono simpatiche... Anche Daphne lo è.- Aggiunse, e intanto si chiedeva come non vedere tutte le qualità di Jace, che erano così lampanti per lei. - Papà... Non proibirmi di vedere Jace...- disse in un sussurro. Non ricordava d'aver mai osato tanto. In effetti non aveva mai fatto una richiesta del genere prima di allora. Non ne aveva mai avuto bisogno. Non aveva mai tenuto tanto a qualcuno.
-Non te lo proibirò, non preoccuparti. Anzi, visti i risultati dovresti continuare a stare a contatto con il ragazzo, e ancor di più con sua madre. - sorrise. Aveva abbassato il giornale e aveva sorriso. Hannah non ricordava d'averlo mai visto sorridere in quella maniera. - Eleanor mi ha fatto notare quanto sia impulsiva. Non posso darle completamente torto, ma nonostante ciò è di sicuro un ottima persona. - Non riusciva a credere alle proprie orecchie. George, che non si era mai interessato a ciò che lei faceva, delegando ogni decisione a Eleanor, ora si dimostrava interessato alle sue amicizie e a quanto potessero essere proficue per lei. Era un paradosso, un vero paradosso. Aprì bocca per chiedere spiegazioni, ma si disse che non era saggio forzare il fato: fino a quel momento era stata fin troppo fortunata.
Era tornata da poco dalla visita a Jace, che aveva avuto esito relativamente positivo: non solo non l'aveva respinta ma voleva vederla ogni giorno se possibile, finchè era costretto a letto dalla febbre. E voleva conoscerla meglio. A lei pareva si fossero detti l'un l'altro tutto l'indispensabile, anche se riconosceva che non erano mai entrati nei particolari di alcuna questione. Coltivare delle amicizie si stava rivelando molto più complicato ed impegnativo di quanto avesse mai creduto. Era felice di avere l'opportunità di fare tutta quella fatica.
-Io... Papà... Grazie.- cominciò ad indietreggiare verso la porta. - Vado a finire i compiti prima della cena. - Prima di uscire dallo studio lanciò un occhiata alla tata. La fissava con un misto di rancore e tristezza. Hannah si chiese se non si sentisse scavalcata o messa da parte a favore di una semi sconosciuta che oltretutto aveva avuto l'ardire di comportarsi in maniera così maleducata, mettendo in dubbio le sue capacità di educatrice. Le si spezzava il cuore, ma non riusciva a rinunciare neppure all'idea di poter godere della compagnia di Jace per non fare un torto alla sua tata. É questo che si prova quando si vuole davvero bene ad un amico? É normare diventare tanto egoisti? Si domandò, mentre lanciava un ultimo sguardo alla donna prima di chiudersi la porta alle spalle. Non riuscì a darsi una risposta. Si disse che avrebbe dovuto chiedere alle ragazze l'indomani, alla pausa pranzo.
In ogni caso, era felice. Felice che suo padre le permettesse contro ogni previsione e contro l'opinione di Eleanor di vedere ancora Jace, il che equivaleva ad averle dato ufficialmente il suo consenso perché lo frequentasse anche al di fuori della scuola, proprio come faceva con le ragazze, proprio come fanno i veri amici. Era troppo euforica per chiedersi a cosa fosse dovuto quel cambiamento radicale. Aveva sempre creduto che George provasse una certa antipatia per il ragazzo. Il sabato precedente non si era mostrato troppo felice quando aveva saputo che tra i presenti ci sarebbe stato anche Jace. Ma anche il comportamento contraddittorio di suo padre passava in secondo piano in quel momento, insieme a tutto il resto. Ora che aveva l'approvazione paterna si sentiva libera da un peso che non si era accorta di portare. Pensava a quanto il ragazzo sarebbe stato felice nel vederla tornare il giorno dopo, proprio come le aveva chiesto quando sulla porta di casa l'aveva stretta forte. Al solo pensiero delle sue braccia che la stringevano si sentì andare a fuoco, il suo cuore cominciò una corsa folle, lo sentiva scender giù nello stomaco e un istante dopo risalire fino in gola, a mozzarle il fiato, come se fosse finito su un'altalena. Era una sensazione esaltante.

Lui.

Jace aveva dormito malissimo quella notte. Continuò a rigirarsi sotto il peso delle coperte senza riuscire a trovare pace. Si disse che forse aveva dormito troppo durante il giorno e poi la tosse, il naso che continuava a colare la febbre e... No! Sapeva benissimo che la sua insonnia era dovuta perlopiù all'impazienza. Continuava a pensare a cosa chiederle: di Hannah voleva sapere tutto, e non riusciva ad aspettare fino a quel pomeriggio. Ma soprattutto provava una morbosa curiosità riguardo a ciò che era stata in passato la sua vita sentimentale. Lei era così timida che non si sarebbe sorpreso nello scoprire che aveva un ragazzo a Londra di cui non aveva parlato a nessuno. Magari un matrimonio combinato? No, troppo romanzesco. Ma se fosse sbucato per davvero un ipotetico fidanzato, ne sarebbe stato infastidito. Per qualche motivo trovava irritante l'idea che Hannah potesse davvero avere o aver avuto qualcuno di “speciale”.
Accolse con sollievo il sorgere del sole, cui raggi, penetrando attraverso le avvolgibili alla finestra, illuminarono la stanza di un bagliore rosato. Perlomeno era già giorno. La casa era tremendamente silenziosa a quell'ora del mattino. Dopo un po' sentì i passi di sua madre nella stanza accanto. Per un po' tornò a regnare il silenzio, poi nuovamente i suoi passi lungo tutto il corridoio fino alla sua camera. La porta di aprì piano, e Jace volle sorprenderla tirandosi su a sedere. - Se sei venuta a controllarmi sappi che sono sveglio.- Greta entrò nella stanza. Indossava un vecchio pigiama di flanella verde di almeno due taglie più grande del dovuto. A lei piaceva dormire comoda, ma non era raro che dovesse tenersi su i calzoni con una mano mentre camminava. I capelli corti erano schiacciati su un lato, mentre dall'altro erano arruffati come se avesse passato a notte a tormentarli.
-Come mai già sveglio? La febbre? La tosse? I quintali di muco che continui ad espellere da quella proboscide che ti ostini a chiamare naso? - Ironia mattutina. Jace sapeva che Greta sarebbe rimasta Miss Sarcasmo fino a che non si fosse fatta la sua dose di caffeina. Meglio assecondarla.
-Probabile...- replicò lui, facendo spallucce. - Mamma anche se la mattina sei sempre adorabile, cosa ci fai già sveglia? Non hai chiesto un giorno di permesso?-
-L'abitudine. Io, al contrario di qualcun altro, non passo la vita a dormire.- disse lanciandogli un'occhiataccia. - Visto che quel qualcuno è sveglio, è meglio che prepari qualcosa per colazione.- Jace fece per aprir bocca. - No, niente caffè per te!-

Lei.

-Hannie!Ciao!- Hannah fu raggiunta da Rose mentre frugava con foga all'interno del proprio armadietto.
-Ciao Rosie.- salutò senza sollevare il capo. Tra Hannah e Rosalie si era andato a creare un legame del tutto particolare. Era molto diverso da quello che aveva con Jaquie e Daphne. Si era affezionata a tutte loro nel medesimo modo, e anche se del tutto inesperta in quel genere di faccende, aveva capito che loro tre ormai erano diventate le sue migliori amiche. Quando aveva bisogno di un consiglio pensava di domandare a loro, se aveva un problema era a loro che si rivolgeva per prime. E tra le tre, la prima tra tutte era senz'altro Rose. C'erano tratti del loro carattere che le accomunavano e le avevano avvicinate sempre più. Nella dolcezza di Rose Hannah aveva trovato affettuoso conforto, nella pazienza e nell'attitudine ad ascoltare senza mai giudicare di Hannah Rose aveva trovato la confidente ideale. Jaquie era troppo irruenta e impicciona, e spesso lei e Daphne erano troppo prese dalla loro storia per concentrarsi davvero su di lei, e Rose talvolta si era sentita il terzo incomodo, nascondendo però con maestria quella brutta sensazione. Con Hannah aveva trovato un'amicizia sincera basata sul dare e ricevere. Così le aveva aperto il suo cuore senza riserve, e piano piano Hannah aveva cominciato ad aprirle il suo. Ed erano cominciate le telefonate giornaliere, ogni sera dopo cena si chiamavano a turno. Un enorme divertimento per Hannah, che aveva sempre associato il telefono alle lunghe e tediose telefonate dei nonni o quelle di lavoro di suo padre.
Anche la sera prima le aveva telefonato per raccontarle che era stata da Jace e come erano andate le cose. Era strano per lei parlare così apertamente con qualcuno. Avrebbe voluto comportarsi nello stesso modo con Jace, ma non le riusciva. Questo l'aveva aiutata a capire che Jace non era solo un amico, ma ancora non sapeva come doverlo classificare.
-Non è possibile! Non riesco a trovare l'album per schizzi. Eppure ieri l'ho riposto proprio qui, esattamente tra il libro di storia e quello di spagnolo.- asserì convinta, chiudendo lo sportello dell'armadietto con insolita stizza. - Credi che me l'abbiano rubato? Sarebbe tremendo!-
-Dovresti andare a reclamare in direzione. Sai che non è la prima volta che capita? Pare che alcuni lucchetti siano difettosi e che qualcuno si diverta a svuotare gli armadietti per gioco.- replicò Rose, mentre si incamminavano con calma verso l'aula di Inglese. - Lo scorso anno ad una ragazza hanno rubato la tuta dall'armadietto della palestra e l'hanno appesa all'asta della bandiera.- lo raccontò con voce sommessa e tono allarmato, come se il solo parlarne avrebbe portato ad un'altra catastrofe simile.
-Sul serio? Terribile!- sospirò l'altra. Quell'album era come un diario segreto per Hannah. Ogni disegno, che fosse frutto della propria immaginazione o meno, aveva un significato e celava tutti i suoi pensieri più nascosti. Inoltre vi aveva abbozzato giusto il giorno precedente degli schizzi molto importanti, a suo dire fondamentali. Era un enorme perdita per lei, in tutti i sensi. - Rosie... Posso farti una domanda... Ahm... personale?- La ragazza annuì corrugando la fronte. - é da ieri che ho questa continua tachicardia, e a momenti sento caldo, davvero tanto caldo. Credi sia normale?- Rose scoppiò a ridere.
-E questa sarebbe una domanda personale?- Hannah sospirò, prima di risponderle.
-Mi preoccupa sai Rose. Capita che io pensi a... Qualcuno... Ed ecco che il cuore comincia a battere fortissimo. Volevo sapere se tu... Seth... Voglio dire, se provi lo stesso per Seth.- disse tutto d'un fiato, prima che potesse mancarle del tutto il coraggio. Rose arrossì al solo sentire quel nome. Oh si, aveva confidato ad Hannah persino della sua infatuazione per il timido e sensibile Seth, spinta dal fatto che, al contrario di Jaquie e Daphne, la ragazza non si sarebbe mai messa in mezzo in una faccenda che non la riguardava. Certo l'aveva sorpresa chiedendole perché non gli avesse confessato i suoi sentimenti. A rigor di logica, diceva Hannah, se ci si innamora di un ragazzo, lui dovrebbe esserne messo al corrente. Ma Rose le aveva spiegato che amore e logica non vanno mai di pari passo, e che in realtà l'amore è più complicato di quanto lei non credesse. -Quando capiterà allora capirai!- aveva aggiunto. Hannah forse cominciava a capire.
-Beh... Si, in un certo senso. Quando penso a lui sento un nodo in gola, e il cuore quasi scoppia. Ma non è un batticuore continuo e duraturo, se è quello che intendi.- Hannah annuì.
-é proprio quello che intendevo. - mentì -Forse dovrei fare una visita medica.- soggiunse, sospirando mestamente per l'ennesima volta. Perchè il suo corpo continuava con quelle reazioni inconsulte e incontrollabili? Cosa stava cercando di dirle? La sua mente e il suo corpo sembrava stessero complottando contro di lei. Volevano farla diventare matta. Non era pronta ad ammettere che qualcosa la stava cambiando, non con gli altri e tanto meno con se stessa.
-Perchè non provi a chiedere a Daphne? Sua madre è un cardiochirurgo. Sono sicura che ti consiglierà un bravo dottore o se sei fortunata troverà il tempo per riceverti. É un medico molto capace, e soprattutto è sempre molto disponibile.-
-Credo tu abbia ragione. Chiederò oggi stesso. A proposito, come mai né lei né Jaquie sono con te?- Domandò guardandosi intorno. Non si era ancora accorta della loro assenza.
-Oh, mi hanno chiamato stamattina, hanno deciso di partire, di allungare il week end insomma. Ogni tanto capita che decidano di fare una vacanza fuori programma.- Sorrise trasognata e Hannah le sorrise di rimando.
-Deve essere bello...- Mormorò sorridendo dolcemente.
-Bello cosa?- fece l'altra.
-Avere un rapporto come il loro. Ammetto che non credo gradirei romanticherie come fughe d'amore, cene al lume di candela o simili. Però mi sembra che avere accanto qualcuno e sapere che non ha intenzione di abbandonarti sia bellissimo.- Rose le sorrise, allungando una mano ad accarezzarle il volto.
-L'avevo detto alle ragazze che avresti capito da sola.- Hannah sollevò lo sguardo, incrociando il suo. Non capiva cosa volesse dire. - L'hai capito sabato? Le ragazze non vogliono che si sappia, per tanti motivi che sono sicura capirai da sola. Ma a te volevano dirlo, sul serio. Ho detto loro che secondo me avresti capito da sola, proprio come ha fatto Jace. Ed infatti eccone la conferma.- Prima che Hannah potesse risponderle si infilarono all'interno dell'aula ancora deserta. Presero posto e Hannah perse del tempo a si sistemare con metodica precisione una penna e un quaderno sul banco, poi finalmente le rispose.
-Non è stato sabato. Sabato è stato... Potrei dire che è stata una conferma. Ho solo notato dei piccoli particolari e poi li ho collegati insieme.- Scrollò appena le spalle. Non le pareva di aver fatto chissà quale strabiliante scoperta. Jaquie non faceva poi molto per nascondere i suoi sentimenti, o se ci provava non le riusciva affatto bene.
-Ad essere sincera, credevamo saresti stata sconvolta.- Ammise candidamente la ragazza, a cui Hannah rispose ancor più candidamente.
-Perchè mai? Suppongo ci si innamori a prescindere da tutto, compreso il genere. - Sorrise dolcemente e abbassò il tono della voce, tanto che Rose si dovette chinare appena per poterla sentire meglio. Sembrava stesse per confidarle un grande segreto. - Sai, una persona molto vicina alla mia famiglia è omosessuale. Siamo stati persino al suo matrimonio, qualche anno fa. Beh, al corrispettivo di un matrimonio civile tra persone dello stesso sesso o quel che è... In ogni caso, non ho mai visto due persone più felici ed innamorate. Purtroppo è finita male, ma in ogni caso è quello che ho rivisto in Jaquie e Daphne. La stessa devozione. - Rose non potè che sorriderle raggiante, non riuscì a dirle quanto le desse piacere scoprire che era immune da quella orribile forma di razzismo che è l'omofobia. La classe cominciò a riempirsi velocemente. Nel giro di pochi minuti, con l'arrivo del professore, cominciò anche la lezione.

***


Le lezioni del mattino erano volate vie. Si era concentrata al massimo su ogni materia per impedirsi di avvertire il tempo scorrere troppo lentamente, altrimenti le sarebbe parso che la fine delle lezioni non sarebbe arrivata mai. Così facendo invece pareva avesse premuto sull'acceleratore, e in men che non si dica si era ritrovata seduta al solito tavolo della mensa accanto a Rose. Aveva addirittura un insolito appetito.

-Hannie, visto che ora siamo sole... Come mai ieri hai saltato la pausa pranzo? Abbiamo sentito dire che hai saltato anche l'ora successiva e che ti hanno visto uscire dall'infermeria. É vero? É successo qualcosa?- Chiese con tanta premura che Hannah non ebbe nessun imbarazzo nel risponderle sinceramente. In effetti la sera prima era stata così impegnata a raccontarle di Jace che si era completamente dimenticata di dirglielo.
-In realtà si, ci sono stata. La Signora Stein è davvero... Come dire...Particolare. Sono andata a chiedere di Jace, e a chiederle se non fosse possibile fargli visita.- La sua voce era andata assottigliandosi pian piano, tanto che alla fine Rose ebbe qualche difficoltà a comprenderla. Era imbarazzante raccontarlo, e ancor più imbarazzante comprendere che in realtà non aveva fatto nulla di vergognoso. Nessuna delle ragazze si sarebbe mai creata alcun problema al suo posto.
-Ecco perché sei andata a trovare Jace! Mi sembrava strano che gli avessi fatto un'improvvisata, non è da te.- Commentò l'altra felicemente. Fu allora che Hannah sentì il bisogno insopprimibile di farle una confessione.
-Mi dispiace di non avervelo detto. Ma avevo il timore che Jaquie... Non fraintendermi, mi sono affezionata e le voglio un gran bene, e anche a Daphne e a te di certo, ma era qualcosa che dovevo fare da sola. Non volevo si intromettesse, anche se sono certa l'avrebbe fatto a fin di bene.- Si affretto a specificare, imbarazzata al dover esternare uno dei difetti più evidenti dell'amica. Rose rise.
-Invece hai perfettamente ragione, è un'impicciona della peggior specie! Ma come dici tu è convinta di fare del bene.- sospirò. - Come tra Seth e me.- Concluse. Il suo tono era un misto di noia e rassegnazione, il che non le impedì di arrossire violentemente.
- Scusami Rosie, ho detto forse qualcosa fuori luogo, io mi...-
-No no, non scusarti. Hai proprio colto nel segno. É che si diverte un mondo a intromettersi negli affari amorosi degli altri, visto che lei è già bella che sistemata. Crede che io sia troppo timida e che non possa farmi avanti senza una spintarella da parte sua.- Si zittì per un istante prima di sollevare gli occhi dal proprio piatto e piantarli dritti in quelli di Hannah. - Secondo te, davvero sono troppo timida? A volte sono così vicina a fare il primo passo che ne sono terrorizzata. Ma Seth mi piace davvero. Ormai è un anno che ci giro intorno, forse dovrei darmi una mossa. Per una volta Jaquie potrebbe avere ragione.- Storse le labbra in una smorfia. - Sarebbe terrificante, continuerebbe a rinfacciarmelo per anni!- Rise, tornando a fissare il proprio piatto.
Hannah non seppe cosa risponderle in un primo momento. Dovette pensarci mentre addentava una mela e masticava piano il boccone, cercando di guadagnare tempo. - Non sono la persona adatta a cui porre una domanda simile. Sono poco espansiva per natura e più timida di te, mi pare. Quel che per voi tutte è semplice e naturale come respirare a me costa un enorme fatica, quindi dal mio punto di vista, che è del tutto anormale, no non sei troppo timida. Io... Credo di capire qualcosa che a Jaquie sfugge, mi sembra. Forse hai solo bisogno di tempo. Tutti abbiamo tempi diversi nel fare qualcosa. Jaquie è impaziente e istintiva, tu invece sei disposta ad attendere per avere occasioni migliori. - Rose annuì, fissandola con ancor più intensità di prima. Non l'aveva mai vista così seria, ne l'avrebbe più vista così in futuro. Pensò di aver detto qualcosa che l'avesse offesa.
-Come fai a sembrare... No, ad essere tanto ingenua eppure tanto attenta a chi ti sta intorno? Noti dei piccoli, infinitesimali particolari che nessun altro riesce a notare. Come è possibile? Se non ti conoscessi, direi che sei un'attrice da Oscar e fino ad ora ci hai preso tutti per il naso.-
Hannah scrollò le spalle, imbarazzata. Non aveva una risposta da darle. - Non lo so. Potrei elencarti tanti luoghi comuni come “gli artisti sono capaci di vedere ciò che gli altri ignorano” oppure “ quando si cresce da soli si ha tanto tempo per studiare gli altri”. Potrebbero essere veri entrambi per me. Ma in realtà non ne ho idea.-
-Però non sembra tu sia molto interessata a quel che capita a te.- Replicò l'altra. Quell'affermazione sarebbe parsa accusatoria se fosse uscita da un'altra bocca, mentre se era Rose a pronunciarla con il suo tono tono gentile non era altro che un'innocente constatazione. Seppure rabbonita dalle maniere dell'amica, la ragazza ne fu colpita.
-Ma no... Non mi pare. É che non mi capita niente di interessante. - Rose scoppiò a ridere.
-Ah certo, perché trasferirsi all'altro capo del mondo, e per giunta a New York nell'Upper East Side, essere letteralmente accerchiata da tre pazze che non ti danno tregua, ed essere la preferita di uno dei ragazzi più popolari della scuola, non è per niente interessante! Vedi, ho ragione. Gli artisti sono sempre troppo impegnati a guardarsi intorno per guardarsi dentro.- le disse infine, con un tono allusivo che la ragazza, pur essendo totalmente priva di malizia, riuscì a cogliere all'istante.
La campanella suonò, togliendola dall'impiccio di rispondere. Mentre si alzavano, arrossendo mormorò alla compagna – Rosie, stasera io torno da Jace. E voglio andare da lui finché ne avrò la possibilità. Forse sarò indiscreta, ma lo devo fare. Secondo te, questo è un primo passo?-
-Dipende da cosa o chi vuoi raggiungere, Hannie. -

Lui.

Continuò a guardare la sveglia sul comodino per un bel pezzo. Mancavano esattamente due minuti alle diciotto e di Hannah neppure l'ombra. La giornata l'aveva trascorsa facendo la spola tra letto e divano, prendendo medicine, soffiandosi il naso, cercando di guardare un film o di leggere un libro, e poi di schiacciare un pisolino, il tutto intervallato da due pasti e uno spuntino, preparati amorevolmente dalle mani di sua madre, che aveva preso un giorno di permesso dal lavoro per accudirlo e darsi alla cucina salutista: nel suo caso equivaleva a preparare verdure lesse ed insipide in grandi quantità. Niente di tutto questo era riuscito a dargli sollievo. Specialmente non le verdure.
L'impazienza non solo era rimasta ma si era intensificata. Alla fine, vinto dalle medicine e dalla fatica, dato che quel costante stato d'agitazione gli prosciugava le già scarse energie, si era addormentato verso le tre del pomeriggio, risvegliandosi solo due ore e mezza più tardi, minuto più minuto meno.
Dalla cucina proveniva un silenzio tombale, segno che sua madre doveva essere uscita, quindi Hannah non poteva essere in casa. Moriva di sete, la gola era così arsa che ogni respiro gli raschiava la gola, quindi seppur riluttante, si alzò abbandonando il suo letto comodo e caldo. Infilò le pantofole e si mise una coperta sulle spalle, l'avrebbe coperto dal freddo e dagli spifferi del corridoio, che attraversò il più velocemente possibile.
Quando entrò nella sala principale, rimase di sasso: Hannah non solo era in casa, ma se ne stava seduta al tavolo della cucina, a sfogliare vecchi album di fotografie. Ci impiegò meno di un istante a realizzare che l'album che la ragazza sfogliava al momento era quello che conteneva tutte quelle foto imbarazzanti e prive di senso che i genitori, per una sorta di perverso feticismo, si ostinano a scattare ai propri pargoli, mostrare a chicchessia e conservare gelosamente come se fossero un tesoro. Quelle foto lo mettevano a nudo, nel vero senso della parola: sua madre, quando era un povero bimbetto incapace di ribellarsi a quell'atroce tradizione, adorava fotografarlo con le chiappette all'aria... e non solo quelle. Bagnetto, cambio del pannolino, sbrodolamenti di pappette e pioggie di spaghetti sulla testa al tempo spelacchiata: tutto veniva immortalato per essere tramandato ai posteri. Al solo pensiero rabbrividì: doveva assolutamente toglierle quell'album dalle mani, prima che il danno fosse irreparabile e posasse gli occhi su quelle immagini raccapriccianti. Poi avrebbe provveduto a bruciarle, o perlomeno a nasconderle dove sua madre non avrebbe mai potuto trovarle: il suo armadio. Non l'avrebbe mai aperto, era rimasta traumatizzata quella volta che aprendolo era stata letteralmente sommersa da uno tsunami di vestiti, tutti sporchi.
Sembrava non aver visto ancora nulla di troppo imbarazzante, in ogni caso. Appariva tranquilla e stranamente a proprio agio nella loro cucina. Come se quello fosse il suo posto e facesse parte di quella scena da sempre. Non si era neppure accorta di lui,che nel vederla così concentrata non mosse un solo muscolo. Era sempre interessante osservarla nei momenti in cui era più assorta. Era se stessa come non mai quando si tormentava una ciocca di capelli o come quella sera la punta della treccia laterale con cui a volte raccoglieva i capelli, quando posava il capo contro una mano, o le due dita sottili giocherellavano con qualcosa. In più era strano vederla con addosso degli abiti che non fossero la divisa scolastica. Sopra il maglione portava una lunga catenella d'oro che non le aveva mai visto portare prima.
-Hannie?- si decise ad attirare la sua attenzione. Lei alzò gli occhi dall'album al volto di lui, arrossendo. Scattò in piedi come se le fosse stato ordinato di stare sull'attenti. - Non sapevo fossi qui. Perchè non mi hai svegliato?-
-Ciao Jace.- mormorò – Sono arrivata un ora fa. Tua madre mi ha chiesto di non svegliarti, perché non hai passato bene la notte. - Si voltò a lanciare un occhiata alla pila di grossi album sul tavolo. - Quelli credo me li abbia lasciati apposta, mi ha detto che mi aveva trovato un passatempo mentre lei era via e tu dormivi. Suppongo fossero quelli.- Precisò, a mò di giustificazione.
-Certo che li ha lasciati di proposito!- Esclamò con voce roca, prima di cominciare a tossire violentemente. La tosse gli mozzava il respiro, gli occhi gli si riempirono di lacrime, a momenti gli pareva di soffocare. Hannah gli corse accanto, spaventata nel vederlo sforzarsi così per riuscire a respirare. Si aspettava che lei gli battesse inutilmente una mano sulla schiena, invece gli poso una mano sulla spalla e con l'altra cominciò a massaggiargli la schiena con un movimento circolare. Non alleviava di certo la tosse, ma era rilassante.
-Cerca di respirare lentamente e a labbra socchiuse. Inspira ed espira Jace, inspira ed espira...- Il ragazzo fece come detto, e lentamente cominciò a respirare più facilmente, mentre la tosse si faceva più leggera. Il naso era completamente tappato, e la gola gli doleva da impazzire, ma perlomeno respirare ancora possibile.

-Okay... Okay... Sono ancora vivo...Grazie...- Hannah lo prese per un braccio e lentamente lo accompagnò fino al divano, mormorando : - La tata lo faceva sempre quando prendevo una brutta tosse. Non avresti dovuto alzarti, comunque.-
-Ma avevo sete...- Borbottò lui di rimando,imbronciandosi un po' avvilito e un po' infastidito.
-Ti porto dell'acqua se mi dici dove trovare dei bicchieri.- si diresse verso la cucina senza attendere risposta. Intanto Jace si sistemò la coperta sulle gambe. Stare sdraiato gli rendeva difficile respirare con quella tosse, quindi si mise seduto.
-Sportello centrale. Ci dovrebbe essere anche un pacco di fazzoletti, se fossi così gentile... Ah, l'acqua è nel frigorifero. - Si voltò, riprendendo a tossicchiare: vederla muoversi per la cucina era come avere visioni di un improbabile futuro.
-Bevi piano, è fredda.- gli raccomandò, porgendogli un bicchiere colmo d'acqua poco dopo. Jace lo prese con entrambe le mani, si sentiva così debole che anche un bicchiere d'acqua sembrava un peso insostenibile per una sola mano.

-Grazie.- bevvè un sorso d'acqua, godendo della piacevole sensazione del liquido fresco che gli scorreva in gola. - Allora, visto qualche foto imbarazzante in quegli album?- le chiese, riprendendo a bere. Fingeva noncuranza, ma temeva d'essere arrivato troppo tardi.
-No, niente di imbarazzante. Eri un bambino molto carino. - gli sorrise, porgendogli i fazzoletti e sedendogli accanto, ad una ragionevole distanza.- In una foto eri ricoperto di passato di verdura e avevi un piatto in testa.- lo disse come se fosse la cosa più naturale del mondo.
-E questo non ti sembra imbarazzante?- chiese lui perplesso.
-No, mi sembra adorabile. Io non ho foto del genere. In genere i miei genitori pagavano un fotografo professionista perché una volta l'hanno mi facesse un book fotografico. Mia madre era uno storico come suo padre, e in particolare studiava il periodo vittoriano. In breve, in tutte le foto della mia infanzia indosso questi abitini d'epoca che mi fanno sembrare una bambola. Questo è imbarazzante.- sorrise sarcastica, quasi a burlarsi di se stessa. - Ah! Tua madre e io abbiamo avuto la stessa idea, sai? Purtroppo mio padre non ha voluto portare con se nessuna di quelle foto, quindi ho solo questa.- alla fine della catenella, Jace non l'aveva affatto notato, stava uno di quei ciondoli in cui si possono inserire delle fotografie. Hannah lo prese tra indice e pollice destro e con l'altra mano l'aprì. Gli si avvicinò, mostrando le due piccole foto: la prima ritraeva una donna d'una bellezza incredibile, ne fu talmente colpito che degnò solo d'un fugace sguardo la foto di una piccola e cicciottella Hannah infagottata in un abitino tutto pizzi con tanto di cuffietta di pizzo in testa. Non c'erano dubbi, era la madre della ragazza: avevano gli stessi enormi occhi azzurri, pieni di sentimento e malinconica rassegnazione. Le labbra erano simili, ma quelle di Hannah non erano così carnose, così come i capelli, scuri come l'ebano. Anche quella foto sembrava essere stata scattata da un fotografo di professione, perché la posa della donna ne metteva in luce i lineamenti fini, il fisico asciutto, il profilo perfetto, ma era palesemente innaturale. La faceva sembrare in attesa di qualcuno che potesse trarla dal grigiore e dalla malinconia della sua esistenza, con il capo sorretto da una mano e il busto proteso in avanti. Forse nella foto originale si poggiava ad un tavolino, ma non avrebbe saputo dirlo con certezza.
-Accidenti. Tua madre era... Non ho parole, è una delle donne più belle che io abbia mai visto. Anche più di mia madre. Ma questo non diciamoglielo! - le strizzò un occhio sorridendole brevemente. - Come si chiamava?- Per vedere meglio la foto si era chinato verso il basso, ma essendo la posizione scomoda, aveva istintivamente posato il capo sulla sua spalla. Non si era affatto accorto di come la ragazza si fosse irrigidita a quel semplice gesto, finché non sollevò lo sguardo dal ritratto di Zara per guardarla in volto. Era arrossita, e se ne stava a fissare un punto davanti a se per paura di abbassare lo sguardo e incrociare quello di lui.
-Zara... Si chiamava Zara.- Rispose brevemente.
-Ti somiglia. Mio padre si chiamava Jonathan. Per fortuna non gli somiglio per niente. Abbiamo qualcosa in comune. Portiamo entrambi i nomi dei genitori che ci hanno abbandonato.- Jace allungò una mano e prese il ciondolo, fissò ancora per qualche istante la splendida e triste Zara, e poi lo richiuse, posandolo nella mano di Hannah. - Come è morta tua madre? Mi hai detto che tuo padre è vedovo da anni.-
-Si è uccisa.- Ciò che più lo colpì fu il modo in cui lo disse, con totale freddezza. Si aspettava perlomeno della tristezza, o di notare un certo tremolio o commozione nella voce, qualcosa che lasciasse trapelare i suoi sentimenti, la sofferenza, o persino la rabbia.
-Lo dici con un'indifferenza che mette i brividi.- Non poté trattenersi dal farle notare.
-Non me la ricordo quasi, e subito dopo mi hanno affidato alla tata. Ricordo a malapena il suo profumo e il fatto che non la vedevo sorridere quasi mai. É come parlare della morte di un'estranea.-
-Non sei arrabbiata? Ti ha abbandonata. Non ti viene voglia di urlare quando pensi a quel che potrebbe essere la tua vita se avesse avuto il coraggio di continuare a vivere?- prese un fazzoletto dal pacco che aveva posato sul grembo e si soffiò il naso rumorosamente, facendola sussultare. - Io lo sono stato per anni, e a volte lo sono ancora. Arrabbiato con mio padre intendo.- aggiunse, osservandola dal basso. La ragazza sospirò. Continuava ostinatamente a fissare il muro.
-No. La rabbia non la riporterà in vita quindi che senso ha crogiolarsi nel rancore? Tuo padre e mia madre hanno deciso di andarsene in maniera differente. Probabilmente sono solo diverse dimostrazioni di egoismo, ma se tuo padre forse l'ha fatto per codardia, forse mia madre l'ha fatto perché era infelice. E tuo padre probabilmente è vivo da qualche parte, la tua rabbia è quantomeno giustificabile. La mia non potrebbe esserlo.- Strinse le spalle. Forse cominciava ad abituarsi a quell'imbarazzante posizione, perché si poggiò piano allo schienale del divano. - Ma a volte sento come un fastidio nei suoi confronti. Mio padre si è rifugiato nel lavoro ignorandomi per la maggior parte della mia vita da quando lei è morta. Non ricordo come fosse prima, ma probabilmente sarebbe stato più presente se lei fosse stata in vita. Forse sarei stata più felice.-
-Ognuno reagisce al dolore in modo diverso. Mia madre per esempio ha sviluppato un odio feroce verso gli uomini che le ricordano mio padre. Se é maturo, riccho e affascinante non c'è storia, scarica sul malcapitato di turno tutto l'odio represso in questi anni. É strano che abbia preso così in simpatia Miller in effetti. Credo lo faccia perché ha paura di ricascarci, comunque.- commentò, soffiandosi nuovamente il naso. - E ci ricascherebbe! Ha un debole per gli uomini alla Richard Gere in Pretty Woman.- le disse, ridendo.
-Certo che abbiamo cominciato la nostra reciproca conoscenza partendo dai risvolti più dolorosi delle nostre storie personali.- Commentò lei, chinando finalmente lo sguardo verso il suo volto. Per un momento Jace dimenticò cosa volesse dirle.
-Eh... - aggrottò la fronte – é...Meglio così. - distolse velocemente lo sguardo. Cos'èra stato quell'attimo di tensione? Perché si era come sarebbe stato baciarne le labbra? Non poteva e non doveva pensarci. Mai più. - É un sollievo averne parlato subito, perché ora possiamo passare ad altro, concentrarci sugli aneddoti divertenti e imbarazzanti, sulle figuracce... Soprattutto sulle figuracce! E sappi che ho tantissimi aneddoti da raccontare. Come quella volta che chiesi alla madre di Seth e Jem se i suoi figli erano dei cloni alieni!Questo è il meno ridicolo!- Hannah scoppiò a ridere, e l'atmosfera, che da triste e malinconica era diventata tesa e vibrante come la corda di un violino, sembrò rilassarsi al suono della sua risata. - Però se un giorno vorrai parlarmene ancora, sai dove trovarmi.-
La ragazza annuì.- Lo so, grazie. - Gli sorrise. - L'hai fatto davvero? Certo che ne avevi di fantasia.-
-Certo che l'ho fatto! A che pro mentirti? Se proprio dovessi montare i fatti lo farei per apparire migliore non certo fare la figura dello scemo.- Si lasciò scivolare verso il basso, all'altezza della spalla di lei, per maggior comodità. Improvvisamente si sentì rilassato e assonnato, ed era sul punto di crollare, quando lei gli chiese: - Possiamo continuare a guardare le foto per favore? Vorrei continuare a curiosare tra i vostri ricordi. Volevi che conoscessi tutto di te...-
Come poteva dirle di no? Era una logica schiacciante.


Greta.

Quando Greta rincasò fu accolta sul pianerottolo di casa dal silenzio più assoluto. Al di là della porta non proveniva un solo sibilo. Pensò che Jace non si fosse svegliato e alla fine Hannah, stanca di aspettare, se ne fosse andata. Sbuffando di fatica, posò una delle pesanti buste della spesa che aveva trascinato per tredici piani, per infilare una mano in borsa e estrarre le chiavi di casa. Aprì la porta, e la socchiuse soltanto, per avere il tempo di infilare nuovamente le chiavi in borsa e caricarsi nuovamente della spesa. Spinse piano la porta. Stava entrando in casa propria furtivamente, come una ladra, perché l'aveva sfiorata l'idea che quel silenzio forse era dovuto al fatto che i ragazzi potevano essere impegnati in qualcosa di più interessante delle chiacchiere. Si ritrovò invece a spiare una scenetta quanto mai tenera. Gli album erano stati spostati dal tavolo della cucina ai piedi del divano, dove i ragazzi stavano seduti. In realtà non si poteva dire che Jace fosse proprio seduto: all'apparenza le dormiva addosso, con il capo comodamente poggiato sulla spalla di lei, e si era raggomitolato contro il suo fianco, come se anche nell'incoscienza del sonno continuasse a cercarla. Hannah stava terminando di sfogliare uno dei raccoglitori, tutta concentrata a non perdere neppure uno dei momenti che nel corso degli anni lei era riuscita ad immortalare. Il suo cuore di mamma fremette di gelosia: il giorno in cui il suo bambino avrebbe preferito addormentarsi sulla spalla di un'altra persona, di un'altra donna, era finalmente arrivato. Lo attendeva già da un po' e improvvisamente era là, senza neppure darle il tempo di dare l'addio ai giorni in cui era l'unica donna della sua vita.
La gelosia e l'angoscia però svanirono in un attimo. Era giusto che Jace dovesse scegliersi la propria strada e una compagna con cui percorrerla: questo li avrebbe resi più distanti e al contempo più vicini di quanto non fossero mai stati. Il nido si sarebbe svuotato del suo unico piccolo, ma lei non sarebbe stata sola, non più. Non avrebbe sofferto di solitudine. Sentì lo stomaco rivoltarsi piacevolmente, come se migliaia di farfalle l'avessero scelto come dimora. Le farfalle nello stomaco. Dio, Greta! Sei alla frutta! Pensò, scuotendo il capo. Non riuscì a distogliere il pensiero da quell'uomo in alcun modo.

Lei.

-Salve piccioncini!- All'eclatante entrata di Greta, Hannah sussultò. Si rese conto di quanto potesse apparire compromettente quella posizione. Non era scattata in piedi solo perché Jace dormiva così bene che si sarebbe sentita in colpa a svegliarlo.
-Sa-salve...Io... Jace do-dormiva...e...Insomma...- farfugliò nel vano tentativo di formare una frase di senso compiuto. Da quando frequentava Jace le capitava sempre più spesso.
-Oh... Ti si è addormentato addosso. Aspetta...- Greta posò le buste davanti all'ingresso, chiudendo la porta a chiave. - Ora ti aiuto a liberarti dal pachiderma.- le sussurrò facendole un occhiolino. Lasciò che Greta ne sollevasse piano il capo e lo facesse scivolare verso il capo opposto del divano. Quando si alzò, sollevò anche le gambe e lo coprì per bene con la coperta.
-Credo gli si sia alzata la febbre.- si preoccupò di riferirle immediatamente, un po' per reale premura nei confronti di Jace un po' per non dover affrontare discorsi imbarazzanti. Greta posò una mano sulla fronte del figlio, annuendo.
-Hai ragione. Ora preparo qualcosa per cena, lo imbottisco di medicine e lo spedisco a letto.- disse, dirigendosi poi spedita verso la cucina. Prese il telefono, posato sul tavolo, e lo portò ad Hannah. - Chiama tuo padre. Tuo padre, non la bambinaia, capito? Digli che rimarrai qui a cena, e che dovrà mandare qualcuno a prenderti.- Hannah prese il telefono del tutto inconsciamente, per poi ritrovarsi a fissarlo come se non sapesse cosa farsene.
-No... Non credo sia una buona idea... Voglio dire, sono di troppo, lei deve già pensare a Jace...-
-Ti avevo detto di chiamarmi Greta o mi sbaglio? Proprio perché Jace è K.O., ho bisogno di una mano per sistemare la spesa. Il minimo che possa fare in cambio è offrirti la cena!-
-Va bene, se davvero le serve una mano...- mormorò, sorridendole felice.- Se posso essere sincera, ho sempre desiderato farlo. Nei film sembra divertente, e in casa non ho mai visto entrare un solo barattolo. A sei anni credevo che il nostro forno fosse magico e i piatti uscissero da li già pronti.- ammise, facendo ridere Greta di tutto cuore.
-Okay, okay, allora oggi faremo avverare il tuo sogno! Di solito le bambine sognano di diventare principesse, tu invece preferisci fare la Cenerentola!- disse, passandole uno dei sacchetti – Le verdure nel frigorifero, al resto ci penso io.- La ragazza annuì, infilando una mano nella busta per tirarne fuori una confezione di spinaci.
La verità era che mai, in nessun film, neppure per un secondo sistemare cartoni di latte e scatolette le era parso anche solo vagamente divertente. Era affascinata dal gesto in se, anche se noioso e banale, perché implicava una grande familiarità con la casa e i suoi abitanti. Il semplice fatto di poter poi scambiare qualche parola nel mentre, la faceva sentire serena. Tutto sapeva di casa, in quel posto, di famiglia, e non avrebbe impedito a niente e nessuno di impedirle di illudersi che per qualche ora poteva essere parte. Ad Hannah mancava una famiglia, una vera famiglia. Ora che aveva dato uno sguardo attraverso le sbarre del cancello dorato che l'aveva protetta dal mondo esterno per tutta una vita, si era accorta di quante cose le fossero mancate. Quel cancello un giorno l'avrebbe scardinato pur di fuggire via, nel mondo vero.
Poteva avere tutto ciò che il denaro avrebbe potuto comprarle, ma non poteva ridarle indietro sua madre, non poteva comprare il senso d'intimità e sicurezza che le persone normali provano entrando in casa, non poteva godere dell'affetto di una vera famiglia staccando un assegno. Stare in quel piccolo appartamento, godere della compagnia di Greta e Jace, trarre beneficio dall'atmosfera rilassata che regnava in casa, era una momentanea ma impagabile panacea. Si sentiva vuota al solo pensare di dover tornare a casa sua, da un padre che a mala pena si sarebbe accorto della sua presenza e da una governante che l'aveva cresciuta e che adorava ma che non le bastava più. Comprendeva meglio il discorso che Eleanor le aveva ripetuto per l'ennesima volta qualche giorno prima. Quello che davvero intendeva dirle era che il momento in cui giocare a “facciamo finta che la tata sia la mamma”non le sarebbe più bastato era spaventosamente vicino.

Lui.

Jace adorava sua madre, era risaputo. Quel che provava per lei andava ben oltre l'adorazione dopo che aveva avuto la meravigliosa idea di invitare Hannah a cena. Aveva sentito tutto, perché in realtà non si era mai addormentato. Aveva rischiato di farlo, ma come poteva addormentarsi quando si trovava in una posizione così interessante? Dato che non era affatto sicuro che Hannah si sarebbe lasciata avvicinare ancora a quel modo in futuro, aveva deciso di approfittarne finché poteva. Era stato difficile fingere tanto a lungo, con quella tosse a tormentarlo e il naso che gocciolava come un rubinetto lasciato aperto.
Odiava il silenzio, era per questo che era diventato logorroico, ma stare in silenzio in due era ben diverso: in quel contesto era diverso, con il volto affondato nell'incavo del suo collo era diverso, respirando il suo profumo era diverso. E quando lei aveva poggiato il capo contro il suo aveva rischiato l'infarto. Era stato duro trattenersi ancora dal baciarla. É troppo presto! É troppo presto! Si era detto, facendo uno sforzo sovrumano. Se l'avesse fatto, lei sarebbe scappata via, avrebbe rovinato tutto quanto. Poi era arrivata sua madre e l'idillio era terminato.
Greta non doveva aver creduto neanche per un secondo che lui fosse davvero addormentato: era stata troppo delicata e attenta a non svegliarlo. Hannah non lo sapeva ma sua madre non era nota per la sua delicatezza. Se l'avesse creduto davvero addormentato si sarebbe limitata a svegliarlo in malo modo e dirgli di spostarsi. In ogni caso, la ragazza se l'era bevuta e tutto andava così tremendamente bene da fargli sospettare di essersi addormentato per davvero e di stare sognando. Quando il fracasso prodotto da lattine che venivano riposte e dall'apri e chiudi dello sportello del frigorifero cessò, e le chiacchiere tra Hannah e Greta cominciarono a languire, decise che era il momento giusto per svegliarsi.
Aprì gli occhi e si voltò di lato, sbadigliando il più convincentemente possibile. Poi si stiracchiò senza alcuna grazia, allungando le gambe e poi mettendosi a sedere. Si guardò intorno con aria fintamente spaesata, e quando vide Hannah, le sorrise. - Hei... Ciao... Sei ancora qui.- biascicò con voce più assonnata possibile.
-E rimarrà per cena, visto che è stata così gentile da aiutarmi con la spesa.- Greta ammiccò, alle spalle della ragazza che si era voltata verso lui non appena si era sollevato. - A proposito, stasera c'è il tuo piatto preferito!-
-Messicano? Ti prego dimmi che hai preso qualcosa al messicano dietro l'angolo!- esclamò entusiasta. Già pregustava un buon burrito, ma qualcosa nell'aria, forse un certo olezzo che si spandeva ad ondate dalla cucina per tutta la sala, gli fece capire che di un burrito non avrebbe visto neppure l'ombra.
-Ma no! Broccoli bolliti! Non è fantastico?- Come volevasi dimostrare. Jace si alzò sbuffando. Tra tutte le verdure, i broccoli erano quelli che più odiava. Lo disgustava soltanto l'odore, per non parlare della loro consistenza molliccia. E poi quel colore così...Così... Verde! - Non preoccuparti, ti ho preparato anche un bello ed insipido petto di pollo, solo cibi sani per il mio bambino.- Gli andò incontro, abbracciandolo e pizzicandogli le guance. Odiava quando si metteva si intestardiva a volerlo mettere in imbarazzo a qualsiasi costo. - La prossima volta cerca di fingere meglio. Si vedeva lontano un miglio che non dormivi.- Gli sussurrò prima di trotterellare nuovamente in cucina.
-Disse la regina del take away... Mi hai tirato su a involtini primavera e pizza a portar via!- disse tirando su con il naso, mostrandosi imperturbabile. Lanciò un'occhiata fugace ad Hannah, sembrava l'avessero messa a disagio. Si disse che si sarebbe presto abituata alle loro esagerate dimostrazioni d'affetto. Non aveva altra scelta, perché nessuno avrebbe impedito a Greta di continuare a strapazzarlo di coccole.
-Non mettermi in imbarazzo. Anzi, fila a letto, intanto che io finisco di preparare la cena.- Si voltò verso Hannah. - Te lo affido, mi raccomando. Conducilo sano e salvo oltre il corridoio.- disse con tono solenne.


Lei.
Tornare nella stanza di Jace le faceva uno strano effetto. Le appariva ancora come un luogo sconosciuto e misterioso. Trovarsi nella camera di un ragazzo era come essere stata catapultata su un pianeta alieno.
-Come ti senti?- gli chiese non appena si fu sistemato, tendendogli il pacco di fazzolettini che aveva avuto l'accortezza di prendere dalla sala.
-Uno straccio. E mia madre vuole avvelenarmi con i broccoli. Sono un povero malato in balia di una pazza.- Hannah ridacchio. Cominciava ad abituarsi al suo essere così melodrammatico. - Ti faccio ridere? Tu dovresti stare dalla mia parte!-
-Scusa, ma sei così drammatico talvolta da risultare comico.- disse in tutta sincerità.
-Devo prenderlo come un complimento o come un insulto?- Le fece segno di sedere accanto a lui, spostandosi di lato per farle spazio.
-Mi fai ridere... Il che dovrebbe essere positivo... Quindi, si, direi un complimento.- Stava per sedere quando la sua attenzione fu attirata da una piccola libreria che aveva già notato il giorno prima. Un libro in particolare la colpì. - Posso vedere i tuoi libri?- Chiese prima di fare un passo verso il mobile.
-Sicuro!- replicò lui,scrollando le spalle. Quando si avvicinò vide che non si era sbagliata. Sfiorò un grosso tomo con la punta delle dita e delicatamente lo estrasse dalla pila. Era un libro di fiabe e favole.
-Non mi sbagliavo. Ho un libro identico. La tata me lo leggeva ogni sera quando tornavo a casa dal collegio.- Corse a sedersi accanto a lui, aprendo il tomo ad una pagina a caso. Strabuzzò gli occhi quando si accorse che non era stampato in inglese.
-Scherzi? A me l'ha regalato mia nonna. Me lo portò dalla Germania l'ultima volta che venne a trovarci. In realtà fu la prima e l'ultima volta che la vidi. Avevo circa otto anni, non me la ricordo bene.-
-Dalla Germania?- Non le risultava che Jace avesse parenti in Europa, o per meglio dire ne lui ne le ragazze avevano mai accennato alla cose.
-Mamma è tedesca, è venuta in America per seguire mio padre.- le si avvicinò e allungò una mano a voltar pagina. Una splendida illustrazione, anche se dai colori leggermente ingialliti dagli tempo, fece capolino dall'altro lato della pagina.
-Non ne avevo idea... Oh! Ora ricordo perché amavo questo libro. Che splendide illustrazioni. É cercando di imitarle che ho cominciato a disegnare.- disse sfiorando il volto di una bella principessa che teneva sollevato all'altezza del volto un rospo bitorzoluto ma dall'espressione vagamente umana.
-E io cercando di leggerlo ho imparato il tedesco. Alla faccia di chi dice che le favole sono inutili! Quale era la tua preferita?- chiese, prendendole delicatamente il libro dalle mani e riprendendo a sfogliarlo.- Dio, non lo aprivo da anni...- sussurrò tra se e se.
-Raperonzolo.- Non ci fu alcuna esitazione nel suo rispondere. Raperonzolo era sempre stata la sua fiaba preferita, ricordava di aver persino avuto una bambola con dei capelli lunghissimi che aveva chiamato proprio a quel modo.
-Ti sentivi intrappolata in un'altissima torre e aspettavi di essere salvata da un cavaliere dall'armatura splendente?-
-Probabilmente la prima cosa che hai detto. I principi azzurri e i cavalieri non sono mai così onorevoli e senza macchia come si pensa. Noi lo sappiamo bene, non trovi?- gli rivolse un sorrisetto triste.
-Non siamo tutti così noi uomini... Ci sono alcune eccezioni.- Jace le parve quasi offeso dalla sua affermazione.
-Tu sei l'eccezione.- Quando si voltò a guardarlo, si rese conto di cosa potessero voler dire quelle parole. In qualsiasi altra occasione, dette a chiunque altro, sarebbero state un complimento, ma non se dette a lui. Incrociandone lo sguardo sentì di nuovo ogni muscolo del suo corpo irrigidirsi. Era la stessa sensazione, la stessa tensione che aveva provato poco più d'un ora prima, quando seduti nel salotto aveva abbassato lo sguardo sul suo volto e aveva sentito una forza invisibile spingerli l'uno verso l'altro, proprio come accadeva in quell'istante.
-Hannie... Il tuo primo bacio... L'hai già dato a qualcuno?-


L'angolo dell'autrice: 

Rieccomi qui, nuovo giro nuova corsa... e nuovo capitolo! Che ho cominciato al mare in clandestinità ( i miei parenti già mi prendono per pazza perché amo leggere più di ogni altra cosa, se poi sapessero che scrivo pure diventerei la stramboide ufficiale della famiglia... o meglio mia madre sa, l'ha scoperto praticamente... ieri, e spero che se lo tenga per se =_=” ) su pezzi di carta trovati qua e la (come Antonacci insegna).

Ho voluto approfondire le storie dei personaggi, o meglio entrare un poco nelle loro menti per sapere cosa ne pensano di quei genitori che li hanno abbandonati. Ho esagerato o lesinato in qualcosa? Avendo per fortuna due genitori affettuosi e presenti, non so se ho toccato i punti giusti in questo capitolo. In caso fatemi sapere cosa ne pensate, o dove secondo voi ho sbagliato (perchè lo so devo aver toppato alla grande da qualche parte!)
Che idiota, la scorsa volta ho dimenticato di linkare la storia di KELLINA! Eccola qui --->XXX
Mi sono sforzata di pubblicare il capitolo 10, perché sono arrivata alla conclusione che se non l'avessi fatto avrei lasciato la storia incompiuta. Quindi ve l'ho presentato così, anche se pieno di errori, con una trama secondo me assolutamente inconsistente e incoerente e qualsiasi altro aggettivo dalla valenza negativa che possa venirvi in mente. Eppure a poche ore dalla pubblicazione ho ricevuto una recensione che mi ha veramente commosso.
Mie poche commentatrici fedeli, ci tengo a precisare che per me ogni vostra recensione, anche un “mi piace continua” è fonte di grande gioia e commozione. Anche la persona più modesta non può non andare in brodo di giuggiole quando vede che il proprio lavoro viene riconosciuto apprezzato e lodato.
La recensione di Melikes però mi ha davvero colpito.
In un primo momento mi son guardata intorno alla ricerca di una telecamera nascosta, perché era inconcepibile che tu avessi capito tutto: tutto quello che cercavo di trasmettere, tutto quello che cercavo di dire, tutto ciò che volevo il lettore si figurasse. Ho il sospetto che tu sia un genio, perché per capire tutto questo ci vuole un Q.I. alto... no altissimo! Sono conscia che spesso ciò che scrivo risulta incomprensibile, e mi perdo in mille giri di parole (sono prolissa... molto prolissa!) che probabilmente annoiano o fanno perdere il filo del discorso al lettore.
Il complimento più bello è stato quando mi hai scritto che la mia inventiva ti spiazza, con colpi di scena imprevisti. Io considero banale ciò che scrivo, non riesco a vedere poi tutta questa originalità e i colpi di scena... Eh?Bo! Non so dove siano! XD Devo averli scritti in uno stato di trance meditativa... U.U Ovviamente scherzo. Ma sono molto realista riguardo le mie capacità di “scrittrice”, non mi sembra mai di aver dato un input abbastanza evidente o particolare perché il lettore si chieda alla fine del capitolo “ Eh mò che succede??”. Ho cercato di evitare però i soliti clichè tipo un ipotetico ritorno del padre di Jace nel momento meno opportuno, oppure svelare i motivi che hanno spinto la madre di Hannah ad uccidersi, tipo scoprire di essere incinta di un altro uomo, per fare un esempio tra i tanti.
I miei personaggi sono portati all'estremo è vero, ma neppure tanto, perché sono quel genere di personaggi di cui mi piace leggere. Li trovo esilaranti perchè sono eccessivi, spesso strani, e soprattutto imperfetti. Ovviamente non devono essere troppo strani, altrimenti risultano campati per aria e allora hanno l'effetto opposto: fanno venire voglia di smettere di leggere. Sono felice di aver fatto un buon lavoro almeno in quel senso. Proprio per questo ho creato per Jace un piccolo scheletro nell'armadio. Era troppo...tutto: troppo bello, troppo gentile, troppo simpatico, troppo intelligente, troppo troppo troppo! Doveva avere una piccola macchietta e mi serviva qualcosa di abbastanza originale e sensato che giustificasse la rivalità tra lui e Thomas.
Probabilmente non si nota, perché ho un senso dell'umorismo davvero pessimo ç_ç , però cerco sempre di sdrammatizzare senza ricadere nel sarcasmo, a meno che non lo richieda la situazione, il che per ora non è accaduto. Sarebbe inutile e controproducente criticare il consumismo, la corruzione, e tutti i difetti dell'alta società dell'East Side. Non avrebbe avuto alcun senso, non in un racconto romantico. Anche se ammetto che la scrittrice ogni santo rosica! XD Un bel Valentino lo vorrebbe anche lei! ç___ç
Direi che DOLCEAMARO riassume nel complesso tutta la situazione dei due protagonisti principali, durante tutto il dipanarsi delle loro vicende.
Il fatto che tu abbia messo questa storia tra i preferiti, insieme a storie come quelle di fallsofarc, che io personalmente adoro, mi fa toccare il cielo con un dito, proprio perché non mi considero assolutamente a quel livello. Non so neppure come ringraziarti per tutti i complimenti, e queste bellissime parole che mi hanno davvero dato la spinta per riprendere a scrivere nonostante tutta la sfiga e i guai che ultimamente mi perseguitano, ultimo tra tutto la morte del pc, resuscitato dal tecnico di fiducia e tornato a casa giusto lunedì. Ah si, ho pure rotto uno specchio di un metro e mezzo... Tanto per non farmi mancare quel pizzico di sfiga in più!
Un altro enorme grazie a Dayan, che è stata un vero tesoro a contattarmi in privato. :-) A volte una parola gentile ti risolleva davvero l'animo, e proprio come mi hai scritto tu l'unica via d'uscita è mettere tutto nero su bianco. Spero che le cose vadano meglio anche per te e che tu riprenda a scrivere te lo auguro con tutto il cuore. :-)

Spero questo capitolo scritto in tempo record (non credo di aver mai scritto così tanto in un così breve tempo. Ma le botte d'ispirazione ovviamente capitano sempre quando il mio computer decide di fare le bizze) non faccia troppa pena (secondo me è il peggiore che io abbia mai scritto). Non so quando potrò pubblicare ancora, perché ho deciso di fare una scelta importante e avrò bisogno di tempo per prepararmi, qualunque siano le conseguenze.











  
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