PICCOLO
APPELLO : Sì, sono proprio io, e vi
chiedo scusa! So che
è passato tantissimo tempo, ma non ho avuto word per
più di un mese
(da suicidio ._.) e quindi per scrivere ho dovuto aspettare un sacco
di tempo!
Ora sono qui con il quindicesimo capitolo, decisamente
più lungo degli altri, giusto per farmi perdonare xD
Ci
risentiamo a fondo pagina per i ringraziamenti!
Capitolo 15 – Una svolta decisiva
[Un mese dopo]
“E' strano tornare qui.. dopo tutto questo tempo” Mormorò il biondo, in piedi di fianco all'amico, mentre insieme guardavano davanti a loro la lapide bianca e le lettere dorate che formavano il nome di Maggie.
“Sembra quasi passata una vita.” Ribatté l'altro, tirando un lungo sospiro mentre chinava il capo, guardandosi le scarpe leggermente consumate sulla punta.
“Secondo te accetteranno?” Gustav si girò verso il bassista, che si strinse nelle spalle.
“Non lo so. Sarà Bill l'osso duro da convincere..” Georg scosse la testa, lasciando ondeggiare i suoi capelli lunghi. “L'unico motivo per cui Tom potrebbe tentennare è Rebecca; ma si tratta di un paio di settimane, non dovrebbe essere un problema.”
“E' stato bello venire qua.” Il batterista cambiò discorso, riportando i suoi occhi sulla foto che lui stesso aveva scattato appena un paio d'anni prima.
“Già..” Sospirò nuovamente, stringendosi una mano dentro l'altra. “Ora è meglio se andiamo, faremo tardi..” Accennò un sorriso al muro davanti a lui “Ciao Maggie” Soffiò, appena prima di rigirarsi e dirigersi verso la macchina che aveva parcheggiato proprio davanti agli alti cancelli del cimitero.
Gustav si soffermò a guardare la tomba qualche secondo di più, gli occhi che pungevano e il naso che pizzicava. “Ciao piccola” Sussurrò, poi seguì l'amico.
***
“Tranquilla mamma, non ti preoccupare” Sorrise rincuorante “Starò via solo un paio d'ore, per cena sono a casa. Ciao Alan!” Salutò anche il fratello che stava guardando la televisione.
“Ciao Mel!”
Melrose uscì di casa, avviandosi verso la sua macchina. Sarebbe andata a pranzo da suo padre e avrebbe passato qualche ora dl pomeriggio insieme a lui.
Era tanto che non lo vedeva e l'ultima volta che era stata a casa sua, a Berlino, non avevano parlato molto.
Mentre guidava verso la
stazione dei
treni, Melrose temeva che il suo rapporto con lui si stesse col tempo
deteriorando.
Non voleva, nonostante sin da piccola aveva sofferto
per le eccessive attenzioni che lui nutriva nei confronti di Alan
piuttosto che nei suoi, gli voleva bene, era il suo papà.
Sospirò nostalgica, accelerando appena e svoltando l'angolo. La stazione le si presentò davanti imponente e, per la prima volta, difficile da raggiungere.
Parcheggiò
velocemente, facendo finta
di non pensare a quel fastidio che sentiva all'altezza del petto, e
camminò a passo deciso verso l'entrata.
Mise una mano in borsa e
ne tirò fuori il biglietto che aveva acquistato il giorno
prima, lo
fece timbrare e, qualche minuto più tardi, era
già sul treno
diretto a Berlino.
Stava quasi per assopirsi quando il suo cellulare cominciò a vibrare nella tasca dei suoi pantaloni. Appena ne guardo la schermata scoprì che era Bill.
“Pronto, Bill?”
“Ciao Mel” La sua voce sembrava serena, le piaceva quando era così. Sorrise tra sé e sé, rilassandosi sul suo sedile. “Come stai?” Continuò lui.
“Abbastanza bene, sto andando da papà. Tu?”
“Io sono a casa, avrei voluto passare il pomeriggio con te, ma non fa niente.” Una punta di delusione rovinò il suo tono dolce e melodioso. “Sarà per domani... Vero?”
“Sicuramente” Mormorò.
Si rimproverò
del pensiero che le
balenò in testa, ma proprio non riusciva a smettere di
pensare che,
forse, avrebbe preferito passare il suo tempo con Bill piuttosto che
con suo padre.
L'amore che nutriva per l'uno era diverso da quello
che provava per l'altro. Bill era...Bill. Lo amava come se fosse una
tredicenne alle sue prime armi. Con il cuore che esplode nel petto
appena lo vede, le guance che si infuocano, le gambe che
tremano..
Mentre l'amore per suo padre era stato intaccato da
troppe bugie, da troppe urla e troppi litigi. Era rimasto l'amore che
una figlia può provare verso suo padre, ma non c'era niente
di più.
Nulla di magico, nulla di profondo.
“Ehi, ci sei ancora?”
“Sì, scusa, pensavo.” Scosse la testa, riprendendosi. “Ti chiamo appena torno questa sera, va bene? Poi devo andare dal signor S, magari vieni con me.”
“Va benissimo, ma.. c'è qualcosa che non va?”
“Sono solo preoccupata per oggi, tutto qui. E' un po' che non vedo mio padre.” Balbettò con gli occhi lucidi “Non voglio litigare anche questa volta”
“Mel, stai
tranquilla.. Andrà tutto
bene, vedrai.” La confortò Bill, sospirando
pesantemente. Avrebbe
voluto essere con lei in quel momento. Non le piaceva sentirla
triste.
Sapeva che in quel momento stava male e lui non poteva
stare con lei per farla stare meglio. “Io sono con
te.” Gli
sfuggì.. ma non se ne pentì più di
tanto.
“Sì” Sorrise “Lo so.”
“Stai male?”
“Un po'.”
“Non devi, è solo tuo padre..”
“Solo mio padre..” Ripeté, ridacchiando amaramente. “Ci sono troppe cose non dette tra noi, troppi rancori irrisolti. Ogni volta è come non essere nemmeno con lui, siamo troppo distanti..”
“Mi dispiace, posso fare qualcosa per te?”
“Basta che ci vediamo più tardi” Ridacchiò stancamente.
“Certo, allora a più tardi?”
“Sì, ciao..” Soffiò, poi chiuse la chiamata e cominciò a guardare fuori dal finestrino il paesaggio che scorreva veloce intorno a lei.
“E
fa male quando dici che stai male
e non sto con te...
E fa male col dolore che t'assale
e non sto con te...”
***
“Becky, ti richiamo. Suonano alla porta, ciao piccola!” Schioccò un bacio nel ricevitore del suo cellulare e si diresse verso l'entrata.
Aprì e si ritrovò davanti i suoi vecchi amici sorridenti.
“Ciao Tom” Lo salutarono, entrando in casa.
“Ciao ragazzi, come mai qui?” Richiuse l'uscio dietro di loro e gli fece cenno di sedersi sul divano. “Come state?”
“Piuttosto bene” Prese parola Georg “Volevamo proporti una cosa.”
“Abbiamo preferito venire prima da te...” Lasciò in sospeso la frase, lasciando intendere che poi avrebbero dovuto affrontare lo stesso discorso anche con Bill.
“E'.. successo qualcosa?”
“Non ti preoccupare, non è successo niente.” Sorrise Georg, rincuorante. “Io e Gustav abbiamo pensato molto in questo periodo” I due si lanciarono uno sguardo d'intesa “Abbiamo pensato alla musica, alla band.. e..”
“Insomma, Tom” Lo interruppe il batterista, vedendolo in difficoltà. “Abbiamo quattro biglietti per la Grecia, due settimane. Sarebbe come.. un ritiro, un modo per concederci del tempo solo per noi, come ai vecchi tempi.” Si aggiusto gli occhiali sul naso “Un modo anche per pensare a cosa vogliamo fare, se vorremo ricominciare d'accapo..”
Tom scosse la testa e si schiarì la voce, frastornato. Si portò una mano su una tempia.
“Due settimane in Grecia.” Riassunse il tutto. “Per pensare.” Aggiunse.
“Non è una costrizione..” Azzardò il bassista.
“Io la trovo una cosa fantastica” Sorrise apertamente, allargando le braccia.
“.. Davvero?” Gustav si sporse con il busto in avanti, forse per trovare una traccia di falsità nel viso di Tom. Non ce n'era nessuna traccia,, fortunatamente.
“Sì, davvero! Mi mancate ragazzi, mi manca la nostra musica.. e sono sicuro che anche a Bill manca da morire, solo.. non vuole rendersene conto. Spero che non faccia troppi problemi e che si accorga che può ricominciare, insieme a noi.” Sospirò, deglutendo. “Sarà restio all'idea probabilmente solo per Melrose. Mi sono accorto che non può stare tanto lontano da lei..” Abbozzò un sorriso. “Ma lo convincerò” Esclamò poi, cambiando argomento e annuendo vigorosamente con la testa.
“Sarebbe importante per tutti e quattro, lo sai.” Sorrise Gustav.
Sì, sarebbe stato decisamente importante. Ma erano importanti anche i sentimenti di Bill, e per quella ragazza ne provava di decisamente grandi. Anche se non lo ammetteva.
***
“Ciao papà” Sorrise, entrando nel piccolo appartamento dell'uomo.
“Ciao Mel” Oskar la fece entrare e accomodare al tavolo della cucina, dove aveva già apparecchiato tutto con cura. “Da mangiare c'è il bacon con l'uovo, ti piace no?”
“Sì.. la mamma li faceva sempre” Mormorò, appoggiando la borsa nella sedia affianco alla sua. Quella frase doveva essere una piccola frecciatina, che però l'uomo parve non cogliere.
“Allora, come va a scuola?” Esclamò Oskar con enfasi, sedendosi a tavola dopo aver servito se stesso e la figlia.
“Papà, non vado più a scuola..” Scosse la testa la ragazza, portandosi alla bocca il primo boccone. L'uovo era buono, il bacon un po' bruciacchiato.
“Ah, già..” Stiracchiò un sorriso, cominciando a mangiare in silenzio. Tutto il pranzo venne consumato in silenzio, fatta eccezione per qualche piccola frase di circostanza: “Ti piace?” “Mi passi il sale?”
Appena mezz'ora dopo Melrose era davanti alla televisione, seduta sul divano arancione, abbracciando un piccolo cuscino di pelle.
Il padre, dopo aver sparecchiato e pulito il piano di cottura, la raggiunse e si sedette di fianco a lei.
“Papà..” Mormorò lei, senza staccare gli occhi dallo schermo “Perché hai fatto finire tutto così”
“Tesoro.. ne abbiamo già parlato, tra me e tua madre c'erano delle incomprensioni e non-”
“Oh per favore!” Sbottò, spegnendo velocemente il televisore “Puoi infinocchiare la mamma con la storia delle incomprensioni, ma non me!” Si girò a guardarlo, assottigliando gli occhi.
“Ma.. che stai dicendo..”
“Avevi un'altra donna ancora prima di separarti dalla mamma..” Non era una domanda, Melrose lo sapeva. Era una delle classiche cose che ti senti in fondo al cuore. “Dimmela ora la verità. Ora che non hai più niente da perdere.
L'uomo abbassò la testa, sospirando e scuotendola debolmente.
“Non ho mai avuto l'intenzione di far soffrire tua madre.” Cominciò. “Ma quando ho conosciuto Karla non pensavo poi di arrivare fino a questo punto. Ho cercato di tenere nascosta la mia relazione con lei, per evitare sofferenze a voi. Ma, evidentemente, non ci sono riuscito.” Si portò le mani sul viso e continuò a scuotere la testa.
“Perché?” Melrose trattenne a stento le lacrime, sentiva gli occhi pungerle fastidiosamente, ma non voleva piangere per nessuna ragione al mondo. Doveva essere forte, una volta per tutte.
“Spesso non c'è un perché a cose come questa.. è successa, Mel. Mi sono innamorato.”
Mi sono innamorato..
Aveva ragione. Aveva
maledettamente
ragione! Non c'era un perché a cose come quella. Non si
poteva
scegliere di non innamorarsi o di chi innamorarsi.
Nemmeno
lei aveva scelto, era successo. Amava un ragazzo che faticava ad
amare persino se stesso, che non si ricordava più cosa
voleva dire
vivere.. Che però la cercava, che voleva stare con lei.. che
le
sorrideva, che l'ascoltava..
“Hai ragione.” Sussurrò. “Hai ragione..” Rialzò il viso, guardandolo con gli occhi lucidi “Io.. volevo solo dirti che mi manca averti a casa, nonostante tutto.”
“Vieni qui..” Balbettò lui, accogliendola tra le sue braccia.
...E per Mel, quello, fu come un déjà vu.
“Melrose stai attenta, non correre!” Urlò Oskar in direzione della bambina. “Stai vicino a tuo fratello!”
Mel, cinque anni e tanta voglia di giocare, continuava a pedalare al fianco del fratello maggiore Alan. Aveva tolto le rotelline dalla sua bicicletta appena un paio di giorni prima, era ancora un po' inesperta ma se la cavava bene.
“Alan, sono più veloce io” Strillò verso il fratello. “Guardami!”
“No, Mel vai più piano, papà si arrabbia”
La bimba si voltò all'indietro, cercando con lo sguardo il padre, che correndo tentava di raggiungerli. Sorrise nel vederlo così affannato.
Successe tutto in
fretta. Non si era
accorta di aver messo il piede male sul piccolo pedale e si era
ritrovata per terra, addossata ad un albero, con le gambe incastrate
nella bicicletta.
Cominciò a piangere, più per lo spavento che
per il dolore. Non sentiva poi tanto male.
“Mel!” urlò suo padre, correndo verso di lei e inginocchiandosi. Tirò sul la bicicletta con una mano e la spostò via.
Melrose incontrò gli occhi spaventati di Alan, che la guardava immobile, poi vide quelli preoccupati di suo padre e ricominciò a piangere più forte.
“Vieni qui..” Mormorò Oskar, abbracciandola forte e consolandola con parole confortanti all'orecchio.
“Ti voglio bene papà” Sorrise tra le lacrime.
“Anche io piccola, anche io..”
***
“Un viaggio in Grecia?”.. Ripeté per l'ennesima volta, guardando suo fratello e mordicchiandosi il pollice. “Partenza, dopodomani?”
Cosa doveva fare? Se ci pensava si trovava diviso in due parti.
Gli sarebbe tanto piaciuto
partire con
i suoi amici, cambiare aria per un po', stare con loro come non
succedeva da troppo. Ma non avrebbe mai voluto separarsi da Melrose,
non in quel momento in cui tutto stava lentamente prendendo una
forma.
Stava veramente iniziando a capire i suoi sentimenti.
Sapeva per certo quello che provava quando la guardava e quando lo
faceva lei. Quando starci insieme era diventata quasi una
priorità
su tutto..
Non sapeva cosa decidere.
“Sarebbero solo due settimane Billie. Pensaci.”
Due settimane..
Solamente a pensarci gli sembravano un lasso di tempo insormontabile. Ma forse quella breve separazione gli sarebbe servita a capire tante cose, forse doveva provarci..
Si stiracchiò sul divano di casa sua. Ormai era deciso.
“Sì, possiamo provarci..” Sorrise e Tom gli sorrise di rimando, battendogli un leggero pugno sulla spalla. “Dovrò dirlo a Mel, stasera..” Si incupì appena, stringendosi nelle spalle.
“Lei capirà, Bill.. Non ti devi preoccupare.” Il sorriso rincuorante sul viso di suo fratello ebbe il potere di convincerlo. “Ora devo andare, Becky arriva tra poco”
Si salutarono frettolosamente e poi Bill rimase solo. Solo con i suoi pensieri.
Si avviò verso il bagno, lasciando la luce spenta. Era giugno, le giornate erano più lunghe e quindi i raggi di sole filtravano dalle persiane aperte per metà.
Si guardò allo specchio, studiando i suoi lineamenti.. le sue occhiaie. Gli occhi erano più ridenti di come li aveva lasciati qualche mese fa, più sereni.. nonostante dietro di loro si celasse ancora un profondo dolore.
Forse era questo il motivo per cui con Mel non si lasciava andare.. Aveva paura che la gente intorno a lui, vedendolo felice, vedendolo vivere di nuovo.. non capisse quanto ancora il suo dolore fosse grande.
Sospirò. Però non poteva nemmeno continuare così, a nascondersi dietro un dito.
“Io
non lo so chi sono
e mi spaventa scoprirlo,
guardo il mio volto
allo specchio
ma non saprei disegnarlo”
La sera le avrebbe parlato dell'imminente viaggio.
***
“Cazzo, cazzo,
cazzo” Bofonchiò,
rigirando la zuppa di verdure che stava preparando.
Si asciugò le
mani sul grembiulino che indossava e, poggiando un dito sopra la
pagine, seguì le righe del libro di cucina. “Un
pizzico di sale.
Uhm, facile questo.” Aggiunse il suddetto pizzico di sale e
poi
rimescolò la brodaglia con il mestolo che stringeva in una
mano.
“Ancora cinque minuti e sarai pronta, maledetta
zuppa!” Rise da
solo, sentendo la serratura scattare. Becky era arrivata.
“Tom!” Come volevasi dimostrare.
“Sono in cucina, vieni” La ragazza arrivo pochi secondi dopo, travolta dall'abbraccio di Tom , che le strinse la vita. “Il tuo fantastico ragazzo ti ha preparato la cena.”
“Oddio, non ci credo!” Rise, portandosi le mani davanti alla bocca. “Porti un grembiule da cucina! Ed hai in mano un mestolo!” Lo prese in giro, continuando a guardarlo e a ridere. Lui si imbronciò, facendo il finto offeso.
“E io che mi sono impegnato.”
“Dai amore, cosa mi hai cucinato di buono?” Sorrise, abbracciandolo di lato.
“Una suntuosissima zuppa di verdure vegetariana!” Sorrise a trentadue denti, alzando il mestolo a mezz'aria come fosse uno scettro.
“Oh. Buona.” Esclamò poco convincente Rebecca.
“La verità è che.. non so cucinare nient'altro.” Mormorò lui. “Di solito mangiò cose preconfezionate”
Becky si
avvicinò a lui e gli portò
via il mestolo dalle mani, appoggiandolo sul piano della cucina.
Cominciò a lasciargli una lunga scia di baci dal collo verso
l'alto.
Sulla mandibola, sul mento, all'angolo della bocca, per finire poi
sulle labbra, cominciando a mordicchiarle piano.
Le mani di Tom si
posarono sui suoi fianchi, spingendola contro il muro e baciandola
più insistentemente, mentre con una mano le accarezzava i
capelli
scuri sulla nuca.
Inutile dire che la zuppa non venne nemmeno assaggiata.
***
“Ci vediamo domani sera signor S! Buonanotte!” Agitò la mano in aria, salutando l'uomo che era rimasto dietro al bancone.
“Buonanotte Mel!”
Quella sera, dopo la visita
a suo padre
era tornata a casa, aveva cenato in fretta e furia e si era
precipitata al bar.
Una volta lì aveva avvisato Bill di non
venire, perché c'era troppa gente e non sarebbe riuscita a
dedicargli attenzioni. Lui si era offerto di passarla a prendere una
volta finito il turno, e allora eccola lì che camminava in
direzione
dell'Audi ormai conosciuta.
“Ciao Bill” Lo salutò sorridente, una volta entrata nell'abitacolo.
“Hey Mel” Sorrise nervosamente lui, mettendo in moto e sgommando via. “Ti spiace se andiamo da me? Devo parlarti.”
Mel rimase interdetta.
Annuì incerta e
non parlò più per il tempo restante.
Arrivati davanti
all'appartamento di Bill scesero dall'auto e camminarono fianco a
fianco fino al portone e poi su per le scale, fino ad arrivare
all'ingresso.
“Mi stai facendo preoccupare” Mormorò Melrose, entrando in casa. Appoggiò la borsa all'attaccapanni e si sedette sul divano, aspettando Bill che si accomodò di fronte a lei.
“Dopodomani parto.” Lanciò la bomba, dopo un lungo silenzio speso a guardarsi negli occhi.
“Cosa..?” Mormorò strozzata, sentendo le lacrime salirgli agli occhi e l'aria mancargli. Quella rivelazione fu peggio di una scarica di pugni.
“Saranno solo due settimane!” Si affrettò a dire, vedendola scossa “In Grecia, con i ragazzi. Dicono che ci farà bene un viaggio tra di noi. Per parlare, pensare.. Non so cosa porterà questa 'vacanza'” Scrollò le spalle, abbassando lo sguardo.
“Io non voglio che tu te ne vada..” Bisbigliò
“E' poco tempo, Mel..” Scosse la testa. “Tornerò e non ti sembrerà nemmeno che sono partito” Sorrise, cercando di essere il più rincuorante possibile.
“Con te.. mi sento libera di essere me stessa, senza paure.. Non voglio che quando torni tu sia diverso. Non voglio che questo viaggio ti cambi.” Continuò, minacciando di scoppiare da un momento all'altro.
“Non cambierò, te lo prometto. Sarò il solito Bill, depresso e mal curato.” Tentò di scherzare, nonostante si sentisse uno stracciò.
“Oh,
Bill..” Bisbigliò, alzando
una mano ad accarezzargli la guancia “Credi di essere
così?..
Bill.. darei la vita pur che tu vedessi come ti vedo io. Basterebbero
trenta secondi con i miei occhi, e allora capiresti che tu... tu sei
un mondo Bill, sei il tutto concentrato in una persona, sei-”
Non
riuscì a completare quella frase, perché due
labbra fredde ma
morbide premetterò con insistente dolcezza contro le sue. Ci
impiegò
a capire che quel bacio era di Bill, che quelle labbra che
continuavano a muoversi sulle sue appartenevano al ragazzo che
desiderava da mesi.
Ancora incerta e presa da un'euforia interiore
ricambiò quel bacio che, piano piano, diventava
più sofferto e
voluto disperatamente da entrambe le parti.
Il ragazzo la abbracciò e la strinse a sé, lasciandole scivolare sulle spalle le spalline della canottiera che indossava. Le passò le mani sul collo, avvicinandola ancora di più e accarezzandola dappertutto.
Melrose era sconvolta, non
si
immaginava che potesse succedere tutto così velocemente.
Alzò
esitante una mano e gli accarezzo il petto. Si sentì cadere
all'indietro e allora capì che l'aveva spinta lui, che ora
si
trovava sopra di lei con le mani tra i suoi capelli biondo
dorato.
Lentamente cominciò a sbottonargli la camicia scura.
Bill cadde in un momento di trans, non capì più nulla mentre lei gli baciava il collo con dolcezza e gli accarezzava la pancia. Il suo cervello andò in tilt e non capì più quello che succedeva..
“Oh, Maggie..” Sospirò con gli occhi socchiusi, lasciandosi andare.
Solamente quando sentì il corpo di Mel irrigidirsi sotto al suo e la vide trattenere il respiro.. capì di aver appena commesso un errore imperdonabile.
Melrose gli prese le spalle
e lo spinse
a sedere. In prede all'ansia si aggiustò la canottiera e i
pantaloni, le lacrime avevano appena cominciato a segnare il suo viso
diafano.
Non ci credeva, non voleva crederci. Sentiva il petto
allargarsi in una voragine buia ed infinita.
Lui non sarebbe mai
riuscito ad amarla veramente, c'era qualcuno che
glielo
impediva e lei non voleva mettersi in mezzo rischiando di fargli
più
male.
“Mel.. scusa.. io non” Il cuore gli affondò nello stomaco, lo sentì precipitare e schiantarsi con un colpo secco.
“Scusami tu, non sarei dovuta venire. Dovevi riaccompagnarmi a casa..” La gola le bruciava maledettamente e nonostante facesse di tutto per reprimere e lacrime non ci riusciva.
Afferrò la sua borsa e uscì sbattendo la porta. Cominciò a correre verso casa, senza fermarsi, voleva arrivare il più presto possibile e parlare con Alan.
“CAZZO!” Urlò, scaraventando a terra il vaso sul tavolino in salotto. “COGLIONE, COGLIONE!” Gridò ancora, guardando ansante i cocci del vaso che si era appena frantumato. “Perché...” Chiese a chissà chi, mentre un nodo gli stringeva la gola.
“E fa male quando non sono all'altezza
di star con te...”
***
“Calmati, non è successo niente..” Bisbigliò, tenendola abbracciata nel suo letto, mentre le accarezzava la nuca.
“Io non voglio farlo soffrire, ma sento che sto sbagliando tutto..” Scosse la testa ostentatamente, stringendo i pugni sulla maglia di Alan.
“Ehi piccola!” Le alzò il mento, costringendola a guardarlo negli occhi. “Devi metterti in teste che lui quella ragazza non se la dimenticherà mai. Ma questo non significa che non potrà amare qualcun altro allo stesso modo.” Sorrise. “So che vorresti tanto essere la sua felicità, il motivo dei suoi sorrisi.. Ed è normale, perché è bello potersi sentire importanti per qualcuno.”
“Ho sbagliato ad andarmene via così” Si prese la testa tra le mani “Ha già sofferto tantissimo e io mi sono messa a fare le scenate.”
“E' naturale che ti sia sentita ferita. L'importante è che tu capisca che lui non aveva l'intenzione di farti del male.”
“Grazie fratellone! Se non ci fossi tu sarei persa!” Sorrise asciugandosi gli occhi e alzandosi in piedi, alla ricerca del suo cellulare.
***
Appena sentì il suo cellulare squillare ci si fiondò sopra e scoprì, con un po' di delusione, che era solo un messaggio. Nessuna chiamata.
Se non altro era di Mel..
“Ho
avuto una reazione eccessiva,
lo so, perdonami. Ti prometto che imparerò a convivere anche
con
lei, perché sono consapevole che in un modo o nell'altro
sarà
sempre con te.
Io ti amo, Bill. E sono pronta a sopportare
qualsiasi cosa per te. Ricordatelo.”
“Mi
fa male quando nonostante tutto
tu scegli me...”
***
Eccoci qua!
Allora, vi è piaciuto
un pochino ino? *___*
Passo direttamente ai ringraziamenti, senza
perdermi in ciance inutili u.u :
_Pulse_
: Eccoti servito il tuo Tom in grembiule e mestolo xD Sei
felice?
Io sì *Q*
Come sempre le tue recensioni sono lunghe e
contorte, quindi amor ti ringrazio e basta XD Grazie mille Sonne, tu
ci sei sempreeee *__* I love you so so so so so so muuucchhh!
Layla : Sono felice che lo scorso capitolo ti sia piaciuto e spero che quest'altro non sia stato da meno *__* Grazie mille, alla prossima!
Dreamer483
: Ovviamente Bill
non potrà mai dimenticare Maggie, lo abbiamo visto anche in
quest'utimo capitolo, però può imparare a
superare il dolore e a
ricordarla con un sorriso.
Melrose.. adoro questo personaggio! E
adoro allo stesso modo anche Alan! E' il fratello maggiore che non ho
e che vorrei tanto.. Mi accontento di quello più piccolo xD
Un
bacio e grazie!
Memy881 : Bill e Mel si stanno avvicinando sempre di più, sì. Hanno ancora molta strada da fare. Ce la faranno? ^__^ Grazie mille!
Ika92 : Ti ringrazio, mi fa un piacere enorme, davvero! Spero continuerai a seguirmi *__*
Tokietta86
: Bill ha fatto
molti passi in avanti da quando conosce Mel. Certo, ci sono molti
altri nodi da sciogliere, ma siamo a buon punto e lui ce la sta
mettendo tutta (:
Una bella coppia.. Uhm, lo spero tanto! XD
Alan
lo adoro *__* Lo vorrei io come fratello, è l'ideale!
Spero di
non avervi fatto aspettare troppo e spero ti sia piaciuto! Grazie
mille per le tue immancabili recensioni, un abbraccio!
Grazie a tutti gli altri! Chi legge senza recensire, chi ha inserito questa storia tra le preferite e le seguite e blablabla v.v Amo tutti indistintamente (Un po' di più chi recensisce xD )
Alla prossima
gente! Vostra,
Ale