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Autore: MaBra    27/07/2010    6 recensioni
Un Fred piuttosto scosso e nascosto sulla torre di Astronomia si lascia andare ad una serie di riflessioni sui valori della sua vita in pieno crollo. Tutto questo per aver incontrato una passione a lui sconosciuta ed apparentemente inarrivabile.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Daphne Greengrass, Fred Weasley
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia si ispira al contest indetto da me e quella matta della mia collega lilyblack u.u sul forum di EFP (I Edizione contest artistico -  Storie, coppie e colori contest)
L’ho scritta così, assolutamente senza impegno e non preoccupandomi troppo dell’originalità e della correzione –quindi scusate eventuali errori di battitura- dato che io non ero una concorrente (muahahaah!)
Voglio dedicare questa storia innanzitutto a lilyblack *__* e ne approfitto per farle pubblicità ed invitarvi a leggere le sue fantastiche storie! Ma la dedica è soprattutto per le sei partecipanti (vogue91, Nike87, jadina94, _Mary, Uchiha_chan e Amalia895). Ne approfitto per fare loro i miei complimenti, sia per le storie che per la costanza. Ci tengo a spendere due parole anche per coloro che si sono dovute ritirare dal contest: non temete che con i contest artistici vi tortureremo! >.<

Detto questo, buona lettura e buone vacanze! *O*

 

Nick: MaBra
Titolo: Domani è un altro giorno.
Coppia assegnata: Fred - Daphne
Pairing: Fred - Daphne
Prompt: Amore sacro e amor profano, Tiziano
Genere: Introspettivo, sentimentale.
Rating: Giallo
Avvertimenti: One shot, OOC (?)
Trama: Un Fred piuttosto scosso e nascosto sulla torre di Astronomia si lascia andare ad una serie di riflessioni sui valori della sua vita in pieno crollo. Tutto questo per aver incontrato una passione a lui sconosciuta ed apparentemente inarrivabile.
NdA: La contrapposizione tra i due tipi di amore, quello sacro e quello profano, è il perno centrale della storia. Quello profano viene continuamente, e non erroneamente, associato all’idea di qualcosa di sbagliato, mentre quello sacro a ciò che è giusto. Ovviamente non si riduce tutto a questo, anche se io ho ripreso questo punto. Inoltre non ho messo il protagonista di fronte alla scelta tra due donne diverse, ma alla scelta tra un amore che l’ha sconvolto e i valori che gli sono stati insegnati.
Ah, in questa storia Daphne è figlia di Mangiamorte.

 

 

Domani è un altro giorno.

 

Com’è irrimediabilmente strana la vita!
Era questo che si ritrovava a pensare il giovane Fred Weasley in cima alla torre di Astronomia tutto impettito nella sua maltrattata divisa rosso gialla.
I suoi occhi nocciola si spostavano rapidamente da un punto all’altro del paesaggio offerto da quella particolare posizione del castello. Sembrava stesse divorando ogni minimo particolare di quella vista, ma uno sguardo più attento avrebbe immediatamente capito che quegli occhi si stavano muovendo per inerzia senza prestare neanche la più piccola attenzione a quel panorama capace di mozzarti il fiato per la sua estensione. Aveva il potere di inghiottire l’essenza delle persone e farla diventare un tutt’uno con l’intero universo.
Fred Weasley nemmeno faceva caso a ciò che si stava perdendo, anzi, quello stesso sguardo attento, in breve, avrebbe colto anche il suo nervosismo.
Con i piedi puntati a terra aveva preso a tormentare il proprio labbro inferiore con i denti così voracemente che l’aroma metallico del sangue gli stava inondando il palato. Non trascorreva un minuto in cui quelle grosse mani, rovinate dagli allenamenti di Quidditch non andavano a gettare all’indietro le ciocche ramate dei suoi capelli, sebbene non gli creassero alcun fastidio.
Beh, non ci voleva un genio per capire che c’era qualcosa che tormentava i pensieri del giovane battitore.
Ad ogni minimo rumore la sua testa scattava all’indietro per assicurarsi che nessuno fosse venuto a disturbare la sua attività di riflessione.
Si sentiva come il più infimo dei ladri, nascosto nel punto più alto di Hogwarts.
Non che non si fosse già nascosto in passato, ma questa volta era diverso. Questa volta non aveva tirato nessun tiro al vecchio Gazza o a quella massa informe e spelacchiata che il custode si ostinava a definire ‘gatto’; questa volta non aveva inserito nessuna pasticca vomitosa nei bicchieri dei Serpeverde presenti a cena.
No, questa volta, e per la prima volta, Fred Weasley si nascondeva perché era preoccupato. Sapeva che George e Ron avrebbero pagato fior di quattrini per vederlo in quello stato e non era per nulla intenzionato a dar loro una così succosa soddisfazione.
Mentre la brezza primaverile lo avvolgeva infilandosi impertinente nelle pieghe dei calzoni solleticandogli la pelle, il rosso non faceva altro che ripensare alla discussione avuta con Harry Potter quello stesso pomeriggio.
‘L’essenza di un vero Grifondoro’ era l’argomento che non riusciva a togliersi dalla testa.
Un vero Grifondoro affronta le situazioni a testa alta. Un vero Grifondoro non scappa di fronte ai problemi. Un vero Grifondoro non tradisce nessuno.
Alcune delle tante amate regole che avevano guidato la sua intera esistenza, adesso gli martellavano ogni punto del cervello e lui non poteva fare a meno di chiedersi quando aveva permesso che cominciassero ad andargli strette. Erano ore che cercava di respingere quelle immagini tanto limpide e cristalline che gli balenavano davanti agli occhi  e che rappresentavano la risposta a quella domanda petulante. Ma lui sapeva di non essere tanto forte da riuscire a rigettarle in eterno. Così, proprio mentre la fresca aria pomeridiana lasciava il posto a folate decisamente più pungenti, Fred, con un enorme sospiro, si abbandonò allo sfogo dei propri ricordi.

‘Ehi Greengrass che c’è? Ti si è rotta un’unghia?’

Qualche mese prima Fred e George avevano deciso di spiare quell’idiota di un capitano dei Serpeverde, Marcus Flint, per riuscire a scoprire la loro nuova strategia di gioco. Ovviamente, il tutto grazie all’aiuto delle loro utilissime orecchie oblunghe. I due gemelli avevano deciso di dividersi per portare a termine in anticipo la loro operazione.
Così Fred, mentre percorreva furtivamente i corridoi dei sotterranei, aveva notato una figura biondo appollaiata col viso tra le ginocchia in una nicchia, scossa da singhiozzi che poco si addicevano alla sua persona. Appena il rosso aveva capito che si trattava dell’ochetta della banda di Pansy Parkinson, sul suo volto si era fatto strada un sorriso beffardo, tipico di chi ha voglia di girare il coltello nella piaga. Si divertiva sempre a prendere in giro quella smorfiosetta viziata a causa della sua aria snob da principessina purosangue e della lampante stupidità che trasudava.
La battutaccia, fuoriuscita dalle labbra del gemello Weasley, rappresentava un modo come un altro di trarre divertimento dall’occasione che gli si era presentata.
Al suono di quelle parole Daphne Greengrass sollevò il capo per puntare gli occhi cerulei diritti in quelli nocciola del ragazzo.
‘Vattene subito!’
Fred non si sorprese quando vide che lo sguardo della Serpeverde era minaccioso. Ma non lascò perdere. Anzi, prese quelle parole come un invito a proseguire.
‘Allora, forse, ti è finita la pozione liscia capelli?’ chiese con finto tono innocente in netto contrasto con quell’espressione da pagliaccio.
‘Cosa vuoi capire tu di problemi femminili, razza di idiota!’ disse la bionda mentre si strofinava gli occhi col dorso della mano destra mentre si rimetteva in piedi barcollando.
Sentendo le parole velenose della ragazza, gli angoli della bocca di Fred si piegarono così tanto verso l’alto da raggiungere quasi le orecchie. Aveva colto nel segno. In fondo, non era un segreto che lei moriva dietro a quello scimmione di Blaise Zabini, mentre lui non se la filava per niente.
‘Invece ho capito tutto, Greengrass. Zabini ti ha dato il benservito, eh?’ non aveva pronunciato le parole con cattiveria, lui non era un tipo cattivo, anche se non aveva praticamente idea di cosa significasse la parola ‘tatto’. Ma sulla ragazza quella frase ebbe l’effetto di un pugno in pieno viso.
Daphne aprì la bocca, anche se da essa non uscì alcun suono, indietreggiò di un passo e i suoi occhi si riempirono di nuove lacrime pronte a scorrerle sulle guance candide da un momento all’altro.
L’istante tanto atteso da Fred si era appena presentato, ma stranamente non si sentiva vittorioso come aveva previsto.
A vederla così turbata, scossa dai tremiti, riusciva a percepirla sua tristezza e d’improvviso si sentì in colpa. Tremendamente in colpa. Non si era sentito così nemmeno quando aveva accusato ingiustamente Ron di aver scambiato i boxer di Percy con dei perizoma leopardati.
Mentre il sorriso malandrino spariva a poco a poco, Fred osservò la ragazza. La osservò per davvero, come non aveva mai fatto in passato, cercando di catturare ogni dettaglio. Fu in quel preciso istante che il gemello pestifero si accorse della bellezza della giovane Serpeverde.
La pelle nivea sembrava un fragile involucro di vetro che circondava le caviglie sottili e gambe affusolate. Fece scorrere gli occhi sui suoi fianchi non troppo pronunciati per salire fino al seno e si chiese quando le fosse cresciuto, dato che aveva evidentemente perso questo passaggio della metamorfosi della ragazza. Quando Fred arrivò a scrutarle il viso rimase di sasso: era piccolo e ovale, dai lineamenti aggraziati, incorniciato da vaporosi boccoli biondi lunghi fino alle spalle; le labbra rosse e carnose, il nasino alla francese e… gli occhi. Quegli occhi dello stello colore del cielo di maggio lo catturarono per un istante che parve un millennio, durante il quale incoronò mentalmente Zabini come il più grande pezzo di imbecille che esistesse sulla faccia della terra.
La fierezza che la biondina si ostinava a mostrare lo fece sorride nuovamente, ma Daphne interpretò male quella reazione. Girò sui tacchi pronta ad andar via. Come mosso da una forza invisibile, Fred le afferrò un braccio per ritrovarsi a fissare il volto stupito di lei.
‘Non ne vale la pena: tutti sanno che Zabini è un omosessuale represso!’ nemmeno lui sapeva perché l’avesse fermata, era solo certo di sentire il bisogno di stapparle un sorriso. E ci riuscì.
Daphne lo fissò corrucciata per qualche secondo prima di lasciarsi andare ad una risata gioiosa e cristallina. Fred la guardava incantato, quasi fosse una sirena ammaliatrice che lo aveva reso schiavo con un canto melodioso.
Quando Daphne smise di ridere, il giovane ebbe uno spasmo nel collo come se si fosse appena svegliato da un sogno. Aprì e chiuse le palpebre più volte per riacquistare contatto con la realtà.
Attimi interminabili trascorsi a fissarsi privi della capacità di pensare a qualcosa di sensanto.
Fu allora che la ragazza fece qualcosa di inaspettato: si avvicinò talmente tanto da permettere a Fred di sentire il suo respiro freso e gli posò un bacio sulle labbra. Un bacio semplice, dolce, delicato, quasi casto. Quel gesto tracciò una linea al di là della quale si trovava un mondo abitato solo da loro due e che di casto aveva ben poco.
Era sorpreso da come l’amore che Daphne era capace di vivere fosse diverso dalla sua immagine. Sembrava una fragile bambola di porcellana da custodire con cura per evitare che si rompesse. Invece, era capace di cose che lui stesso non aveva mai nemmeno sognato.
All’inizio era diventata un’ossessione. Saltava gli allenamenti e dava buca al fratello solo per trascorrere un misero minuto a baciarla. Daphne rappresentava il proibito, rappresentava un mondo dal quale doveva stare alla larga. E più ripeteva a se stesso che non doveva pensarla, più la desiderava. E più la desiderava, più si sentiva in colpa. Era entrato in un circolo vizioso dal quale non riusciva ad uscire in nessuna maniera o, forse, era lui stesso a non volerne uscire. Daphne era una droga. Non poteva farne a meno. La sua assenza gli causava un dolore fisico all’altezza dellla bocca dello stomaco. Non c’era centimetro della sua pelle che non desiderasse toccare, non c’era angolo del suo corpo che non desiderasse baciare. Era un vortice di passione, possesso e desiderio. Non c’era spazio per la dolcezza. Fare l’amore con lei non aveva nulla di dolce. C’era disprezzo e c’era rabbia. Disprezzo perché ognuno dei due rappresentava per la l’altro la vergogno del mondo magico: un traditore del suo sangue e la figlia di un mangia morte. Rabbia perché entrambi non accettavano quella follia, quella situazione mossa da una sublime irrazionalità che li portava a volersi a vicenda senza soste, senza rimpianti, senza guerra e senza amore.

Parte della vigliaccheria di Fred Weasley era morta in quel momento. Aveva ammesso, almeno a se stesso, per quale motivo stava gettando nel gabinetto quei tanto importanti ideali. Ripensava a sua madre, a suo padre, ai suoi fratelli, ai suoi amici, a cosa avrebbero detto se avessero saputo, a cosa avrebbero pensato. Era sicuro che l’opinione di sua madre sarebbe stata la più doloroso. Mentre tutti gli altri avrebbero disprezzato il suo comportamento rivolgendogli sguardi e parole piene di disgusto, sua madre gli avrebbe preso il viso tra l mani e l’avrebbe guardato con occhi pieni di delusione. Gli avrebbe detto che non riconosceva più il suo bambino, che lei aveva cresciuto i suoi figli lontano da quel mondo di odio e omicidi, che aveva educato i suoi figli perché cercassero l’amore. L’amore. Quello vero. Quello che ti permette di vedere una donna per quello che rappresenta davvero, quello che ti apre al rispetto, alla vita di coppia; quello che quando accarezzi la pelle liscia della tua amata ti fa sentire un re che ha imprigionata un angelo tra le proprie braccia; quello sincero, puro e incontaminato, in grado di donarti felicità. Una felicità insuperabile che ti porti nel cuore per sempre, che non ti abbandona nemmeno dopo la vita. Fred pensava a tutto questo e non riusciva proprio a non sentirsi un fallito, un codardo e un traditore al tempo stesso.
Il primo perché non era in grado di uscire dal mondo della perdizione a testa alta, anzi, abbassava il capo ogni volta e si sottometteva alla sua illogica volontà; il secondo perché non affrontava il problema, ma cercava di aggirarlo in ogni modo per rimandare il momento in cui avrebbe dovuto fare i conti con la sua coscienza; infine, sapeva che stava tradendo tutto e tutti per quella sottospecie di relazione che aveva in corso: i suoi ideali da bravo Grifondoro, i suoi amici, i suoi fratelli, suo padre e sua madre. Pensare al volto ricolmo di amara delusione della madre gli faceva male al petto, una fitta insistente accompagnata da una nausea più zelante di quella da cui sono affette le donne in gravidanza.
Proprio in quel momento avvertì un cigolio provenire dalla scale e si voltò di scatto. La Dea del Peccato era ferma di fronte a lui con le mani incrociate dietro la schiena in modo da risaltare il verde e l’argento della sua impeccabile divisa e un sorriso che malizioso che le piegava le labbra rosse. Daphne Greengrass. Bella come una dea e dello stesso sapore della mela che il serpente aveva dato ad Eva. Candida come il Paradiso e travolgente come l’Inferno più devastante. Non che lui fosse un santarellino. In fondo, sapeva di essere un peccatore molto prima di avventurarsi in quella selva di emozioni qual era Daphne.
‘Ti ho trovato…’ esordì lei,avvicinandosi con passo cadenzato senza staccare gli occhi da quelli di lui. Fred la osservò come ormai era abituato a fare da mesi. La divorò senza vergogne partendo dai piedi e percorrendo tutto il suo corpo con foga. Improvvisamente tutti i pensieri che avevano afflitto il suo tormentato pomeriggio scivolarono fuori dalla sua mente. In meno di un secondo sua madre, suo padre, i suoi fratelli, i suoi amici, le regole del bravo Grifondoro non esistevano più. Esistevano solo i suoi occhi talmente chiari da dargli l’impressione di volare nel più alto dei cieli, esistevano solo lui, lei e il loro desiderio, esistevano solo lui, lei e il peccato.
‘Sei bellissima.’ sussurrò quando fu abbastanza vicina da poterle posare un bacio sulle labbra. Uno di quei soliti baci che gli facevano rizzare tutti i peli del corpo facendogli dimenticare persino il proprio nome.
Il peccato ti si presenta col volto di un angelo. Quanto aveva ragione sua nonna!
Fred Weasley era un fallito, un codardo e un traditore e, soprattutto, aveva smesso di essere un bravo Grifondoro da tempo, me se ne sarebbe preoccupato un altro giorno.

  
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