Ricordo
ancora quel giorno,come fosse ieri.
Era il 24
ottobre,un sabato come tanti altri per molti,ma per me
sarebbe diventato qualcosa di più.
Come ogni
mattina,prima di andare a scuola,mi venisti a
prendere,sebbene andassimo in due licei diversi tu volevi comunque
accompagnarmi alla fermata dell’autobus.
Il cielo era
strano,di un colore indecifrabile,cosparso di nuvole
di diverse tonalità di grigio.
-oggi credo
proprio che pioverà,tu che dici?
Mi chiesi
con naturalezza.
Quella
naturalezza che ti ha sempre contraddistinta dal
“branco”.
-staremo a
vedere.
Dopo pochi
minuti arrivò il mio autobus,come sempre
puntuale.
-ci vediamo
all’una e mezza.
Ti dissi.
-va bene.
Mi risposi
sorridente.
-non fare
tardi come tuo solito!
-si si promesso,ciao!
-ciao!
non persi
tempo e mi misi a sedere comodamente su uno dei sedili liberi del mezzo.
Mi sentivo
strana,i miei occhi erano grigi,non più azzurri
come sempre.
Pensai
subito al cambio del tempo.
Arrivata in
classe salutai tutti i miei amici,poi mi misi a sedere
e ascoltai la noiosissima lezione di inglese,che per fortuna durava solo due
ore,e non tre come l’anno precedente.
Più
i minuti passavano,più mi sentivo strana.
Una folata
di vento,passante dalla finestra,mi fece rabbrividire.
Passata
un’altra ora,suonò la campanella.
Ascoltai
quel suono,come se fosse stata una melodia delicata,che
segnava la fine del mio supplizio.
Mi misi a
chiacchierare con le mie amiche,finchè
non mi arrivò un messaggio,che lessi senza farmi vedere.
“Che
barba!Ora c’è educazione fisica!non capisco perché abbiano
inventato una materia simile!e come se non bastasse,la
palestra non si può usare e quindi dovremmo svolgere la lezione in
cortile..spero finisca in fretta!un bacio!”
Sorrisi.
Sicuramente
avresti inventato una scusa per non partecipare alla lezione.
Era passata
un ora dal messaggio,e mi sentivo seriamente
irrequieta.
C’era
qualcosa che non quadrava.
All’improvviso
entrò un bidello,che parlò con
l’insegnante di latino,che impallidì all’istante.
-ragazzi,qualcuno conosce Alex Grandi,del
liceo Classico qua vicino?
Io alzai
subito la mano,mentre la prof. Mi invitò a
seguire il bidello fuori dall’aula.
-mi dica,cos’è successo?
-la
signorina Alex Grandi è stata aggredita mentre era in bagno a bere,durante la lezione di
fisica.
Impallidii.
-come?e chi
è stato?
-non
è questo il punto..la
sua amica è gravemente ferita,stanno aspettando l’ambulanza,ma sta
tardando ad arrivare.
Mi alzai di
botto e corsi in classe.
-è
successo qualcosa?
Mi chiesero
tutti.
Ovviamente
non risposi.
Mi limitai
a chiedere le chiavi del motorino alla mia amica,nonché
vicina di banco.
Corsi
rapidamente fuori dal cancello,che per mia sfortuna
era chiuso.
Lo
scavalcai con un’agilità che di solito non mi apparteneva e,quasi volando,raggiunsi il retro della scuola:il parcheggio
auto-moto.
Riconobbi
subito il mezzo della mia amica,lo accesi e partii a tutta velocità verso
il liceo Classico.
Avevo
creato uno scompiglio totale.
Ma in
quel momento non m’importava.
Era come se
i miei sentimenti si fossero azzerati.
Finalmente
arrivai a destinazione.
Scesi
rapidamente dal motorino e corsi in cortile.
Mi bloccai.
La mia
amica era stata poggiata su una panchina,ed era
immersa da una pozza di sangue.
In quel
momento divenni come una bambola di porcellana.
Non avevo
sentimenti.
Non avevo
fiato.
Non avevo il
senso della ragione.
Appena
tutti mi notarono non ebbero il coraggio di avvicinarsi.
Dissi solo
tre parole.
-chi
è stato?
Una
ragazzina mi venne in contro e mi sussurrò un nome.
Non mi
mossi.
Non avevo
intenzione di andare da lui
Ora volevo
solo lei.
Mi
avvicinai titubante e le presi la mano.
-cosa ti hanno fatto…
Sussurai
in lacrime.
-Sara…
La tua voce
era flebile,quasi inudibile.
-shh..
-ti voglio
bene..non
scordarlo mai..
I suoi
occhi si chiusero,il respiro cessò.
Due uomini
dell’ambulanza,arrivata non so quando,provarono
a rianimarla.
Nulla.
Da quel
momento caddi in un tunnel..
Un tunnel
buio,senza fine.
Non sentivo
più nulla.
Volevo
morire,questo era certo,ma non gli a veri dato questa
soddisfazione.
Non gli
avrei permesso di portarsi via anche me.
Il giorno
dopo ci fu il funerale.
Tutti
piangevano,me compresa.
I miei
singhiozzi erano forti e incostanti.
Il prete
parlò a lungo,ma non ascoltai una parola,come
probabilmente nessuno.
L’unica
cosa che si sentì fu il mio urlo straziante rimbombare fra le mura sacre
della chiesa.
*
Due mesi.
Due fottutissimi mesi che lei non c’è più.
“lei
è li con te,anche se non la vedi”
Ma fatemi
il piacere!
Lei non
c’è!
Non ci
sarà mai più.
Io non chiedo di riportarla
in vita,chiedo solo una cosa:perché?
Perché Dio l’ha lasciata morire?
Come ha
potuto essere così crudele?
Come si
può dare il potere di vita e di morte ad un Dio
così?
Che
condanna senza sentenze?
Non
è giusto,non lo sarà mai.
non ci
sono scuse.
Ma una cosa
è certa:io non capirò mai il concetto di
morte.
Anche
quando la proverò sulla mia pelle.
Non capisco come un corpo possa perdere la sua anima così
semplicemente.
Non capisco
perché Dio ci ha creati morti.
Perché
è questo che siamo,morti.
Non abbiamo
un senso,non abbiamo verità ne spiegazioni,non
siamo nulla.
Siamo solo
lo spettacolo preferito da Dio,che ci guarda e
applaude per quanto siamo sciocchi.
Inutile porci domande.
Inutile
cercare risposte.
Non ci
sarà mai una risposta plausibile alla nostra esistenza.
Siamo stati
creati al solo scopo di provare qualcosa di nuovo,come
la vita.
E una volta
che l’abbiamo sperimentata,possiamo tornare ad
essere come prima:morti.
Lo siamo
sempre stati,siamo il nulla più assoluto,la
cosa con meno valore al mondo.
Un giorno diverremo aquile,e con un battito
d’ali spazzeremo via il nulla,diventando esseri completi,con risposte e
significato.
Ma per ora,rimarremo noi stessi,e vivremo da spettatori la nostra
distruzione,protagonista della nostra totale inutilità.