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Autore: lilyblack    28/07/2010    9 recensioni
A questo punto il diario le cadde di mano; leggere dei pensieri così intimi, profondi e forti le sembrava quasi una violazione ma non era l'unica cosa che l'aveva turbata.
Improvvisamente le avevano aperto una finestra sulla vita di sua madre che non solo non si sarebbe mai aspettata di vedere aperta,ma che, soprattutto, non avrebbe mai potuto sospettare nascondesse certi e tali segreti. --> dal primo capitolo
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Pansy Parkinson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Red Hair & Black Eyes
Angolo Autrice:
Salve! Questa storia è ispirata dal contest 'Chocolat' del quale sarei dovuta essere partecipante.
Purtroppo nella foga di scrivere e presa da alcuni problemi off hodimenticato di non poter inserire personaggi originali e sono quindi fuori concorso. Data questa nuova prospettiva ho tagliato il capitolo, che era una one-shot, facendolo diventare una sorta di 'capitolo pilota': se questo capitolo piacerà la serie potrà continuare con altri frammenti della vita della protagonista.
Spero vi piaccia, spero piaccia alle giudici del contest che spero leggeranno e che ringrazio per avermi dato l'idea per questo viaggio nella psiche di una serpeverde al quale, sinceramente, non avevo mai pensato.
Un bacione, lilyblack.

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La casa sul mare era vuota, silenziosa e in pace non fosse stato per quell'incessante rumore che arrivava dalla veranda, oltre la quale il mare infuriava in tempesta.

Le grandi porte finestra davano su un piccolo salottino, per tre quarti adibito a libreria, che creava un ambiente caldo, accogliente e familiare; assolutamente inadatto alla personalità schizofrenica e poco cordiale della donna che abitava quella casa.
Una ragazza vestita di un solo immenso cardigan rosso che le copriva fino a quasi le caviglie era in piedi davanti alle finestre, gli occhi persi nel nulla seppure sembrava che stesse guardando il mare; i capelli rosso fiamma erano raccolti in una coda disordinata, una spruzzata di lentiggini decorava un naso alla francese e circondava un paio di penetranti occhi neri, creando un mix piuttosto esotico.
Sembrava totalmente a suo agio in quella stanza, ma il baule chiuso alle sue spalle denotava che non era li che abitava stabilmente.
Improvvisamente alle sue spalle si aprì un porta e vi entrò un minuscolo affarino verde, con le orecchie afflosciate e una federa a mo di gonnellino; l'elfo domestico fece un profondo inchino e con un schiocco di dita apparentemente riuscì a far scomparire il voluminoso bagaglio della giovane.

'Mikkie da il benvenuto alla padroncina Ifigenia, Mikkie è contenta che la padroncina viene a stare qua per qualche giorno. Posso portarvi qualcosa?'

Gli angoli delle labbra della ragazza si arricciarono, nel tentativo di un timido sorriso, di fronte all'irruenza di quella balia elfica che l'aveva cresciuta: il vento che aveva lasciato entrare dalla porta, salmastro, ancora faceva dondolare i ciondoli che portava al polso, compreso quello nuovissimo che le era stato regalato in occasione del suo venticinquesimo compleanno.

'Portami una tazza di cioccolata speciale Mikkie, fa freddo..'

Nessuna formula di cortesia, nessun ringraziamento ma allo stesso tempo nessuna sgarberia: Ifigenia Parkinson era uno strano ibrido anche caratterialmente.
Timida e indipendente, era andata via da casa da tempo oramai, e tornava stabilmente nella casa materna solo per tre settimane all'anno dopo tre mesi precisi dal suo compleanno esattamente come in quel momento, a causa dello storico viaggio della madre che, a quando la giovane ricordasse, lo riteneva l'impegno più importante della sua vita e vi aveva sempre tenuto fede.
Nel corso degli anni era diventato una sorta di rito anche per Ifigenia, che si rintanava per quasi un mese nella casa materna, riconciliandosi con quell'infanzia che non era stata certamente crudele, me nemmeno spumeggiante di amore e di normalità; non conosceva suo padre, non aveva mai saputo chi fosse ed era sicura che sarebbe morta portando con se quest'ignoranza.

Si lasciò cadere in una poltrona estremamente vicina al passaggio verso l'esterno, l'unica presente nella stanza, la cui stoffa era perfetta e curatissima in ogni più piccolo dettaglio quasi fosse la pelle di una persona;  aleggiavano ancora nell'aria le grida che erano uscite dalla gola della madre l'unica volta che, da piccola, aveva osato avvicinarsi a quel cimelio.
Si crogiolò nel tepore che la stoffa le rimandava contro il corpo, e per un attimo desiderò quasi di rimanere li per sempre nell'abbraccio di quello che era solo un mobile arido.
Sotto le gambe, all'improvviso,sentì qualcosa di rigido e, infilando la mano tra la propria pelle e la fodera si ritrovò tra le mani uno dei diari di sua madre e lo aprì, incuriosita dal fatto che Madame Parkinson fosse uscita di casa lasciando uno dei suoi memoires libero di svelare a chiunque i suoi segreti
.


****** Anno Domini 2002******
*****Diario di PansyParkinson*****
****In fondo cos'è il piacere se non un sottile dolore?***

L'interno di copertina era lo stesso di tutti i rari diari sui quali era riuscita a mettere le mani, indicava l'anno, l'orgogliosa rivendicazione di possesso e quel suo strano motto che Ifigenia non era mai riuscita a capire da dove arrivasse.
Sfogliò qualche pagina, e arrivò alla data del 21 marzo, esattamente due mesi prima del suo compleanno,quando la madre doveva essere quasi al limitare della sua gravidanza.


** XXI Marzo**

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 Caro Diario, oggi è una splendida giornata.
Sono sempre più grassa, assomiglio ad una balena, il piccolo Arthur (si, sono ancora sicura che sarà un bellissimo maschio) scalcia e mi sento invincibile come una regina, una regina che darà il primo figlio al re alla faccia di tutte le concubine.
Ora mi troveresti seduta da quello che fu Florian Fortebraccio, davanti ad una squisita cioccolata al caffè: mi fa scorrere il sangue più forte nelle vene e mi lascia quell'amaro in bocca che amo tanto, così diverso dalle solite sbobbe zuccherose che giravano a scuola da essere assolutamente perfetto come sapore.
Ricordo ancora della prima volta che lui me la fece assaggiare. Era un week end ad Hogsmeade e nel mondo definito normale impazzava la follia per il torneo tre maghi, cosa da me ritenuta assolutamente stupida dato il numero improponibile di volte in cui si rischiava la vita; lui aveva litigato con i suoi due amici e io mi trovavo per caso in quel locale di dubbia fama chiamato 'La testa di porco', o qualcosa di simile.
Mi intrigava quella rabbia contenuta a stento nel corpo di un classico bravo ragazzo, dai più ritenuto un po tonto, che quasi gli trasfigurava il volto. Ho visto l'uomo in quel volto, e ne sono stata affascinata, mi sarà impossibile dimenticare quel momento e l'epifania che mi colse.
Era talmente arrabbiato con quel maniaco dell'eroismo del suo amico Potter che si sedette al mio tavolo al primo sorriso accennato che gli feci e rimase li con me fino a sera, riversando nell'aria tutte le imprecazioni che gli venivano alla mente, affascinato forse dal mio non scandalizzarmi.
Non avrei mai pensato di poter parlare con lui, a volte ero talmente sicura di essere esageratamente distante dalle regole inculcate nella sua testolina rossa, da pensare che i baci appassionati fra me e lui vivevano solo nella mia testa geniale, seppur gli altri mi definiscano 'pazza' o 'malata'.
Siamo ancora insieme, più o meno, e gli sto per dare il primo figlio: sono stata lungimirante, e vi è un segno più eclatante della genialità se non lungimiranza contro ogni previsione?
Continuo a girare la mia pozione magica  formato cioccolata mentre mamme con bambini sembrano sbucare da qualsiasi angolo di Diagon Alley, e io so che sarò più bella di tutte loro con il mio piccolo pel di carota; sarò vittoriosa, come sempre, e forse lui, a quel punto, ammetterà che sono l'unica donna con la quale può vivere.
Vorrei poter fumare, certi pensieri mi fanno salire il nervosismo anche se dovrei essere sicura della vittoria e mi limito ad afferrare con forza il bicchiere d'acqua che mi hanno portato insieme alla cioccolata.--


'Wikkie ha portato la cioccolata al caffè della padrona...'

Ifigenia prese la tazza, fece apparire un vassoio a mezz'aria e ve la poggiò sopra, lasciando ad un cucchiaino incantato il compito di girarla per stemperare il calore; la faceva sorridere l'idea che sua madre, una donna che mai avrebbe considerato passionale, avesse portato per anni in sé la passione per quel cioccolato a causa di suo padre.
Vedeva gli indizi sull'identità di quello che ora era un uomo maturo disseminati nella pagina, ma il vago sentore di paura che le stringeva la bocca dello stomaco le impediva di collegare tutti i tasselli.
Scoprire chi fosse veramente suo padre le avrebbe tolto molte delle scuse che si era drappeggiata attorno negli anni per giustificare i suoi errori, le sue paure e i difficili rapporti con gli uomini; teneva troppo al suo alibi perfetto per rinunciarci così, per una semplice e legittima verità di scavare nel passato della sua misteriosa madre.
Prese a sorseggiare la cioccolata a piccoli sorsi, tentando di non scottarsi e di non sporcare, soprattutto, la poltrona che ancora la ospitava gentilmente.
Girò a vuoto le pagine, attanagliata dalla voglia di leggere ancora, di sapere e di scoprire; la curiosità era sempre stata la sua droga preferita.
Si fermò, alla fine, su una pagina a caso.

**I Giugno**

E' la prima volta che scrivo da quand'è nata.
Nata: Ifigenia Molly Parkinson.
Dev'essere uno scherzo del destino, io volevo un maschio.
Volevo dargli un figlio maschio, so che se gli avessi dato un maschio lui sarebbe tornato da me e non da quella so-tutto-io.
Sono anni che sogno di trovarmelo davanti alla porta, armato di bagagli e con quel suo tenerissimo sorriso di scuse sul volto, pronto a dirmi che avrei dovuto fargli spazio nell'armadio, ma non lo farà più, l'ho deluso.
Se l'Avada non fosse illegale ucciderei qualcuno.
Non lei però, è così piccola e, in fondo, gli somiglia così tanto: ha i suoi stessi capelli rossi anche se, a dirla tutta, ora sono più due peletti in croce che dei capelli veri e propri, ma diventerà una vera bellezza, me lo sento.
Mi fa paura pensare a che madre sarò. Non ho avuto una madre e, di contro, non ho la più pallida idea di come ci si comporti, alla fine penso che finirò per fare a modo mio, seguendo il mio dannatissimo istinto, come al solito.
L'ultima volta che ho deciso di seguire il mio istinto fino in fondo è stato l'anno scorso quando lui mi ha detto che si sarebbe sposato con la mezzosangue: mi sono odiata per giorni dopo, ma non mi sono mai pentita di avergli detto che sarei rimasta con lui, a qualunque costo, anche quello di fare l'amante a vita.
Io lo amo e lui mi ama, questo non è un punto sul quale si può discutere ma sappiamo entrambi di essere stati cresciuti in delle convinzioni granitiche, soprattutto lui, alle quali è difficile scappare, soprattutto le sue.
Sono troppo possessiva, troppo morbosamente attaccata a lui e ai momenti che mi dona per potermene staccare così, pur sapendo che per lui probabilmente sarebbe meglio vivere senza il peso di una concubina sulle spalle; non che pensi che la Granger si possa accorgere mai di niente, ma lui è fondamentalmente un puro e sopportare tutto questo so che a volte è troppo forte per lui.
Oggi l'ho visto, fare l'amore con lui è ogni volta un'esperienza unica: la prima, l'ultima e l'unica.
La prima, quella vera, fu un attimo sordido e rubato al sesto anno. fra lezioni dei M.A.G.O. e filtri d'amore che lui si faceva stoltamente affibbiare dalla prima idiota che gli passava davanti.
L'ultima avverrà solo quando uno di noi due sarà in punto di morte.
Daphne mi definisce stupida e drogata. Sono assolutamente assuefatta, in effetti, dal suo odore, dai suoi abbracci e dal piacere che riesce a darmi anche solo con un sorriso; non è qualcosa che si può spiegare la totale compenetrazione anche mentale di due persone.
Lui è il mio piacere e il mio dolore, perchè in fondo l'unico piacere che dura è quello che nasce da un dolce dolore: il dolore è indispensabile perchè il cuore non si atrofizzi.


A questo punto il diario le cadde di mano; leggere dei pensieri così intimi, profondi e forti le sembrava quasi una violazione ma non era l'unica cosa che l'aveva turbata.
Improvvisamente le avevano aperto una finestra sulla vita di sua madre che non solo non si sarebbe mai aspettata di vedere aperta,ma che, soprattutto, non avrebbe mai potuto sospettare nascondesse certi e tali segreti.
Non potè fare a meno di chiedersi se sua madre avesse continuato negli anni a vedere suo padre, viste le dichiarazioni apocalittiche vergate verde su bianco sul diario che ora teneva fra le mani o, meglio, che in quel momento preciso giaceva ai suoi piedi.
Ora, anche se solo lontanamente, riusciva a capire del perchè di quella citazione più volte ripetuta nei diari, nei documenti e nelle varie carte intestate che Lady Parkinson si era fatta stampare dalle vaie carterie magiche di Londra: quelle parole erano legate ad uno dei momenti più intensi di tutta la sua vita, e sua figlia le aveva sempre considerate qualcosa di stupido, troppo tragicamente romantico per essere legato a qualche avvenimento concreto e reale.
Poggiò la cioccolata calda sul vassoio ancora sospeso a mezz'aria, richiuse il diario e lo ripose esattamente dove l'aveva trovato, poi si alzò alla ricerca di altri cimeli, altri ricordi, altri frammenti di vita di cui si scopriva improvvisamente affamata.

   
 
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