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Autore: MusaTalia    29/07/2010    7 recensioni
«L’hai mai detto?». Era stata proprio
Kushina ad interrompere quell’idillio, con una domanda
apparentemente priva di senso.
«Detto cosa?».
«Ti amo. Mi hai cambiato la vita. Non posso vivere senza di
te. Frasi di questo genere…».
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kushina Uzumaki, Yondaime | Coppie: Minato/Kushina
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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L'hai mai detto?
Dedicata alla mia omonima, Laura.
Perché sei la mia metà separata alla nascita- è provato scientificamente!
Perché ascolti i miei schizzi e sei talmente folle da appoggiarmi.
Perchè condividi (quasi) tutte le mie passioni.
Perché il fantastico mondo di Naruto ci ha unito.
Perché per te ho momentaneamente abbandonando "Il venticinquesimo Rintocco" e tutte le altre mie creature letterarie.
Perché uno sguardo e ho capito cosa volevi chiedermi.
Perché hai chiesto, io ho promesso e ho cercato di dare il meglio di me.
Perché l'amicizia è qualcosa di meraviglioso, e senza non riuscirei a vivere.
Perché questa breve storia è scritta solo ed esclusivamente per te!


L'hai mai detto?

La missione era terminata.
Aveva fatto rapporto, era tornata a casa e si era cambiata d’abito. I vestiti impolverati e macchiati del sangue del nemico erano finiti gettati alla rinfusa in un angolo della stanza. Avrebbe sistemato dopo, ora l’unica cosa che voleva fare era andare a fuori a respirare l’aria di casa, intrisa di quel profumo indescrivibile, non sempre piacevole, ma di cui senti sempre e comunque la mancanza.
Camminava, senza meta, lungo le vie del suo villaggio, con il sole del primo pomeriggio che le riscaldava il volto ed il cuore. Di tanto in tanto chiudeva gli occhi ed assaporava i profumi che aleggiavano lungo la strada: profumo di pane da una bottega nelle vicinanze, profumo di bucato da una casa sul lato opposto, profumo di legno dalle travi nuove appena fissate dell’abitazione alle sue spalle.
Senza rendersene conto si ritrovò nei pressi del piccolo parco in cui andava a giocare quand’era ancora una bambina. Anche se gli anni erano passati lei non era poi cambiata più di tanto: gli stessi occhi vivaci, gli stessi sogni ingenui… solo i capelli erano un po’ più lunghi.
A quell’ora non c’erano bambini. Probabilmente erano ancora tutti all’accademia.
L’altalena, vuota, si muoveva leggermente, sospinta dal piacevole venticello primaverile. Kushina pensò che non fosse una cattiva idea andarsi a sedere su quell’altalena, all’ombra di quell’alto albero per godersi la frescura e contemporaneamente rilassarsi, magari dondolandosi piano piano.
Chiuse gli occhi, canticchiando tra sé un dolce motivetto di una canzone insegnatale dalla mamma parecchio tempo prima, tanto che non ricordava nemmeno quando.
Un profondo senso di pace s’impossessò di lei. Non si sarebbe accorta nemmeno se una tempesta si fosse abbattuta in quel preciso istante sul villaggio. Ed in effetti non si rese conto dell’arrivo del giovane Tuono Giallo della Foglia che giungeva silenzioso alle sue spalle e si fermava a pochi metri di distanza per spiarla. Minato si azzardò ad avvicinarsi un po’ di più per ascoltare meglio le note di quella dolce canzoncina appena accennata. Era così raro vedere Kushina Uzumaki ferma, tranquilla, rilassata. Era sempre in movimento, mai un attimo di tregua, un vero e proprio terremoto. Si trovava di fronte ad una visione così irreale, quasi soprannaturale: tutta la figura della giovane era circondata da un alone soffuso di luce e i lunghi capelli rossi scintillavano, quasi come se fossero stati composti da tanti piccoli rubini infilati come perle in lunghi e morbidi fili.
Improvvisamente Kushina avvertì la presenza dell’intruso, non dal rumore dei passi, praticamente impercettibile per chiunque- in fondo Minato era un ninja molto esperto!- ma dal profumo di erba e sole. Conosceva bene quel profumo, meglio di qualunque altro.
«Cosa fai qui?» domandò brusca voltandosi, infastidita dal fatto di esser stata colta in un momento di pace, di intima tranquillità.
«Passeggiavo» rispose con semplicità scrollando le spalle.
«Allora buona passeggiata» tentò lei, inutilmente, ritornando a guardare di fronte a sé, di allontanarlo, ma subendo invece l’effetto contrario.
Da un po’ di tempo la presenza di Minato la innervosiva più del solito; però, se lui non era presente lei si sentiva come smarrita, senza un centro a cui fare riferimento. Sarà perché ormai sono abituata alla sua presenza, aveva provato a spiegarsi.
«Cosa stavi cantando?» domandò con innocenza il ninja, facendo innervosire ancora di più la ragazza.
«Io non stavo cantando!» affermò con irruenza Kushina, le cui gote avevano assunto la stessa tonalità di rosso vivo dei capelli.
«Hai una bella voce. Sei molto intonata. Non c’è nulla di cui vergognarsi» replicò lui sorridendo, afferrando le corde consunte dell’altalena.
Kushina non seppe cosa rispondere. Preferì il silenzio e abbassò lo sguardo imbarazzata sui piedi. Le sua mani, prima mollemente abbandonate in grembo, salirono anch’esse a stringere la corda, incontrando, inconsapevolmente, quelle di Minato. Una scossa elettrica praticamente impercettibile la costrinse ad allontanarsene, spostando l’impugnatura più in basso.
Senza nessun motivo particolare il giovane cominciò a spingere l’altalena, concentrato sul paesaggio che lo circondava.
Nessuno dei due si trovava particolarmente a disagio in quel silenzio così piacevole, interrotto di tanto in tanto dal cinguettio di qualche uccellino che si appollaiava sui rami, oppure dal cigolio dell’altalena, quando Minato spingeva un po’ più forte.
«L’hai mai detto?». Era stata proprio Kushina ad interrompere quell’idillio, con una domanda apparentemente priva di senso.
«Detto cosa?».
«Ti amo. Mi hai cambiato la vita. Non posso vivere senza di te. Frasi di questo genere…».
Si sentiva una sciocca a fare certi discorsi, ma- non riusciva a spiegarsi il perché- non aveva potuto fare a meno di rivolgere quella domanda al ragazzo con cui aveva condiviso tante missioni, tra cui l’ultima, da cui era ritornata solo poche ore prima.
«Perché me lo domandi?». Il suo tono era evidentemente perplesso.
«In realtà non lo so. Forse curiosità».
«E tu? L’hai mai detto?». Anche lui era curioso. Temeva una sua risposta affermativa.
«Non hai risposto» replicò in tono velatamente lamentoso. «Comunque no» aggiunse, facendo, inconsciamente, emettere un sospiro di sollievo al ragazzo in piedi dietro di lei.
Nuovamente scese il silenzio. Erano entrambi troppo impegnati nelle loro riflessione per prestare attenzione all’altro. Nonostante questo, però, Minato non aveva smesso di dondolare l’altalena.
«Sai, pensavo che sarebbe davvero molto triste morire senza averlo mai detto a nessuno. Noi siamo ninja, rischiamo la pelle in ogni missione ed io ho paura di morire senza mai averlo detto a nessuno, alla mia persona speciale. O peggio, di non averlo mai sentito rivolto a me da parte di quella persona speciale».
Le parole della giovane ninja erano suonate come una confessione a cuore aperto. Un evento più unico che raro dato il suo carattere scontroso e testardo. Mai avrebbe ammesso le sue debolezze, eppure, in quel tiepido pomeriggio primaverile, sotto l’ombra dell’albero sotto cui aveva giocato tante volte da bambina, aveva abbandonato per qualche secondo il duro carapace dentro cui si andava ad asserragliare di solito per proteggersi dalla crudeltà del mondo esterno.
Minato, più che sorpreso da quella rivelazione- cos’altro poteva essere, altrimenti?- aveva sgranato gli occhi e aveva fermato quel lento e rilassante andare avanti ed indietro dell’altalena, mantenendo, tuttavia, le mani ben serrate intorno alle corde.
Kushina ridacchiò e per mettere fine a quel momento così imbarazzante aggiunse di fretta «Lascia perdere. Fai finta che non abbia mai detto nulla». Poi piegò il capo all’indietro per mostrare il suo sorriso allegro al compagno di tante missioni.
Prima spiazzato, poi contagiato da quel sorriso così luminoso anche lui si aprì in un’espressione di gioia.
«Non dovresti dire certe cose. Sei un ninja molto dotato. Sei un osso duro, difficilmente morirai in battaglia. Poi ci sono sempre io che ti compro le spalle» la incoraggiò sempre con il sorriso.
«Cos’è? Una minaccia?». Come una bambina tirò fuori la lingua per poi scoppiare a ridere.
«Può darsi…».
Minato ricominciò a cullarla, mentre Kushina riprendeva a canticchiare, questa volte a volume un po’ più alto. Ma quella nuova pace durò solo pochi minuti.
«Kushina?» la chiamò.
S’interruppe. «Cosa c’è?».
«Comunque non l’ho mai detto».
«Davvero?». Lo stupore era palese.
«Cos’è questo tono così sorpreso?».
«Sei il grande Minato Namikaze. Hai stuoli di ammiratrici e ragazze che cadono ai tuoi piedi. Mi sembra impossibile che nessuna di queste…». Non terminò la frase, lasciando ben intendere il seguito.
«L’hai detto tu prima. Deve trattarsi della persona che reputi speciale. Certo, ci sono ragazze carine, ma non è tra loro la “mia persona speciale”».
«Questo vuol dire che c’è una persona speciale!» lo punzecchiò lei.
Un po’ impacciato Minato cercò di rispondere in maniera dignitosa alla sua provocazione. «Sì. Ma…».
«Allora cosa aspetti? Corri da lei!» lo spronò Kushina, che in fondo- anche se difficilmente l’avrebbe ammesso- provava una gelosia altamente corrosiva nei confronti di quell’ignota ragazza che era riuscita a rapire il cuore di uno dei più promettenti ninja del Villaggio della Foglia.
Il giovane, improvvisamente, trovò molto interessante un sasso proprio a pochi centimetri dal suo piede destro. La ragazza, invece, non ricevendo segni di vita da parte del compagno , torse completamente il busto nella sua direzione.
«Andiamo! Non dirmi che hai paura! Ti ho visto combattere coraggiosamente contro tre nemici contemporaneamente questa mattina. È solo una ragazza. Mal che vada ti tira uno schiaffo». Voleva essere rassicurante, alleggerire l’atmosfera. D’un tratto sembrava che il cielo si fosse annuvolato, pronto a scaricare con violenza la pioggia. In realtà il sole splendeva con maggiore intensità rispetto a prima.
«Kushina…». S’interruppe, respirò a fondo ed inghiottì saliva a vuoto. «Sembra strano pure a me e se prima non mi avessi fatto quella domanda sicuramente io ora non starei per dire quello che sto per dire adesso. Però credo che tu abbia ragione. Prima di morire è bello dire e ascoltare certe cose. Non bisogna dare niente per scontato». Un’altra pausa. «Sei tu la mia persona speciale».
Le mani della giovane si serrarono attorno alle corde fino a sbiancare. Tutto si era immaginato, tranne questo. Che avesse sentito male? Oppure Minato la stava prendendo in giro. In quel caso dopo lo avrebbe picchiato talmente forte da cambiargli i connotati.
«Non è divertente» disse con il suo tono serio, che era tanto raro sentirle usare.
«Credi che mi stia prendendo gioco di te?». Era rimasto stupito da quelle poche parole.
Nessuna risposta.
«Ti amo. Mi hai cambiato la vita. Non posso vivere senza di te». Aveva ripetuto le stesse frasi che prima Kushina aveva citato con leggerezza, conferendo loro, però, uno spessore ed una forza incredibili.
«Smettila!» lo ammonì, puntando i piedi a terra ed alzando lo sguardo freddo come il ghiaccio negli occhi di Minato.
Nuovamente lui ripeté, con maggiore intensità, quelle parole. «Ti amo. Mi hai cambiato la vita. Non posso vivere senza di te».
Questa volta i dubbi svanirono, le nuvole si diradarono. Era sincero. Lo aveva letto nello sguardo, fattosi improvvisamente dolce, e nel tono delicato, ma allo stesso tempo possente.
Aveva provato ad immaginare la gioia che quelle poche parole potevano scatenare, ma nessuna fantasia reggeva il confronto con la realtà. Con quella meravigliosa realtà.
Sorrise.
Poi venne il suo turno. Con più titubanza rispetto a Minato, anche lei pronunciò quelle stesse identiche brevi ma incisive frasi. «Ti amo. Mi hai cambiato la vita. Non posso vivere senza di te».
Di lì a chinare il capo per poggiare le labbra in un bacio delicato come una carezza sulla bocca di Kushina- quella bocca morbida come un petalo di rosa e saporita come la più dolce delle ciliegie- il passo, per Minato, fu breve. Ed anche quel bacio ripeteva come una canzone, inudibile all’orecchio umano, ma ben chiara al cuore, sulla stessa melodia intonata prima da Kushina, quelle parole all’infinito. «Ti amo. Mi hai cambiato la vita. Non posso vivere senza di te».
A pochi metri di distanza, dietro al tronco di un albero, il maestro Jiraya osservava compiaciuto la scena.
“Aspetterò domani per avvertire quei due della nuova missione”, pensò mentre spontaneo nasceva un sorriso sulle labbra.


Spazio personale:
Tutto è nato in un pomeriggio dalla frase di una delle mie migliori amiche: «Ricordati che dopo ti devo chiedere una cosa...», accompagnata da un sorrisone a trentasei denti.
Uno sguardo e... telepatia! Solo di questo si può trattare. Mi è bastato il sorriso per capire di quale richista si trattasse: scrivere una ff su Minato e Kushina, la coppia di Naruto preferita dalla mia amica. Al che detta così può sembrare davvero facile: ti siedi davanti allo schermo e cominci a battere un po' di tasti sulla tastiera. Peccato che ultimamente la mia ispirazione abbia raggiunto Mago Merlino e Onolulu! Però poi, girando un po' in rete- sia benedetto google!- ho trovato un'immagine carina e... Puf! L'ispirazione è arrivata. Scoppiazzando leggermente da alcune frasi di apertura di una puntata di Grey's Anantomy è venuta fuori questa cosa qui, non è certamente tra i miei lavori migliori, però meglio che niente. (Laura, chiedo umilmente perdono!) Tre facciatine- più breve rispetto ai miei soliti canoni, sorry!- tutte in una serata. Spero sia di vostro gradimento. Vuole essere senza troppe pretese, anche perché mi è risultato un po' difficile entrare nella testa dei personaggi. Si tratta di un attimo di serenità tra due spiriti semplici. Ovviamente commenti e critiche sono molto più che graditi.
Dimenticavo: il mondo di Naruto e i suoi personaggi non mi appartengono. Questa storia non è scrittta a scopo di lucro.

   
 
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