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Autore: JeanBobby    29/07/2010    1 recensioni
Una storia simile a quella de "Il Profumo". Non sapevo se metterla tra gli originali o qui... spero vi piaccia!~ Tratto dal testo: "Esisteva un ragazzo, nell’Italia della seconda metà dell’Ottocento, che aveva un’indole calma e tranquilla e un’intelligenza non da meno raffinata. Tuttavia, poteva risultare piuttosto scontroso se si toccava, sia fisicamente che con i propri discorsi, la cosa che per lui aveva un bagliore di valore superiore a tutte le altre: la sua più che adorata collezione di libri."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~Questa storia l’ho scritta un anno fa come compito scolastico. Tra tutte le storie che ho scritto, questa mi piaceva di più, anche perché il protagonista è un appassionato di libri, come me. Il mio professore, invece, l’ha valutata molto male, e dal giudizio ho capito che l’ha considerata la peggiore. Che rabbia! Perché? Ma poi, quando ho letto che mi consigliava di far compiere delle determinate cose al protagonista, e quelle cose sono esattamente ciò che fa…! Vabbè, spero che vi piaccia!~

PRIMA PARTE. Esisteva un ragazzo, nell’Italia della seconda metà dell’Ottocento, che aveva un’indole calma e tranquilla e un’intelligenza non da meno raffinata. Tuttavia, poteva risultare piuttosto scontroso se si toccava, sia fisicamente che con i propri discorsi, la cosa che per lui aveva un bagliore di valore superiore a tutte le altre: la sua più che adorata collezione di libri. Ne aveva talmente tanti da riempire tutti i quattro scaffali che a loro volta coprivano le pareti della biblioteca e ogni due o tre settimane ne comprava uno che poi riponeva con eccellente garbo o nelle fessure tra un libro e l’altro sugli scaffali, oppure nella piccola biblioteca composta da tre mensole nella sua altrettanto piccola camera da letto. Tornando a parlare di quel grazioso quanto algido (sempre solamente se si ferivano i suoi sentimenti di brillante e raffinato lettore), si può riportare qualche sua descrizione fisica. Solo qualche poiché il campo dell’aspetto non era certo il suo, lui eccelleva per il rapporto speciale che aveva con i libri, che dopo vi sarà spiegato. E poi anche perché, se solo avesse vissuto e amato il mondo al di fuori, se solo avesse apprezzato, o solo avuto a che fare abbondantemente, con le altre cose oltre a quei, come lui pensava e diceva sempre, gioielli di carta e inchiostro, sicuramente avrebbe posseduto e mantenuto un aspetto affascinante e avvenente, soprattutto per le fanciulle. Perché ne aveva la possibilità, visto il suo viso carino, la sua statura alta, i suoi capelli biondi, i suoi occhi verdi e le sue labbra a forma di cuore. Ma lui era sempre stato timido, non aveva mai avuto occasione di farsi degli amici in carne ed ossa, amici con cui parlare, giocare, passare il tempo, senza sembrare un fuori di testa che dialoga con oggetti che non possono rispondere; in realtà non erano dei dialoghi veri e propri, ma vi sarà detto dopo. Aveva cominciato da piccino, e gli era piaciuto, perciò col tempo la sua passione andava saldandosi e diventando una forma leggera di ossessione; non è un gran male passare un po’ di tempo davanti a un libro, il problema è che lui passava quasi tutti i giorni quasi tutta la giornata, e leggeva e leggeva, fino a divorarne anche due o tre al giorno del suo genere preferito. Questo provocava tutti quei difetti di cui abbiamo fatto voce prima: la quantità   di luce del sole lasciava la sua pelle smunta che lasciava intravedere leggermente sottili linee verdastre e la sua corporatura gracile. Per fortuna la sua salute non ne risentiva tanto quanto il suo aspetto, perciò non se ne preoccupava più di tanto. In fondo, un piccolo lavoretto lo svolgeva… non era granché, ma fare il commesso per la libreria del paese, e di conseguenza la strada a piedi, gli consentiva di avere una fugace vista di ciò che accadeva al di fuori della sua abitazione. Il lavoro l’aveva ottenuto un anno prima quando, all’età di sedici anni, aveva deciso di lasciare il ginnasio perché non gli permetteva di leggere quanti libri riteneva di dover leggere alla settimana. Ma, forse, era un bene che avesse lasciato la scuola… in fondo, che cosa servivano le scienze, la matematica, la storia e la geografia e tutte le altre stupide e inutili materie quando sei certo che il tuo lavoro da adulto dipenderà da un’unica materia, e cioè dalla lingua nazionale? Lui era certissimo che da adulto sarebbe diventato un ottimo romanziere e avrebbe fatto invidia a tutti quelli che lo prendevano in giro chiamandolo vampiro. Lavorando tre ore la settimana, guadagnava quel tanto da poter pagare i libri che in seguito leggeva, e leggere lo aiutava a diventare esperto della tecnica della scrittura e quindi lo preparava per il lavoro. Dunque, perché andare a scuola? I suoi genitori non avevano approvato la sua scelta, ma lui non li aveva ascoltati, e ora praticamente gli davano solo il vitto e l’alloggio, niente di più, niente affetto. Sua sorella quando portava in casa le sue amiche, si accertava che la biblioteca, ovvero la camera da giorno di suo fratello, fosse chiusa e che ogni qualvolta venisse a casa dal lavoro non si incrociassero, in modo che non vedessero “quel topo da biblioteca”. Ma lui non se ne curava, lui in cuor suo sapeva di essere superiore a tutti in città, in provincia, nell’intera regione, se non in tutta Italia o addirittura nel mondo, perché conosceva una gran quantità di opere, nazionali o straniere, da far spavento a una persona normale, e disprezzava tutti coloro che lo criticavano e che dimostravano ignoranza in proposito. Molti libri che fanno parte della sua collezione discendono da generazioni dalla sua famiglia, formata da grandi lettori, seppur non troppo ricchi, anche se non quanto lui. Per il resto, li ordinava dalla libreria e se li prendeva al posto dello stipendio. I suoi preferiti erano i romanzi medievali e rinascimentali d’amore e d’avventura composti da più d’un migliaio di pagine e li leggeva come fossero menù d’osteria.

Ora sapete abbastanza della sua vita. E’ giunto il momento che vi venga raccontato ciò che riguarda la sua particolare abilità.

La sua abilità era cresciuta assieme alla sua passione per i libri. In un certo senso, non era un abilità, era un potere magico. Era in grado, dopo aver letto almeno la metà o comunque quanto bastava per concretizzare la trama  e aver inspirato “il delizioso e sublime” profumo di carta stampata di un libro, di indovinare la parte seguente della storia senza averla letta. Quindi, i libri per lui erano una vera droga che, nel momento in cui infilava il naso tra le pagine, lo mandavano in estasi. Avrebbe potuto fruttare soldi quel suo potere, ma non se la sentiva di mettersi al centro dell’attenzione, di rischiare di essere preso in giro e umiliato davanti a tutti o da tutti, che lo canzonassero “Guardate lo psicopatico che va in trance! Guardate quel pazzo!”. I libri piacevano a molti, ma una persona con quegli atteggiamenti poteva sembrare poco sana, se non indemoniata. Perciò, preferì tenersi la sua arte per sé e godersela da solo. Questo finché non giunse il momento in cui decise di lasciare il lavoro da commesso della libreria  per scrivere. Aveva compiuto da qualche mese i diciannove anni e si sentiva prontissimo per affrontare la nuova avventura dell’editoria, e, chissà!, anche della fama. In tutta la sua vita, ma soprattutto nei tre anni in cui non frequentava più la scuola, aveva effettuato abbastanza letture da diventare ricco sia di stili e di capacità di scrittura sia di fantasia, perciò decise di provare con la macchina ereditata dal nonno. Ben presto, però, si accorse che scrivere non era proprio la stessa cosa che leggere, era molto più complessa e tutto quello che buttava giù gli risultava banale e patetico, anche se grammaticalmente corretto. Era molto difficile essere un romanziere affermato! Passarono giorni e giorni e lui faceva utilizzava talmente tanti di quei fogli da distruggere moltissimi alberi, ma lui non si demoralizzava e continuava a spingere i tasti in modo frenetico.

SECONDA PARTE. Quando si accorse che il vero motivo per cui il suo genio non veniva fuori sottoforma di testo brillante, cioè perché viveva in una società monotona e repressiva di provincia, decise di partire alla volta di Torino per frequentare qualche caffè, qualche luogo pieno di personaggi colti, qualche salotto nobile. Annunciò la sua decisione ai suoi familiari che la accolsero con una faccia indifferente, “poveri stupidi”. Raccolse qualche soldo e pagò una carrozza per il viaggio. Arrivato a Torino, passeggiò per il centro in cerca di una pensione non troppo costosa e qualche caffè, e, nel farlo, si accorse delle bellezze del mondo al di fuori. Torino era decisamente diversa dal suo paesino, per quanto ne potesse sapere lui del suo paesino, era più interessante. Girando per le vie, osservò i negozi di dolci, quadri, mobili, cose bizzarre, gente che chiacchierava amabilmente, bambini che giocavano e tante altre scene simpatiche; sicuramente, Torino gli sarebbe piaciuta. Poi, girando in una via a destra dal corso principale, scorse una visione paradisiaca: un’enorme libreria in tre piani. Il suo istinto gli disse di andare a visitarla; assecondò il suo istinto molto volentieri. Vicino all’ingresso c’era la cassa, e a sinistra di essa una scala portava al piano superiore. Diede un’occhiata veloce ai libri in quel primo piano e si diresse al secondo. In fondo alla stanza zeppa di libri, c’era un grande tavolo circondato da ragazzi/e e signori/e di molte età diverse che discutevano, molto probabilmente, di libri. Si avvicinò. Un ragazzo interruppe la conversazione e, mentre gli faceva segno di raggiungerli, disse agli altri di accoglierlo. Una ragazza gli indicò una sedia libera e lo salutò; così fecero anche gli altri. Il primo ragazzo gli chiese se voleva stare con loro; lui fece di sì con la testa. Finalmente poteva discutere con molte persone dei suoi preziosissimi libri! Finalmente poteva condividere la sua passione con molte persone che non lo giudicavano per il suo aspetto! Era felicissimo. Si sedette e ascoltò tutto ciò che dissero e si inserì nella conversazione. Discussero di moltissimi libri e del sogni di molti di scriverne di propri; era molto tentato di rivelare il suo segreto, ma non osò, aspettò. Da quel momento frequentò sempre più assiduamente quel fantastico circolo letterario e si fece dei nuovi amici simili a lui. La sua preferenza andò verso il primo ragazzo che lo aveva accettato nel gruppo, Luca, anche se tutti erano molto simpatici, intelligenti e brillanti. Quasi ogni giorno, prima o dopo essere uscito dal suo nuovo lavoro o dal suo appartamento che aveva trovato a poco prezzo , faceva il commesso in un negozio di giocattoli, andava lì alla biblioteca per svagarsi e fare quel più gli piaceva. Aveva fatto decisamente bene a trasferirsi in quella città così artistica, ora si sentiva decisamente più ispirato e aveva dei nuovi amici con cui divideva, oltre che pensieri, anche momenti al di fuori di ciò che riguardava i libri. Infatti, raccoglievano delle collette e quei soldi li spendevano per andare al teatro, ai concerti, a cena… era molto divertente. In questo modo, la sua vita era molto più ricca e interessante, e ciò influiva abbondantemente sulla sua  fantasia e il suo genio creava racconti e storielle incantevoli e avvincenti molto più facilmente. Solo testi corti, però. Non era ancora riuscito a formare un intero romanzo, anche con gli impulsi creativi che riceveva. Un giorno, mentre lui e Luca sceglievano un nuovo libro al terzo piano, il suo amico gli disse che suo zio aveva un conoscente che lavorava in una nota casa editrice di Torino e che cercavano nuovi talenti. Si può dire che questa notizia diede una nuova spinta, oppure che gliela diede il libro che aveva in mano mentre la sentì, dal titolo “ Streghe, vampiri e uomini lupo. Storie dal folklore in Italia”, ma si sentì ancora di più motivato. Decise che avrebbe accontentato quella casa editrice con un suo romanzo; cominciò a pensare a cosa scrivere. Intanto, mentre aspettavano che gli altri arrivassero, si lesse il libro che aveva in mano. Era un libro molto antico e quasi consunto. Non gli interessava veramente, lui preferiva le storie, ma grazie a quello si formò un’idea geniale su cosa scrivere. In un borgo medievale afflitto dalla siccità e dalla carestia, viveva una coppia di amorevoli sposini. Lui faceva il boscaiolo, mentre lei l’erborista. I due non erano ben visti perché la gente a quel tempo era superstiziosa e ignorante, per ogni minimo particolare strano pensava che ci fosse l’intervento del diavolo e diffidava dei poveri due. Il marito era molto forte e aveva una folta peluria, mentre lei aveva i capelli rossicci, amava i gatti ed era abilissima a produrre pozioni con erbe e, a volte, rospi e rane. Poi, un giorno, la signora rimase incinta. La gente non aveva mai visto il bambino e tutti pensavano che dovesse ancora venire alla luce, quando i due genitori l’avevano  portato al centro del paese di domenica mattina per andare in chiesa. Quando furono usciti, il bambino sorrise e mostrò i denti che gli erano cresciuti da poco; tutti rimasero scioccati alla vista di un bambino nato con i denti, fu la goccia che fece traboccare il vaso. Servivano dei capri espiatori per i danni che non permettevano il raccolto e di conseguenza la loro sopravvivenza, quindi, quando un uomo fu trovato squarciato e con gli occhi sbarrati e le mani divaricate vicino alla loro casetta, il popolo li incolpò di essere un licantropo e una strega e un vampiro e li condannarono al rogo; in realtà l’uomo era stato ucciso da un lupo. Loro cercarono di scappare, ma furono braccati e condotti in piazza. E fu così che la loro vita finì, insieme come erano vissuti, tutti e tre insieme, tra atroci sofferenze. Era sicuro che avrebbe avuto un certo successo, perciò iniziò a scriverlo non appena fu arrivato a casa e si concentrò sulla macchina per tutta la notte. Era arrivato ad un buon punto quando lo investì una crisi da pagina bianca; non sapeva se farli morire davvero o rendere la trama più sofisticata con un colpo di scena che li facesse sopravvivere. Che non fossero un vero licantropo e una vera strega, era sicura, doveva denunciare il fatto che molte povere persone erano state uccise per colpa dell’ignoranza della gente; lui odiava l’ignoranza della gente. Indeciso su cosa scegliere, gli venne un’idea. Perché non utilizzare la sua capacità speciale? L’unico problema era che quella parte di bozza doveva essere stampata, se no non avrebbe potuto immaginare la fine, senza l’odore di carta stampata e inchiostro. Chiese al suo amico bibliofilo di accompagnarlo a visitare la casa editrice; Luca gli rispose che non era aperta al pubblico, e che solo se si aveva un manoscritto si poteva entrare. Ribatté che lui un manoscritto ce l’aveva, solo che non poteva parlarne per scaramanzia. Allora, Luca si convinse e annuì. Non era sicuro che avrebbero pubblicato un mezzo libro, perciò decise che avrebbe fatto tutto in gran segreto e in modo decisamente illecito. Fu proprio in quell’occasione che il suo essere algido e dispotico con le persone e le cose diverse dai libri venne fuori. Lui e Luca erano arrivati davanti alla casa editrice e si stavano dirigendo verso l’ingresso, lui a grandi falcate. Appena attraversata la porta, aspettò che il suo “amico” lo raggiungesse per salire le scale. Quando Luca gli chiese perché non andava  negli uffici dove lavoravano i critici per mostrare loro il suo lavoro, gli rispose di seguirlo. Qualche gradino più tardi, si fermò, prese un vaso di fiori molto grande dalla finestra e glielo scaraventò in testa in modo da farlo crollare in terra privo di sensi. Però, la circostanza si aggravò e, dopo la lunga discesa dell’intera scala, il povero Luca arrivò vicino alla porta propriamente esanime, freddo. Bisogna aggiungere che al nostro protagonista un po’ dispiaceva della morte del migliore tra i suoi pochi amici, ma di certo preferiva che non lo vedesse fare ciò aveva l’intenzione e che stava per fare; sicuramente sarebbe stato d’impiccio e lo avrebbero scoperto, non se lo poteva permettere, sennò addio carriera di scrittore. Attento a non far rumore, perché ne aveva già fatto abbastanza ed era difficile che nessuno lo avesse sentito, andò a raccogliere i cocci e la terra del vaso; mise il tutto in uno sgabuzzino. Tornò indietro, raccolse il cadavere e lo mise nello stesso sgabuzzino. Proseguì nel suo intento. Salì ancora le scale fino al piano successivo, alla sezione tipografia. Bussò. Un addetto si affacciò dalla porta ed ebbe fugace momento per vedere in faccia il suo assassino prima che lo strangolasse con una corda che si era portato dietro. Entrò. Vide un altro addetto, e, con un cassettone pieno di fogli e blocchetti, lo mandò a miglior vita. Ora l’intera stanza era a sua disposizione. Studiò per qualche minuto il meccanismo della stampa, e, siccome, è da sottolineare, era una persona estremamente intelligente, lo capì completamente, non era troppo difficile. Interruppe la pubblicazione dell’opera precedente e tolse le copie dal tapis roulant; le dispose a terra senza sgualcirle (Perché rovinare quegli oggetti divini?). Inserì il suo manoscritto alla base della macchina e aspettò che ne uscisse almeno una copia. Quando finalmente vide uscire il mezzo-manoscritto diventato mezzo-romanzo, provò un’emozione indescrivibile che si manifestò, per una persona  instabile come lui, nella distruzione di tutte le copie del precedente libro. In quel momento si era sentito uno scrittore più che affermato e l’avere lì vicino a sé una storia non sua, era stato come se il suo prestigio fosse stato ridotto, come se quella concorrenza fosse umiliante e, soprattutto perché quel romanzo era completo e il suo, no. Se ne andò più infastidito che soddisfatto. Questo da prova di quanto quel giovane fosse volubile e perennemente insoddisfatto; in realtà, i libri non lo rendevano veramente felice. Ora non restava che andarsene. Prese il suo mezzo-libro e si legò la vita, poi aprì la porta e attraversò il pianerottolo verso la finestra. Là, legò la corda a un gancio lì vicino. Si preparò per calarsi, quindi mise le mani sulla corda e saltellò sul muro. Era a metà del muro quando notò che da una finestra spuntava una mano. All’improvviso moltissime immagini e moltissimi pensieri si affollarono nella sua mente… aveva ucciso il suo migliore amico, non ne avrebbe più avuto uno come lui, era stato un mostro… in fondo, i libro possono fare molta compagnia, non sostituire un amico… Staccò le mani dalla corda e precipitò nel vuoto.   

 

 

 

  
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