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Autore: _COCCODe_    29/07/2010    4 recensioni
E se dietro l'apparente amicizia di Shino e Kiba si nascondesse una scomoda realtà?Ecco quello che la mia mente malata ha prodotto.[...]Rosso.Tutto intorno a me era completamente rosso.Non uno comune però; era un rosso intenso, raccapricciante, da farti raggelare il sangue nelle vene.Eppure mi riempiva d'orgoglio.Perché quel rosso era meraviglioso ai miei occhi pieni di sadismo.[...]Secondo Classificato, premio originalità e premio giuria all'Hate Contest - L'Odio tra i banchi di scuola indetto da Miharu Ozukawa.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kiba Inuzuka, Shino Aburame
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Il rosso della mia esaltazione


Rosso
.
Tutto intorno a me era completamente rosso.
Non uno comune però; era un rosso intenso, raccapricciante, da farti raggelare il sangue nelle vene.
Eppure mi riempiva d'orgoglio.

Perché quel rosso era meraviglioso ai miei occhi pieni di sadismo.

Nemmeno quel guaito sommesso, al di fuori dello stanzino, riusciva a smuovermi. Ero talmente assorto nella mia esaltazione da riuscire ad isolarmi totalmente da tutto ciò che era esterno alla preda, che avevo, così gentilmente, offerto ai miei, unici, veri amici.
Rosicchiavano, mordevano, sbrindellavano, strappavano, fino a lentamente andare a ridurre quell'insulsa, inutile vittima ad un'inerme carcassa sfigurata.
Ed io, ancora lì, immobile, ad osservare quel rosso che tanto mi appagava, sentii qualcuno che aveva cominciato a sbraitare, tentando di aprire la porta che ci separava.

Qualcuno era riuscito a scoprirmi...




« Dai Shino, Sbrigati, altrimenti arriveremo tardi anche oggi! » Esordì Lui, battendomi una sonora pacca sulla spalla destra.
“Se ogni giorno arriviamo in ritardo, è perché ci metti due giorni ad uscire di casa, brutto coglione!!” avrei voluto rispondergli; e invece mi limitai ad articolare semplicemente un « Umh … Ok … » sommesso.
Corremmo per svariati metri, prima di raggiungere l'accademia. Ovviamente, tutti erano già entrati, e noi eravamo arrivati lì con ben venti minuti di ritardo.
Entrammo nell'edificio.
Lui adocchiò un orologio all'entrata dell'infrastruttura. Imprecò violentemente.
Ancora una volta avrei voluto ricordargli le sue colpe, ma tacqui.
Giunti davanti alla nostra classe, Lui bussò con decisione, per poi andare ad aprire la porta. Io la richiusi dietro ai miei passi, bloccandomi, raggiunto il Sensei.
« Anche oggi in ritardo … Kiba, Shino … Non so più cosa dirvi per farvi arrivare puntuali!! Siete veramente impossibili! » Mormorò sconsolato Iruka.
Quel plurale mi indisponeva. Non sopportavo che venissi interpellato in quell'odiosa frase di rimprovero, dato che, se eravamo arrivati tardi, non era certo per colpa mia.
Quel giorno mi ero svegliato alle 6.50, pronto per un'altra giornata di rafforzamento alle mie doti Ninja. In qualche breve minuto ero già pronto per uscire. Sorridente, mi diressi a casa sua. Degli scuri occhiali neri, mi oscuravano gli occhi, mentre il cappuccio della mia giacca verdognola, mi occultava dolcemente il capo.
Toc. Toc.
Bussai alla porta.
Passò qualche secondo, prima che Tsume, sua madre, venisse ad aprire.
« Buongiorno Shino! » Esordì.
« Salve. » Mi limitai a replicare con un filo di voce.
« KIBAAA!! E' ARRIVATO SHINOOO!! » Sbraitò lei. « Io sto uscendo. Il Sandaime mi riempie di missioni in questo periodo... Entra pure e fa come se fossi a casa tua. » Esplicitò con indifferenza, prima di sparire in una rapidissima corsa che solo una kunoichi del suo rango sarebbe riuscita ad attuare.
Io, però, preferii rimanere fuori ad aspettare. Avevo sempre odiato i cani e la loro casa ne era piena.
Attesi un minuto.
Cinque.
Dieci.
Quindici.
Trenta.
E poi, finalmente, Lui si fece vedere.
« Ciao Kiba... Come stai? » Domandai io, con la mia solita aria neutrale.
Era la sua occasione per chiedere perdono e inventarsi una qualsivoglia scusa per essere rimasto a letto fino a cinque minuti prima. Non mi sarebbe interessato nulla, se quello avrebbe detto, fosse stato un'inutile menzogna. Sarebbe bastato usare un po' di gentilezza; cosa che ovviamente non fece.
« Non abbiamo tempo per queste cagate!! Sbrigati, che siamo in ritardo. » Articolò con aria strafottente, mentre, con eccessiva forza, andava a richiudere la porta della sua abitazione.
Tutta la mia gioia fu calpestata in un solo istante.



Era appena terminata un'ora di lezione. La voglia di alzarmi pareva non sussistere e quindi mi costrinsi a rimanere sdraiato sulla superficie lignea del tavolino. Il mento giaceva miseramente sul polso del braccio destro. L'arto sinistro era completamente disteso, fino ad oltrepassare i bordi del banco, causando un gelido contatto alle dita sottili, che sfioravano i freddi sostegni di materiale metallico. Il capo era lievemente rotato a sinistra, così da permettere alle castane iridi di sbirciare, qualora lo volessi, al di fuori della finestra che avevo a fianco.
Niente e nessuno mi avrebbe impedito di passare, in pace, qualche sereno minutino prima di cominciare l’ora seguente.
Nessuno, se non Lui che, ora, mi stazionava davanti con fare beffardo.
« Che c’è? » Domandai io con ingenuità.
« Niente, mi stavo semplicemente annoiando. » Replicò lui con aria indifferente.
Si susseguì qualche attimo di semplice, quanto fastidioso, silenzio.
« E cosa vuoi da me? »
La mia espressione era completamente inespressiva, come al solito. Dentro di me però, ero rabbioso, fin troppo rabbioso. E Lui se ne accorse. Avevo, per qualche attimo invertito i ruoli e questo non gli piaceva per nulla.
Assunse un’espressione di sfida. Come stesse a dire “Ah, sì?”.
Lo intuii quasi istantaneamente. Mi ritrassi indietro, pronto a subire le conseguenze. Non sapevo quale sarebbe stata la sua reazione, ma certo non sarebbe stata di mio gradimento.
I nervi del collo erano tesi e la paura si era miseramente palesata sul mio volto contratto.
Passò qualche fuggente attimo, prima di ricevere una sua replica.
« Mhpf… » Biascicò con aria schifata.
Entrambi riconoscevamo la mia inferiorità, e mi fece molto più male questa risposta di qualsiasi altra potesse arrivare.



Lentamente camminavo per il corridoio, accompagnato da qualche altro compagno di classe.
Le pareti erano colorate di un rassicurante verde spento, logore per lo più. L’umidità, causata da generazioni e generazioni di studenti, aveva finito per intaccare gran parte dei muri dell’edificio, causando bolle e fratture dell’intonaco. Era un luogo spento, senza senso alcuno, se non quello di ospitare giovani apprendisti ninja.
Ci stavamo recando in cortile per pranzare, ma questo non distoglieva Choji, dal continuo rimpinzarsi di patatine.
Shikamaru camminava con malavoglia, sommerso dai suoi pensieri, mentre Sasuke, con aria beffarda, lanciava, di tanto in tanto, occhiatacce rabbiose in direzione di Naruto, che, ovviamente, replicava con furia ostentata.
Quel biondino mi era sempre stato simpatico. Con poche parole riusciva a tirarti su di morale, anche senza possedere un grande quoziente intellettivo. Era strano l’effetto che aveva sulla gente.
Io però, ero troppo preso dallo struggermi per quello successo poco prima, piuttosto che occuparmi di quello che stava avvenendo intorno a me.
In quel momento, Lui, accompagnato dal suo solito, inutile, cagnolino bianco, stava facendo il filo al gruppetto di ragazze formato da Sakura, Ino e Hinata. Quest’ultima in particolare.
Sapeva che lei mi era sempre piaciuta, ma che, ovviamente, non avevo mai avuto il coraggio di chiederle nulla, anche perché sembrava molto più interessata all’Uzumaki. E per vendicarsi, ora, continuava a flirtare con lei, imperterrito, lanciandomi continuamente occhiatacce beffarde.

Come diavolo si permetteva, quel brutto pezzo di merda, di provarci con la ragazza che mi piaceva?
Ero entrato nel territorio che, con grande fatica, aveva precedentemente marcato e ora non smetteva di farmela pagare.
Io, però, avevo veramente sopportato fin troppo.

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Non ne potevo davvero più.
Ero arcistufo dei suoi continui insulti, delle sue mancanze e di quelle inutili provocazioni.
La paura nei suoi confronti, si era pian piano tramutata in… Stizza. Rabbia. Odio.
Il mio rancore era arrivato al culmine.
Lo disprezzavo con tutto me stesso e, di certo, non avrei potuto continuare così!!



Tornai a casa, ancora con aria imbronciata. Salutai mio padre con un semplice mugugno, per poi fiondarmi sul terrazzo. Quella zona della casa era, da sempre, il mio punto di riferimento, il luogo in cui nascondermi quando non avevo voglia di vedere nessuno e rimanere semplicemente isolato, per fare il punto della situazione e risistemare i pensieri che mi frullavano nella testa e, questa, era proprio una di quelle situazioni.
Era un luogo che emanava costantemente una pace surreale, come se fossi lontano da tutto e tutti. Non c’era una gran vista, in quanto il balcone era stato completamente verandato, così da guadagnare una camera in più.
Questa stanza, veniva usata a mo’ di serra, per il mantenimento a “temperatura costante” dei vari tipi di insetti della casata.
Quattro grandi gabbie vetrate, torreggiavano su tutte le altre, più piccole e meno utilizzate. In due di queste, venivano tenuti tutti gli esemplari adulti, suddivisi per sesso. In un’altra venivano messi tutti quelli scelti per la riproduzione, mentre in quella rimanente tutti quelli in crescita.
In ulteriori contenitori, venivano smistate le uova e in altri si effettuavano piccole tipologie di esperimenti, basate, per lo più, sul potenziamento offensivo e difensivo degli insetti impiegati al combattimento.
Scaffali su scaffali, stazionavano immobili, ricolmi di strumentazioni di cui nemmeno sapevo l’utilizzo. Ero ancora ai primi studi di entomologia e quella mi sembrava solamente un mucchio di roba inutile.
Il ronzio ovattato dei miei piccoli amici mi rilassava, lasciando che le idee venissero a galla senza controllo.
Socchiusi le palpebre e cominciai a riflettere…

“Quel gesto schifato mi ha fatto irritare in maniera spropositata, ma quando ci ha provato con Hinata non ci ho visto più. Lui lo sa che lei mi piace… che mi è sempre piaciuta e che sempre mi piacerà. E’ così gentile e umile… Poca gente è come lei… Non riesco a dimenticare quella sua espressione beffarda… Quei suoi occhi derisori… Quel suo voler provocare… davvero!! Non riesco proprio a cancellarlo dalla memoria!! ” Pensai.
« Sì, lo odio. » Proruppi con un fil di voce.
“…Devo fargliela pagare” Conclusi, spalancando le palpebre.
Rimasi ancora qualche ora là dentro a riflettere sul da farsi.



Lentamente percorsi il corridoio dell’ala secondaria dell’accademia. Era completamente deserto e perciò non mi fu difficile intrufolarsi nella sala degli attrezzi.
Anch’essa era del tutto vuota. Non avevo mai visto l’aula in questo modo. Di solito era ricolma di classi che si esercitavano sul lancio delle armi ninja, mentre ora nemmeno un’anima viva vi si muoveva all’interno.
Era una semplicissima piccola palestra, dalla forma rettangolare. Le pareti giallognole erano completamente logore. Ancora più di quelle del resto dell’istituto. Tutti i tiri mancati e tutta l’umidità generata, aveva finito per impoverire l’intonaco, fino a farlo decadere in svariate zone.
Sul lato sinistro erano sistemati tutti i recipienti, contenenti parecchi tipi di armi da lancio ninja, mentre, su quello destro, erano posizionati tutti i manichini d’allenamento, usati come bersagli.
Tutt’intorno vigeva un’aria di totale tranquillità e forse di lieve soggezione, nei miei confronti. Ero spaesato e totalmente sotto pressione. Avevo, però, un obiettivo, ed ero certo che sarei riuscito a portarlo a termine.
Corsi rapidamente verso i contenitori sul lato sinistro.
Per qualche istante credetti veramente che il cuore mi fosse finito in gola, tanta era la paura che mi stava assalendo.
I battiti cardiaci erano schizzati alle stelle e, con essi, anche la sudorazione aveva preso ad aumentare.
Proprio quando stavo per raggiungere le armi, sentii dei rumori provenienti dall’esterno della palestra.
Nemmeno il tempo di girarmi ed ecco che la grossa porta metallica si spalancò.
« Merda!! » Fu l’unica cosa che riuscii ad articolare, prima di inciampare sui miei stessi passi e cadere miseramente a terra.
Pensai veramente di essere spacciato, ma poi mi venne in mente un’idea.
Impastai il più rapidamente possibile del chakra, andando a fondere le due energie fondamentali. Formai il sigillo della capra.
Ora non mi rimaneva che pensare.
Avevo poco meno di un secondo e perciò mi limitai ad arrivare ad una conclusione plausibile attraverso la vista.
Fissai per un millesimo di secondo la prima cosa che mi passò davanti agli occhi: Un manichino d’allenamento.
Tutta l’energia psicofisica accumulata venne espulsa dal mio corpo, lasciando che quest’ultimo venisse alterato.

Ero riuscito ad usufruire perfettamente della -Henge no Jutsu-, la tecnica della trasformazione.
“Se il sensei mi avesse visto, avrei sicuramente fatto un figurone” pensai, soddisfatto di me stesso, mentre l’uomo che era entrato, si muoveva per l’aula.
Si trattava di Ebisu che, da quanto proferì, si era dimenticato del registro in palestra. Non si accorse di nulla e, dopo aver trovato ciò che cercava, si allontanò dalla sala, lasciando involontariamente che finissi di compiere il mio lavoro, indisturbato.



Rapidamente mi infilai in un piccolo stanzino adiacente ad uno dei tanti corridoi dell’accademia.
Il piano era semplice: avrei dovuto solamente attendere che il piccolo insetto che avevo lasciato fuori dallo sgabuzzino individuasse il bersaglio e me lo riferisse. Avrei poi atteso che Lui mi passasse davanti, per poi trascinarlo dentro e finalmente fargliela pagare.
Non avevo pensato alle conseguenze. Ero fin troppo preso da ciò che dovevo fare per rifletterci su. Ci avrei ponderato più tardi.

Non so bene quanto tempo attesi prima che il piccolo animaletto, che avevo lasciato come “palo”, venisse a darmi la notizia del suo arrivo; so solo che per me apparirono come secoli.
L’adrenalina salì alle stelle e, con essa, i battiti cardiaci aumentarono a dismisura. La fronte era già imperlata da una moltitudine di goccioline di sudore che non esitavano a rigarmi il volto, contratto dalla tensione.
Aspettai ancora qualche secondo, sbirciando dalla serratura, quando finalmente vidi una figura muoversi all’esterno.
Non c’erano dubbi, era sicuramente Lui.

Con uno scatto fulmineo, mi precipitai all’esterno. Fortunatamente era solo e quindi potei agire indisturbato. Con la mano sinistra gli afferrai la maglietta, mentre con la rispettiva gli infilzai il kunai, che ero meticolosamente andato a prendere nella stanza d’allenamento, all’altezza del ventre.
Il sangue sgorgò copioso dalla ferita, andando a macchiare le vesti del povero malcapitato. Quest’ultimo non fece nemmeno in tempo a capire quello che gli stava accadendo tutt’intorno, che rapidamente si trovò a terra, dopo un calcio infertogli sulle natiche, dolorante.
Mi richiusi all’interno dello stanzino, bloccando la maniglia con una sedia trovata lì nel ripostiglio.
Con l’arma, ancora impugnata sulla mano destra, mi precipitai su quella che, a breve, sarebbe diventata una carcassa sfigurata, e cominciai a pugnalarla alle spalle.
Una, due, tre volte.
Quattro, cinque, sei e ancora, ancora.
« Ora non fai più lo sbruffone, eh?! » Sbraitai, per poi lasciarmi andare in un’isterica risata, piena di ferocia.
Lentamente mi alzai. Il dolore delle braccia era diventato fin troppo insopportabile per continuare a martoriare quell’essere senza vita con un kunai. Quindi, con un semplice gesto del capo, ordinai ai miei piccoli insetti di continuare al posto mio.
Quest’ultimi si gettarono famelici su di Lui, cominciando a rosicchiarlo con avarizia.

Rosso.
Tutto intorno a me era completamente rosso.
Non uno comune però; era un rosso intenso, raccapricciante, da farti raggelare il sangue nelle vene.
Eppure mi riempiva d'orgoglio.

Perché quel rosso era meraviglioso ai miei occhi pieni di sadismo.

Nemmeno quel guaito sommesso, al di fuori dello stanzino, riusciva a smuovermi. Ero talmente assorto nella mia esaltazione da riuscire ad isolarmi totalmente da tutto ciò che era esterno alla preda, che avevo, così gentilmente, offerto ai miei, unici, veri amici.
Rosicchiavano, mordevano, sbrindellavano, strappavano, fino ad andare a ridurre lentamente quell'insulsa, inutile vittima ad un'inerme carcassa sfigurata.
Ed io, ancora lì, immobile, ad osservare quel rosso che tanto mi appagava, sentii qualcuno che aveva cominciato a sbraitare, tentando di aprire la porta che ci separava.

Qualcuno era riuscito a scoprirmi...

Rapidamente cercai di ritornare alla “normalità”, e con velocità mi precipitai sul cadavere, cercando disperatamente di spostarlo da lì. Gli alzai il collo e, involontariamente, gli fissai il volto.
Il cuore sussultò, come mai prima d’ora.
Quello che avevo ucciso non era Kiba!!!
Stessi lineamenti e stessi capelli. Mi ero sbagliato e per questo avevo ucciso una persona che non c’entrava nulla con tutta la faccenda.
Solo allora mi resi conto dell’errore e della follia che c’erano dietro al gesto che avevo appena compiuto.
Per degli inutili battibecchi scolastici ero arrivato addirittura ad uccidere.
Non era da me. Da sempre avevo avuto un carattere docile e per lo più neutrale. Era facile convincermi e tutto questo non rispecchiava certo il mio modo di vivere.
Ero cambiato. Ero diventato un essere orribile. Mi odiavo.

Proprio in quel momento, la porta si spalancò. La luce entrò rapida all’interno dello sgabuzzino, accecandomi per qualche breve istante.
Le iridi poi, pian piano, si abituarono e così riuscii a riconoscere chi mi aveva tristemente scoperto.
Sì, esatto, era proprio Lui. Il suo olfatto sviluppato lo aveva condotto fino a me. Il metallico odore del sangue lo aveva spaventato, ma non quanto quello che ora stava osservando con i suoi occhi innocenti.
Seguirono brevi secondi di silenzio, ricchi di sgomento da una parte e malinconia dall’altra.

« Shino, cosa significa tutto questo? E’ uno scherzo di cattivo gusto, vero? » Domandò incredulo.
« No. Ci saresti dovuto essere tu al suo posto. » Commentai, rammaricato.
« Mi stai prendendo per il culo? » Chiese ancora.
« No. Ti ho detto di no. »
Si ammutolì ancora per pochi secondi.
« E perché l’hai fatto? » Mi interrogò.
« Perché sono uno stupido, un deficiente!! » … « Per quanto possa valere, ti chiedo scusa. »



Ora sono passati circa vent’anni.
Sono un Jounin affermato e questa è una vecchia faccenda, che però non cessa ancora di farmi male.
Per mia fortuna, l’innocente ragazzo che uccisi era un orfano e nessuno reclamò la sua esistenza. Perciò riuscimmo a sistemare il tutto con l’aiuto dell’Hokage che vedeva in me ottime doti ninja. Quest’ultimo, io e Kiba fummo gli unici a conoscere questa storia, che lentamente finì tra gli oscuri segreti del villaggio della foglia.


Fine.



{ Note del _COCCODe_}

Storia partecipante all’Hate Contest – L’odio tra i banchi di scuola di Miharu Ozukawa.
Storia seconda classificata –a pari merito- con “Matematica” di Mio Akiyama.
Ecco il banner meraviglioso *w* :

Oltre al secondo posto sono stato premiato con il premio Originalità *w* :

E premio Giuria *____* :


Sono veramente felicissimo di aver raggiunto questa posizione *O*
Anche perché, sinceramente, non ero molto fiero della fanfic e l’ho inviata pensando “Tanto che ho da perdere” xD
Mai avrei immaginato di riuscire ad arrivare così in alto in classifica. ç.ç
Vorrei quindi fare un ringraziamento speciale alla giudicia e bannerista (e anche beta-reader, dato che alla fine l’ho costretta anche ad individuare tutti gli erroriNI che ho commesso nello scrivere. xD) e anche a tutti i partecipanti.

Ecco il commento che ha lasciato nel contest per la mia FF (prima di betarla) :

Grammatica ed ortografia (errori di battitura compresi): 8,5 punti
L'utilizzo dei tempi verbali non presenta alcun errore, a parte un “fu” al posto di un “era”. L'uso di alcune parole inappropriate nel contesto della narrazione ed alcuni errori di battitura hanno abbassato il voto, ed è un vero peccato perché le frasi sono articolate in modo corretto e non sono presenti errori particolari.
Stile e scorrevolezza: 3,5 punti
Mi rincresce davvero mettere un voto così basso...Purtroppo, l'utilizzo delle virgole è spesso incorretto, e questo causa una lettura lievemente discontinua.
È un vero peccato, perché lo stile è davvero ottimo e si fa leggere volentieri, il lessico è ben curato e molte espressioni sono davvero azzeccate nel contesto.
Originalità: 5 punti
Quasi nessuno scrive mai di Shino, e tu l'hai utilizzato; perlopiù, mettendolo in un contesto di odio con Kiba, che essendo il suo compagno di team, dovrebbe trovare come un fratello, e non come nemico. Ti do cinque punti all'originalità soprattutto per il finale, che mi ha lasciata con la bocca aperta. Davvero, quando ho letto mi sono persino lasciata sfuggire un “ma no...!”, una volta giunta alla fine. Quindi il voto pieno a parer mio è più che meritato ;)
Attinenza al tema: 10 punti
Anche tu, come black_cherry, hai scritto di un odio così violento da arrivare all'omicidio... ed era quello che volevo io, seppur non avendolo esplicitamente scritto nel bando del contest per lasciare a voi l'interpretazione del tutto. L'hai descritto in modo appropriato ed efficace, lasciandomi soddisfatta ;)
Giudizio personale: 5 punti
Mi è piaciuta davvero molto, perché il finale lascia con l'amaro in bocca di un segreto nascosto dal tempo e la consapevolezza di un odio sbagliato, che ha portato ad un gesto come l'omicidio.
Mi ha trasmesso un sacco di emozioni, mi ha inquietata ed assoggettata. Complimenti... è bellissima :)

Totale: 32/35

Nient’altro da dire, se non:
Spero vi sia piaciuta.

  
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