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Autore: Ossian    31/07/2010    5 recensioni
Ossian Cousland ha appena perso la sua famiglia per il tradimento dell'arle Rendon Howe e la persona che gli ha salvato la vita è uno dei leggendari Custodi Grigi. Il dolore scava solchi profondi nel suo cuore e mentre Ostagar si fa sempre più vicina, Ossian è ancora ben lontano dal poter intraprendere il destino che gli è stato imposto... Questo piccolo capitolo introduttivo vuole approfondire come può essere stato il viaggio verso Ostagar del mio Custode con Duncan: il loro rapporto, come ha gestito l'improvvisa morte della sua famiglia. E' una storia che verrà scritta e sviluppata a quattro mani: da me e da Layra Luin Isil e che vedrà intrecciarsi i destini dei nostri due custodi grigi: Ossian Cousland e Layra, l'elfa dalish e degli altri protagonisti di Dragon Age: Origins. Buona lettura, spero vi piaccia!
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Coperto di Sangue "Forza alzati!"
La voce colpì le orecchie di Ossian brutalmente, la testa gli doleva così tanto che per un attimo temette il cervello gli uscisse colando dalle orecchie. Un dolore sordo e pulsante gli aggrediva la base della nuca. Dovevano averlo colpito forte.
"Andiamo!"
Ma chi era quella voce? Cosa voleva da lui? Ossian non riusciva ad aprire gli occhi e non voleva nemmeno farlo. Perchè doveva? Se fosse rimasto immobile abbastanza a lungo il dolore se ne sarebbe andato, per sempre.
Sentì mani grandi e forti rimetterlo in piedi con foga, neanche fosse un poppante. Ossian aprì gli occhi e il mondo prese a vorticargli davanti in un turbinio confuso mentre il suo corpo protestava , costretto a muoversi sebbene il dolore fosse lancinante.
Lentamente il giovane mise a fuoco un volto: scuro, incorniciato da una fotla barba con due profondi occhi neri che lo fissavano ansiosi.
"Stai bene, figliolo?"
Figliolo. Quella singola parola riportò alla mente di Ossian Cousland quello che era avvenuto poche ore prima: il tradimento di Rendon Howe, guerrieri che correvano impazziti coperti di sangue, i corpi del piccolo Oren e di sua madre stesi a terra. Suo padre mezzo annegato nella pozza del proprio sangue e sua madre...
S'accorse di stringere ancora la pesante spada di famiglia nella mano: non l'aveva più lasciata da quando con sua madre l'aveva recuperata dall'armeria. Bene, gli sarebbe servita. Per il collo che stava poco sotto quella testa di traditore di Howe.
L'uomo con lui era Duncan. La scena si allargò, man mano che la vista tornava: vide i corpi di alcuni esploratori di Howe stesi a terra. Duncan era coperto di schizzi di sangue ma il suo volto mostrava sincera apprensione
"Sto...bene. Credo"
Il Custode sospirò sollevato "Molto bene. Ho temuto che il colpo fosse stato troppo forte. Dobbiamo proseguire"
A fatica Ossian si rimise in piedi e rinfoderò la spada. Subito Duncan iniziò a guidarlo attraverso i boschi di Altura Perenne verso sud: il viaggio sarebbe stato lungo e impegnativo a piedi, prima attraverso i Bannorn e poi giù, fino a Ostagar.
Dopo quel primo incidente appena fuori la tenuta dei Cousland, non avvennero altri incontri e sebbene questo fosse ovviamente un bene, Ossian dentro di se ribolliva di furia repressa e quasi sperava di incontrare di nuovo i soldati di Howe per sfogare quel dolore sordo, maligno che come un tumore si era scavato la sua  tana dentro il suo cuore.
Furono giorni grigi. Il tempo volse a peggio e una fitta pioggerellina fu la costante compagna dei loro pellegrinaggi e dei silenziosi falò che allestivano quando, ormai a sera inoltrata, si disponevano a riposare le membra forzate dalla lunga marcia.
Ossian non parlava. Non voleva parlare, non voleva nemmeno guardare troppo a lungo quell'uomo che lo aveva salvato ma che lo stava conducendo verso un destino ignoto e di cui non avrebbe nemmeno mai voluto sentire accennare.
Beowulf era il suo unico, costante compagno. Il grosso mabari da guerra osservava il padrone in silenzio, muto e solidale col dolore che, lo percepiva, straziava la mente della persone più importante della sua vita senza che lui potesse fare niente per aiutarlo.
E Ossian puliva la sua spada. Ogni sera, ossessivamente, convulsamente, ripetutamente: la puliva e la ripuliva, come se in quel gesto potesse lavare via il ricordo di suo padre e di sua madre, della sua intera esistenza spazzata via in un istante.
Quella spada diveniva in quei momenti tutto il suo universo: ogni tacca, ogni fregio, ogni curva del simbolo del suo casato si imprimevano nella sua memoria finchè, chiudendo gli occhi, non riusciva a vederla ugualmente.
 Duncan lo osservava, triste.

Quella sera il Custode si era inoltrato sulla strada per attendere un carro che già dal tardo pomeriggio avevano visto marciare sulla curva delle colline, a est. Duncan voleva notizie fresche e magari qualche rifornimento, prima di giungere a Ostagar, distante ormai due giorni di cammino.
Ossian osservava il fuoco, pulendo di nuovo la sua spada, Beowulf accucciato accanto a lui. Perchè? Quella domanda semplice, ossessiva, tormentava i suoi sogni e gli rendeva amara la giornata. Non sapeva perchè, non capiva perchè e alla fine, nemmeno gli importava: voleva solo stringere fra le sue mani la testa di Howe fino a schiantarla per poi, come una belva, lanciarsi sulla sua famiglia e ascoltare le loro grida d'agonia.
Il mabari drizzò le orecchie all'improvviso e digrignò i denti. C'era qualcosa nel bosco.
Ossian strinse forte l'elsa della spada e si mise in ascolto.
Lo stormire delle foglie piegate dal vento d'autunno, l'aria fredda che gli si insinuava nei polmoni, lo scoppiettio dei rami nel fuoco. E all'improvviso lo sentì.
Un passo pesante, lo scricchiolio di un ramo spezzato.
Ossian si alzò con un gesto fluido, frapponendo la pesante spada di ghisa fra se e l'oscurità della foresta. E fu allora che lo vide.

Il prole oscura era alto e massiccio, il corpo muscoloso, di un pallore cadaverico, coperto con una rozza armatura di ferro e cuoio messa insieme alla meno peggio. La pesante spada irta di denti acuminati, però, aveva un aria efficiente e micidiale: macchie di un rosso cupo e di un'altro colore che Ossian non volle decifrare costellavano la pesante lama ricurva fino all'elsa scalfita.
Il mostro lo fissò con quegli occhi bianchi, lattiginosi, eppure così pieni di odio, un odio che quasi mozzò il fiato al guerriero. Non c'era niente dietro quegli occhi, solo l'insostenibile, insaziabile sete di uccidere.
Era la prima volta che Ossian vedeva un prole oscura e per un istante, la paura lo paralizzò. Poi il fuoco della battaglia gli infiammò il cuore: il Creatore gli aveva mandato un degno avversario su cui sfogare la propria ira.
"Hai sbagliato preda" si ritrovò a sussurrare il ragazzo sorridendo "Stasera sarai tu a morire"
Il prole oscura emisa un ringhio di sfida e si lanciò in carica, cercando di gettare il giovane a terra e concludere la battaglia in breve tempo. Ossian assorbì l'impatto e scartò di lato, facendo subito saettare la pesante spada verso le gambe del suo avversario. Il mostro abbassò la lama d'istitno e le due spade cozzarono producendo un clangore che echeggiò nel bosco silenzioso.
Il prole oscura chiuse la pesante mano nodosa in un pugno e sferrò una mazzata micidiale verso la testa scoperta di Ossian. Il colpo lo stordì e sarebbe morto se Beowulf non fosse intervenuto in difesa del suo padrone saltando sulla schienda del mostro  e distraendolo quel tanto che bastava per permettere a Ossian di riprendersi.
Il prole oscura si liberò del mabari con un forte strattone, mandano la povera bestia a cozzare contro un albero. Quindi tornò a fronteggiare il suo principale avversario.
Molti dicono che i prole oscura non sappiano pensare: è l'istinto, il richiamo del loro mostruoso padrone che li guida. Ma se questo prole oscura fosse stato in grado di pensare, leggendo negli occhi del ragazzo che aveva di fronte avrebbe capito che quella sera la morte era giunta a fargli visita.
Il primo, pesante fendente aprì un solco insanguinato nel petto purulento del mostro. Con un gesto di stizza la bestia cercò di restituire il colpo ma Ossian, rapido come una serpe, si fece di lato e vibrò un violento colpo alla gamba scoperta.
Il prole oscura, ululando di dolore, si accasciò su un ginocchio, protendendo la spada per colpire quella fastiosa creatura che si rivelava tanto ostinata. Di nuovo Ossian colpì e il braccio mozzato del mostro cadde a terra, mentre questi urlava con voce aliena tutto il suo dolore. Ma il guerriero non si fermò.
La spada colpì ancora e la testa dell'essere volò via, oltre il fuoco del falò: il prole oscura era morto ma Ossian conitnuò a infierire sul corpo della creatura ancora e ancora, fino a ridurla ad una poltiglia sanguinolenta in cui lui stava immerso.
Non parlava, non gridava, non diceva niente: colpiva con furia ossessiva, la stessa compulsione che lo aveva portato a pulire la sua spada tutte le sere, per ore, per tutti i giorni in cui era stato in cammino. Si coprì di sangue scuro, denso, nauseabondo da capo a piedi.
Fu Beowulf a riscuoterlo. Lo colpì delicatamente col muso, come a chiedergli di smettere, come a dirgli che si stava facendo del male. Ossian lo guardò un istante, poi gettò la spada lontano e allargando le braccia verso il cielo indifferente e la luna distante, urlò.
Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, un urlo disperato, di animale ferito, di anima dannata. Il mabari accanto a lui ululò, solidale col suo padrone nel lutto che accomunava entrambi.
Ossian sentì qualcosa che scendeva lungo le sue guance ed erano lacrime: credeva di aver versato tutte le lacrime che poteva, ma ancora non era abbastanza, evidentemente. Urlò e pianse, l'angoscia che gli stringeva il petto.
E poi due braccia forti lo strinsero da dietro in un abbraccio fraterno e lui seppe che era Duncan.
Il Custode aveva osservato la scena dal limitare del bosco senza intervenire perchè sapeva che certe battaglie dovevano essere combattute da soli: nessuna parola poteva aiutare in questi casi. Non avevano aiutato lui, tanti anni prima, quando nelle Vie Profonde aveva perso tanti amici e il suo primo Comandante, Geneviev. Non ci sarebbero state parole nemmeno per consolare quello che, nonostante l'armatura e la spada, era solo un ragazzo rimasto orfano.
Ossian guardò Duncan con gratitudine, il dolore che si scioglieva nel petto e diveniva meno pressante, ma sempre presente.
Si alzò. "Adesso sono pronto" disse Ossian e Duncan annuì. Da certe battaglie, si poteva uscire soltanto coperti di sangue.





  
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