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Autore: Ranessa    27/09/2005    5 recensioni
"Sbatto le palpebre. La porta arrugginita sembra bianca e aperta. In realtà è nera e chiusa. La luce sembra provenire direttamente dalle pareti" Lucius Malfoy, elogio della follia.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lucius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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[ Thoughts of the mother earth ]


Una volta eravamo pazzi, eravamo felici
Trascorrevamo tutti i giorni insieme
tenendoci per mano
Ti ricordi, amore mio
Come ballavamo e giocavamo
Ci stendevamo sotto la pioggia
Magari avessimo potuto rimanere lì
per sempre
Ora sono triste
Tu sei così lontana
Sto seduto a contare le ore,
giorno dopo giorno

"The millionaire waltz", Queen


[ P a r t e I L u c e ]

In realtà sembra che la luce provenga direttamente dalle pareti.
Che sia la pietra grezza a generarla, a diffonderla fioca, insana attraverso quest'aria densa eppure rada, malata anch'essa. Rivoli di acqua fredda scorrono sui muri, come decine di dita malvagie, che mi inseguono, che mi circondano, che aspettano pazienti un momento favorevole per attaccarmi, pericolose... l'umidità uccide.
I rumori giocano brutti scherzi. Scherzi cattivi, scherzi antipatici. A volte giungono attutiti, quasi impercettibili, rumori di unghie che graffiano le pareti, pareti ricoperte di sangue, come un grattare incessante, da qualche parte intorno a me. Ed io penso, alla fine, che gli scherzi in realtà non li facciano i rumori, ma la mia mente, che sia lei la regina dell'illusione e dell'inganno. Poi guardo le mie mani, le mie unghie spezzate, la carne rossa e viva. Sono io a graffiare i muri. Me ne accorgo sempre troppo tardi.
Altre volte sono assordanti, i rumori, amplificati, acuti, rimbombano nella mia testa come lame affilate da un arrotino infernale.
Gli occhi bruciano. Non sono sicuro che riescano ancora a vedere la realtà. Spesso i muri si restringono di colpo, soffocanti, spaventosi, e poi tornano normali. Sbatto le palpebre. La porta arrugginita sembra bianca e aperta. In realtà è nera e chiusa.
La luce sembra provenire direttamente dalle pareti.

[ P a r t e I I I n s e t t i ]

Il piccolo vassoio con la mia cena... pranzo?... è ancora nell'angolo. Non l'ho toccato.
Loro credono che io sia sciocco, che non me ne accorga. Che non li veda... gli insetti... Camminano per le pareti e vengono dai piatti che loro mi portano. Dalla carne quasi cruda che loro mi portano. Dalle verdure bollite e dalle zuppette insipide. Dalla frutta ammuffita.
Per questo non mangio.
Per gli insetti...

[ P a r t e I I I V o c i ]

E loro non smettono mai.
Vengono accompagnate dal suono incessante delle onde del mare. Vengono nella mia mente e mi guidano per mano attraverso le mie giornate. A volte narrano dei miei ricordi passati ed io allungo le mani per afferrarle nell'aria densa di salsedine. Poi mi ricordo che sono voci, che non posso toccarle, e allora cominciano le domande...
Che giorno è oggi?
Ti ricordi il volto di tua moglie?
Come sta tuo figlio?
La tua bacchetta? Hai dimenticato di nuovo la tua bacchetta?
Dove sei?
Di che colore sono gli occhi di tua moglie?
Come hai potuto farmi questo?

Allora chiudo gli occhi e dondolo la testa e ripeto il mio nome. A volte basta concentrarsi sul proprio nome, Lucius Dagnarus Malfoy, Lucius Dagnarus Malfoy, e loro non se ne vanno, ma io riesco a pensare a qualcos'altro.
Io riesco a pensare al mio nome.

[ P a r t e I V L u c i d i t à ]

In realtà c'è una piccola finestrella quadrata, proprio in cima, vicino al soffitto.
Porta ogni giorno la luce del sole, la spuma del mare e i cori dei gabbiani. Il sale e la ruggine.
Lucidità.
A volte è come se la mia mente si dividesse in due, come se divenissi due persone diverse. E una delle due è lucida, e osserva l'altra impazzire, contorcersi nera ed espandersi ogni giorno, inghiottendo la parte sana.
E osservare è tutto ciò che mi è concesso.
Essere perfettamente consapevole della mia strisciante rovina.
Non riuscire a tornare indietro, marcire ogni giorno ancora un po', rivestirmi prepotentemente di speranza e sentirla scivolare via ad ogni nuova alba.
Comincio a detestare la lucidità. Questo stato sospeso e immobile delle cose.
Follia, vorrei annegare nella follia.
Non mi resta che sperare nelle voci, e negli insetti.
Assistere impotente.

[ P a r t e V R i c o r d i ]

I ricordi arrivano a sprazzi, improvvisi, come piccoli aghi nel cervello.
Spesso si crede che sia la mancanza a tormentare, un senso di vuoto perenne quando tutto ciò che ti rimane sono quattro pareti di pietra, luce insetti e voci. E invece no. Sono i ricordi, la dolorosa presenza del proprio passato. Mi capita di desiderare di poter cancellare ogni cosa dalla mia mente, mia moglie che bellissima avanza verso di me, con una delle damigelle che quasi inciampa nel suo lunghissimo strascico bianco; Rodolphus che lascia cadere la sigaretta che sta fumando quando gli dico che sarò padre; Draco che decide di nascere prematuro e ci fa correre al San Mungo due settimane prima del previsto; il rosso dei Suoi occhi e il Marchio palpitante , le orbite vuote e il serpente.
Desidero di perdermi.
Di non ritrovare più la strada tra realtà e passato, verità e ricordo.
Vita e questa cella.
I ricordi uccidono.

[ P a r t e V I T e m p o ]

La concezione di tempo qui non ha alcun senso.
Unghie ruvide prima delle mie hanno tracciato linee incerte, segnando giorni perduti. Sentenze dimenticate.
Io osservo gli insetti.
Sto seduto a contare le ore, ascoltando le voci.
Giorno dopo giorno.

   
 
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