La notte
accompagnava ogni suo passo, lo accoglieva nel buio silenzio ormai spezzato. I
capelli neri gli gocciolavano sul viso, ma non se ne curava. La pioggia ormai
era parte di lui e lui non riusciva più a sottrarsi a quel profumo che le dolci
gocce portavano giù dalle nubi, giù dal Paradiso, direttamente all’Inferno.
Quel
profumo. L’unico ricordo rimastogli di lei. L’aveva consumato, bruciato dal
profondo, ma ormai non riusciva più a saziarlo, ad ogni temporale era lì, nel
parco, ad inebriarsi di lei.
Lei che
ormai non c’era più.
È facile
piangere sotto la pioggia. Le lacrime si confondono sul viso, acque salata e
acqua dolce.
Se n’era
andata, lasciandolo solo con il suo volto negli occhi ogni volta che li
chiudeva, con il suo sapore sulle labbra, col suo odore tra le lenzuola, che
svanì troppo presto, troppo presto…
Ma quando
una notte di tempesta aveva sentito ancora quel profumo, non poteva crederci,
il tempo l’aveva portato via, lontano, eppure era lì, che alleggiava nella sua
stanza come un fantasma.
Era per
caso tornata? Impossibile, lo sapeva, ma il desiderio, la speranza,
riaffiorarono subito nel suo cuore straziato.
Fissò la
finestra aperta e capì.
La pioggia
gli aveva fatto un regalo, gli aveva donato un’arma a doppio taglio, la sua
nuova droga.
Ora alzò
gli occhi verso la luna che timidamente sbucava dalle nuvole grigie, tentando
di illuminare quel mondo cupo e triste, cercando di illuminargli il cuore.
Tutte le notti ci provava. Invano.
Pensava ai
suoi occhi mentre guardava il cielo. Le sue iridi grigie con quelle pagliuzze
bianche che si muovevano a volte, come le ali di un gabbiano che esegue la sua
ultima danza tra le onde del mare burrascoso che si appresta ad inghiottirlo.
Solo due
parole gli aveva lasciato, vicino al sangue che imbrattava il cuscino e che le
sgorgava dalla tempia.
“Sii felice”
Ma come
poter essere felice?
Così
tormentato dal suo ricordo vagava esule per le strade di Londra, perennemente
bagnate.
Aveva
scelto l’Inghilterra, il paese della pioggia, per starle acanto, per averla
accanto.
Era
scappato durante il funerale, scappato da quel paese di cui il sole era
padrone.
Ogni
notte, la stessa ora in cui l’aveva trovata nel letto, gli occhi sbarrati privi
di vita, prendeva in mano la pistola con cui si era tolta la vita, stufa di
questo mondo crudele e incompresa, e rifletteva, ogni notte voleva
ricongiungersi a lei, starle vicino per sempre, ma quel profumo lo legava alla
vita, avvinghiandolo nelle sue spire, come un serpente con al sua preda.
Ma quella
notte no, non avrebbe ceduto.
Ormai non
aveva più niente che quella folle pioggia avrebbe potuto sottrargli, la sua
anima era come un tizzone ormai spento che aveva bruciato per molto tempo tra
le fiamme del camino, di lui rimaneva solo cenere.
Un ultimo
sguardo alla luna. Lei sa che brucerà in eterno, lei piange per lui, ma non
sarà solo.
Chiuse gli
occhi, lasciandosi accarezzare per l’ultima volta il volto dalle lacrime delle
nubi, anche loro non vogliono lasciarlo andare. Inspirò ancora il suo profumo,
lo accolse nella sua anima.
Sollevò la
pistola e sorridendo volò da lei, libero dalla sua prigione, finalmente
felice.