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Autore: chaplin    02/08/2010    2 recensioni
“Ah, ovvio che mi mancano i bei tempi.”
1960. Una ragazza decide di scappare di casa insieme a tre amici verso la Germania, alla ricerca del valore della liberta' dai vincoli della famiglia e dell'adolescenza appena raggiunta. L'incontro con un giovane batterista cambiera' in parte la sua vita. In una notte del 1962, il bassista dei Beatles, James Paul McCartney, si sveglia da un incubo.
Il nuovo episodio - sebbene completamente indipendente dal precedente - della serie "Rubber Soul." del "The Beatles... Again."
Genere: Demenziale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Paul McCartney , Quasi tutti, Ringo Starr
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rubber Soul.'
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Liverpool, settembre 1962.
Uno dei motivi per cui certe volte non mi sarebbe dispiaciuto vedere la Barton appesa ad un albero era la sua ossessiva insicurezza. Testarda, piagnucolona e con milioni di dubbi, dubbi su dubbi e altri dubbi. Non la odiavo, anche se certe volte provavo un poco di ostilita' nei suoi confronti. Ero abbastanza protettiva con lei, se non ricordo male, ma non sopportavo di dover essere io la sua guardia del corpo, la sua consulente e la sua mammina.
Passai circa la meta' della serata a incoraggiare la Barton, poste entrambe fuori da un pub che, a quanto scoprii piu' tardi, era gestito dall'ex batterista del complesso in cui era entrato per puro divertimento – i Crystals di Kevin, all'epoca diciottenne, con un accento da sangue blu che irritava un po' tutti noi. Lo chiamavano Ryan, non ricordavo bene il suo viso; avevo dei ricordi un po' sfocati, in quel periodo. Non ricordavo niente con precisione, avevo memorie a scatti e riuscivo a ricordare un paio di episodi – i furfanti che avevano cercato di spogliare la Barton, la rissa in cui Guy era rimasto coinvolto durante i nostri ultimi giorni di soggiorno.. tutto sembrava confuso e anonimo all'interno della mia testa, con quei frammenti non potevo ricostruire una tappa della mia vita e la mia infanzia.
Fu solo in quella serata che mi venne in mente che uno dei ragazzi che ci aveva presentato Rob mi era familiare. Ma l'immagine che avevo dentro la mia testa non corrispondeva: ricordavo un teddy-boy con gli occhi azzurri seduto davanti ad un muro con i mattoni sudici, il viso appoggiato alle ginocchia alzate e le due mani sotto il mento coperto dalla barba per stare piu' comodo.
“Oh, ciao Maggie.” diceva, abbandonando la sua espressione malinconica. “Allora? Cos'hai letto oggi?”
“Meg? Va tutto bene?”
Mi voltai verso la Barton con un sorriso tirato, mordendomi la lingua per trattenere un ringhio infastidito. Sotto la luce calda proveniente dall'interno del pub, notai che si era messa a piangere. Ecco,
di nuovo. Era la seconda volta che si metteva a frignare, quel giorno! Rischiavo un serio attacco di nervi quando stavo con quella ragazza, sempre a piangermi addosso e a lamentarsi che i ragazzi cercavano di toccarla e di fare porcate con lei. Ah! Che nervoso che mi veniva!
“Certo, va tutto bene! … Va tutto
bene!” feci una pausa. “Va tutto bene, Meg, va tutto bene..”
“A.. a me non sembra che vada tutto bene. Va tutto bene per davvero?”
Aaaah! Miseriaccia, non poteva starsene zitta?!
Si' frignona, va tutto bene! Io sto bene, tu devi stare bene, tutti noi sorridiamo e il sole e' alto in cielo anche se sono praticamente le nove di sera! E ora ZITTA!
Questo avrebbe dovuto essere la mia risposta, quella che carezzavo con orgoglio. Invece annuii. Annuii e basta.
Lei si asciugo' le lacrime che stavano cadendo dalle sue palpebre e si sedette sul marciapiede, coprendosi con il poncho per non sporcare i pantaloni. Mi sedetti accanto a lei, seppur con malavoglia. Con un breve gesto mi sistemai il vestitino colorato, quello con le decorazioni a fiori, anche se non mi piaceva molto. Avevo la stessa taglia della Barton, non avevo molti vestiti e spesso li scroccavo da lei, tanto per coprirmi in mancanza di vestiti. Ero dotata di dignita', non potevo andarmene nuda per le strade di Liverpool e, soprattutto, visto che era l'estero e mi ero portata dietro solo tre cambi di vestiti e dieci mutandine con altrettanti pacchetti di assorbenti (visti i rischi puramente femminili con il ciclo, che mi era appena venuto..), Amburgo.
“Allora, ti senti meglio? Possiamo entrare?”
“Non lo so...” la Barton si tiro' su col naso e nascose la sua testa tra le gambe. “Mi sento in imbarazzo, la' dentro ci saranno un sacco di ragazzi.. Non me la sento di entrare, e se cercano di nuovo d-di...”
“Non oseranno,” affermai. “Perche' tu gli tirerai un calcio tra le gambe!
E' facile!” Un altro sorriso tirato.
La Barton sgrano' gli occhi. “Ma.. ma.. non gli fara' male??”
Argh. No, questo non potevo proprio reggerlo.
“Oh, non ti sopporto piu'!
Devi fargli male, altrimenti non ti lasciano e.. e.. ti fanno male loro!!”
“Pero' e' un po' crudele.. mia madre una volta mi ha detto che il punto piu' sensibile del corpo degli uomini e' proprio l'inguine,” Impallidii. Cioe', sua madre le diceva quelle cose?! Eccheccazzo! “E mi ha anche detto che alcuni muoiono per un colpo troppo forte al loro organo sess..”
“ZITTA, 'STA ZITTA!! Non voglio sentire altre storie su organi sessuali!!!” urlai, in mezzo ad una crisi isterica.
Solo in quel momento sembro' accorgersi di quello che aveva appena detto, divenne tutta rossa e si copri' la bocca con entrambe le mani vergognandosi di aver detto quelle cose. Oh no, ora cadeva di nuovo in trance...
“Dai, entriamo e non perdiamo altro tempo, marsh!” sbottai.
Le afferrai il braccio e, visto che lei non opponeva resistenza sebbene con qualche esitazione nell'alzarsi, la trascinai con poche difficolta' dentro il baretto mentre un residuo di un teddy-boy si era fermato a guardarci con sguardo allupato.
Dentro il locale c'era una terribile puzza di alcool, la musica era anche fin troppo alta e c'erano ragazzi tra i sedici e i venticinque anni un po' ovunque. Guy e Rob – quei due approffittatori egoisti – mi avevano detto che ci aspettavano (“aspettare” nel senso in cui lo intendevano loro..) sul bancone. Dovevo solo cercare il bancone, non doveva essere cosi' lontano dall'ingresso, ma io non vedevo nulla.
“Ehi, Meg! Andi!” sentii allora. Era Guy, mi voltai e vidi che stava seduto su uno sgabello sorseggiando una bevanda che non riuscii a identificare. “Siete arrivate in tempo! Stavamo per far bere birra a Paul McCartney il bravo ragazzo.” disse indicando il ragazzo seduto accanto a lui con l'indice della mano libera.
Lo ignorai. Era solito ad avere atteggiamenti molto contrastanti tra di loro: un momento a non prendere niente sul serio, l'attimo dopo a farsi a botte con un l'ubriacone di turno che pomicia la ragazza su cui si e' puntato lui.
Robby si era portato dietro la sua
Peggy, grandioso... Il solito esibizionista. Ma il suo amico non era da meno, in piedi sul bancone. Scese con cautela e torno' a sedersi su uno sgabello vicino a quello di Rob, cercando la sua birra.
Un peso mi spinse all'indietro; rischiai di inciampare su me stessa, andando a sbattere con una caviglia contro l'altra gamba ma riuscii a tenermi ad un tavolo che, per fortuna, era vicino, e tirai un sospiro di sollievo. La Barton sembrava preoccupata e aveva ancora il viso umido – lo notai dalla luce sulla pelle. Si avvicino' a me stringendosi ancora di piu' sul suo poncho e abbasso' lo sguardo.
“S-stai bene, Meg?” chiese.
“Certo, sto una meraviglia!” risposi, sottolineando il fatto che
non stavo affatto una meraviglia nel tono. “Dai, ti compro un panino e una Coca, andiamo a sederci da qualche altra parte.” e la invitai a sedersi su quel tavolo che mi aveva salvato la vita. Con la coda dell'occhio notai che il peso si era messo a sussurrare qualcosa nell'orecchio del perfettino sobrio e malaticcio – quello che si era letteralmente buttato sul cane, la scorsa volta – e scossi la testa con disappunto. Non ci voleva molto per capire di cosa parlassero, anche se li conoscevo da appena... quarantott'ore? Non li conoscevo da molto, direi, ma tanto tutti i ragazzi sono uguali. Pensano tutti solo al sesso, io lo sapevo meglio di loro stessi.
La Barton allora si schiari' la voce svegliandomi dalle mie riflessioni – colme di rancore, come al solito.
“Meg.. vado a prendere qualcosa da bere. Torno subito.”
Feci spallucce. Insomma, non poteva essere cosi' sfigata da mettersi nei pasticci in due secondi, poi non potevo controllarla ogni minuto della sua vita. Si allontano' dal tavolo con insicurezza, camminando molto lentamente, un passettino alla volta. Bastava che qualcuno la sfiorasse per sbaglio e subito rabbrividiva. Digrignai i denti, okay, l'avrei seguita anche quella volta.
Lei era gia' a buon punto, era davanti all'altro lato del bancone – quello a destra, in fondo al locale, perche' il mobile era molto lungo ed era semiquadrata – e aveva gia' aperto la bocca per parlare al cameriere quando una figura comparve alle sue spalle. Sussultai e mi bloccai, rimanendo nascosta dietro ad una coppia di fidanzatini che saltellavano al ritmo dell'ennesima cover scarsa di un successo anni Cinquanta. Quella figura era il
peso che mi aveva spinta via; tutto fu molto piu' chiaro.
Quando sentii un urletto dalla Barton – la
figura le aveva toccato le spalle senza che lei se ne accorgesse – mi decisi che dovevo sbrigarmi a entrare in azione. Altrimenti potevo tranquillamente sorbirmi in un doloroso silenzio le prossime giornate che mi aspettavano, abbracciando e cercando in tutti i modi di tirare su il morale a quella bambolina piangente di porcellana.
Mi avvicinai senza farmi vedere, nascondendo la mia faccia dietro la gente che ballava, per ritrovarmi alla fine seduta su un tavolo rotondo subito di fronte ai due. Avrei potuto avere un giornale davanti alla faccia, come nei film stupidi degli anni Cinquanta, pero' ci rinunciai e rimani li' senza fare un minimo rumore.
“Ehi, ciao..” disse lui. “Scusa se ti disturbo, ho visto che stavi da sola e pensavo di poterti aiutare, in qualche modo..”
Sbruffone. Aiutare un corno, che aiutasse me invece, per non obbligarmi a fare la psicologa a tempo pieno!
Ribollivo ma me ne stavo zitta. E la Barton che si era girata verso di lui, neanche si era accorta di me. Aveva proprio dei riflessi di merda... Mi spiaccicai la mano in fronte e rimasi ad ascoltare il resto del dialogo senza perdere tempo in altri commenti dentro la mia testa.
“No, g-grazie.. Io.. io volevo s-solo una Coca.” mormoro' la Barton, esitante.
“Offro io, ti va?”
“N-n.. NO! P-pago io, non ti devi disturbare.”
“Ma quale disturbo, per me e' un piacere sai?” rise.
La Barton stava quasi per sprofondarsi per terra dall'imbarazzo e riuscivo a vedere la stoffa della gonna che tremava.
L'altro ragazzo si mise accanto a lei, la affianco' voltandosi verso l'altra parte – motivo per cui mi alzai immediatamente per spostarmi in un tavolino piu' all'ombra, e loro nemmeno si accorsero di me.. babbioni, entrambi. Il ragazzo, che riconobbi come John, sorrideva sereno e frugava nella tasca dei pantaloni alla ricerca di qualcosa – soldi? Il tono, mentre parlava, era molto tranquillo, privo di alcun'intenzione brusca nei confronti della Barton. Meglio per lei, meglio per me e meglio anche per lui, cosi' non si beccava un cazzotto in faccia dalla sottoscritta e nemmeno un calcio nelle palle.
“Allora, cosa vuoi prendere?”
“I-io.. Due bottiglie di.. due coche.”
“Oh, due? E come mai?” I suoi occhi illuminarono.
“Per me e.. e per Meg.” la Barton chino' il viso e tacque.
“Aaaah.. la bionda! Capito!” John scoppio' a ridere. Scemo.. che ci trovava di tanto buffo?
Poi si volto' per sussurrare qualcosa nelle orecchie del cameriere, che ricevette i soldi, annui' e si inginocchio' per prendere due scure bottiglie di vetro dal piccolo frigorifero sotto il tavolo e le porse all'altro. Nel frattempo, la Barton aveva iniziato a girarsi i pollici. Che noia.. rischiai di sbadigliare ma mi trattenni.
“Ecco, tieni.” John le porse le due bottiglie e lei, forse in un debole segno di gratitudine, piego' leggermente la testa all'ingiu' e fece per andarsene quando la sua mano la trattenne. Mi morsi il labbro, ora iniziava a fare sul serio...
“Aspetta, non vorrai andartene cosi'!” La sua voce era giocosa.
“... grazie.” bisbiglio' la Barton e tento' di scappare per una seconda volta, ma la stretta dell'altro era troppo forte. Sapevo che era mio dovere intervenire in quel momento, ma se avessi agito cosi', all'istante, mi sarei messa io stessa nei pasticci. Non potevo iniziare anch'io con questa storia della sfiga, rimasi seduta sul tavolino e guardai il proseguimento della scena.
“No, non e' questo che voglio.” Una risata. “Non so, non vuoi qualcos'altro?”
“N-niente, non voglio nient'altro.” la sentii dire, a fatica, perche' aveva una voce troppo bassa. I brividi che percorrevano la sua schiena aumentavano e il contatto con la mano di John la spaventava anche di piu'.
Deglutii, non volevo che si facesse del male. Non sapevo cosa fare, non potevo farmi scoprire da lui, ero in una situazione in cui non avrei voluto cacciarmi. Mi ricordava un film di spionaggio..
“Oh, ciao George.”
Alzai la testa per ritornare alla scena. Anche se leggermente coperto dalla testa di un ubriacone che stava bevendo, riuscii a intravedere con facilita' la figura smilza dell'amico di Robert, quello che era salito sul bancone. Almeno era arrivato in tempo.
“Ciao John! Cosa sta succedendo qui?” chiese George. Allontanandomi un po' dalla mia postazione di controllo – ormai per me era una postazione di controllo – vidi che aveva una bottiglia in mano e se l'era portata alle labbra, chinandosi un po' all'indietro per bere. John non sembrava tanto felice che il suo amichetto fosse li'.
“Niente, Georgino, niente.. Stavo chiacchierando con la nostra bella amichetta..” rispose lui a denti stretti.
“Oooh.. capisco!” Un inquietante sorriso prese posto sul suo viso, “Buona fortuna, eh.”
“Certo, certo.” John annui'. Quindi si volto' subito verso la Barton, che stava a testa bassa.
Portai le mani al viso, ero stanca di dover subire tutte le lagne e le lamentele della Barton ed ero stanca di doverla sorbire come l'angioletto della situazione e la bella santarellina che non riusciva nemmeno a uccidere una zanzara.
Guy una volta mi aveva raccontato che sua madre l'aveva brutalmente buttato in alto mare durante una crociera per insegnargli a nuotare, alla sola eta' di cinque anni. Forse sua madre aveva fatto la cosa giusta; anch'io dovevo agire cosi': buttare la Barton in alto mare. Nonostante la mia coscienza si sgolasse nei tentativi di dirmi che dovevo agire, io stavo a guardare e ad aspettare che tirasse un calcio nei maroni di quel pervertito. Ma quando successe
per davvero, ci rimasi secca.
“AHIA,
SARABANDA!”
La Barton si copri' la bocca con le mani, incredula dal gesto che aveva appena compiuto.
Odd.. Oh Dio, s-scusa..” cerco' di scusarsi, guardando l'altro che era crollato per terra.
John era rimasto a bocca aperta.
“George, cazzo! Stai bene?!”
George stava sdraiato sul pavimento sudicio del pub incurvato su se stesso, stringendo i denti e trattenendo le urla. Era una visione quasi agonizzante, mi sentii quasi in colpa per aver dato alla Barton quel consiglio. Forse, nel mio inconscio, l'avevo dato per scherzo.. In fondo la Barton non era quel tipo di persona che riusciva a trovare il necessario coraggio per agire con grinta.
“Tu.. Tu, come pensi che.. che possa stare, eh?!” rispose; un gemito usci' dalla sua bocca.
“Ehm.. tranquillo, ora ti aiuto io!” disse John. “Almeno ho scoperto che sei davvero un uomo!”
“VAFFANCULO!” tossi' l'altro povero ingrato.
La Barton nel frattempo ne aveva approffittato per scappare via, forse troppo codarda per affrontare la situazione con calma. Sbuffai e decisi di entrare in scena, anche se forse era decisamente troppo tardi.
Superai un paio di teddy-boy e lattanti vestiti in pelle con piu' facilita' del necessario, riuscii quindi a raggiungere in fretta i due disgraziati. Perche' per me erano dei disgraziati, nient'altro.
“Non importa, ti aiuto io.” dissi, senza neanche preoccuparmi di salutare, e mi chinai subito su George.
John non sembro' nemmeno accorgersi del mio arrivo, si avvicino' all'orecchio dell'amico e gli disse, a voce alta – non c'era nemmeno bisogno di parlargli all'orecchio, mah, “Vado a cercare Annina, tu resisti!” e corse via.
Maledizione! Ma che, erano tutti babbioni li'? Li ricordavo con maggiori riflessi, i liverpooliani.
“John! T-torna indietr..” si interruppe per un conato che gli permise di alzare la testa, tenendosi lo stomaco.
Lo sostenni per la schiena, preoccupata per il suo stato. “Ehi, che ti prende?” gli chiesi.
Si piego' dal dolore, poi lo sentii mormorare: “Dubito che il prosciutto dei sandwich fosse fresco..”

 

Quel bagno puzzava. E anche tanto. Trattenevo il respiro mentre colpivo con vigore la schiena di George, per aiutarlo a rigettare tutto quello che aveva ingurgitato e bevuto quella sera. Era verde, sul punto di svenire, mi faceva quasi pena.
“Come ti senti, adesso?” gli chiedevo ogni tanto, con una premura che non sapevo di possedere.
“Ho lo stomaco un po' sottosopra..” rispose lui alla mia ennesima domanda staccando la testa dal gabinetto, imbarazzato, con una voce flebile. “Per il resto, bene..”
“Sono.. felice.” commentai, senza sapere quale tono avrei dovuto usare per una situazione simile. Gli avevo tolto la giacca e l'avevo appesa al rotolo della carta igienica, avevo allentato la cintura e sbottonato la camicia per farlo respirare. Lui mi aveva lasciato fare e si era appoggiato a me; diventai tutta rossa, ma lui si stacco' immediatamente, per mia fortuna.
Anche dopo avermi detto che la nausea gli era passata, continuo' lo stesso ad attaccarsi al gabinetto, sofferente. Gli tolsi la camicia – cosa che volevo evitare di fare – e la usai per asciugargli il sudore dalla fronte, ma era gia' umida e cio' non mi facilito' le cose. E nella cabina subito accanto a quella in cui ero entrata c'erano due deficienti che facevano l'amore. Cavolo, non potevo mai avere un momento di pace!
“Meghan..?” lo sentii farfugliare, con quegli occhi che sembravano implorarmi aiuto. “G-grazie..”
“Non preoccuparti, e' un dovere.” risposi subito, cercando di essere chiara e concisa. Non volevo dilungarmi troppo con le gratitudini da parte di quel George che conoscevo da appena.. due giorni? Forse di meno.
Lui sorrise debolmente, lasciandosi quindi cadere sul lato opposto del bagno, privo di sensi. Privo di sensi, a petto nudo e con la cintura slacciata. Era meglio se me la squagliavo prima che qualcuno avesse potuto fraintendere. Almeno io ero vestita.
La giacca in pelle era appesa sul rotolo, la camicia era accanto al suo sedere e gli avevo messo le scarpe sopra quello che rimaneva delle calze, tutte bucherellate. Perfetto, potevo andare. Aprii la porta del bagno e scappai in fretta, commettendo il grosso errore di lasciare la porta socchiusa, ma non me n'ero neanche accorta, dal momento in cui avevo una fretta terribile di lasciare quel posto maleodorante.
Uscii dal bagno delle femmine sbattendo la porta alle mie spalle, rabbrividendo al pensiero di essere stata a contatto con uno sbronzo e di aver avuto il vomito di un'altra persona a poca distanza dalle mie mani. Misi una mano sopra gli occhi per focalizzare meglio la situazione che si era creata nel locale in mia assenza: il gruppo di prima non c'era piu', in quel momento stava suonando un altra persona, accompagnato solo da una chitarra. Ebbi un colpo nel scoprire che quella persona era Robby.
Le persone ballavano, ascoltavano e stavano in giro per il locale, quasi tutti ubriachi fradici. Guy si era seduto in uno di quei tavolini accanto al bancone, a bere in privato. Sotto il tavolo, Seamus stava dormendo.
Avrei voluto salutare Guy, ma dovevo uscire all'istante da quel posto sgradevole altrimenti mi sarei messa anch'io a vomitare. Mi buttai letteralmente all'uscita, senza neanche riservare un'occhiata a Rob.
Pero' ero contenta che avesse ripreso la chitarra in mano. Era la sua passione, e io ben lo sapevo.
Con un lieve sorriso sulle labbra, uscii dal pub e il primo pensiero che percorse la mia mente fu
“Sono libera!”, senza sapere che quella liberta' interiore non sarebbe durata a lungo. Una mano mi prese per il polso, scacciai un urlo dallo spavento e subito dopo sentii un'altra mano tapparmi la bocca e trascinarmi via. Avrei voluto mordere quella stupida mano che osava prendermi in quel modo, pero' qualcosa mi diceva di stare al gioco.
La luce fioca del cielo scompari' in fretta e finii in mezzo a dei sacchetti della spazzatura, al buio completo, almeno finche' la stessa mano decise di trascinarmi dentro un altro bagno – ancor piu' maleodorante del precedente – che si trovava dietro un ristorante subito accanto al pub, in mezzo agli avanzi di pesce e di pasta asciutta.
Click, la luce si accese. Socchiusi le palpebre dall'impatto che subii con la visione prematura della luce in seguito al buio del vicolo, ma fu facile abituare gli occhi alla luce, poiche' era abbastanza debole.
Il viso che mi ritrovai davanti fu l'ultimo che mi sarei aspettata di vedere. I suoi occhi azzurri mi scrutavano, fermi, e le sue labbra erano tese in una smorfia piena di ansia; deglutii, non sapevo cosa dire nel caso avessi aperto bocca, quindi non la aprii. Lui continuava a stringermi il polso sinistro e io, inconsciamente, incominciai a tremare. Una vocina mi suggeriva di sputargli addosso ma era meglio se non mi cacciavo in altri guai.
“M-Maggie..?” disse allora lui, insicuro.
Solo una persona mi chiamava Maggie, oltre a Guy e Robby, ma non ricordavo chi.
“Si'?” Alzai un sopracciglio, sentendo che la tensione stava scendendo.
“Non.. non ti ricordi di me?” domando'.

 

 


 

See Emily Play
WAAA, HO AGGIORNATO! *risata malefica*
Questo capitolo mi ha quasi occupato 5 pagine ma non mi ritengo del tutto soddisfatta; pero' almeno siamo entrati nel pieno della storia, superata la crisi depressiva iniziale. XD Povero George, si avvera la cosa del “quello che amo torturare”, ma continuo ad amarlo con tutta me stessa. *George la guarda malissimo, ma proprio male* Ma poi Andi doveva proprio colpire le palle di George? La mira di quella ragazza mi preoccupa assai. D:
Anche Georgino si riprendera' presto, penso che si riprenda nel prossimo capitolo, poi.. stop, John non e' ancora riuscito a ricordarsi il nome di Andi. u_u Annina, mah. Ah, una cosa buffa: ascoltavo musica dall'iPod scrivendo il pezzo in cui Meg e Andi discutono sul "cosa fare quando un ragazzo ti salta addosso" e mentre scrivevo la parte in cui Andi spiega che sua madre le ha detto che il *coff coff* degli uomini e' la parte piu' sensibile del loro corpo, ascoltavo The Lemon Song dei Led Zeppelin. Andatevelo ad ascoltare e leggete il testo, capirete cosa intendo. D:
Oggi saro' breve perche' ho poca voglia di rispondere. t_t Grazie a chi recensisce e chi legge, davvero! <3
Ah, presto provvedero' a mettermi a leggere le fic.. XD E' che in questi giorni sto qua e la'..

 

Zazar90: Er emo scopone. *____* E Puffetta la stimo anch'io anche se non invidio Paul che e' costretto a sorbirsi le sue lagne.. XD Poi anch'io amo troppo George che sale sul bancone. *w* E' che ce lo vedo troppo ad andare a conquistare il mondo con Rings. <3 E Andi ha un nome che solo John non ricordera' mai, povera la mia An. *patpatta Andi* E Layla? Eheh.. anch'io mi aspetto molto da quella tizia, basta solo che si comporta bene! U_U Allora spero ti sia piaciuto il capitolo, sorella! XD Grazie! <3

Ariadne_Bigsby: Paul sul lettino e' una visione magnifica. XD Poi io Puffetta la stimo, perche' e' figa! xDD Vorrei avere anch'io una vocina nella mia testa incarnata in Puffetta pero'.. niente da fare, somiglia molto di piu' a un coniglio. D: E come puoi vedere in questo capitolo, poi, John non demorde affatto con Andi! XD E Andi ha pure tirato un calcio nei maroni della persona sbagliata.. Bubu. t__t Susu pero', magari succede qualcos'altro, qui! ;) Su Layla.. si vedra'! :D Spero che il capitolo ti sia piaciuto! *_* Grazie! <3

teleri: Non ti preoccupare! ;D Comunque, gia', povero Paul.. ma ora gli passa tutta questa depressione, anche se temo che Puffetta lo accompagnera' fino alla fine. XD Eh pero', ad avercela Puffetta al posto della coscienza! La mia somiglia fin troppo ad un coniglio. D: Layla la devo ancora approfondire, si vedranno varie caratteristiche della sua personalita'.. ;) E in questo capitolo ci vuole un triplo “poverino” per il povero George.. come lo tratto. D: .. Grazie. xD <3

 

E ho finito. Ora vado, adieu. <3
*parte NSU dei Cream (che non si sa cosa c'entri ma vabbe')*
Peace & Love. (L)

  
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