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Autore: nevaeh    02/08/2010    5 recensioni
Marco e due suoi amici stanno tornando a casa da una serata in discoteca, sono quasi giunti in città quando... Breve storia dedicata a tutte le vittime della strada. Spero vi piaccia
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rainbow

 

Aveva perso tutto. Non riusciva a crederci, ma era così. Senza nessuna ragione, senza nessun avvertimento. Senza nessuna raccomandazione, non una parola dolce, nulla che lo preparasse a … quello che stava vivendo ora. E’ possibile che il cuore possa provare un dolore tanto grande? E’ possibile che nonostante si cerchi di mangiare, di dormire, di uscire … il proprio pensiero sia sempre rivolto a lui? Aveva i capelli neri, come i suoi. Aveva i suoi stessi occhi scuri, il sorriso più bello del mondo. E’ possibile che sia capitato a lui? Proprio a lui?

A che serve allora camminare, studiare, uscire, mangiare … respirare, se lui non può più farlo?

Non aveva ancora raggiunto il diploma, aveva diciotto anni.

Perché gli era stata negata la possibilità di passare le ore a studiare? Di litigare con un professore per la valutazione di un compito?

Aveva litigato con la sua ragazza, era uscito per distrarsi un po’, con la fidanzata non ci era mai andato tanto d’accordo, ma si sa … l’amore non è bello se non è litigarello. Ora quella ragazza era accanto a lui, in silenzio e con gli occhi spenti, forse rimuginando sulle parole che gli aveva detto prima che lui se ne andasse. Poteva dirgli che lo amava, poteva convincerlo a rimanere a casa … poteva fare tante cose, ma il destino a volte è crudele.

Lorenzo ha quindici anni e guarda la bara di suo fratello mentre usciva dalla chiesetta del Santissimo Crocifisso. La madre rimane dentro a prendere le condoglianza, non che le sentisse veramente, si sa, ma così doveva fare, e così faceva. Il padre era seduto in prima fila, si teneva le ginocchia con le mani e tramava, singhiozzava e piangeva. Suo padre non piangeva mai, era una verità universalmente riconosciuta. O almeno …

Aveva un odore buonissimo, non glielo aveva mai detto, si sentiva stupido anche in quel momento se avesse dovuto ammetterlo.

Lorenzo aveva pianto tanto il giorno prima. D’altronde, non è cosa da tutti i giorni essere svegliati dalla polizia che chiede a sua madre di seguirlo in ospedale, dal momento che suo figlio aveva avuto un leggerissimo incidente tornando a casa, dopo una serata in discoteca.

E pensare che nemmeno doveva andarci in discoteca quella sera. Suo fratello era un tipo con la testa a posto, per quanto un diciottenne potesse avere la testa a posto, ovviamente. Non doveva andare così … non doveva trovarsi all’entrata della città alle cinque del mattino, non doveva essere con i suoi migliori amici in quell’auto. La polizia credeva che il conducente avesse avuto un colpo di sonno e avesse invaso la corsia opposta. A Lorenzo non importava più di tanto il come. Anzi, pensandoci non voleva nemmeno saperlo. Sapeva soltanto che suo fratello non era più tornato a casa e che la polizia aveva chiesto a sua madre di andare in ospedale. La bara era uscita dalla chiesa, accolta da un applauso degli amici, che ora vogliono portare a spalla il corpo di suo fratello fino al luogo della sepoltura. A nessuno importa che il cimitero sia a dodici kilometri. A nessuno importa della pioggia scrosciante. A nessuno importano i sette gradi della gelida giornata di Gennaio. Lorenzo rimane all’entrata della chiesa in silenzio, nelle ultime ore non aveva detto una parola. Ha le labbra secche, non aveva bevuto per due giorni, il freddo gliele aveva spaccate.

A che serve bere? Lui non c’è più.

Una mano amica si posa sulla sua spalla, Lorenzo nemmeno se ne accorge. Il suo fratellone è dentro ad un rettangolo in legno, portato a spalla dagli amici a cui non interessa il freddo. Il suo fratellone non tornerà a cena. Non lo coprirà più quando torna troppo tardi la sera. Il suo fratellone è andato via da lui e non tornerà più. Lorenzo piange ancora, scrollandosi la mano amica dalla spalla. Comincia a correre lontano, senza prestare attenzione alla gente che lo chiama, senza un cappotto o una sciarpa a proteggerlo. Lorenzo ha freddo, ma non è sicuro che la causa sia soltanto la temperatura, vuole un abbraccio. Vuole che Marco lo butti sul letto e vuole fare la lotta, ridendo e urlando fino a quando sua madre non arriva incazzata come una bestia, intimando di smettere. Il mestolo che brandisce tra le mani è un ottimo supporto per farsi ascoltare, e lei lo sa bene. Lorenzo vuole che suo fratello gli rubi il cellulare e gli consumi il credito appena ricaricato, vuole che gli parli della sua ragazza, stesi al buoi nella loro cameretta, ognuno nel suo letto, con le mani dietro alla testa l’espressione fissa. Lorenzo continua a correre, i brividi del suo corpo diminuiscono, il maglioncino blu che indossa è diventato fradicio, ma ormai che importa?

Che può mai essere uno stupido raffreddore, se lui non può più sfotterti perché quando ti soffi il naso sembri una tromba?

Lorenzo si ferma e si butta a terra, nel bel mezzo di una strada. Urla forte, come non ha mai fatto in vita sua. Lorenzo ha solo quindici anni, alla sua età la preoccupazione più grande deve essere il trovare il coraggio di invitare una ragazza ad uscire. Non riesce ancora a crederci, si guarda intorno, spera che suo fratello appaia da dietro l’angolo, con un sorriso sul volto. Il sorriso più bello del mondo.

Perché doveva sorridere, se suo fratello non avrebbe più riso con lui?

Lorenzo si guarda intorno, rimane un attimo incantato. Che senso ha vivere? Perché continuare con questa grande fregatura che è la vita? Perché a quindici anni deve capitare proprio a lui? Lorenzo urla ancora, chiamando il nome di suo fratello, chiedendogli di dargli una risposta.

Perché vivere allora? Se la vita è cos’ schifosa?

Un raggio di luce investe il cielo, nonostante continui a piovere. Poi un altro raggio, e un altro ancora. La pioggia diminuisce, le nuvole cominciano a sparire, Lorenzo rimane a fissare il cielo, gli occhi lucidi per il pianto e la gola in fiamme per le urla. La pioggia finisce, il sole comincia a battere sul terreno, l’arcobaleno compare tra i rimasugli i nuvole e Lorenzo ancora è lì incantato.

Perché vivere allora?

Una voce lo sta chiamando. Lorenzo non sa con esattezza cosa stia dicendo, ma è sicuro che qualcuno sia lì per lui. Si gira, ma non vede nessuno, prova dall’altra parte. Quella voce continua a chiamarlo, sa a chi appartiene, ma sa che non può essere così. Invece suo fratello sta venendo verso di lui, ha sul volto il suo solito sorriso canzonatorio, quello che usa per sfotterlo ogni volta che ne ha l’occasione. Lorenzo non lo hai mai ammesso, ma era affezionato a quel sorriso. Era un qualcosa che avevano solo loro due, era una cosa loro. Marco gli poggia una mano sulla spalla, come prima aveva sentito fare in chiesa. Stesso tocco, stesso calore.

“Eri tu?” sussurra il ragazzo. Marco non risponde, sorride solamente. Poi si gira e comincia a camminare, va verso l’arcobaleno. Il sorriso non ha mai lasciato il suo volto.

Aveva il sorriso più bello del mondo.

 

 

Note Finali

Per trovare il coraggio di scrivere queste righe ci ho messo cinque mesi, a Gennaio di questo anno sono saliti in cielo due angeli, di diciotto e vent’anni. Questo pensiero è per loro e per tutti i ragazzi vittime dei sabato sera.

Addio, Angeli.

   
 
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