Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Vichy90    02/08/2010    3 recensioni
Alyson Harris si è trasferita a New York per iniziare a lavorare come addetta alle fotocopie in un'importante società finanziaria. Il suo capo è Benjamni Alan Mayers. I due non hanno assolutamente nulla in comune...età diversa, cultura diversa, provenienza diversa, ceto sociale diverso... l'unica cosa che sembra legarli è l’amore per la musica. Un amore che li porterà a legare indissolubilmente le loro vite, facendoli conoscere, parlare, cambiare e infine innamorare.
<< sei pentita della sera scorsa… il tuo comportamento è un modo per farmelo capire? >>
Dio, no!! Solo perché lui invece di parlare cerca di farti capire le cose, non vuol dire che io faccia lo stesso!
Anche se forse non è stata una buona idea finire nel suo letto…
Se non fosse accaduto io ora non sarei da quindici minuti in questo ufficio, a dondolarmi sui talloni e a sudare freddo per paura di dare la risposta sbagliata alle domande che continua a farmi, e finire per essere considerata male da lui…
<< no, non sono pentita… sono solo preoccupata! >>
<< di cosa? >>
Di innamorarmi di te…Di essere lasciata da te…Di distruggere la mia carriera per la mia incapacità di dividere il sesso dai sentimenti
<< che qualcuno lo venga a sapere e mi giudichi male! >>
Bugiarda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

************************************************************************************************************************



BLUE NOTE – LA MUSICA STONATA

9.
FRAINTENDIMENTI DA JANIS



Quel giorno incontrai Benjamin solo dopo pranzo poiché necessitava delle fotocopie di alcuni certificati.
Non ebbi nemmeno tempo di pronunciare la parola “buongiorno” che disse
<< pensavo ti saresti fatta sentire! >>
Rimasi immobile per alcuni secondi prima di riuscire a formulare un qualche pensiero.
<< i-io volevo, solo che poi... >>
<< non dirmi che ti è passato di mente Alyson, non sono stupido. >> m’interruppe.
Mi sentivo una bambina sgridata dal papà perché non lo ha avvertito che quella sera avrebbe fatto tardi con le amiche… Non mi piaceva questa cosa!
<< è solo che… >>
Su, diglielo Ally!
Digli che non gli hai risposto perché non sapevi cosa scrivergli.
Digli che ogni messaggio che ipoteticamente gli avresti voluto mandare avrebbe manifestato solo quanto tu ti stai facendo coinvolgere stupidamente.
Digli che temi di iniziare a provare qualcosa per lui e mandare a fanculo il tuo lavoro.
Digli che quel maledetto biglietto dove lui ha scritto che avrebbe voluto passare anche quella notte con te ti ha fatto infuriare, confondere, spaventare…
Perché tu non vuoi essere la sua bambola.
<< senti ho sbagliato, avrei dovuto ringraziarti per la sera scorsa, sono stata maleducata e mi dispiace! >>
Ecco, la diplomazia: và sempre bene in ogni occasione e ti permette di non sbilanciarti troppo... Sei una grande Alyson!
<< sei pentita della sera scorsa? il tuo comportamento è un modo per farmelo capire? >>
Dio, no!!
Solo perché lui invece di parlare cercava di fare capire le cose, non vuol dire che io facevo lo stesso!
Anche se…
Forse non è stata una buona idea finire nel suo letto.
Se non fosse accaduto  non mi sarei trovata da quindici minuti in un'ufficio, a dondolarmi sui talloni e a sudare freddo per paura di dare la risposta sbagliata alle domande che Ben continuava a farmi con il timore di finire per essere considerata male da lui.
<< no, non sono pentita. Sono solo preoccupata. >>
<< di cosa? >>
Di innamorarmi di te…
Di essere lasciata da te…
Di distruggere la mia carriera per la mia incapacità di dividere il sesso dai sentimenti.
<< che qualcuno lo venga a sapere e mi giudichi male. >>
Bugiarda!
Lui fece un sospiro, forse comprendendo la validità del mio ragionamento.
<< hai ragione, forse sono stato poco discreto… non credevo che temessi i giudizi altrui e sinceramente io non ci ho nemmeno pensato.
Eviterò di evidenziare troppo la nostra conoscenza all’interno dell’azienda se questo ti può far stare meglio. Non voglio che tu venga a lavorare in ansia per causa mia. >>
Ma Ben, io verrò sempre a lavorare in ansia per causa tua non lo capisci?
E no, non mi farà stare meglio perché questa è una situazione assurda e l’unica che ci rimarrà male sono io!
Ma come faccio a dirtelo?
Tu sei il mio capo… e se non ti andasse bene quello che ho da dirti?
Che succederebbe?
Mai mescolare a vita privata con il lavoro; na regola vecchia quanto il mondo. Ma per quale cazzo di motivo non l’ho seguita?
<< ora devo andare… emm….ci vediamo…sentiamo….sì, hai capito! >>
Te l’ho già detto che sei un’idiota Alyson?
Lo vidi annuire e poi scappai via dall’ufficio.
Margie mi guardò un po’ confusa quando mi vide lanciarmi verso l’ascensore come uno in fuga da un rogo… ma non ci badai.

Quella sera andai come ogni venerdì a lavorare al B. B.King ma il locale era poco affollato,  probabilmente per il caldo soffocante che da una settimana attanagliava in una morsa New York.
Mi trovavo appoggiata al bancone a chiacchierare con Cookie dell’incontro con Benjamin nel suo ufficio quando sentì Jones, il gestore del locale, chiamarmi.
<< Ally, lui e Henry il nuovo barista >> mi disse veloce indicandomi un ragazzo alla sua destra che mi fece un piccolo cenno del capo in segno di saluto.
<< ho bisogno che gli spieghi come muoversi e tutto il resto, io non ho tempo! >> e detto questo filò via lasciandomi come un’allocca a fissare il punto dove cinque secondi fa c’era stato Jones.
<< scusa… mi ha detto che il gruppo che doveva suonare non si è ancora presentato ed è un po’ nervoso. >>
Quando sentì la sua voce mi voltai per prestare attenzione al ragazzo che mi era appena stato presentato, << Eric giusto? >> chiesi a voce alta avvicinandomi e cercando di superare il frastuono della musica.
<< Henry! >> mi corresse << mi dispiace disturbarti, ma se mi dici dove trovo bicchieri e vassoi poi me la cavo da solo senza problemi. >>
<< oh no! Non preoccuparti… tanto non stavo facendo praticamente niente! >> gli risposi voltandomi verso Cookie che mi guardava con un’aria molto, ma molto maliziosa…
Sempre la solita!
Certo non si poteva dire che Henry fosse un brutto ragazzo: biondo scuro, capelli tagliati corti e mezzi spettinati, la barba di almeno tre giorni, un sorriso strafottente…
sì, non era niente male!
Gli spiegai con pazienza dove trovare i vari bicchieri, gli ingredienti per i cocktail, la frutta e tutto il resto e scoprii con sorpresa che Henry ci sapeva proprio fare!
Aveva 26 anni ma mi disse che faceva il barista da quando aveva 21 anni e che era venuto a NY con l’intenzione di aprire un locale tutto suo… purtroppo per avviare il bar aveva prima bisogno di racimolare un po’ di soldi o di trovare almeno un socio con cui dividere le spese.
Era canadese, da Calgary precisamente, ma dall’aspetto l’avevo immaginato.
Aveva dei lineamenti molto dolci, piccola bocca, piccoli occhi, piccolo naso…era anche piuttosto magro ma compensava il tutto in altezza, inoltre era piuttosto simpatico e spigliato.
Ero contenta fosse venuto a lavorare al B.B. King visto che con Luke non avevo legato per niente!
<< Allora, chi è l’angioletto? >> mi domandò Cookie quando tornai da lei dopo aver lasciato Henry a sbrigarsela con dei clienti per farlo abituare al ritmo del locale.
<< si chiama Henry Hynes: canadese, 26 anni, barman. >>
<< single? >> mi chiese Cookie che continuava a fissarlo mentre preparava senza neanche prestarci troppa attenzione un Long Island.
<< non lo so, non gliel’ho chiesto. >> le risposi mentre anch’io mi fermavo a fissarlo scuotere lo shaker.
<< certo che lo scuote proprio bene quel sedere. >> disse mezza imbambolata Cookie facendomi voltare a fissarla meravigliata << cioè… volevo dire lo shaker! >> si corresse veloce.
Passammo il resto della serata a chiacchierare del più e del meno, e presentai (dopo ore e ore di preghiere) Cookie ad Henry, sperando non mi facesse fare la figura della scema davanti a lui raccontandogli cose imbarazzanti sul mio conto, cosa di cui inoltre Cookie era capacissima.
Stranamente riuscì a passare la serata senza pensare più a Benjamin ma poi quando tornai a casa il pensiero di lui tornò più prepotente di prima.
Dopo tutto ciò che era successo non si era fatto vivo e sapevo che lui aveva il mio numero di cellulare anche se io non glielo avevo dato... Perché non mi aveva chiamato?
Per quale motivo non si era fatto sentire per cercare di capire se tra noi i rapporti fossero ancora tesi e nervosi come stamattina?
Era venerdì sera… era uscito?
E se sì, dove?
Non l’avevo rivelato a Cookie e a dir la verità non avevo neanche voluto riconoscerlo da sola, ma avevo davvero sperato che venisse al B.B. King quella sera...infondo non sarebbe stata la prima volta che lo faceva!
Era per il fatto che gli avevo detto che non volevo che qualcuno sapesse che ci frequentavamo?
Che poi si poteva chiamare frequentazione la nostra?
Stavo diventando nevrotica, così stanca di continuare a tramortirmi con mille domande me ne andai a letto, sperando di sognare tutto tranne che lui.

<< Passiamo a prenderti alle 22:00, vedi di essere pronta ok? >>
Questo era quello che mi aveva detto Cookie il pomeriggio di sabato quando mi aveva invitata a passare la serata al Janis, un night club nel West Village dove secondo la mia amica davano bella musica e si poteva ballare.
Fu per quel motivo che esattamente alle 22:15 mi trovavo con un vestito paiettato a camminare insieme a lei ed Henry per strada in direzione della Greenwich Avenue dove si trovava il locale.
Ebbene sì, perché la sera precedente in un momento forse di distrazione o di mia assenza, quella pazza di Cookie aveva invitato Henry ad uscire… ma ovviamente sarebbe stato troppo inopportuno per lei uscire da sola con uno che aveva visto si e no dieci minuti, quindi aveva coinvolto anche me, essendo lui mio collega e dovendolo io conoscere.
All’inizio avevo rifiutato ma poi dopo un << è se fosse un pazzo psicopatico e cercasse di stuprarmi? >> avevo capito che non era una buona idea lasciare Cookie ed Henry soli, quindi avevo accettato.
Non l’avessi mai fatto.
Il locale si trovava nella cantina di un ristorante. Era buio, angusto, con il tetto molto basso e i mattoni a vista…

Dava l’impressione di essere un postaccio per gente malfamata, se non fosse stato per la quantità di gente che spintonava per entrare, la musica a tutto volume e le minigonne e i soldi che giravano.
Più ci vivevo e più non la capivo… Possibile che i ricchi di NY amassero tanto i posti così strani?
Passammo la serata su un divanetto a chiacchierare e a bere cocktail. Henry era un tipo davvero simpatico, scherzammo tutto il tempo e mi piaceva l’idea che nonostante fosse in compagnia di due donne non si sentisse per niente imbarazzato.
Ci trovammo talmente bene che ad un certo punto finimmo tutti e tre per andare a ballare: Henry al centro, io e Cookie ai due lati.
Non ero solita fare cose di questo genere ma l’alcool che era in circolo in quel momento era superiore al livello consentito normalmente e poiché neanche Cookie ed Henry si erano risparmiati sul bere, nessuno di noi aveva più freni.
Fu proprio mentre la musica dei Chemical Brohers mi rimbombava nelle orecchie che vidi un braccio avvolgersi attorno alla mia vita e mi sentii sbattere contro una schiena.
Una schiena troppo ampia per essere quella di Cookie, un braccio troppo muscoloso per essere quello di Henry.
<< lo sapevi che il locale si chiama Janis perché Janis Joplin ha vissuto in questo palazzo? >> mi sussurro Benjamin all’orecchio continuando a tenermi stretta a sé e avvolgendo anche l’altro braccio attorno al mio corpo.
<< ciao Benjamin! >> risposi acida voltandomi verso di lui e cercando di sottrarmi senza risultati dalla sua presa.
<< noto che avevi voglia di vedermi! >> rispose lui ironico
<< e io noto che tu non se capace di salutare le persone in modo normale. >>
Ero ubriaca… brutto, brutto affare!
<< eh? >> domandò lui confuso.
<< sai che me ne frega di Janis Joplin…. non mi è mai piaciuta! >>
Lui fece una piccola risata e mi strinse più a se.
<< vieni fuori a parlare un po’ con me? >> mi domandò tranquillo come se io non avessi neanche parlato.
<< no. >>
<< hai detto che non volevi che si sapesse di noi… in questo modo siamo tutto tranne che inosservati! >>
Di noi? Quale noi? Esisteva un noi? Perché io non me ne ero accorta!
Vedendo che non rispondevo Benjamin riprese a parlare, avvicinando le labbra al mio orecchio…
<< dietro di te ci sono i miei amici che ci fissano, sai? credo siano invidiosi, questo vestito ti sta una favola! >>
Ora per quale cazzo di motivo mi stavo eccitando a sentire la sua voce?
No, non era la sua voce e la mia non era neanche eccitazione…
Era euforia! Euforia data dal fatto che Ben in un locale affollato, davanti ai miei e ai suoi amici mi stava abbracciando e mi sussurrava all’orecchio.
Mi piaceva il fatto che stesse facendo vedere a tutti che tra noi c’era qualcosa… Se qualcosa si poteva chiamare!
Stavo per ribattere, non so neanche io cosa, quando vidi una mano posizionarsi sulla spalla di Ben << Hey Benji, non ci presenti la bambolina? >>
Lui fece una breve risata, anche se io non ci trovavo niente da ridere, e poi prendendomi per il fianco mi fece voltare verso un uomo che doveva avere più o meno l’età di Ben: capelli castani leggermente lunghi, naso aquilino e mento squadrato.
Già a prima vista mi stava sulle palle.
<< Alyson lui e Thomas, un mio vecchio compagno di squadra. >>
Squadra? Quale squadra?
<< Tom per gli amici! >> mi disse lui allungando la mano.
Gliela strinsi, perché così volevano le buone maniere, ma non potei fermarmi da rispondere << piacere Thomas! >>
Io non sono tua amica, stronzo!
Lui fece una risata, notando non lo avessi chiamato “Tom” e poi rivolgendosi a Benjamin disse << ha le unghie la gattina! >>
Le unghie? No, non avevo le unghie ma avevo le ginocchia che volevo tanto usare per colpirlo!
<< Tom sta zitto. >> lo ammoni Ben con un’occhiataccia.
Beh io ne avevo avuto abbastanza. Ben che non si faceva sentire per due giorni e poi pretendeva che cascassi ai suoi piedi come se nulla fosseù; Thomas che mi trattava come la peggiore delle sgualdrine… Questo era davvero troppo.
<< ma vaffanculo! >> e con un gesto secco levai la mano di Ben dal mio fianco guadagnandomi un’occhiata sorpresa da parte sua, e poi senza salutare nessuno mi allontanai tornando da Henry che se ne stava appoggiato ad una colonna, lontano dalla massa di gente.
<< Cookie? >> domandai appena arrivai da lui.
<< è andata a prendere da bere. >> mi informò << và tutto bene? Ho visto la discussione che hai avuto con quel tipo. >> e indicò con un cenno della testa Ben che ci stava fissando dall’altra parte della sala ancora in compagnia di “Tom” e di un altro paio di uomini.
<< sì tranquillo… lui è solo… >>…. il mio capo.
Oh cazzo!
No, non era capitato.
Non poteva essere...
Avevo appena mandato bellamente a fanculo il mio capo!
Il direttore della MfC Corporation!
Cazzo!!
<< Hey Ally, cos’è quella faccia? >> mi chiese Cookie arrivando da noi e passandomi l’ennesimo Long Island.
<< Cookie… >> gemetti.
<< cosa? >>
<< l’ho mandato a quel paese! Ti rendi conto, l’ho manato a quel paese... gli ho detto vaffanculo! >>
<< ma a chi? >> mi domandò lei non capendo e trattenendo una risata.
<< Benjamin!! >>
A quel nome tornò di scatto seria.
<< oh, porca merda! >>
Dalla disperazione buttai giù qualche sorso del drink..
<< sono fottuta, rovinata… Dio che idiota!! >>
E detto questo finì per scolarmi il cocktail.
Henry, vedendo che stavo iniziando a barcollare sotto il peso dell’alcool mi prese per la vita.
<< mi sa che è meglio se prendi una boccata d’aria altrimenti stasera a casa non ci arrivi! >>
Così aiutandomi a camminare mi portò fuori all’aria aperta mentre Cookie rimaneva sui divanetti per tenerci il posto.
Appena arrivati all’esterno mi appoggiai al muro dell’edificio respirando regolarmente per evitare di vomitare e soprattutto di ribaltarmi sul marciapiede; Henry, vicino a me, mi teneva per i fianchi cercando di evitarmi di perdere l’equilibrio.
<< mi spieghi cos’è successo? >> mi domandò gentile facendomi un sorriso.
<< era il mio capo! quello di prima era Benjamin Mayers, il direttore della società per cui lavoro. >>
<< non mi sembrava si stesse comportando esattamente da capo. >> sottolineò lui, probabilmente avendoci visti abbracciati.
<< ... ci sono andata a letto! >> confessai d’un colpo grazie alla sincerità che l’alcool mi donava.
Lui rimase dieci secondi fermo a fissarmi, per poi scoppiare in una fragorosa risata che fece voltare molti passanti.
Non so perché ma a vederlo ridere mi misi a ridere anch’io.
E così rimanemmo li a ridere come sciocchi per parecchi minuti finché una voce mi fece bloccare.
Era quella di Ben, ma non si stava rivolgendo a me bensì ai suoi amici con i quali stava uscendo dal locale.
Era immobile, sul marciapiede, circondato dai suoi vecchi compagni di una fantomatica squadra, e mi fissava. Serio. Freddo. Impassibile.
Mi resi conto in quel momento che la posizione mia e di Henry poteva essere da un occhio esterno mal interpretata.
Io appoggiata con le spalle al muro e lui davanti a me, una mano sul mio fianco e l’altra appoggiata alla parete, al lato della mia testa per reggere anche se stesso dalla carenza di equilibrio dovuta all’alcool.
Di male in peggio.
Lentamente lo vidi voltare il capo in avanti e disinteressato riprendere a camminare, attraversando la strada per dirigersi verso la sua macchina, parcheggiata lì vicino.
Ora non avevo più speranze.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Vichy90