Ciao!
Volevo
dire… Grazie a tutti
quelli che mi stanno seguendo ^^
E mi scuso per
il ritardo
imperdonabile… Ma sapete, siamo d’estate, e in
Sardegna, per una ragazzina di
13 anni è normale uscire a vedere il mare ^^”
Un grazie
speciale a priscy,
che
ha inserito la storia tra le seguite *-*
Un altro grazie
a Lion
E Lamb,
che invece ha inserito la fic tra le ricordate ^^
JustLele,
ecco il seguito, spero
perdonerai il ritardo ^^” Ok, spero che ti piaccia il
capitolo ^^ E grazie per
la recensione!
Hinata_Chan,
grazie per la rece
^^ Davvero ti piace tanto? Sono felice allora *-* Spero che anche
questo ti
piaccia ^_^ Tvtttttb anch’io =] kiss
cherfifina96,
grazie per la
recensione ^^ Oddio, davvero ti sei messa a piangere? Wow…
Grazie, sono
contenta che ti abbia coinvolta così tanto il chappy *-*
Spero che anche questo
ti piaccia =)
Deby92,
grazie per tutti questi
complimenti, non sai quanto mi rendi felice *-* Spero che questo
capitolo ti
piaccia, l’ho scritto un po’ di fretta, spero di
non aver fatto
errori ^^” Grazie per il commento ^^
Bacio, ciao!
_Valina_,
ciao Vale! Grazie per
la rece =) Grazie, non pensavo ti potesse piacere così tanto
la fan fiction ^^
Ora scusa, ma devo scappare, kiss ciau! Ti voglio bene ^^
MirkoCullen96,
grazie per il
commento ^^ Sono contenta che ti piaccia la storia, e spero che questo
capitolo
non sia “banale”, ho scritto di fretta xD Ora
scappo ciao!
Scusate per le
risposte
sbrigative, sono impegnatissima e devo scappare! La famiglia si
è allargata ^^
Un bacio a tutti
ciao!
Ecco il
capitolo… Spero vi
piaccia, l’ho scritto un po’ male, data la
fretta…
Un bacio
Morire e
ritornare a
vivere
Brothers
and
Emotions
Un
mese.
Due mesi.
Tre mesi.
Il tempo passava
leggero, veloce come il vento.
Un giorno era
troppo corto, così come una settimana,
così come un mese…
Riuscivo a
controllarmi di più però. Prima, se
trovavo un uomo o una donna, o anche un bambino,
nelle vie malfamate della città, era fatta, io mangiavo
–anzi, bevevo- e loro
morivano.
Ora invece
riuscivo a controllarmi di più, anche se
trovarmi con una persona per bene, col sangue pulito, era una tortura,
e alla
fine la uccidevo.
Difatti non mi
muovevo mai così tanto da arrivare
nella zona “buona” del centro abitato, rimanevo in
periferia.
Quella notte ero
andata a caccia con Dean, diceva
che non beveva da circa due settimane.
Non ci credevo,
lui usciva ogni notte. A far cosa,
se non cacciare?
Non lo
sopportavo, odiavo la sua voce, il suo volto,
il suo modo di camminare e di parlare. Odiavo tutto di lui.
Molte persone
l’avrebbero preso in simpatia, al
posto mio, poiché mi aveva salvato la vita, quella volta, in
campagna.
Ma io no.
Io non gli ero
affatto grata, poiché avrei preferito
morire, che trascorrere una vita così.
Sembravamo due
Spider-Man, da come ci arrampicavamo
sui tetti degli edifici. Anzi, mi correggo, sembravamo un Team di
supereroi,
pronti a fare del bene.
Solo che noi non
saremmo mai stati un Team, mai.
E non avremmo
mai fatto del bene: il contrario.
Non era nella
nostra natura salvare la gente, noi uccidevamo
le persone.
Notai che Micke
si aggiunse a noi, e mi affiancò:
aveva un’agilità innata nel scalare i palazzi.
Rimasi
indifferente, continuando per la mia strada,
e arrivai in una via nella quale non ero mai passata, almeno fino a
quel
momento.
Lui
si era allontanato, forse aveva fiutato una preda, mentre Micke rimase
con me.
«Dove
abitavi?» mi domandò il castano, con aria
curiosa.
Io lo guardai e
inarcai un sopracciglio «Vicino al
parco qui vicino»
«Anche
tu sei di queste parti?» chiesi, dopo qualche
secondo.
Lui
annuì, mentre io adocchiavo colui che poteva
essere un mio potenziale pasto. Il suo profumo era pulito: che fosse
una
persona per bene?
Mi avvicinai di
più, e vidi quello che non avrei
voluto vedere.
I suoi occhi
erano verde smeraldo, i suoi capelli
erano neri, e la pelle olivastra.
Non poteva
essere lui.
E invece sapevo
proprio bene chi fosse, solo che
speravo che la mia mente l’avesse immaginato, che non fosse
reale.
Micke lo aveva
agganciato, lo vedevo pronto per
andare all’attacco.
Dovevo fermarlo.
Il bruno si
lanciò verso quello che voleva uccidere,
mentre io mi lanciai verso di lui, cercando di utilizzare tutta la
potenza che
avevo.
Lo atterrai.
«Non
farlo» sussurrai.
Lui si
infuriò poiché gli avevo impedito di uccidere,
si vedeva lontano un chilometro, e non aveva intenzione di fare
ciò che gli
avevo chiesto.
Il ragazzo si
spaventò, alla reazione del castano,
che mi sbatté a terra, per poi avvicinarsi pericolosamente a
lui.
Io mi rialzai e
lo presi da dietro, cercando di
usare la maggior forza possibile, per non farmi scaraventare nuovamente
sulla
strada, e per tenerlo fermo.
Inevitabilmente
mostrai il mio viso, che l’altro
riconobbe subito.
«Norah…»
mormorò, mentre io stavo iniziando a
piangere, come l’altra
volta.
«Non
ti avvicinare, stupido!» gridai, non sapendo
quanto avrei potuto controllarmi ancora.
La
sete saliva.
Micke si agitava
troppo, era più forte di me, e si
dimenò dalla mia presa, andando verso il corvino.
Notai i suoi
canini sporgenti che secernevano quella
sostanza strana, notai i suoi occhi rossi, pieni di desiderio di sangue.
Ma non mi
accorsi che la “mutazione” non era
avvenuta solo in lui, anche in me.
Mi misi davanti
a lui, ringhiando, per sembrare più
spaventosa e pericolosa possibile.
Come una tigre
che avverte il nemico di non
oltrepassare il suo territorio, come un serpente a sonagli che avverte
di non
avvicinarsi o si verrà morsi.
Un serpente a
sonagli, ecco a cos’assomigliavo.
Un serpente a
sonagli, in un regno di cobra.
I cobra erano
gli altri vampiri.
«Non
ti avvicinare, Micke!» esclamai, sperando di
incutergli un po’ di terrore.
Ma non
funzionò, sembrava che io lo separassi dalla
sua droga preferita, di cui non poteva fare a meno. E sembrava che
quella
separazione incrementasse la sua sete.
«Se
uccidi lui, poi ti uccido io» la mia voce era
tagliente, cattiva, malvagia. Esprimeva possessività, ed era
proprio quello che
provavo.
Esitò
un momento, mentre io ringhiavo sempre con più
rabbia.
Se in quel
momento mi avesse attaccato, non avrebbe
avuto scampo, tanta era la furia che provavo, e lui doveva saperlo bene.
Occhi-smeraldo
–come lo chiamavo io- era rimasto in
silenzio, non capiva cosa stesse succedendo.
«Perché
lo proteggi?!» proteggerlo… Sì, era
proprio
quello che stavo facendo.
«Non
ti permetterò mai di torcere un solo capello a
mio fratello!» urlai, in
preda alla
furia, convinta di averlo spaventato.
Infatti avevo
visto giusto, era impaurito, ma quello
non bastò a fermarlo, e decise di seguire il suo istinto
assassino.
A quel punto mi
fiondai su di lui, e morsi con tutta
la mia forza il suo collo, per poi contrarre le dita, infilzandolo con
le
unghie, e con un calcio gli feci fare un violento volo.
Mi girai verso
Luke, che guardava la scena
esterrefatto, mentre il desiderio di bere il suo sangue si faceva
sempre più
grande.
Strinsi i denti,
e mi concentrai su quello che avevo
appena attaccato.
Si stava
rialzando, ma Dean ci aveva raggiunti e lo
aveva bloccato, dicendogli di lasciare in pace mio fratello.
Sempre con il
suo tempismo perfetto, quello che non sopportavo.
Ma in quel
momento l’avrei ringraziato a non finire.
Una lacrima
decorò la guancia di mio fratello, che
fu un lasciapassare per le altre, che arrivarono poco dopo.
Non
l’avevo mai visto piangere. Cercai di reprimere
il mio istinto, per lui, per la persona a cui più tenevo.
«Norah,
torna a casa, ti voglio bene…»
sussurrò,
mentre la tristezza assaliva il mio cuore, rimasi in silenzio.
Fece per
avvicinarsi a me, con un abbraccio, ma io
subito mi allontanai, e saltai su un palazzo «Vattene
subito!» esclamai,
cercando di trattenermi.
Un
altro minuto, e l’avrei ucciso.
«Norah…»
mi osservava tristemente, incrementando la
mia sete.
«Ma
non capisci? Non ti rendi conto che se rimani un
altro secondo qui, potresti morire?» gridai verso di lui,
mostrando, mentre
parlavo, i miei lunghi canini.
Lui si
spaventò a quella vista «Che cosa ti è
successo?»
Non resistetti e
gli saltai addosso, non rendendomi
conto nemmeno di ciò che avevo appena fatto «Sono
una vampira, Luke, guardami,
sono un’assassina! E ora ti prego… Vattene e fai
finta che non sia successo
nulla!»
Lo morsi, ma
prima di iniziare a succhiare il sangue
del suo corpo, mi allontanai di scatto, stringendo i denti.
Un gemito di
dolore straziante uscì dalle sue
labbra, mentre sgranava gli occhi.
«Non
parlarne con nessuno»
Lo lasciai
lì, e me ne andai, in cerca di qualche
preda, sicura del fatto che Dean avrebbe fatto la stessa cosa, portando
con sé
Micke.
Speravo
vivamente che dal mio morso non nascesse
un’emorragia…
Non sopportavo il fatto di averlo ferito.
Ero stesa sul
letto, e osservavo il soffitto nero.
Notai solo in
quel momento che c’era qualcosa, lì
appeso. Mi alzai in piedi, per cercare di prendere l’oggetto,
ma non ci
arrivavo, ero troppo bassa per arrivarci, e il muro troppo alto. Quindi
eseguii
un piccolo salto, riuscendo nel mio intento.
Ma il risultato
fu deludente, visto che l’“oggetto
misterioso”
non era altro che un filo della luce che sporgeva
dall’intonaco.
Scesi dal
materasso, e andai nella camera di Dean,
dovevo parlargli.
Bussai alla
porta, e lui mi disse di entrare, così
mi sedetti sul letto.
«Dean…
Micke non sarà più una…
Minaccia… Per
Lucke…?» domandai, un po’ imbarazzata,
mentre lui portava la sua attenzione su
di me.
Scosse il capo,
sembrava molto tranquillo, quasi
stanco. Ma non poteva essere stanco, dato che sicuramente aveva bevuto
molto,
prima.
Quel suo
comportamento mi aiutò a levare ogni
barriera, superando persino quella di odio che provavo verso lui.
«Grazie»
gli rivolsi il mio primo sorriso, anche se
mi aveva uccisa, aveva salvato mio
fratello, e questo non l’avrei certo dimenticato. Ovviamente,
non significava
che l’avessi perdonato, quello no, ma aveva contribuito a
renderlo… Come dire… Sopportabile.
La sua
espressione era sorpresa, così inarcò un
sopracciglio, e fece uno di quei ghigni che odiavo.
Sentivo che se fossi rimasta lì un altro secondo,
l’avrei sicuramente
picchiato.
«Tuo
fratello... Occhi verdi… Ha il tuo stesso odore»
affermò, con il suo solito tono di voce strafottente.
«E con
questo?»
«Io
stesso non ho resistito alla tentazione di ucciderti»
Voleva dirmi per
caso che ero stata brava?
Me ne facevo
poco dei suoi complimenti.
Intanto la
rabbia cominciava a salire. Non avrebbe
dovuto toccare quell’argomento.
«Nh…»
cercai di
mostrarmi calma, reprimendo la voglia di spezzargli le ossa.
Si stese sul suo
letto,
con le braccia incrociate dietro la testa.
«Quanti
anni hai?» domandai, visto che erano mesi
che lo volevo sapere.
«Diciotto»
rispose semplicemente, per poi aggiungere
«Più novanta»
Wow…
Aveva più di un secolo… Chi l’avrebbe
mai
detto.
Dai suoi modi di
fare… Sembrava il tipico ragazzino
stronzo del ventunesimo secolo.
Probabilmente
aveva vissuto la Prima e la Seconda
Guerra Mondiale.
«E chi
ti ha… Trasformato?» visto che ero in vena di
domande, allora tanto valeva approfittarne.
Il mio carattere
curioso si stava facendo spazio tra
il mio lato amareggiato e pieno di rancore, avendo la meglio.
Mi
guardò qualche secondo, forse sorpreso della
domanda.
Esitò
un attimo, prima di rispondere.
«Mio
zio» rimasi sbalordita.
Un parente. Come
aveva potuto fare una cosa simile?
L’aveva
condannato ad una “vita” piena di dolore.
«Perché?»
«Non
ne ho idea» il suo tono di voce stava
diventando sempre più freddo, gradualmente.
«E
dov’è adesso?» domandai, ancora.
«Morto»
la sua voce era ancora più gelida.
«Chi
l’ha ucciso?» il mio spirito indagatore mi
suggeriva di continuare, con le domande, ma il mio buon senso no. Ma
non
l’ascoltai.
«Io»
La sua voce era
congelata.
Conoscevo il
modo per uccidere un vampiro:
staccargli la testa e bruciarla.
Secondo Dean
–e presupponevo fosse vero-
i vampiri avevano una rigenerazione
molto rapida, e questa non poteva avvenire se la testa non
c’era più.
Non avevo capito
bene il motivo, ma pareva che nella
testa ci fosse come un “motore” che permetteva al
corpo di rigenerarsi. Quindi,
se quella veniva bruciata, con essa moriva anche il
“motore”.
«Perché?»
chiesi, ancora, come se porgli quelle
domande fosse vitale, per me.
Si sedette a
gambe incrociate sul materasso. Mi
aspettai la solita espressione derisoria, ma il suo viso non esprimeva
niente.
Non trasmetteva
la minima emozione.
Poi rispose con
delle parole che parevano dei pezzi
di ghiaccio.
«Uccise
la mia fidanzata, incinta di mio figlio, tre
mesi dopo aver trasformato me»
A quel punto la
gola mi parve secca, le parole che
volevo pronunciare morirono.
Nel Novecento
era normale avere bambini sui
diciassette – diciotto anni, strano però, che non
fosse sposato con quella
ragazza.
Era praticamente
un reato a quell’epoca, avere figli
senza essere sposati. Gli sposi dovevano essere vergini.
Ma forse era
quello il motivo per cui suo zio
l’aveva uccisa.
L’onore
della famiglia a volte contava più di essa.
Che persona
orribile.
Dean ci
soffriva, nonostante fossero passati novant’anni.
Si capiva dal suo sguardo, e dalla sua voce.
Nonostante lui
non mi andasse per niente a genio, provavo tristezza.
Mi domandai come
avrei reagito se avesse ucciso
Luke, o i miei genitori.
Probabilmente,
in preda alla furia, l’avrei ucciso,
come lui fece con suo zio. Era del tutto comprensibile.
Non avrei voluto
toccare un argomento così. Ma lui
non si era messo problemi a toccare quell’argomento,
no?
Accidenti al mio
carattere gentile!
«Tanto
non m’importava niente, di loro. Era soltanto
uno sfogo, ucciderlo»
Disse, ghignando.
Crucciai il
volto. Bugiardo.
Diceva
così soltanto per illudersi da solo, di non
provare alcun dolore.
Era evidente,
almeno per me.
Stavo studiando
per diventare psicologa, dopotutto.
Era sempre stato
un dono, il saper riconoscere umore
e personalità delle persone, con un solo sguardo.
Capivo
ciò che provava, ma volevo non poterlo fare,
perché in fondo, volevo che lui non potesse provare
sentimenti, in modo che il
mio odio potesse sopravvivere.
Ma invece no,
lui aveva emozioni, e la mia
sensibilità mi impediva di odiarlo come prima.
Il mio sguardo
era puntato sui suoi occhi, grigi,
che con quell’espressione sembravano veri e propri pezzi di
ghiaccio.
Che maschera
inutile.
Me ne andai,
tornando in camera mia.
Volevo dormire.
Volevo sognare.
Ecco una pena
dell’essere vampiri: non poter
dormire, non poter catapultarsi in un mondo nostro, dove tutto
è come vorremmo
che fosse.
La nostra anima
sarebbe stata condannata
all’Inferno, dopo la nostra vera morte. Ma secondo me il vero
Inferno, era
quello.
Ma mi dovevo
rassegnare, ormai non ero più umana, e
mai più lo sarei stata.
Chiusi gli
occhi, e mi misi in posizione fetale,
come generalmente riuscivo a prendere sonno.
Simulai una
dormita, ma non dormivo affatto.
Con la mia mente
cercai di immaginare come sarebbe
potuto essere un mio sogno, in quel momento.
Immaginai di
tornare a casa, di tornare una normale
ragazzina di sedici anni, di uscire con gli amici e di tornare a scuola.
Già,
a scuola.
Anche se prima
l’odiavo, in quel momento avrei
pagato con tutto l’oro del mondo, per tornarci.
Un fulmine mi
fece spaventare, svegliandomi da quell’universo
parallelo che stavo ripercorrendo con la mente.
Osservai il
vetro della finestra della mia camera, e
quasi urlai, quando vidi quella sagoma.
Andai in
iperventilazione –un impulso che mi era
rimasto dalla mia precedente vita- e corsi di nuovo in camera di Dean.
Mi sembrava quasi di
sentire il cuore che
tamburellava forte, mi sembrava che il sangue ricominciasse a scorrere
nelle
mie vene…