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Autore: Mauro Raul    03/08/2010    1 recensioni
Testo immediato, senza spiegazioni ne flashback. Buona lettura.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono soddisfazioni. La causa era stata vinta facendo ricorso soltanto alle leggi! Niente giri di parole o rinvii rivalutazioni e ritardi vari. L’altro avvocato evidentemente non era molto preparato o forse non gli interessava vincere, fatto sta che Marco aveva vinto la causa con le sue sole conoscenze del codice civile! D’altronde il codice civile era il suo miglior amico, l’unica certezza dopo la morte. Non c’era nulla che non fosse previsto dalla legge e se qualcosa sfuggiva c’era la Grande Costituzione.

L’avvocato Marco Righi era un uomo estremamente pragmatico, la sua percezione della realtà non aveva rifrazione, rifiutava, quindi, tutto ciò che divergeva da essa; Marco era sempre stato molto sveglio sin dai tempi della scuola: dotato di una mente scattante e priva di stupidi impedimenti psicologici (come l’ansia degli esami, la difficoltà a ritenere nomi o date ) era sempre stato il primo della classe. Il suo cervello registrava e riproduceva ad alta frequenza ogni cosa con fluidità e chiarezza. L’unica materia in cui aveva avuto un po’ di difficoltà era stata filosofia, tutti quei concetti astratti e senza senso lo confondevano ma viste le sue magistrali capacità se l’era sempre cavata imparando a memoria.

Uomo realizzato, avvocato di successo, felicemente single si godeva a pieno il suo smagliate fisico da trentenne e anche quello delle sue occasionali compagne. Nulla e nessuno gli faceva paura. Questo era Marco Righi quando l’autunno del 1999 rimpiangeva, col rosso delle foglie, i colori dell’estate.

 

Nonostante avesse vinto il caso era comunque un po’ provato, quindi si diresse verso il suo appartamento al Grand Hotel. Nel tragitto, qualche isolato prima di arrivare, si fermò al semaforo attendendo il verde. Era il primo della fila. Distratto guardava il traffico frenetico della città, che sfrecciava da destra e da sinistra, notò una donna correre nel marciapiede, si fermò prima di scendere in strada e venire investita dalla mandria di auto , poi vide un buco nel traffico ci e s’infilò. In una frazione di secondo Marco capi l’avventato gesto. Nel passare delle auto scorse la figura di un bambino accovacciato, terrorizzato; quella donna era quindi sua madre! Lo raggiunse e lo prese in braccio; una macchina che veniva da sinistra inchiodò per non causare una tragedia facendosi pero tamponare ripetutamente. Mamma e figlio erano salvi. Un motociclista irritato cercò di superare la disastrosa coda che si era formata e facendo nitrire tutti i cavalli della sua superbike accelerò, vide all’ultimo momento la fragile famiglia in strada, sterzò, cadde, li evitò ma la moto riusci a colpire la spalla della donna che fu spinta con forza nell’altra corsia mentre passava un pullman. L’impatto fu mortale per entrambi, il resto dell’incidente lo lascio alla vostra fantasia… una goccia scarlatta, però finì sul parabrezza dell’auto di Marco, proprio davanti alla direzione dei suoi occhi.  Allora il tempo pianse e la goccia si uni alle sorelle senza colore ne anima.

 

Quella sera Marco mangiò da solo. Non fu coinvolto, all’arrivo della polizia, dagli accertamenti se non per qualche domanda cui rispose senza troppa enfasi. Non voleva essere preda dei sentimenti. Infatti, riuscì a tenere a bada quasi tutte le emozioni ad eccezione della sgradevole sensazione che provava quando ricordava della goccia di sangue sul parabrezza.

Dentro di lui il concetto di azione e reazione era ben calcato (come da bravo avvocato) eppure non riusciva a capire quale fosse stata l’azione che aveva scatenato quelle morti. Era ateo e non voleva credere che fosse stata qualche ridicola volontà divina, eppure non gli bastavano neanche le spiegazioni che aveva sentito da chi come lui aveva assistito alla scena: “che sfortuna”; “era arrivata la loro ora”; “sarà stato il caso” ecc…

Trascorsero i mesi e ben presto il dramma si allontanò da lui, fini sui giornali e diventò oggetto di discussioni sulle leggi stradali ancora una volta.

Marco pero iniziava a cogliere sfumature che prima neanche concepiva. Se prima, davanti al caso di un semplice ladro avrebbe fatto ricorso alla frigida legge ora si domandava se quel gesto non derivasse da motivi di disperazione. Era diventato più sensibile o forse non lo era mai stato. Nonostante tutto, le sue capacità non scemarono e la sua identità si mantenne integra.

 

“.., ergo questa legge è incostituzionale!” silenzio in aula, la spiegazione dell’avvocato di difesa era stata impeccabile e incriticabile; Marco rimase pietrificato: aveva ragione. La legge era incostituzionale! Il codice civile si sbagliava! Il caso fu rimandato per accertamenti.

Il codice civile si sbagliava! Incredibile… fortuna che c’era la Grande Costituzione a vigilare.

“Art. 1 della G. Cost.: L’uomo è ,rispetto agli altri, uguale e diverso da nessuno.

  Art. 1 comma 2 della G. Cost.: le uniche differenze sono fisiche e non morali. 

  Art. 1 comma 4 della G. Cost.: le differenze fisiche e di qualunque tipo e/o genere non sono considerate differenze  “

Quella sera Marco si rilesse con sommo piacere tutta la Grande Costituzione. Il primo articolo, per la prima volta, lo lesse con occhi diversi. Se l’uomo non è diverso da nessuno perché mi do tanto da fare?: non cambierò mai, rimarrò sempre uguale. Eppure sono più alto che mio fratello, ma non è una differenza… quindi se neanche le differenze fisiche non sono considerate differenze, io e mio fratello siamo alti uguali. Eppure la scienza contraddice questa cosa: un metro e cinquanta è più basso di un metro e ottanta.  Ma ciò non conta, non sono differenze secondo la Grande Costituzione.

Ma se le differenze non sono differenze, allora nulla ha senso, poiché se un uomo è scuro e un altro uomo è chiaro sono uguali.

Ecco discorsi contorti di questo genere tormentarono Marco fino all’alba e i punti interrogativi si moltiplicavano. Infine, dopo una bella dormita, una doccia gelida e la pancia piena, concluse che nella copia della sua Grande Costituzione c’era un errore di battitura. Decise, allora, di andare al museo nazionale dove la copia originale (la copia originale?? Non ha senso…)  era custodita e aperta sempre sui primi articoli.

Al suo arrivo vide una grande folla, guardò in alto all’entrata dell’edificio e vide un enorme cartello:

“100 anni della Grande Costituzione. Possibilità di toccare la copia.”

Aspettò sette ore ma il suo momento arrivò, era l’ultimo rimasto. Camminò attraverso l’enorme pavimento di marmo del museo, oltre i secoli che tanto sangue avevano versato. Eccola. Su un piedistallo a forma di libro riposava la sua più grande certezza, illuminata da una luce teatrale che, una volta giunti dinanzi al libro, sembrava di essere soli nel buio alla presenza della sola Grande Costituzione.

Era stata lasciata sul trentesimo articolo, con i guati impostigli dalle guardie, girò con rispetto ogni pagina guardando e ripetendo a memoria ogni articolo, a ritroso

 

“Art. 1 della G. Cost.: L’uomo è, rispetto agli altri, uguale e diverso da nessuno.

  Art. 1 comma 2 della G. Cost.: le uniche differenze sono fisiche e non morali. 

  Art. 1 comma 4 della G. Cost.: le differenze fisiche e di qualunque tipo e/o genere non sono considerate differenze  “

 

Nessun cambiamento, guardò meglio. Vide frasi, poi parole, poi lettere, poi inchiostro invecchiato, poi carta… poi… materia… dov’era la Sicurezza che l’aveva cullato per tanti anni? Guardò in fondo alla pagina e vide la firma del Primo Presidente, semplicemente un uomo come lui niente di più. Montagne di significati legati alle parole “costituzione” , “presidente”, “giustizia” franarono come durante quella pioggia che non solo aveva lavato il passaggio della morte, ma anche la goccia di sangue che conteneva la sua sicurezza.

Allora capì quanto fossero inutili le cinture di sicurezza.

 

   
 
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