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Autore: whateverhappened    03/08/2010    10 recensioni
«Questa è Londra, Fleur, la capitale del mondo. Si dice che quando un uomo è stanco di Londra è stanco della vita, personalmente credo sia vero.»
«Ma non è romontica come Paris! La città dell'amour!» obiettò lei con un gran sorriso, avrebbe probabilmente dato inizio ad una disputa su quale stato fosse migliore fra Inghilterra e Francia, ma il tutto venne interrotto da una voce maschile.
«Mia cara signorina, potresti dire qualsiasi cosa su qualsiasi città ma per Bill Londra resterà sempre in vetta ad ogni classifica!»
Bill si voltò di scatto nella direzione da cui proveniva la voce e Fleur lo vide sorridere, un sorriso differente da tutti quelli che le aveva rivolto durante la giornata, un sorriso che ancora una volta mostrava la grande tenerezza del ragazzo.
Prima classificata al contest "Ice Cream Shop" indetto da _Mary, fierobecca93 e Nabiki93 su Efp forum.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bill/Fleur
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'La Belle et la Bête'
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Une Histoire d'Amour





In quel giorno di fine maggio il sole splendeva alto nel cielo, illuminando prepotentemente le mura bianche della Gringott, la banca dei maghi. L'impressione che ne derivava era quello di una luce quasi accecante, che cercava in tutti i modi di infiltrarsi nella testa dei passanti, che si difendevano abbassando lo sguardo e allontanandosi dall'immenso edificio. Appariva ancora più maestoso così illuminato, a tratti quasi inquietante, ma ormai quella visione non faceva quasi più effetto al ragazzo che era rimasto ad osservare per diversi minuti le grandi lettere che ne identificavano la funzione. Quando, finalmente, si decise ad entrare nella banca dovette strizzare gli occhi per abituarsi alla diversa illuminazione, col risultato che fra i folletti ed i clienti vedeva una miriade di stelline colorate.
« Posso aiutarla? » chiese un folletto da dietro al grande bancone, squadrando da capo a piedi quell'insolito individuo.
« Sì, vorrei sapere dove si trova l'ufficio del signor Smithson. » al nome dell'uomo l'altro storse istintivamente il lungo naso, nessuno fra i suoi simili aveva grande stima del mago a capo del settore assunzioni. Non si fidavano di lui in quanto essere umano, ma la Banca Internazionale Magica era stata chiara: a scegliere i maghi e le streghe che avrebbero lavorato per la Gringott doveva esserci necessariamente un umano, non un folletto o una creatura magica di altro tipo.
« É al piano di sopra – indicò con il dito sottile una lunga scalinata – Prima porta a destra. »
« Grazie. » rispose il ragazzo allontanandosi, mentre in lontananza poteva ancora sentire il suo interlocutore lamentarsi di come non dovesse svolgere ruoli da segretaria per quell'umano incapace. Scosse la testa divertito, il giorno in cui folletti e maghi fossero andati veramente d'accordo era ancora ben lontano.
Arrivò in fretta alla porta targata “Peter Smithson”, per quanto date con disprezzo le indicazioni ricevute erano perfette. Bussò delicatamente ed entrò senza aspettare risposta, rimanendo sorpreso da ciò che si trovò davanti; scosse la testa dubbioso e, tornando sui suoi passi, controllò il nome sulla targa.
« Non si è sbaglioto – ridacchiò la ragazza seduta alla scrivania – Questo è l'uffiscio di Monsieur Smithson, io sono la sua... come si disce, segretoria. »
« Aah – rispose lui, sfoderando un sorriso dalla dentatura perfetta, di un chiarore che risaltava in contrasto con la pelle abbronzata – Mi sembrava che il grande capo fosse un uomo! »
« Desidera parlore con lui? » il giovane uomo annuì, osservando la morbida linea dei capelli biondi della ragazza. Era quasi certo di averla già vista, aveva un'immagine indistinta stampata in mente e non riusciva a metterla a fuoco.
« Ha un appuntamonto? Monsieur Smithson risceve solo su appuntamonto. »
« Sì. Il nome è Weasley, William Weasley. » al nome del ragazzo lei alzò di scatto la testa dall'agenda, fissando con grande interesse l'individuo che aveva di fronte.
« Weasley? Come l'amico d'Arrì! Oh, pour Merlin, comment il s'appellait? »
« Ron? - suggerì lui, lei annuì vigorosamente – É mio fratello. »
« Signor Weasley – il ragazzo sussultò quando udì la profonda voce maschile alle sue spalle – Mi scuso per averla fatta aspettare. Prego, mi segua. » Bill annuì e si affrettò a seguire il signor Smithson in una porta laterale alla scrivania della ragazza, alla quale rivolse un sorriso prima di dedicare tutta la propria attenzione al suo capo.
« Vedo che ha conosciuto la signorina Delacour, signor Weasley – gli disse Smithson, accomodandosi su una gran poltrona in pelle e facendogli segno di sedersi di fronte a lui – É una gran cara ragazza. Peccato per quel forte accento francese, ma d'altra parte ha chiesto di essere assunta proprio per migliorare la lingua. »
« Credo di averla già vista da qualche parte. » confessò Bill, all'immagine confusa nella sua mente si era aggiunto il particolare non di poco conto del nome, anch'esso familiare.
« Probabilmente si ricorderà di lei al Torneo Tremaghi: era la campionessa di Beauxbatons. »
« Ah. Già, certo! » le parole del signor Smithson gli avevano fatto ricordare tutto. Fleur Delacour, la ragazza di Beauxbatons che Ron aveva invitato al Ballo del Ceppo venendo clamorosamente respinto, quella che aveva ricoperto Harry di baci dopo che egli aveva salvato sua sorella dal Lago Nero. Ci aveva anche parlato una volta, prima dell'ultima prova, ricordava ancora quanto fascino fosse in grado di emanare anche solo con uno sguardo.
« Ma non è certo della signorina Delacour che dobbiamo parlare. Mi diceva nella lettera che ha intenzione di tornare a lavorare qui in Inghilterra. » la voce del signor Smithson lo riscosse dai suoi ricordi, costringendolo ad interessarsi alla conversazione. Tuttavia la figura di Fleur, i suoi lineamenti dolci incorniciati dai morbidi capelli biondi, gli tornavano alla mente più spesso di quanto avesse voluto, distogliendolo dall'importante discussione con il suo capo. Fortunatamente per lui, su una cosa i folletti della Gringott non si sbagliavano: Smithson non brillava affatto per intelligenza, aveva raggiunto quell'occupazione grazie ad una serie di raccomandazioni, e per sua gioia non fece affatto caso alla sua attenzione altalenante. Quando uscì dall'ufficio dopo aver ottenuto il posto di lavoro che desiderava, si avvicinò sorridente alla scrivania di Fleur, porgendole un blocco di fogli.
« Certo non è un mazzo di rose, ma è meglio di niente. » le disse sorridendo.
« Quindi ti trasferisci in Angleterra. » rispose lei, glissando sulla battuta del ragazzo e concentrandosi sui documenti che lui le aveva appena consegnato.
« Già, avevo nostalgia di casa. Tu, invece, non sei qui da molto. O sbaglio? »
« No. Sono appena tre mosi che lavoro ici, mi sono trasferita dopo gli esami. Sai, per miliorore il mio englese. »
« Ma non vedo come tu possa farlo dietro a una scrivania! Uscire con un gruppo di inglesi sarebbe di sicuro meglio, oltre che più rapido. »
« Ma non conosco nessuno. » rispose lei sorridendo, aveva già intuito dove volesse andare a parare Bill, di certo non era stupida, ma voleva che fosse lui a farle la proposta e non che sembrasse una sua idea. Dopo tutto lei era sempre Fleur Delacour, erano i ragazzi a chiederle di uscire, di loro volontà o meno.
« Ora conosci me, potresti aggregarti ad una serata fra amici. Mi farebbe piacere, Fleur. » rispose con un sorriso quasi disarmante. Probabilmente non era una buona idea invischiarsi in una possibile relazione in quel periodo di instabilità e pericolo, ma quella ragazza lo tentava non poco e, come aveva detto un grande autore babbano, l'unico modo per sconfiggere una tentazione è cedervi.
« Mi farebbe piascere. Merci, William. »
« Oh, chiamami pure Bill! Quasi nessuno mi chiama William. » la interruppe lui, sorridendole.
« D'accordo, Bill. Ora dovresti cortesemonte darmi un documonto d'identità, non ricordo l'oncontesimo pour retrouver i dati. » il ragazzo ridacchiò, colpito dall'abilità di lei nel cambiare rapidamente discorso senza mutare minimamente espressione.
« Merci. » gli disse educatamente quando le diede la carta richiesta. Rimase sorpresa quando aprì il documento: inserita nella custodia di plastica trasparente, una foto si faceva notare per l'esuberanza dei suoi protagonisti. Fleur osservò le nove persone, tutte dai capelli rosso fuoco, salutare in direzione dell'obbiettivo sorridendo quasi esageratamente.
« Oh, è la mia famiglia. - le disse lui, un po' imbarazzato – Quando ero in Egitto la guardavo per sentirmi a casa. » lei annuì, continuando ad osservare quell'immagine che dava un senso di serenità. Sorrise al ragazzo di fronte a lei, sorpresa di quanta tenerezza potesse racchiudersi in un individuo di un metro e novanta e spalle grosse. Una tenerezza che riusciva a colpirla nel profondo, forse perché inaspettata in un uomo che, lo sapeva, presto avrebbe combattuto contro quel mago oscuro che solo pochi mesi prima aveva ucciso Cedric Diggory. Una tenerezza che le faceva venir voglia di conoscerlo meglio e di trascorrere del tempo con lui.
« Comunque passerò a prenderti questa sera stessa, ho in progetto di rivedere degli amici e sarebbe un'ottima occasione per migliorare il tuo inglese. » le disse lui, quasi leggendole il pensiero, di nuovo mostrando la perfetta dentatura in un sorriso.
« Ça va bien. Oh, va bone – ridacchiò, notando l'espressione confusa di lui alle sue parole in francese – Per il momonto abito al Paiolo Masgico, sto scercondo un appartamonto. »
« L'amica che ci sarà questa sera è proprio agente immobiliare, sembra fatto apposta! Passerò a prenderti alle otto. »
« Sarò pronta alle nove. »
« Lo sospettavo. »

Quando Bill arrivò al Paiolo Magico il sole era ormai al tramonto, ogni edificio era colorato dalle tipiche tonalità rossastre di quell'ora. Adorava quel momento della giornata, quella luce, il tutto aveva delle note romantiche non di poco conto e l'idea di condividere quell'ambientazione con Fleur lo rendeva euforico. Si dava dello stupido per quel sentirsi elettrizzato, in fondo conosceva appena quella ragazza, eppure percepiva qualcosa di particolare in lei, di speciale. Sapeva del suo quarto Veela come sapeva che non era quel fattore a soggiogarlo, nel suo lavoro di Spezzaincantesimi ne aveva incontrate parecchie e le sensazioni che provava in presenza di Fleur erano del tutto differenti. Scosse la testa cercando di allontanare quei pensieri e sospirò profondamente, entrando nel locale. Era affollato come sempre, nulla era cambiato da quando aveva iniziato a lavorare alla Gringott e passava al Paiolo per una Burrobirra dopo il suo turno, persino i clienti erano gli stessi. Si sedette al bancone ed ordinò da bere, l'attesa sarebbe stata lunga.
« Ehi, Bill! - Tom, il proprietario del locale, salutò il ragazzo con una pacca sulla spalla – É un sacco che non ti si vede da queste parti, cosa ti porta qui? »
« Ma la tua magnifica Burrobirra, ovviamente. » ridacchiò, subito seguito dall'altro.
« E immagino che la deliziosa signorina che alloggia al piano di sopra non influisca in alcun modo. » gli disse, porgendogli il boccale.
« Oh, dai ospitalità ad una deliziosa signorina e non mi dici nulla? Vecchio mascalzone! »
« Ti sei informato da solo, Weasley, dato che quando è rincasata oggi mi ha chiesto di avvertirla quando fossi arrivato. Sei sempre il solito dongiovanni! »
« Non è così questa volta – rispose Bill, all'improvviso serio, bevendo un sorso di Burrobirra – É strano, Tom, quasi non la conosco... ma lei mi piace davvero. »
« E sembra che tu piaccia a lei – rispose l'altro, indicando con un cenno del capo una ragazza che stava scendendo le scale – Da quando è qui non l'ho mai vista così in tiro! »
Per quanto fosse all'improvviso quasi disgustato dai termini usati da Tom, sebbene in situazioni diverse anch'egli avrebbe parlato in quel modo, Bill non poté fare a meno di ammettere che il proprietario del Paiolo Magico aveva ragione. Fleur era davvero magnifica nel suo abito corto color celeste, i tacchi alti ne slanciavano la figura e i capelli, lasciati cadere sulle spalle senza alcun fermaglio, incorniciavano un viso che, se possibile, era ancora più bello di quanto ricordasse.
« Bonsoir, Bill. » salutò non appena gli fu accanto, sorridendo al ragazzo che la stava guardando ammaliato.
« Sei in anticipo! » rispose lui, osservando che il vecchio orologio di nonno Septimus segnava solamente le otto e un quarto.
« No, ho il quarto d'ora canonico. É il tompo sgiusto per far aspettore un uomo: né troppo, né troppo poco. » lei era serissima, tuttavia Bill si ritrovò a ridacchiare di quella logica femminile, gli uomini non sarebbero mai arrivati a ragionamenti così contorti.
« Mi fido. - si alzò e le porse il braccio, subito afferrato da Fleur – Ora andiamo, mademoiselle, la vita londinese ti attende. »
Bill si smaterializzò immediatamente e Fleur fece appena in tempo a chiudere gli occhi, come faceva sempre in quelle situazioni. Quando li riaprì rimase senza fiato: dalla vietta laterale in cui si erano smaterializzati poteva comunque vedere una piazza immensa, illuminata da cima a fondo da qualche diavoleria babbana, intorno a lei una miriade di ragazzi della loro età rideva e scherzava come se nulla fosse più importante in quel momento.
« C'est magnifique! Tutto è stupondo, Bill, davvero. »
« Questa è Londra, Fleur, la capitale del mondo. Si dice che quando un uomo è stanco di Londra è stanco della vita, personalmente credo sia vero. »
« Ma non è romontica come Paris! La città dell'amour! » obiettò lei con un gran sorriso, avrebbe probabilmente dato inizio ad una disputa su quale stato fosse migliore fra Inghilterra e Francia, ma il tutto venne interrotto da una voce maschile.
« Mia cara signorina, potresti dire qualsiasi cosa su qualsiasi città ma per Bill Londra resterà sempre in vetta ad ogni classifica! »
Bill si voltò di scatto nella direzione da cui proveniva la voce e Fleur lo vide sorridere, un sorriso differente da tutti quelli che le aveva rivolto durante la giornata, un sorriso che ancora una volta mostrava la grande tenerezza del ragazzo.
« Charlie, vecchio cretino! - Bill abbracciò l'altro ragazzo, battendogli diverse pacche sulla schiena – Sei tu quello che ha tradito la madre patria per trasferirsi in mezzo al nulla! »
« Ah, ah, alquanto divertente. Il mio nulla può essere trecento volte più pericoloso della tua amata città, anche di più se ci si mettono gli Ungari Spinati! »
« Oh, no. - furono le prime parole della ragazza che era comparsa dietro Charlie – Non ditemi che state di nuovo litigando su quale posto sia più divertente per viverci! »
« Credo che sia coscì – rispose Fleur, mentre gli altri due ignoravano la nuova arrivata – Ma io ponso che comunque Paris sia sompre melio. » a quelle parole l'altra ragazza scoppiò a ridere di gusto, guadagnandosi così l'attenzione di Bill e Charlie, che la guardavano ora come se fosse appena atterrata dalla luna.
« Oh, Bill, te la sei scelta proprio bene! - disse dopo diversi minuti – Patriottica almeno quanto te, peccato che lo Stato sia diverso! Ah sì, parola mia, siete una coppia fantastica! » a quelle parole le orecchie di Bill divennero rapidamente dello stesso colore della sua capigliatura, mentre Fleur sorrideva imbarazzata e giocherellava con un nastrino del vestito.
« Ma io e Bill non siamo... come dite voi, fidansoti. Mi aiuta solamonte a miliorore il mio englese. »
« Oh, ma lo sarete presto! » ridacchiò l'altra ragazza, fulminando Charlie che – con una gomitata alquanto complice – stava iniziando a consigliare a Bill che cosa migliorare di Fleur.
« Scusala – intervenne finalmente Bill – Tabitha è convinta di essere una veggente e ogni tanto, spesso a dir la verità, se ne esce con qualche previsione oscura. »
« Questa volta non è una previsione, ma semplice intuito femminile. » precisò Tabitha con aria offesa, per poi sorridere con aria complice a Fleur.
« Ma poi, Bill, si può sapere chi è questa mademoiselle? » scherzò Charlie, facendo ridere anche Fleur e Tabitha, mentre Bill si grattava la nuca imbarazzato.
« Il mio nome è Fleur – sorrise la ragazza, presentandosi da sola – Tu sei quello dei droghi? C'eri al Torneo Tromaghi. » Charlie la guardò un po' spaesato, ma si riprese subito rivolgendole un gran sorriso e chinandosi in un divertente baciamano.
« Mais oui, mademoiselle. Enchanté. Sono Charlie, lo scapestrato fratello di Bill fuggito in Romania per stargli il più possibile lontano! Sono qui in visita. Ma tu come...? »
« Era la campionessa di Beauxbatons – lo interruppe Bill, prima di rivolgere il suo sguardo verso la ragazza – E lei, appunto, è Tabitha, ha frequentato Hogwarts insieme a me. »
« Piacere di conoscerti, futura signora Weasley. - le sorrise, mentre Bill la inceneriva con lo sguardo – Oh, andiamo, guardatevi! Si vede che state bene insieme, è solo questione di tempo. »
« Quando avremo bisogno dei tuoi consigli matrimoniali li richiederemo, anche se non credo che tu sia così esperta. » rispose a denti stretti Bill, mentre Fleur continuava a ridacchiare insieme a Charlie.
« Non mi sono mai sbagliata sul tuo conto, Weasley, e non comincerò adesso. Inoltre il suo vestito è dello stesso colore dei tuoi occhi, è un segno bello e buono di un futuro armonioso! Il celeste è una tonalità così bella, così romantica! »
« Le couleur de Beauxbatons aussi. » ridacchiò Fleur, che si stava divertendo non poco in compagnia di quella ragazza. Non avrebbe mai detto che lei, così sofisticata come tutti i francesi, si sarebbe trovata a suo agio con qualcuno che usciva la sera con una semplice coda di cavallo ed una tuta. Guardò Bill e sorrise del leggero rossore che copriva le sue gote, di nuovo percepì quel moto di tenerezza che aveva già avvertito in precedenza.
« Sì, ok, va bene. Se lo dici tu, Tab, come minimo sarà tutto il contrario! Ma direi di muoverci, non possiamo restare qui tutta la sera! »
Charlie fu il primo ad incamminarsi, scherzando su come Bill non fosse neanche in grado di rispondere a tono a quella pazza di Tabitha, che dal canto suo lo rincorse per tutta la piazza cercando di togliergli quel sorriso irriverente dal viso. Fleur e Bill rimasero indietro, soli ed in silenzio, osservandosi con un sorriso imbarazzato in volto.
« Scusa di nuovo per Tabitha, a volte non riesce proprio a tenere la lingua a freno. » disse ad un tratto Bill, rompendo quel silenzio che stava diventando pesante.
« Non fa nionte – rispose lei, sorridendo – Mi sto divertondo. »
« Non devi assecondarli per forza, puoi anche affatturarli se vuoi! Magari con un bel Orcovolante, mia sorella risolve sempre tutto così! »
« Ma petite soeur risolve tutto con calsci, è la disperasiòn di Maman, disce sompre che ha preso tutto da Papa! »
« Allora, piccioncini, vi muovete o vi dobbiamo abbandonare qui? » la voce in lontananza di Charlie fece sussultare Bill, che fu molto tentato di cruciarlo a distanza, ma venne bloccato da Fleur poco prima di afferrare la bacchetta.
« Piscionscini? Cosa vuol dire? » chiese dubbiosa, Bill si ritrovò a sorridere dell'ingenuità che traspariva dai suoi occhi, così grandi e sinceri in quel momento.
« Ehm, come dire... É un modo per chiamare gli innamorati. » borbottò Bill, imbarazzato e di nuovo rosso in viso.
« Oh! Molto carino! Ma ora andiomo, o ton frère si arrabbierà! » come se fosse stata la cosa più naturale del mondo, Fleur prese il braccio a Bill e si incamminò verso gli altri due ragazzi, che alla loro vista si lanciarono uno sguardo d'intesa.
La serata trascorse nel più divertente dei modi, tutti risero e scherzarono dall'inizio alla fine, lanciando battute sul perenne imbarazzo di Bill e sull'accento francese di Fleur, che finì per migliorare di molto la propria autoironia. Si lasciarono con la promessa, sincera da parte di tutti, di rivedersi ancora prima che Charlie ripartisse per la Romania e con l'augurio che Fleur decidesse di rimanere in Inghilterra a lungo, magari in una casa trovata da Tabitha.
« Mi sono divortita molto, Bill. Merci beaucoup. » disse Fleur quando arrivarono di fronte all'entrata del Paiolo Magico, ancora parecchio affollato stando ai rumori che si sentivano fino in strada.
« Di nulla, sempre al tuo servizio. E visto che ti piace il celeste, mademoiselle, ecco a te! Per ricordarti di questa serata. » con un inchino scherzoso le porse un mazzo di fiori appena evocati, splendide margherite del colore del cielo perfettamente intonate al colore dell'abito di Fleur e – come aveva fatto notare Tabitha poche ore prima – degli occhi di Bill.
« Sono stupondi, Bill, merci. » Fleur sprofondò il volto nei fiori, inspirandone il leggero profumo.
« Non è nulla, solo un pensiero. » rispose lui con un leggero sorriso, mentre a Fleur tornavano in mente alcune parole di sua madre: se una donna dice che un uomo è tenero non finirà mai per innamorarsi di lui. Ma Fleur, in fondo, non aveva mai dato troppo retta ai consigli di Apolline sui ragazzi, aveva sempre fatto di testa propria e fino a quel momento non si era mai sbagliata.
« Bill » chiamò sottovoce, quasi insicura, conscia che il passo che stava per fare fosse in totale disaccordo con quanto aveva fatto fino a quel momento con tutti gli uomini della sua vita. Bill era un'eccezione, forse quella che confermava le sue regole o forse la sua eccezione.
« Sì? » rispose lui, sfoggiando nuovamente quel sorriso mozzafiato che le aveva rivolto al mattino, quando cercava di convincerla ad uscire con lui.
« Ti andrebbe di... insomma, di vedersci... Ti andrebbe di scenare avec moi qualche volta? Moi et toi. » pronunciò quelle parole a fatica, quasi balbettando, timorosa.
« Cenare? Da soli? - lei annuì, mantenendo la testa alta nonostante il rossore che sentiva impossessarsi delle sue guance – Ma certo! Mi farebbe molto piacere, mademoiselle. »
Fleur non rispose, limitandosi a sorridere come mai aveva fatto quella sera: un sorriso che arrivava fino agli occhi, illuminandoli. Un sorriso che si rispecchiava alla perfezione in quello sul volto di Bill, rapito dal suo sguardo e speranzoso che, per una volta, Tabitha avesse fatto una previsione corretta.





















Questa storia si è classificata prima al contest "Ice Cream Shop" indetto da _Mary, fierobecca93 e Nabiki93 su Efp Forum. Lo potete trovare qui. A me, scegliendo il cornetto, era toccato il primo incontro di Fleur e Bill, abbinandolo al colore celeste e al sentimento della tenerezza.
Alcune precisazioni... il titolo originale, "Un souvenir qui va durer l'éternité", è una frase della canzone "Une Histoire d'Amour", che credo sia di Mireille Mathieu. L'ho sostituito con il titolo della canzone perché era semplicemente troppo lungo. La frase "l'unico modo per sconfiggere una tentazione è cedervi" è di Oscar Wilde, mentre "quando un uomo è stanco di Londra è stanco della vita" è di Samuel Johnson. Infine, la nota sull'eccezione è un richiamo a "La verità è che non gli piaci abbastanza" (Alex e Gigi <3).







   
 
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