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Autore: RosySmallCullen    05/08/2010    1 recensioni
Jacob e una nuova protagonista uniti in una triste storia d'amore.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Jacob Black
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Angolo dell'autrice:Ciao.. Il mio nome non mi piace: mi faccio chiamare Sanders. Il mondo in cui vivo non mi entusiasma: mi rifugio nei meandri della mia illimitata fantasia.
Scrivere per me è mettere su carta (o su file xD) la vita che vorrei vivere, i sogni che vorrei realizzare e che sento essere limitati e irraggiungibili nel mio quotidiano...nel reale.
Scrivere è far soccorso alla mia fantasia che straripa come un fiume stracolmo: raccolgo e riporto ciò che sovrabbonda; non per buttarlo via ma affinché rimanga per sempre impresso nella mia memoria e perché è tanto grande e tanto forte che ISOLARLO diventa necessario.
È così che nascono le mie creazioni: grandi frutti dell'orto dell'immaginazione, raccolti, curati e custoditi con amore e gelosia da un contadino che ama sognare.
Oggi (dopo le costanti torture e suppliche di Ross) voglio offrirvi un piccolo assaggio dei miei frutti, con la speranza che siano di vostro gradimento.
Attendo con ansia i vostri pareri.

-Si dice che quando un gemello muore il suo corrispondente percepisce il dolore dell'altro.
Anche se si trova al di là del mondo, anche se quel messaggio dovrà attraversare limiti invalicabili.
Ciò dimostra che l'antico legame che c'è stato tra loro, anche prima della loro nascita, non è mai morto e mai lo sarà.
Quel legame non riguarda solo l'affetto tra due gemelli… -
"Conosco una storia a tal proposito... Penso che sia una leggenda.. O forse è una storia vera… Non si capisce bene!" dissi mite.
Quella storia.. la conoscevo talmente bene..
"Raccontala!" urlò il mio piccolo Zac saltando sul divano e con lui anche la mia Chloe.
"Raccontala papà!!" chiese con il suo meraviglioso entusiasmo e con quel sorriso amabile che mostrava i due dentini davanti.
La mia amata mi guardò.
"Dai Jake raccontala a tutti..." sorrise.
Presi nelle braccia i miei bambini e mi sedetti con loro poggiandoli sulle gambe.
"Era tanto tempo fa quando……"

-Forks? Io non so neanche che cazzo di città è Forks. Sono stanca di lasciarmi trascinare da voi ovunque vogliate. Come se fossi ancora la bambina che ero 10 anni fa. Andateci voi a Forks.. Sai che città di merda! Mi fa schifo solo il nome!-
Ogni sfogo ha sempre una vena di esagerazione in se. La mia era stata un'esagerazione dell'esagerazione. Ma chi se ne fregava alla fine? Ero libera finalmente! Una sedicenne indipendente trafitta dall'antico dolore della perdita dei genitori.
Puah! Ero libera anche da loro.
Avevo le sole cose che valeva la pena avere: bellezza, giovinezza e libertà.
Il modo era mio.

"Il tuo imprinting arriverà Jake! Devi avere pazienza" disse Paul spaparanzato sul MIO divano, a casa MIA, mentre guardava la MIA tv, mangiando le MIE patatine al formaggio. Dalla sedia vicino al tavolo lo fissai con odio, gli occhi stretti in due piccole fessure.
"Se non smetti di ripeterlo giuro che ti spacco il naso a vita!" lo minacciai.
La sua risata scoppiò in tutta la casa.
"Testa di cazzo!" all'insulto seguì un imminente scatto: affondai macchiandomi anche la mano di sangue.
"Figlio di..." imprecò, ma per sua fortuna lasciò la frase a metà.
"Sto iniziando ad odiare questo cavolo di imprinting.. È una perdita di tempo inutile. Non ce l'avrò, perché tanto disperarsi?" mi lamentai più con me stesso che con lui.
Mentre si aggiustava le ossa del naso parlò con una voce da marziano.
"Ma io non ho detto nulla..."
"Lo so! Che merda!!" imprecai infine.
Il letto fu la mia unica consolazione.
-Ho bisogno di amare qualcuno, sento che sto impazzendo! Cazzo!- pensai nervoso come un toro.
Poi il sonno prese il sopravvento.

Andavo per la mia strada.
Era già un mese che stavo senza i miei fastidiosi nonni.
Seduta su una panchina. Mi trovato esattamente al centro del traffico di tutto il mondo.
Insieme a un universo intero, tuttavia sola. Sola con la mia musica, con i miei pensieri, con i miei bisogni, con i miei desideri.
Desiderio di famiglia, di rivedere qualche volto che veramente amavo, voglia di amare qualcuno, di donargli il mio cuore, tutta me stessa.
Sentivo che con l'avvicinarsi dell'ora di punta questo qualcuno sarebbe arrivato.
La mia svolta, il mio raggio di sole era vicino.
Sorrisi speranzosa mentre dall'altro lato del marciapiede vidi qualcuno. Quella persona, sconosciuta ma dalla bellezza disarmante si avvicinò con falcate brevi, decise, necessarie.
Sentii il mio corpo bloccato da ogni fronte e trasportato lontano dalla strada. Poi lui calarsi con rabbia e determinazione sul mio collo come a morderlo.
"Addio" sussurrò in un ghigno colmo di perfidia.
Era come se me lo aspettassi.
Un bagliore sinistro e accecante di un colore rosso intenso lampeggiò nei miei occhi. Poi per un attimo buio.. E il fuoco e il suo rosso tornarono a regnare.
Fui gettata a terra con forza, quasi con ribrezzo.
La testa ciondolante battè brutalmente contro l'asfalto.
Il corpo in preda a convulsioni di risposta al dolore era come addormentato. Tutto un unico bruciore talmente forte da stordirti.
Vidi sangue dappertutto e capii che di li a poco avrei abbandonato quel mondo.
Ecco la punizione che mi aspettavo.
Ero così innamorata della vita. Ma l'amore è così, si sa.. Effimero.. Crudele.. Solo un'orrenda colpa.. Sentivo i miei ultimi fatali respiri uscire dalle labbra leggeri e soavi mentre dentro il dolore mi lacerava, pronto a farmi morire. Come bruciata sul rogo, come se la mia anima stesse per fondersi con l'aria, sciolta come cera a contatto con il fuoco, bruciata come la carta. La mia determinazione calata di colpo da una verità che avevo sempre saputo: le mie azioni, i miei pensieri, le mie parole, tutte sole falsità. La vera Nik, la piccola Nik di quel giorno di tanti anni fa era sempre dentro di me, adagiata su un riposo eterno e beato.. Così come me, con il viso schiacciato sull'asfalto in una pozza di sangue, a fissare inerme le ruote di una vecchia auto abbandonata, in questo vicolo buio e oscuro. Completamente smarrita, dimenticata da Dio, così era anche quella piccola anima pia che da allora dormiva.. Sentivo che si stava risvegliando, non per darmi nuova vita, per innalzarsi chissà dove, in mondi iperuranici dove tutto è perfetto. Lì dove vive chi è morto con l'innocenza dentro. Accanto a lei si innalza anche l'anima di quella sedicenne piena di rabbia e rancore verso tutto il mondo. Non prende la stessa strada. Le sue vergogne e la sua condotta saranno pagate. Non osavo nemmeno immaginare in che posto dannato e crudele. Me lo meritavo. O forse non così tanto.. Ma che poteva importare in quel momento? Davanti a Dio non avrei saputo difendermi.
Avevo in progetto di prendermi la responsabilità delle mie azioni. Sarebbe stato Lui a giudicarmi. A Lui l'ardua sentenza. Nell'ultimo istante di vita sentii il bisogno di una mia mancante metà..
Una lacrima cadde sull'asfalto come una goccia cade su una superficie d'acqua limpida e quieta. Spirai.

"Jake?" la voce di mio padre mi chiamava.
Non avevo forza, voglia e coraggio di rispondergli. Come diamine era possibile?
"Jake che ti succede? Jake per favore smettila con i tuoi scherzi del cavolo o mi farai morire di crepacuore uno di questi giorni!"
Dannato vecchio della malora lo stavo avendo io l'attacco di crepacuore.
Lo lasciai sbattere, vecchio stronzo.
La televisione continuava a trasmettere quel programma idiota che mi ostinavo a guardare mentre all'improvviso mi sentivo soffocare.
Il respiro mi mancava.
Mi sentivo freddo e solo.
Mi sentivo come un taglio al centro esatto del petto.
Aumentava.
La mia mano istintivamente premette sul petto come a curare quella squarciatura, quello strappo accidentale.
"Jake smettila!"
Mi sentivo il cuore svuotato.. Svuotato dell'aria inutile che lo riempiva.
Mi lasciai cadere sul divano e strinsi forte gli occhi.
Sentii gli occhi riempirsi di lacrime e una sensazione agghiacciante travolgermi.
Come qualcosa di me, carne della mia carne, sangue del mio sangue... Morire.
Assurdo.
Assurdo come ci credevo.
I sintomi aumentavano.
Mi sollevai a forza dal divano e mi trascinai in piedi vicino al tavolo. Ne afferrai i due estremi e cercai di calmarmi fissando il pavimento.
Respirai a fondo.
Stava diminuendo.
"Jake non stai dicendo sul serio.. Vero?" chiedeva ancora mio padre ora preoccupato.
Con quella fitta che premeva ancora lo guardai.
"È.. Forse.. Un attacco d'ansia, non lo so.... Mi sento male!" ansimai.
Che cavolo non potevo avere un infarto ad appena 17 anni!
"Chiamo Sam!" disse allarmato iniziando a dirigersi con la sua carrozzina verso il telefono.
"No!" protestai.
Ero sicuro, diavolo, ero sicuro.
Sentivo perdermi nella fine.. Era la fine.. C'era morte.. C'era qualcosa che era morto. E sentivo la sua mancanza in modo atroce, tanto atroce da farmi male.
Avevo perso qualcosa.
Immaginai un sorriso che si spegneva.
L'avevo persa.
Piansi.
Piansi mentre il dolore scavava in profondità.
Avrei aspettato che fosse notte per sentirlo andare via.. L'arrivo della mia eterna amante avrebbe alleviato qualsiasi male che turbava il mio animo.
Dopo qualche ora, nel pieno della notte mio padre venne a interrompere la mia insonnia maledetta.
"Jake?" chiese a bassa voce.
Guardai la sua ombra sulla porta per un secondo e tornai a fissare il soffitto.
"Sono sveglio..." biascicai incazzato col mondo.
"Ho parlato con Epharim... Crede di sapere il perché di questo malore improvviso..." disse mite come un agnellino. Sospirai vuoto e rassegnato come in un lutto latente.
"Crede... Lui dice che.. Secondo lui.." perdeva tempo inutilmente.
"Vai al dunque vecchio!" dissi senza forze..
"Si crede che in questi casi.. È morto il tuo imprinting, Jake.."
Chiusi gli occhi.

Tornai alla realtà.
"Quell'uomo sposò una donna che non amava. Ci fece un figlio, ma non la guardò mai, MAI, negli occhi. Sentiva di amare troppo qualcuno che nemmeno conosceva. Si sentiva come una vedova straziata dentro dalla morte del marito. Guardare negli occhi qualcun'altra per lui sarebbe stato come tradirla.. Si tolse la vita dopo appena 10 anni dalla nascita di suo figlio e gli lasciò una lettera dove gli raccontò tutta la verità. Il figlio pensò... Togliersi la vita per un lutto del tutto anonimo ma pieno d'amore mai nato lo rendeva fiero di essere figlio suo... Era fiero di avere un padre così.."
I bambini scapparono via, forse annoiati dalla mia storia vecchia e barbosa.. Mia moglie venne a sedersi di fianco a me e mi baciò leggermente sulle labbra. Poi si poggiò sulla mia spalla.
"Stavi parlando di tuo padre, vero, Jacob Black Junior?" mi chiese con amore.
La guardai.
"Si..." risposi.
Lei mi passò una mano su un ciuffo di capelli.
"Tuo padre era un uomo grande. Sono sicura che quelle due anime si sono incontrate e ora... Stanno recuperando l'amore che non si sono potuti dare.."
Pensò un pò...
"Jacob Black e nessun altro di conosciuto... Mai visto un amore così.."

Angolo dell'autrice: è un caso particolare.. Si tratta di un racconto triste e ovviamente non riguarda un'ipotetica vita che vorrei vivere.
Il motivo per cui l'ho scritto è semplice: un giorno lessi un brano di Ross molto triste, al punto che mi fece piangere.. E mi fece riflettere sul fatto che tutto ciò che avevo scritto fino a quel momento era qualcosa che, comunque sia, prevedeva un finale felice. Ma la storia non è fatta solo di vite felici, anzi, una buona percentuale comprende esistenze a mesto fine.
E allora perché, non allargare i miei confini e scrivere qualcosa di triste, per una volta? E così, come "destino alternativo" della mia FF (Hug Me...che non mi sento ancora di pubblicare) è nato questo breve brano.
La versione originale è diversa, proprio perchè collegata alla mia FF.. Quindi per rendere il brano accessibile a tutti Ross mi ha aiutata a modificarlo, cosicchè voi lo poteste comprendere!!
Ringrazio tutti coloro che hanno voluto dedicare del tempo a me, ma soprattutto, al mio racconto e ringrazio infinitamente Ross. A lei devo tutto, senza di lei avrei abbandonato da un pezzo (causa bassa autostima) anche la mia passione e le mie fantasie.
Grazie infinite <3

  
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