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Autore: Soe Mame    06/08/2010    6 recensioni
Il giovane alzò lo sguardo verso l'imponente edificio che sovrastava l'intera città: la Cattedrale.
Il solo nome, "Notre Dame", bastava già a farla figurare nella mente di chi lo udiva o lo leggeva; per questo motivo, mi auto-autorizzo a risparmiarmi una lunghissima descrizione di suddetto edificio.

× Semplicemente, la delirante parodia di Notre Dame de Paris.
Genere: Demenziale, Generale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri personaggi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tutti i personaggi e le canzoni citate appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

CAPITOLO 2 e l'altro mezzo



Il luogo in cui si trovava era piuttosto buio.
Athemoire continuava ad avanzare lungo quella specie di galleria sotterranea, malamente illuminata da una fiaccola ogni sei-sette metri, senza neanche sapere dove stesse andando: prima o poi sarebbe spuntato da qualche parte.
Quando, quel giorno, aveva capito che nessuno gli avrebbe chiesto di cantare o di declamare qualche poesia, per scongiurare una giornata all'insegna della noia aveva deciso di passeggiare per la città: c'erano bancarelle di ogni genere, anche se i venditori di cavoli e di pomodori avevano curiosamente deciso di esporre la loro merce sul terreno. Poco igenico, ma senz'altro originale; peccato che i pomodori avessero fatto una brutta fine.
La confusione della città, tuttavia, non gli piaceva particolarmente: così aveva preso la decisione di andare nel luogo più calmo e tranquillo della zona.
Il cimitero.
Si era poi imbattuto in quella via nascosta e aveva deciso di andare a curiosare - anche perchè aveva iniziato a piovere e un riparo gli sarebbe servito comunque.
Non sapeva da quanto tempo stesse camminando, nè gli importava particolarmente saperlo; era abbastanza sicuro di aver incontrato un paio di bivi, ma non ci aveva prestato troppa attenzione.
In quel momento, notò un qualcosa a pochi passi da lui: a terra, illuminato da un considerevole numero di lampade ad intermittenza a forma di frecce che lo indicavano, era posato un mazzo di carte.
"Cosa ci fa un mazzo di carte in un posto del genere?" si chiese Athemoire, confuso.
Fece per avvicinarsi, ma si fermò: che si trattasse di una trappola?
"No..." si disse il giovane: "Ho abbastanza fiducia nel genere umano per poter credere che esista qualcuno capace anche solo di pensare ad una trappola così stupida!".
Così, fermo nella sua convizione, si avvicinò al mazzo di carte.
Per poi ritrovarsi appeso a testa in giù, una corda avvinghiata al piede sinistro.
"... non ho più fiducia nel genere umano.".
- ... non ho più fiducia nel genere umano. -.
Qualcuno diede voce ai suoi pensieri.
Improvvisamente, delle fiaccole si accesero, rivelando una stanza di forma circolare, piccola ma con un soffitto particolarmente distante dal pavimento.
Athemoire mosse la testa, guardando verso il basso, cercando di individuare almeno la persona a cui appartenesse quella voce: riunite sotto di sè, riuscì a vedere quattro persone, due uomini e due donne.
Tre di loro, i due uomini e una delle donne, avevano la pelle scura come la sua; la seconda donna, invece, risaltava sia per la sua pelle candida che per i suoi lunghi capelli bianchi, da cui si intravedevano due grandi occhi azzurri. I capelli dell'altra donna, più piccola, erano sì lunghi, ma castani. Non riuscì a vedere bene i due uomini, avvolti in strane tuniche, una bianca e una bianca e blu, e con indosso bizzarri copricapi, uno chiaro e uno blu, che ne celavano i capelli; Athemoire si accorse, però, dell'incredibile somiglianza dell'uomo dalla tunica bianca e blu con il giudice Frollseto.
- Non ci posso credere... - sussurrò la donna albina, il cui abito ricordava più un sudario, guardando incredula il poeta appeso come un prosciutto.
- Qualcuno è veramente riuscito a cadere nella tua trappola, Manà... - le fece eco l'uomo dalla tunica chiara, rivolto all'altra ragazza, Manà.
- E tu che dicevi che nessuno ci sarebbe cascato, Mahàd! - ridacchiò Manà, orgogliosa del successo della sua trappola.
- Fino a pochi minuti fa avevo abbastanza fiducia nel genere umano per poter credere che esistesse qualcuno capace di cadere in una trappola così stupida! - esclamò Frollseto 2 la vendetta; Athemoire non fece fatica a riconoscere in lui la persona che aveva sentito per prima.
- Suvvia, Sèth... - gli disse l'albina, posandogli delicatamente una mano sul braccio: - Non essere scortese con l'intruso. -.
- Solo perchè me lo chiedi tu, Kisarà. - rispose l'uomo, Sèth, mettendo le braccia conserte e limitandosi a squadrare il poeta appeso.
- Scusate... - li chiamò Athemoire, sentendo il sangue che cominciava ad andargli alla testa: - ... non vorrei interrompere il vostro stupore, ma potreste tirarmi giù? -.
- Ehm... temo di essermi dimenticata il meccanismo per farlo scendere... - pigolò Manà, evitando lo sguardo di tutti i presenti - che, si accorse Athemoire, erano ben più di quei quattro là sotto.
Prima che Mahàd, il viso già esasperato, potesse dire qualsiasi cosa, Sèth estrasse dal suo copricapo tubolare un Miracle Blade 3 Serie Perfetta e, senza troppi ripensamenti, tagliò la corda che teneva sospeso Athemoire.
La caduta del poeta fu fermata da Mahàd, che lo afferrò al volo prima che potesse schiantarsi.
- Sèth! - lo riprese Kisarà, le mani ai fianchi: - Se si fosse sfracellato al suolo, poi avremmo dovuto pulire noi! E sai che il sangue non va via dal pavimento! -.
- Sapevo che Mahàd avrebbe provveduto ad evitare tale increscioso incidente. - si limitò a commentare Sèth, riponendo il Miracle Blade dove lo aveva preso e usando la corda che aveva tenuto sospeso Athemoire per legargli le mani dietro la schiena, ignorando lo sguardo irato di Mahàd.
- Posso fare io l'interrogatorio? - chiese Manà, trotterellando di fronte all'intruso. Fu nuovamente Sèth a prendere la parola: - Che interrogatorio vuoi fare? E' un intruso e come tale deve essere eliminato. -.
A quelle parole, Athemoire uscì dal suo silenzio scioccato e protestò: - Qualsiasi cosa di cui mi state accusando è falsa, io sono innocente! -.
- Decidiamolo con un'ordalia! - propose Manà: - Io voto per le lame incandescenti sul pavimento! -.
- Ma che vuoi decidere? E' palese che ha violato questo luogo, è qui davanti a noi quando non dovrebbe esserci! - le fece notare Sèth, chiedendosi come riuscisse ancora a mantenere la calma in presenza di individui del genere.
- Però è tanto tempo che non ci vengono a trovare degli intrusi, magari potremmo rimandare un po' la sua esecuzione... - suggerì Kisarà, ma Mahàd non fu d'accordo: - Non possiamo tenerlo vivo troppo a lungo, potrebbe fuggire! -.
- Ma lasciarmi semplicemente andare? - chiese Athemoire, speranzoso. Nessuno gli diede retta.
D'accordo: era finito non sapeva neppure lui dove, era legato, in balìa di quattro tizi che parlavano della sua morte come se stessero decidendo cosa indossare... cosa poteva esserci di peggio?
- Oh, dopo tanto tempo un nuovo ospite inatteso ci bea della sua presenza! -.
A quella voce, Sèth, Kisarà, Mahàd e Manà si zittirono di colpo, lo sguardo di tutti i presenti fu per la persona che aveva appena fatto il suo ingresso nella stanza.
Non sapeva esattamente perchè, ma Athemoire era sicuro che quello fosse "ciò che poteva esserci di peggio".
L'uomo gli si avvicinò, fermandoglisi a pochi passi. Era piuttosto strano: indossava una lunga giacca rossa e corto gonnellino scuro. E basta.
Forse lo faceva per ostentare la sua micidiale combo pettorali più addominali, perfetti anche come arma contro eventuali fangirls, che sarebbero senz'altro rimaste così perse e adoranti da dargli il tempo di fuggire.
O forse aveva caldo.
Era bizzarra anche la strana combinazione tra la sua pelle scura e i suoi capelli bianchi. Però, Athemoire non sapeva esattamente cosa fosse la cosa che lo inquietava di più: forse era la cicatrice che gli deturpava la metà destra del viso, forse era la strana luce sadica nei suoi occhi chiari, forse era quel ghigno sanguinario sulle labbra.
- Credo di sapere chi sei. - gli disse l'uomo, guardandolo come se stesse soppesando quale tortura gli si addicesse di più: - Tu non sei Athemoire, il poeta cantante? -.
- Sì, sono io. - rispose Athemoire, sorpreso di essere così famoso: - Le mie doti canore sono arrivate fin qui nel profondo della terra? -.
- No, è che bisogna avere molto coraggio per andare in giro con quei capelli. - si limitò a spiegare l'altro, con noncuranza.
- ... capisco. - fece Athemoire, non sapendo se rimanerci un po' male o ricordarsi che tutti i presenti stavano meditando la sua morte: - E tu chi saresti? -.
- Io sono Clokura, ma tu puoi chiamarmi "Mio signore". - si presentò l'uomo, Clokura: - Sinceramente, quasi mi dispiace ucciderti. Sei il primo idiota che cade nella trappola di Manà: di solito, gli intrusi vengono bloccati dalla carta moschicida srotolata sul pavimento da Mahàd, un paio di metri più avanti. -.
- C'è qualcun altro che vuole darmi dell'idiota per essere caduto in una trappola così cretina? - chiese Athemoire, ad alta voce, guardandosi intorno: - Non sia mai che qualcuno si astenga dal dirlo! -.
- L'impiccagione andrà più che bene. - decise Clokura, lapidario.
- Statemi a sentire, tutti quanti: io non sono colpevole di nulla! Mi dispiace avervi disturbato, ma sono finito qui per caso e... -
- Come "per caso"? - lo interruppe Clokura, il ghigno ormai scomparso, un sopracciglio alzato.
- Sì, sono finito qui per puro caso... -
- Tu saresti venuto nel cimitero, avresti aperto la terza tomba a sinistra della nona fila dall'alto, avresti percorso la strada sotterranea, imboccato il bivio a destra, percorso un altro paio di metri, preso la via centrale del crocicchio, camminato un altro po', evitato la fossa dei coccodrilli, passeggiato per mezzo chilometro per caso? -
- Sì... -
- ... renditi conto che tutto ciò non è minimamente credibile. -
- Ma è la verità! - tentò di giustificarsi Athemoire, venendo però interrotto da Clokura: - 'sti ca**i. -.
Il poeta sospirò: non sarebbe mai riuscito a fuggire da quel covo di pazzi e tentare di ragionare con loro sembrava non sortire alcun effetto.
- Piuttosto... - fece, guardandosi intorno: - ... dove mi trovo? -.
La domanda trasformò gli sguardi perplessi di tutti i presenti in sguardi increduli.
- Secondo me è veramente finito qui per caso... - sussurrò Manà, all'orecchio di Mahàd, che concordò.
- Questa è la tua tomba, poeta Athemoire! - ridacchiò Clokura, di nuovo con quel ghigno inquietante: - O per meglio dire, questa è la Corte dei Miracoli! -.
Guardò alle spalle del cantante e ordinò ai quattro: - Sèth, Mahàd, portate il prigioniero sul suo letto di morte! Kisarà, Manà, premuratevi che la Corte dei Miracoli offra il suo miglior servizio funebre al nostro poeta canterino! -.
- Sì! -.
I quattro si divisero: le due donne scomparvero nell'oscurità, i due uomini costrinsero Athemoire ad avanzare lungo un corridoio illuminato solo da delle fiaccole portate a mano dagli altri presenti.
Clokura, invece, si era arrampicato sulle travi del soffitto e osservava la scena dall'alto, non trovando niente di meglio da fare che accompagnare Athemoire con un canto incoraggiante: - Noi siamo il popolo eterno, fratello della miseria; non toccherete da noi nessun Cielo né Inferno, non c'è Inferno né Cielo! C'è il marcio, ecco che c'è! In questo marcio ci siamo noi vermi di terra! -.
Se il patibolo di legno a cui Athemoire era arrivato era già inquietante di per sè, il dolce canto di Clokura lo rese spaventoso. E dire che la sala in cui era stato portato - praticamente illuminata a giorno, vista la quantità spropositata di lanterne - oltre che immensa, sembrava pure carina e ospitale...
Kisarà e Manà erano sul patibolo, intente a sistemare il cappio e la botola.
- Il sangue col vino noi lo mescoliamo! -
- Tu sei dentro la Corte dei Miracoli! -
A parte il coro della gente radunatasi nella sala, le parole di Clokura allarmarono ulteriormente Athemoire, che balbettò: - S-sangue col vino...? -.
- Certo! - spiegò Kisarà, spensierata: - E' stato Clokura ad inventare quella miscela! -.
- E' anche la sua bevanda preferita! - aggiunse Manà, allegramente.
- ... ah. -.
- Facciamo l'amore come viene viene! -
- Sei davanti alla Corte dei Miracoli! -
- Viene benissimo!!!!!!! -
- E come potrebbe essere altrimenti, nostro dio del sesso???!!!!!! -
"Donne con istinti fangirlistici!" gemette terrorizzato Athemoire, dentro di sè, sentendo quegli strilli eccitati.
Clokura lanciò qualche bacio alla folla: una settantina di fanciulle sospirarono, i visi rossi, gli occhi a forma di cuore, la metà di loro perdeva sangue dal naso.
Tutte le altre erano direttamente svenute per l'emozione.
- E ora, mettete il cappio al prigioniero! - ordinò, saltando dalle travi al patibolo senza farsi nulla.
- Ehm, non dovresti finire la canzone, prima? - chiese Athemoire, mentre Sèth provvedeva ad avvolgergli il collo con la corda.
- Sì, potrei... - ammise Clokura, lo sguardo improvvisamente più invasato di prima: - ... ma mi è improvvisamente venuta voglia di sentire il rumore di un osso del collo che si spezza. Soprattutto se è il tuo: per me i poeti vanno solo impiccati con la corda alla gola. -.
Athemoire deglutì, leggermente spaventato e conscio di non poter in alcun modo sfuggire al suo destino.
- Su, non temere. - gli disse Kisarà, cercando di incoraggiarlo: - Pare sia una morte abbastanza veloce, in teoria non dovresti soffrire troppo. -.
- Ehm, grazie... - rispose Athemoire, minimamente sollevato.
Kisarà, Sèth, Manà e Mahàd raggiunsero i loro compagni spettatori e Clokura mise mano alla leva che avrebbe aperto la botola sotto i piedi di Athemoire: - Addio, mio caro poeta! - sorrise, se quello sulla sua faccia si potesse considerare un sorriso e non un ghigno da Joker esaltato.
- Addio, mondo crudele! - sospirò Athemoire, chiudendo gli occhi, pronto a sentire la corda stringersi attorno al suo collo e strapparlo alla vita.
- FERMO! -.
Una voce femminile squarciò il silenzio che era venuto a crearsi.
Istintivamente, Athemoire aprì gli occhi e vide una ragazza che si faceva largo tra la folla, raggiungendo velocemente il patibolo; la fanciulla salì le scalette di legno e si avvicinò a Clokura, rimasto bloccato nell'atto di tirare la leva.
- Ti prego, padre, fermati! - lo supplicò, giungendo le mani.
- E non chiamarmi "padre", non sono tanto più vecchio di te! - esclamò Clokura, stizzito, appoggiandosi pericolosamente alla leva.
- Beh, hai tre volte il centuplo della mia età moltiplicato per dieci, quindi penso di sì... - gli fece notare la ragazza, guadagnandosi un'occhiataccia da parte dell'uomo: - Taglia e dimmi che ca**o vuoi. -.
- E' sbagliato togliere la vita ad un essere vivente, padre! - gli disse la fanciulla: - Anche se si tratta di una persona così ingenua da cadere in una trappola così infantile! -.
- Ma allora! - protestò Athemoire, venendo bellamente ignorato.
- Mia cara scassaca*- ehm, Esmeranzu, questo co***one è un intruso e sai cosa facciamo noi agli intrusi? - le chiese Clokura, sfoggiando un linguaggio molto fine e un ghigno di tronfio trionfo (?).
- Sì, padre... - mormorò Esmeranzu, guardando Athemoire, impietosita. La ragazza chiuse gli occhi, quasi stesse prendendo chissà quale decisione; poi parlò: - Lascia che io lo sposi. -.
- COSA? - urlarono tutti i presenti, dal pubblico a Clokura, da Athemoire agli acari della polvere.
- E quale recondito motivo mi impedirebbe di ammazzarlo comunque? - chiese Clokura, cercando un nesso logico tra la richiesta di Esmeranzu e il destino del poetuncolo.
- Se lui divenisse mio marito, diverrebbe uno di noi e questa sarebbe la sua casa. - spiegò Esmeranzu, decisa: - Quindi non sarebbe più un intruso e non ci sarebbe alcun motivo di ucciderlo. Se proprio vuoi farlo fuori, dovrai trovare un altro pretesto. -.
- No, fermi, fermi! - intervenne Athemoire, balbettando per lo shock: - Io non posso sposarmi, va contro tutti i miei principi! -.
- E tu ti sposeresti il primo pirla che passa solo per salvarlo? - domandò Clokura, ignorando completamente il cantante dai bizzarri capelli e guardando Esmeranzu con la fronte aggrottata, totalmente dubbioso.
- Sì. - fu la risposta ferma di Esmeranzu.
- Scusate, potrei essere interpellato sul mio matrimonio? - chiese Athemoire, cercando nuovamente un briciolo di attenzione.
- No. - risposero Clokura ed Esmeranzu, all'unisono.
Subito dopo, la ragazza gli si avvicinò e gli sorrise: - So chi siete, poeta Athemoire. Lasciate che io mi unisca per sempre a voi come vostra moglie. -.
Lo sguardo di Athemoire si perse negli occhi azzurri della ragazza: per sempre...
Il poeta tornò a guardare Clokura e gli disse, deciso come non mai nella sua vita: - Tira quella leva. -.
- NO! - li bloccò Esmeranzu, fermando le mani di un ben felice Clokura: - Lascia che io lo sposi, padre! - lo implorò, cadendo in ginocchio.
Era un momento critico.
La folla aspettava una risposta di Clokura, gli sguardi fissi sui tre personaggi sul patibolo, le mani impegnate a frugare nei pacchetti di pop corn.
- E sia. - decise infine il capo della Corte dei Miracoli, causando un salto di gioia da parte di Esmeranzu e un gemito disperato da parte di Athemoire.
- Ora il tizio è uno di noi! - esclamò Manà.
- Benvenuto nella nostra grande famiglia! - lo salutò Kisarà, mentre Athemoire veniva liberato dal cappio e dalle corde da Esmeranzu.
- Ma... ma... - balbettò il poeta, disorientato: - E ora... come si dovrebbe svolgere... il... -.
- Vi dichiaro marito e moglie. - tagliò corto Clokura, decisamente di cattivo umore.
- Ah... già fatto? - domandò Athemoire: mai si sarebbe aspettato che il suo matrimonio - che neanche aveva mai pensato di celebrare, tra l'altro - sarebbe stato così. In un posto del genere. In una situazione del genere. Con una donna del genere. Con un celebrante del genere.
- Sì. - gli rispose dolcemente Esmeranzu, prendendolo per mano: - Ora sei mio marito e io sono tua moglie. -.
Gli occhi d'ametista di Athemoire erano ora completamente spalancati: era... sposato?
- Ma tu... - provò a dire, cercando di recuperare le facoltà intellettive nel frattempo suicidatesi: - ... prima hai chiamato Clokura "padre"... e Clokura presumo sia il capo di tutti voi... -.
- Sì, è il capo di tutti noi. - specificò Esmeranzu, causando un brivido lungo la schiena del poeta, che continuò: - Quindi... se lui dovesse morire... in quanto marito di sua figlia... io sarei il prossimo capo della Corte dei Miracoli? -.
- Credici! - sibilò Clokura, tagliente, mostrandogli il pugno chiuso, ad eccezione del dito centrale.
- Sospetto sia immortale. - rispose candidamente Esmeranzu, dando delle pacche sulla spalla al suo neomarito.
- Ah... -. Athemoire rimase ancora un attimo immobile, cercando di dire qualcosa di sensato in quel momento di assoluta tragedia: - ... quindi lui sarebbe mio suocero? -.
- FUORI DALLE PA**E! -.

Esmeranzu, mano nella mano con il suo nuovo marito fresco di matrimonio, aveva condotto Athemoire in quelli che dovevano essere gli alloggi dei componenti della Corte dei Miracoli.
In particolare, Esmeranzu portò Athemoire nella sua stanza, un'ampia camera stranamente ordinata ma dal curioso arredamento consistente in comodini.
C'erano comodini dappertutto. Ovunque si posasse lo sguardo, c'erano solo comodini.
L'unica cosa non-comodino della stanza era un grande letto su cui la ragazza si sedette, sospirando.
Athemoire, invece, era rimasto nei pressi della porta, la faccia completamente rossa. Non era difficile indovinare i pensieri che vorticavano nella sua testa: "Siamo sposati... e questa è la prima notte di nozze... e questa è la sua camera... e quello è il suo letto... NON VOGLIO!".
- Vi ho notato per strada, Athemoire. - gli disse Esmeranzu, al contrario completamente rilassata: - Mi spiace che nessuno apprezzi la vostra arte. A volte capita anche a me, purtroppo. -.
Per Athemoire fu come essere colpito da una coltellata: - G... grazie... - mugugnò, desiderando ardemente che qualcuno si ricordasse di lui per qualcosa che non fossero nè i suoi capelli nè la sua bellezza - a dire delle ragazze e delle fangirls in cui si era imbattuto. Però sperava anche che la sua neomoglie non glielo ricordasse...
- A proposito, il mio nome è Esmeranzu. - si presentò lei.
"Ah, già... non sapevo neppure chi cavolo ho sposato..." si rese conto Athemoire, senza però scomporsi troppo. Il vero dramma era la sua attuale condizione di sposato.
- Ma tu sei veramente la figlia di Clokura? - domandò, chiedendosi come avesse fatto ad uscire fuori una fanciulla del genere da un padre del genere.
Esmeranzu ridacchiò, divertita: - No, ovviamente. Lui ha adottato me e il mio fratellino quando eravamo entrambi ancora piccoli. - spiegò.
- Con il tutto il rispetto, non mi pare sia una persona così magnanima da adottare due orfanelli. - confessò Athemoire, rinunciando a ritrovare anche solo i cadaveri dei suoi neuroni.
- Infatti ci ha preso con sè per poterci vendere in mancanza di denaro, per poterci sacrificare nei momenti di pericolo e per mandarci a lavorare quando è troppo stanco. - chiarì la ragazza, con un sorriso del tutto fuori luogo rispetto alle sue parole.
Athemoire non aveva di che rispondere. Nè aveva in mente altri pretesti per parlare. Non voleva...
Qualcuno bussò alla porta, facendolo trasalire.
- Avanti. - invitò Esmeranzu.
La porta si aprì e sulla soglia apparve Yudjali, ancora vestito da capretta: - Ehm, non vorrei disturbare... - balbettò, completamente rosso in viso.
- Una capretta che parla! - mormorò Athemoire, incredulo, con conseguente esasperazione dell'altro ragazzo.
- Ma che disturbo! - saltò su la ragazza: - Io ho sposato Athemoire per salvarlo, mica ho intenzione di concedermi a lui! -.
Mentre nella testa di Athemoire risuonava l'Ode alla Gioia mista all'Alleluia, Esmeranzu si perse nei suoi sogni da adolescente: - Io aspetto l'arrivo del mio bel principe azzurro sul suo magnifico cavallo bianco... - sospirò, perduta nel suo mondo.
Di colpo, Esmeranzu parve ricordarsi qualcosa e si rivolse ad Athemoire, il cui sguardo era stranamente simile a quello della ragazza pochi istanti prima: - Sapete... ho incontrato una persona molto simpatica, oggi. Un capitano. Ricordi, Yudjali? Lui ci ha salvato da dei buzzurri brutti e cattivi, è stato gentile con me, era sinceramente interessato ad una delle mie passioni... e io, da brava sciocca, non gli ho neppure chiesto il suo nome... Athemoire... voi conoscete per caso un capitano che affronta gli ostacoli che si pongono sul suo cammino a cavallo di una prode mucca? -.
Athemoire ritornò con i piedi per terra, captando solo le ultime parole della ragazza: - Un capitano a cavallo di una mucca? Febouchi è l'unico muccaliere esistente. - spiegò, rivelando alla fanciulla il nome da lei cercato.
- Febouchi... - ripetè Esmeranzu, sognante. Sorrise a sè stessa e chiese a suo marito: - Tu che vivi di poesia, tu che leggi e scrivi saprai Febouchi che nome è... -.
Athemoire scosse la testa: - No, non ne ho idea. -.
- Ah... credevo lo sapeste... -
- E invece no. -
- ... -
- Ehm, sorellina... - prese la parola Yudjali, sventolando la mano per essere notato: - Ero venuto per dirti che ho sistemato la tua sala prove. -.
- Oh, grazie, fratellino! - si illuminò Esmeranzu, abbracciandolo. Andò alla porta e si voltò per salutare i due ragazzi: - Io vado a fare le prove per la Festa dei Folli di domani, mi spiace lasciarvi qui da soli... Ci si vede domani, allora! Buonanotte! -.
E uscì dalla stanza, lasciando Athemoire e Yudjali da soli.
I due giovani si guardarono, scrutando la loro assurda, identica, capigliatura e la loro strana somiglianza. Rimasero in quella posizione per almeno cinque minuti, miracolosamente senza scoppiare a ridersi in faccia, prima che Athemoire decidesse di rompere quel silenzio: - Ma la Festa dei Folli non sarebbe dovuta essere oggi? -.
- Clokura si è ubriacato a Capodanno e ha perso il senso del tempo, quindi ha preteso che l'intera Corte dei Miracoli perdesse il senso del tempo e credesse che il 6 Gennaio sia domani. - spiegò Yudjali, tranquillamente.
- Capisco... - fu la risposta distratta di Athemoire che, stanco e ancora traumatizzato dal matrimonio, si sedette sul letto, venendo subito raggiunto da Yudjali.
- Ma tu sei una capretta parlante? - gli domandò il poeta, beccandosi un violento pugno nel fianco che lo piegò in due.
- No. - fu la risposta lapidaria del ragazzo, che si sfilò a fatica il cerchietto con le corna e le orecchie da capra, oltre che i guanti zoccolati.
- D'accordo, d'accordo... - boccheggiò il poeta, tenendosi il punto colpito.
Di nuovo il silenzio.
- Cosa possiamo fare? - domandò Athemoire, ripresosi.
Yudjali scosse la testa, sconsolato: - Non ne ho idea... - sospirò: - Siamo in una camera da letto, completamente soli, isolati dal resto del mondo, a nessuno verrà mai in mente di venire qui... non ho proprio idea di come passare il tempo... -.
- Sì, essere isolati con un'altra persona in un posto senza nient'altro che un letto e tanti comodini è fonte di noia sicura. - concordò il più grande.
L'altro, però, parve ricordare qualcosa; scese dal letto e vi frugò sotto, per poi estrarre uno scatolone: - Eccoli! Lo sapevo che li teneva qui sotto! -.
- Cos'è? -
- Sono i nostri giochi. Vediamo un po'... c'è la dama, gli scacchi, il go, il mahjong, il gioco dell'oca, risiko, monopoli, scarabeo... -
- Scarabeo non è male... -
- Vada per scarabeo, allora! -
- Anche se è tanto che non ci gioco, dovresti ricordarmi un po' le regole... -
- D'accordo... anche se dovresti preoccuparti solo della sconfitta che subirai per mano del Re dei Giochi! -
- Non sottovalutarmi, non sono solo un poeta cantante... -
Così, seduti sul letto, un gioco tra di loro, Athemoire e Yudjali passarono la serata a contendersi il titolo di Re dei Giochi a colpi di lettere.

Febouchi non sapeva che ore fossero, quando uscì dal Palazzo di Giustizia: l'unica sua certezza era il fatto che fosse molto tardi.
L'altra sua certezza era che avrebbe dato fuoco a tutte le "brochure informative" che avessero avuto la malaugurata idea di capitargli sotto gli occhi.
Aveva passato ore, ore, ore a leggere quell'interminabile lista di fogli, con il risultato di avere gli occhi rossi e gonfi, cerchiati da pesanti occhiaie, un buco nero al posto dello stomaco e degli ippopotami che ballavano il tuca tuca nel cervello.
Il capitano, giunto alle stalle, fece per recuperare Pancrazia, ma vide che già qualcun altro teneva le briglie della sua mucca: una donna alta, formosa, dai lunghi capelli biondi, lo sguardo fiero, stretta in un abito viola.
- Fiordamai! - esclamò Febouchi, sorpreso, riconoscendola: - Ma cosa ci fai qui? - le chiese, raggiungendola.
- Sono venuta per sostenerti dopo il tuo estenuante lavoro. - gli rispose Fiordamai, semplicemente.
- Davvero? - il viso di Febouchi si illuminò, prima di sentire le successive parole della donna: - Ovviamente no. -.
La donna gli diede le briglie e lo superò, costringendolo ad andarle dietro trascinando una poco collaborativa mucca.
- Sono venuta in città per ultimare i preparativi per il nostro matrimonio! - spiegò, pratica, senza degnarsi di guardare il suo interlocutore: - Abbiamo ancora un sacco di cose da fare! Fortunatamente, i nostri vestiti sono già stati scelti e preparati e la lista degli invitati e dei regali è già stata fatta... -.
Sospirò, il suo sguardo color primula che si perdeva nel mondo dei sogni, mentre canticchiava: - La vita che ho davanti è per me, la fede di diamanti è per me, il cuore nel tuo petto è per me, la bocca da bambina è per me... -
- Fiordamai, non era esattamente cos- -
- ... la giacca rossa è per me, la collana di perle è per me, il collier di topazi è per me, il viaggio alle Bahamas è per me, il tappeto persiano è per me, la crema di bellezza del Mar Nero è per me, il set di pentole della Mondial Casa è per me, il materasso Eminflex è per me, la riproduzione di uno dei Bronzi di Riace è per me... -
- Aiuto... -
C'era però da dire che Fiordamai era una donna previdente: aveva affittato una lussuosa stanza in un albergo munito di stalla in cui parcheggiare Pancrazia.
- Anche se, Febouchi caro, non approvo che tu vada in giro con una mucca. - disse la donna al suo futuro marito, le braccia conserte.
- Io mi fido solo di Pancrazia. - le rispose il capitano: - Quando saremo sposati, avrai in regalo la giraffa che desideri. -.
- Sì! Una giraffa! Ho già deciso che la chiamerò Ermengarda! - trillò Fiordamai, con fare estremamente infantile.
A cena, Febouchi potè saziare la sua fame. E avrebbe potuto saziare anche il suo sonno se, verso le due di notte, Fiordamai non l'avesse svegliato, dicendogli di avere un certo languorino, per poi chiedergli di andarle a comprare qualcosa.
- D'accordo... - le aveva risposto l'altro, con fare da zombie, rivestendosi con movimenti meccanici: - Cosa vorresti? -.
- Qualcosa di leggero... - disse Fiordamai, armeggiando con una graticola nel caminetto: - ... comprami dei peperoni! -.
Così, Febouchi dovette uscire per andare a comprare i peperoni alla sua futura moglie.
Al ritorno, camminando, gli ritornò in mente la ragazza incontrata quel pomeriggio, quella divina giocatrice: e dire che non sapeva neppure il suo nome...
Scosse la testa: "Per me c'è solo Fiordamai." si disse, per farsi forza.
Eppure, Fiordamai non gli aveva mai concesso di ricorrere a qualche trucco con i videogiochi, nè gli aveva mai dato qualche pokemon raro che lei era riuscita a catturare.
- Devi farcela con le tue forze! - gli aveva sempre ripetuto.
Però non si era mai mostrata veramente interessata. Almeno su quel fronte: per il resto, era campionessa di tutti i giochi d'azzardo esistenti, specialmente black jack, roulette e slot machine.
Peccato che a Febouchi non piacessero affatto, troppo incentrati sulla fortuna che sull'abilità.
E invece... quella fanciulla che aveva incontrato era veramente una giocatrice divina, che faceva affidamento più sull'abilità che sulla fortuna; e il suo sorriso, così solare e spontaneo, sembrava far trasparire un animo buono e altruista.
Al contrario di Fiordamai, spesso arrogante e difficilmente avvicinabile; eppure, nonostante fosse soprannominata "Lady Arpia", nascondeva un lato più dolce e insicuro che, tuttavia, solo Febouchi aveva avuto modo di conoscere, tra l'altro in pochissime occasioni.
Febouchi si sentì confuso: la divina fanciulla dal sorriso che illuminava la giornata o l'altezzosa donna che aveva accettato di sposare?
L'una era l'obbligo, l'obbligo di un matrimonio, di un ruolo di marito; l'altra era la libertà, il ritorno all'infanzia...
Clokura: Aspetta, non dirmi che stai cercando di fare dell'introspezione psicologica?
... sì. E tu hai appena rovinato tutto.
Clokura: Oh, non hai idea di quanto mi dispiaccia! Però, seriamente: chi vuoi che ci creda?
L'animo umano ha molte sfaccettature, Clokura caro.
Clokura: Non parlavo dell'animo del muccaliere, autrice cara, ma delle tue capacità.
... lasciamo perdere. Piuttosto, potrei sapere cosa diamine ci fai in questa scena, di grazia?
Clokura: Mah, passavo di qua e ho pensato di venirti a rompere un po' le pa**e.
Che pensiero carino, sono davvero commossa!
Febouchi: Scusa, autrice, ma con chi stai parlando?
Con... *si gira, ma non vede più nessuno* ... no, niente, riprendiamo la scena...
Febouchi si fermò, tormentato. La donna che rappresentava i suoi obblighi o la donna che incarnava i suoi giorni felici?
- Fiordamai non mi permetterà mai di frequentare quella fanciulla... è così gelosa... -.
Si strinse i peperoni al petto e cantò il suo dolore: - Cuore in me, che sei così spezzato... Cuore in me, che il corpo ha dilaniato e separato in due... Due donne sono tue, tue due metà... Cuore in me, diviso tra due visi... Cuore in me, tu che desideri, prendi e non sai se c'è in te più colpa o più felicit- -
- MA INSOMMA! UNO NON PUO' ANDARE A BUTTARE LA SPAZZATURA CHE QUANDO TORNA SI RITROVA UN TIZIO CHE CANTA SULLA PORTA DI CASA!? -
Febouchi si bloccò e fissò stralunato l'uomo che gli era apparso davanti: capelli argentati, vestaglia marroncina... il signor Pegasùs.
- M-mi scusi... - balbettò, imbarazzato, ma il signor Pegasùs gli fece cenno di togliersi: - Abbia almeno la decenza di spostarsi, giovanotto! - lo rimproverò, furioso.
Solo in quel momento Febouchi si accorse di essersi fermato davanti alla porta d'entrata di una casa e provvide subito a levarsi, permettendo al signor Pegasùs di rientrare, sentendolo borbottare: - Ah, i giovani d'oggi... -.

Note:
"Ordalia": Imparzialissimo metodo giudiziario per decretare l'innocenza di una persona attraverso prove fisicamente impossibili.
In particolare, la versione proposta da Manà consiste nel porre a terra delle lame incandescenti e farci camminare sopra l'accusato: se quest'ultimo non riporta ferite o bruciature, allora viene assolto. U_______U
"Noi siamo il popolo eterno...": La Corte dei Miracoli - Notre Dame de Paris (musical)
"Per me i poeti vanno solo impiccati con la corda alla gola": vedi sopra
"Tu che vivi di poesia...": La parola "Febo" - Notre Dame de Paris (musical)
"La vita che ho davanti...": La fede di diamanti (con modifica u.u) - Notre Dame de Paris (musical)
"Cuore in me...": Cuore in me - Notre Dame de Paris (musical)

Provare a fare almeno un vago IC di Athem e Yugi è più complicato di quel che credessi... ò___ò Complimenti a chi scrive su di loro!

Ancora una volta, grazie per le recensioni. *^*
x Masayachan: Ma certi ruoli non sono stati dati a caso... *fa la vaga*
Grazie dei complimenti! ^^
x Cry_chan: Grazie! ^^ Purtroppo non esiste una legge simile. U.U (sì, invece, sono riuscita a leggerlo, ahahahahah! *l'atmosfera delirante della Corte dei Miracoli le ha dato alla testa*)
E poi è Yudjali che aveva insistito per aiutare la sua sorellina... avrebbe dovuto mettere in conto l'influenza di Clokura. U____U E Frollseto è un insensibile. ç____ç

Ancora una volta, spero che questo capitolo sia stato gradito; se ci sono errori o consigli da darmi, fatemi sapere. ^^
  
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