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Autore: Mars89    06/08/2010    2 recensioni
in questa storia c'è di me l'ossessione per il guardarsi allo specchio e spero basta!!
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non appena si chiuse la porta alle spalle cominciai a piangere. Non era possibile, non poteva avermi di nuovo lasciata sola. Mi guardai allo specchio, mi piaceva vedere il mio volto trasfigurato dal pianto: diventava rosso e lucido, liquido, i miei lineamenti non erano più riconoscibili. In fondo era questo ciò che volevo: il dolore ti cambia dentro ed era giusto che tutti all’esterno vedessero e sapessero quanto fosse grande e impetuoso quel sentimento. Ma lì in casa non c’era nessuno, io ero da sola e potevo condividere il mio dolore solo con me stessa. Osservai le lacrime che mi rigavano le gote; le avevo viste nascere come un miraggio sui miei occhi, scivolare giù, goccia di pioggia su un vetro colorato. Con la punta della lingua sfiorai il puntino salato: solo questo può essere il gusto del dolore. Il salato. Il libro di anatomia dice che ci sono dei recettori di primo tipo sulla lingua, ma a me sembrava che quel gusto arrivasse direttamente al cuore. In fondo anchge questo non era sbagliato, era un ciclo chiuso: il mio cuore dolente liberava quelle goccioline che tornavano a lui come per dissetarlo e dargli nuova forza nel pianto. Ormai non vedevo più nulla, il mio viso annegava in quel mare.

Ma era davvero così che doveva finire? Era quello che volevo? Non potevo permettermelo di nuovo. Ma in fondo aveva importanza? Ormai sembravo non ricordare nemmeno più il suo nome, era uno dei tanti che erano passati per il mio cuore, si erano presi quello che di bello e di brutto potevo dar loro e poi se ne erano andati chiudendosi la porta alle spalle. E poi ogni volta era sempre uguale: io davanti allo specchio, un appuntamento con il mio dolore. Ma anche questa volta ne sarei uscita. un po’ per volta, un passo dopo l’altro, mi sarei trovata a una nuova primavera quasi senza più ricordare il freddo dell’inverno. Per fortuna la natura ci ha dato memoria corta, perché è l’unico modo per tornare ad amare dopo numerosi abbandoni.

Ricercai il mio sguardo nello specchio, in fondo agli occhi c’era una nuova luce, una nuova determinazione, una nuova volontà di rimettermi in gioco. E se quella volta fosse stata l’ultima? Non potevo proprio crederlo, avevo sempre avuto bisogno di quel braccio per scendere gli scalini, di quella mano sulla mia, di quei piedi caldi sui miei. Ma purtroppo non era ancora arrivato quello giusto.

Mi riguardai allo specchio, avevo smesso di piangere, ma sapevo che i miei occhi sarebbero rimasti rossi per ore. A quel punto lo vidi: quel cretino si era dimenticato il cellulare sul divano. Lo presi in mano pensando a una maniera per disfarmene. Ma in fondo sarebbe stato sciocco e infantile non ridarglielo. Da quanto era uscito? Forse potevo ancora trovarlo alla fermata del pullman.

Mi misi le scarpe e mi guardai nel grande specchio dell’ingresso: ero giovane, la vita aveva ancora tanti altri amori e domani da darmi.

Presi la giacca, mi riguardai: ero carina, se non proprio bella, avrei trovato un cuore complementare al mio un giorno.

Aprii la porta e me la richiusi alle spalle, non chiusi con la chiave, in meno di un minuto sarei tornata a casa con le mani e il cuore vuoti. Mentre scendevo la prima rampa di scale, mi guardai riflessa nella porta vetri del balconcino sul pianerottolo. Un ultimo sguardo. Un sorriso alla mia immagine.

Forse è stata quella distrazione. O forse lo sguardo ancora umido di lacrime. O forse il destino. O che cavolo ne so. Comunque mi sono inciampata; sentii la caviglia, il ginocchio e l’anca cedere e m i ritrovai coi gomiti sui bgradini, la testa pesante di pensieri mi trascinò verso il basso. In un battito mi trovai al piano di sotto. Avevo male ovunque. o forse no. Sentii qualcosa scivolare sulla guancia. Tirai fuori la punta della lingua pronta a leccare quel puntino salato, ma sentii un gusto diverso; ferro, dolce, aspro. Il gusto inconfondibile del sangue.

È stato l’ultimo pensiero. Mi ha trovato la signora del piano di sotto, quella con sei gatti che puzza di gatto. Incidente domestico, ha detto il poliziotto. Mentre mi mettevano nel sacco sentii qualcosa rotolare sulla  ia guancia, un’ultima lacrima, un’ultima speranza.

  
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