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Autore: _Mary    07/08/2010    8 recensioni
Il cinismo è l'arte di vedere le cose come sono, e non come dovrebbero essere.
Settima classificata al contest 'One Day: raccontami di...' indetto da Fabi_ sul forum di EFP.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange | Coppie: Ted/Andromeda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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“Sorella”

 

 

‘Il cinismo è l’arte di vedere le cose come sono, e non come dovrebbero essere’.

(O. Wilde)

 

 

Il gufo grigio si agitava debolmente sul pavimento, le ali aperte in una strana angolazione. La pioggia insistente che ticchettava contro la finestra della stanza non riusciva a coprire del tutto il suo fioco lamento, che quasi sembrava già provenire da molto lontano.

Le fiamme nel camino macchiavano la stanza con i loro bagliori rossastri, solo qualche lampo a dare più luce, ogni tanto, per un istante. In lontananza, i tuoni riuscivano a far tremare i vetri delle finestre, a far udire il loro tintinnio argentato. Il sole era stato oscurato da una coltre di fitte nubi, quella sera, e la tempesta agitava la campagna estiva, piegando gli alberi, spezzandoli, ingrossando i torrenti.

Persino il tempo sembrava riflettere la furia di Bellatrix.

Si inginocchiò accanto al gufo. Quello si mosse, disperato, tentando di allontanarsi.

A Bellatrix piaceva giocare, vedere gli altri soffrire a causa sua. Specialmente quando era arrabbiata.

Così, quando tolse a quel corpicino umido anche l’ultima scintilla di vita, quando vide i suoi occhi gialli smettere di muoversi per fissarsi su un punto troppo lontano per lei, un punto che, col suo Signore accanto, non avrebbe mai raggiunto, si sentì soddisfatta.

Era cinismo, il suo? Non provare pena per quella cosa grigia e morta ai suoi piedi? Bellatrix non pensava questo. Chiunque, al suo posto, avrebbe provato piacere nel vederlo contorcersi in preda agli spasmi e immaginando che fosse lui.

Le fiamme del camino crepitavano pigramente. L’odore di legna bruciata aveva invaso la stanza e aveva impregnato i capelli e le vesti di Bellatrix. Quell’odore era ciò che più le piaceva al mondo: amaro, forte, inebriante come un bicchiere di Whisky Incendiario, lo stesso che aveva bevuto prima di decidere di uccidere quell’animale.

La lettera in pergamena giallastra, quella che il gufo le aveva consegnato ingenuamente, dopo aver picchiettato forse per ore alla finestra della camera di sua sorella, giaceva aperta sul tavolo. Lei l’aveva letta incuriosita, quella lettera, e si era scottata con le sue parole scritte in inchiostro verde. Si era macchiata le dita con le parole innamorate di un amante segreto.

Bellatrix lanciò un’ultima occhiata al gufo. Forse aveva fatto male ad ucciderlo subito. Forse avrebbe dovuto aspettare lei. Chissà come avrebbe reagito, a vederla con la lettera del suo Babbano in mano ed il gufo morto per terra.

Sarebbe stato un bel regalo per il prossimo compleanno, quella reliquia del suo amore? Bellatrix si chiese distrattamente se alla capricciosa Andromeda sarebbe piaciuto, o se invece avrebbe sgranato i begli occhi in quella espressione di stupore che faceva cadere ai suoi piedi amici e parenti.

Dal corridoio venne un rumore di passi. Bellatrix ghignò. L’avrebbe scoperto a breve.

Andromeda entrò nella stanza come una furia, sbattendosi la porta alle spalle. Bellatrix la osservò. La fronte corrugata, i gesti secchi: era irritata.

Attese che fosse lei a vederla tra le ombre della stanza, illuminata fiocamente dalle fiamme del camino che le coloravano di fuoco gli occhi. La vide sussultare, portandosi una mano al petto in una di quelle pose teatrali che tanto amava.

I begli occhi erano già sgranati. Avrebbe fatto meglio a conservare quella espressione di genuino stupore per il dopo.

“Oh. Mi hai fatto paura” mormorò Andromeda, scrutandola, una vaga espressione di sospetto nello sguardo.

Bellatrix le sorrise, irrisoria.

“La mia sorellina ha ancora paura del buio?” chiese con un ghigno.

Andromeda, perplessa, non rispose. Si tolse lentamente il mantello dalle spalle, stanca.

“Come mai mamma ha deciso di portare me e non te, oggi?” chiese, togliendosi svogliatamente le scarpe e cominciando a sciogliersi i capelli.

Bellatrix non rispose, non staccandole un attimo gli occhi di dosso. Andromeda sembrava distrutta ed indifesa. Non aveva nessun sospetto. Non sapeva che la sua fuga con il Babbano era saltata.

Bellatrix strinse le mani a pugno, arrivando a conficcarsi le unghie nella carne. Sapeva che sarebbe finita così. Lo sapeva da quando l’aveva vista mettere piede a Hogwarts. Lei e le sue idee di ‘amicizia’, di ‘uguaglianza’, di ‘tolleranza’.

Ma i genitori non l’avevano ascoltata: avevano preferito fidarsi del giudizio di Andromeda, quella responsabile e con la testa sulle spalle. Avevano preferito vedere ciò che volevano, ed ignorare i segnali d’allarme.

E l’unica che davvero avesse a cuore le sorti della famiglia Black era stata messa a tacere.

Andromeda parve notare il suo silenzio.

“Cosa c’è, Bella?” chiese aggrottando le sopracciglia.

Bellatrix rifletté. Probabilmente non avrebbe trovato un momento migliore per farlo.

Si alzò in piedi. Le si avvicinò sorridente, continuando a fissarla. Andromeda indietreggiò spaventata. Meglio, pensò Bellatrix, avrebbe facilitato il lavoro.

“Ho un regalo per te, sorella” le sussurrò all’orecchio, in tono suadente. Sentì Andromeda rabbrividire contro la sua guancia.

Bellatrix sorrise tra sé: paura. Poteva sentire il suo odore addosso ad Andromeda, in quel momento. Aveva imparato a riconoscerlo da un po’ di tempo: era lo stesso che avevano i traditori prima di essere torturati.

Poi veniva quello di morte. E lei conosceva anche quello.

Bellatrix le voltò le spalle. Poi, ripensandoci, le ordinò bruscamente: “Chiudi gli occhi”.

Si voltò un attimo per controllare che avesse obbedito. Andromeda stava lì, pallida e ad occhi chiusi, cercando di nascondere il lampo di preoccupazione che le aveva attraversato lo sguardo un momento prima.

Bellatrix si chinò verso il gufo, prendendolo tra le mani e cercando di ricomporlo.

Le si avvicinò di nuovo, lentamente, prolungando il piacere di quell’attesa.

“Allora, Bella? Cos’è questo regalo?” chiese Andromeda, mantenendo gli occhi chiusi.

“Porgi le mani” mormorò Bellatrix.

Andromeda, titubante, fece come le era stato detto. Piccola stupida.

Bellatrix si sporse di nuovo verso il suo orecchio.

“Da parte di Ted, sorella” sibilò, mettendo il gufo tra le mani dell’altra.

Andromeda sgranò gli occhi. Bellatrix la vide abbassare con orrore lo sguardo sul suo ‘regalo’, prima di lasciarlo cadere a terra, indietreggiando.

Bellatrix rise al disgusto di Andromeda, che non riusciva a spostare lo sguardo da quel piccolo cadavere.

“Avanti, sorella, non ridi con me?” la canzonò, avvicinandosi di nuovo. “Dopotutto, sono sicura che avesse sbagliato destinatario. O forse il nome Ted ti dice qualcosa?”

Andromeda aveva raggiunto il letto. Ci si sedette tenendosi la testa tra le mani, tremante.

“Ted… è un nome babbano. Chi, tra quelli che potrebbero essere i tuoi spasimanti, potrebbe avere un nome del genere? Nessuno. Non è vero, sorella?”

A Bellatrix piaceva giocare con le sue prede. Vederle cercare di negare, prima di dargli il colpo di grazia. Ma storse il naso, disgustata, quando si accorse che Andromeda non reagiva.

Andromeda, quella che l’aveva tante volte accusata di essere cinica, distaccata, Andromeda alla quale Bellatrix aveva sempre risposto di vedere semplicemente le cose per come erano, riusciva finalmente a vedere: era stata scoperta.

Bellatrix prese la lettera gialla dal tavolo, sventolandola teatralmente.

“E la lettera… Bruciamola, no?” chiese, beffarda.

Andromeda sollevò di scatto la testa. “No!” esclamò, alzandosi  in piedi e raggiungendola, porgendole la mano.

“Dammela. Adesso” ordinò, decisa, solo il lieve tremore della mano a tradirla.

Bellatrix la osservò. Poi, con calma, piegò la lettera e se la mise in seno. Sul cuore.

Ghignò.

“No. La darò a mamma” cinguettò. “Mi aveva avvertita che sarebbe potuto succedere, sorellina. Ti aveva già scoperta qualche mese fa – oh sì”, si interruppe, notando un’occhiata di Andromeda, “sapevo di questo Ted. Ma pensa che sorpresa scoprire che né si è fatto più furbo, né l’hai lasciato perdere come ci avevi detto. Mamma sarà felice di saperlo”.

Bellatrix la vide estrarre la bacchetta e puntargliela al cuore. Sorrise quando Andromeda, tremante di collera, sibilò:

“Non lo farai. La darai a me. Adesso”.

Bellatrix si avvicinò lentamente al camino, mentre Andromeda la seguiva, tenendo la bacchetta contro il suo petto.

“Va bene, sorella” disse Bellatrix quando fu abbastanza vicina al camino. Fece per portarsi la mano al petto, dove stava la lettera. Andromeda abbassò di pochissimo la guardia. A quel punto, Bellatrix afferrò il suo polso, torcendoglielo e facendola gridare di dolore; poi spinse la tua testa verso le fiamme. Andromeda lasciò la presa cercando disperatamente di indietreggiare, mentre Bellatrix si avventava sulla bacchetta incustodita.

Andromeda si trovò seduta sul pavimento, inerme, mentre Bellatrix le puntava contro la bacchetta.

La osservò un attimo, prima di decidere.

“Ma forse… forse è meglio…”.

Prese la lettera di Ted, meditabonda. Andromeda trattenne il fiato.

Bellatrix le sorrise.

“No, non la darò a mamma”.

Sotto il suo sguardo di nuovo sconvolto, Bellatrix cominciò a strapparla. Sapeva che avrebbe dovuto portarla a sua madre, che avrebbe finalmente riconosciuto Andromeda per quella che era. Non la sorella dal viso d’angelo, non la sua perfetta realizzazione, non l’innocente bambina incompresa.

L’avrebbe vista per com’era, e non come voleva che fosse.

Eppure, Bellatrix non aveva resistito alla tentazione di fare a pezzi il suo cuore. Ogni pezzo di lettera che strappava, era un pezzo del cuore di Andromeda che lacerava. Poteva quasi sentirlo morire, caldo, tra le sue mani. La rabbia fredda la investiva, mentre quei frammenti di vita si disintegravano tra le sue mani e mentre il fuoco morente illuminava le lacrime di Andromeda, per terra.

Gettò i pezzi di pergamena che aveva in mano tra le fiamme, indifferente. Andromeda alzò lo sguardo su di lei.

“Mi disgusti” sibilò, alzandosi di nuovo in piedi e fronteggiandola, dimenticando di non avere la bacchetta. “Sei senza cuore. Sei una serpe” aggiunse, guardandola negli occhi.

“Vedo le cose come sono, e non come dovrebbero essere” rise Bellatrix, voltandole le spalle. “E vedo che tu sei solo una cagna in calore, più precisamente quella del tuo Ted” aggiunse.

Andromeda si scagliò contro di lei. Bellatrix si voltò per respingerla con un incantesimo che la mandò a sbattere contro il muro.

Sorrise, di nuovo.

“Non ti agitare” mormorò, carezzevole. “La tua fuga è saltata. Andrà meglio alla prossima, non credi? Oh, e di’ a Ted”, continuò, sibilando quel nome, “di scegliere un modo meno prevedibile di farti evadere, la prossima volta”.

“Maledetta!” le urlò contro Andromeda, in lacrime, furiosa. “Ti odio, Bellatrix, ti odio!”

Bellatrix rimase a guardarla mentre cercava di colpirla. Le bastava un colpo di bacchetta per respingere i suoi tentativi furiosi. Andromeda arrivò a scagliarle contro gli oggetti che trovava. A quel punto, Bellatrix la mandò a sbattere contro un armadio. Il colpo la fece accasciare a terra, svenuta.

Bellatrix le si avvicinò lentamente. Strano che quel volto pallido non suscitasse in lei nessuna emozione. Strano che neanche il color rubino della macchia di sangue che si andava allargando tra i suoi capelli la spingesse a correre a cercare aiuto. Forse lo era davvero, cinica.

Ma, rifletté, in fondo vedeva solo le cose come erano, e non come avrebbe voluto che fossero. E vedeva che prima Andromeda se ne fosse andata, meglio sarebbe stato per tutti.

Prima avessero visto, prima si sarebbero liberati da bugie troppo grandi per essere nascoste sotto un nome così ingombrante.

Black.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*toccamento indici* Emh, ho come l’impressione di aver completamente cannato la caratterizzazione di Bellatrix. Posso dire a mia discolpa che è un personaggio difficile e che non avevo mai scritto niente che l’avesse come protagonista, ma tirate pure quei pomodori che state soppesando, me li merito.

Questa fic ha partecipato al contest One Day: raccontami di…, indetto da Fabi_ sul forum di EFP, classificandosi settima. Si chiedeva di scegliere un numero, una lettera e, volendo, un oggetto o un luogo. Alla lettera corrispondeva una citazione, al numero un personaggio e l’oggetto che ho scelto era il gufo – che ho usato con pessimo gusto, emh.

Posso solo ri-ringraziare nuovamente Fabi_ per il contest, le valutazioni e tutto e complimentarmi con tutte le partecipanti *___* Hanno scritto cose bellissime.

Un abbraccio,

Ilaria

 

 

Settimo Posto: Sorella - _Mary -

Grammatica e sintassi: 10/10
Si vede che sei un’amante della grammatica, una vera perfezionista. Non ho trovato neanche un errore. Un paio di volte avrei spostato le virgole, ma è un’opinione personale, io ne metto anche troppe a volte, mi piacciono. Ho anche scoperto che ‘dì’ nel senso di imperativo presente di dire, si può scrivere anche con l’apostrofo vero e proprio, e credo che da adesso lo farò anch’io.

Stile: 8.5/10
perché L’unico problema dal punto di vista della forma è la ripetizione di alcune parole, in particolare ‘Bellatrix’. Capisco che non si possa darle un diminutivo, non sarebbe da lei, ma l’averlo ripetuto per troppe volte in 1800 parole ti ha fatto perdere un paio di punti nello stile.
Il tuo stile è molto descrittivo, e mi piace perché rendi molto bene le atmosfere, nella prima parte soprattutto, mi sentivo ‘nella stanza’ e la cosa mi ha fatto un certo effetto.

Originalità: 8/10
La scena del gufo è abbastanza cruda, l’ho trovata raccapricciante, ma è sicuramente originale. Bellatrix farebbe una cosa del genere. Sicuramente.
Anche la vicenda della lettera mi è piaciuta, alla fine sei riuscita ad infilarci anche una Ted/Andromeda.

Caratterizzazione dei personaggi: 13/15
C’è una parte che non ho capito, e non ho condiviso. Forse sono io, ma da quello che penso di Andromeda, mi è sembrato un po’ ingenuo da parte sua chiudere gli occhi di fronte ad una Bellatrix fuori di sé.

Attinenza alla citazione e sviluppo della trama: 12/14
La citazione è Bellatrix. Il cinismo fa parte del suo modo di vedere il mondo, quindi ti è andata bene davvero. Non hai avuto difficoltà, infatti ad inserirla come concetto, ma non l’hai mai scritta nel racconto. La frase c’è, spezzata, evidenziata il più riprese, ma non l’hai inserita così com’è, quindi ti ho tolto solo due punti.

Gradimento personale: 8/10
La storia comunque mi è piaciuta davvero. Bellatrix è uno dei miei personaggi preferiti, e per questo temevo di trovarmi di fronte ad una ragazzina innamorata. Tu l’hai lasciata la cinica pazzoide malvagia fino al midollo che è. La purosangue che crede in quello che fa.
L’ho apprezzato.
Il personaggio di Andromeda mi era totalmente sconosciuto, non mi ero mai interessata a lei, né l’avevo considerata. Ti ringrazio per avermela fatta conoscere.

Bonus Luogo/oggetto: 0.5 punto

Totale 60

   
 
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