XI –
To Be Free
Quando Jordi si
svegliò, ancor prima di aprire gli occhi, aveva già allungato una mano verso la
parte opposta del letto, stupendosi nel trovarla vuota e
fredda.
Alzò la testa,
sbadigliando sonoramente, e si guardò attorno. Brian non
c’era.
Si voltò verso la
sveglia e vide che erano quasi le undici.
Aveva dormito davvero
tanto! Perché Brian non lo aveva svegliato?
Non avevano programmato
di andare al circolo del golf con Anthony quella mattina?
Si alzò e si infilò le
ciabatte, uscendo poi in corridoio e percorrendolo con passo
strascicato.
Aveva dormito davvero
troppo, e chi più dorme più è stanco.
In cucina non trovò
nessuno, ma gli bastò voltarsi verso il soggiorno per vedere Helena seduto sul
divano con un libro dalla copertina rosa in mano.
- Helena…- chiamò, con
voce assonnata. – Buongiorno…- salutò poi, entrando in soggiorno ma rimanendo
sull’entrata.
La donna alzò gli occhi
su di lui e sorrise – Buongiorno Jordi. Vuoi qualcosa da mangiare?-
chiese.
Jordi scosse la testa –
No, ormai è tardi, penso che aspetterò il pranzo. Ma…dov’è Brian? Sono già
andati al circolo? Perché non mi ha svegliato? – chiese, grattandosi la testa
confuso.
Helena allungò una mano
per dirgli di calmarsi.
- Brian non ha voluto
svegliarti. Ha detto che eri molto stanco e…- abbozzò un sorriso, cercando di
farlo risultare sincero – …voleva risparmiarti questa mattinata. Sai…ai ragazzi
il circolo del golf di Anthony risulta molto noioso.- cercò di dargli una
spiegazione credibile.
Jordi però ci rimase
male ugualmente. Avrebbe dovuto chiamarlo lo stesso, almeno si sarebbero
annoiati insieme.
Poi però pensò che
forse Anthony e suo figlio avevano bisogno di stare un po’ soli e parlare, e
allora annuì.
- Capisco. Allora ne
approfitterò per studiare un po’. Degli esami mi aspettano al mio ritorno. –
disse, facendo dietro front e tornando nella sua stanza.
Quando Brian fosse
tornato però, gliene avrebbe dette quattro.
°°°
Quando lasciò casa
Davies, Brian non si fermò davanti a casa sua però. Continuò a camminare con la
foto in mano ma con gli occhi fissi sulla strada davanti a
se.
Sentiva quasi bruciare
la lettera nella tasca dei pantaloni ma, stranamente, non moriva dalla voglia di
aprirla e leggerla. Era troppo spaventato dall’idea di cosa poteva esserci
scritto li dentro.
Si fermò solo nel luogo
che riteneva più giusto per sedersi e leggerla.
Nel parco pubblico di
Lafayette.
C’erano pochissime
persone quella mattina. Uomini in divise fosforescenti che tagliavano l’erba e
qualche persona adulta seduta ad una panchina a leggere chi un quotidiano, chi
un libro. Un ragazzo che ascoltava la musica completamente sdraiato sul prato e
una coppia di fidanzati un po’ più in la.
Lui invece continuò a
camminare fino ad arrivare al solito ultimo albero. Quello delle
iniziali.
Ci si sedette al di
sotto e poggiò la schiena al tronco. Fece un profondo respiro e si accorse che
aveva la schiena umida di sudore e che stava sudando sotto la frangia dei
capelli. Li portò indietro e alcuni rimasero alzati, proprio a causa del
sudore.
Faceva caldo,
terribilmente caldo.
Solo allora incrociò le
gambe e si portò la foto davanti al viso.
Fu li che la guardò di
nuovo per bene, dopo tanti anni.
C’era Chris in primo
piano e dietro di lui Brian che gli cingeva il collo con le braccia, con il viso
accanto al suo.
Sorridevano. E gli
occhi di Chris non erano freddi.
Brian ricordava il
giorno in cui l’avevano scattata.
Era da poco passato il
compleanno di Chris, il 22 novembre, e i suoi genitori gli avevano comprato una
macchina fotografica digitale.
Come tutti a tutti i
regali che i suoi genitori gli facevano, Chris aveva fatto finta di essere
rimasto contento di quel costoso regalo, ma invece avrebbe preferito di gran
lunga dei soldi per farci quello che gli andava.
Andare ad un concerto,
comprarsi altri cd, metterli da parte in caso che le corde della sua chitarra si
fossero rotte!
Lo aveva detto a Brian
che ne aveva riso.
Perché doveva prendere
sempre tutto così sul serio?
La macchina fotografica
era stupenda! Sapeva lui che uso divertente farne.
Allora gli aveva preso
la macchinetta dalle mani e aveva messo l’autoscatto, posizionandolo poi sulla
scrivania.
Aveva fatto sedere
Chris sulla sedia e si era messo dietro di lui, cingendogli il collo con le
braccia e sussurrandogli all’orecchio: “Sorridi”
A Chris era venuto
spontaneo fare come Brian gli aveva detto. Fortunatamente, dato che un secondo
dopo era partito l’autoscatto.
Passò velocemente le
dita sul vetro e sulla cornice, liberandolo dalla polvere.
Poi, con un sospiro,
posò la foto accanto a se.
Era arrivato il momento
di leggere quella lettera.
La tirò fuori dalla
tasca dei pantaloni e la prese per i bordi, contemplando di nuovo il suo nome
scritto in nero.
Prese un profondo
respiro prima di rigirarlo tra le mani e iniziare ad aprirlo con
attenzione.
Non voleva rompere la
carta.
La busta si aprì senza
capricci e Brian prese il foglio piegato in due al suo interno. Lo dispiegò con
mani tremanti.
Chiuse gli occhi e
prese respirò lentamente, prima di iniziare a leggere.
“Ciao Brian,
ho passato l’ultimo anno a
chiedermi dove fossi e come stessi. Ti immagino felice e libero. Ti ho sognato
spesso, sognavo sempre i momenti che abbiamo passato insieme.
Liberi e felici, anche se era
tutta un illusione.
Mi manchi amore. Mi manchi da
morire.
Ci hanno separato ma voglio
solo dirti che non è colpa tua. Ti conosco e so che ti starai lasciando affogare
nei sensi di colpa.
Non è colpa tua.
Tu sei stato coerente fino alla
fine. Io invece…
Voglio dirti che mi dispiace.
Mi dispiace per come mi sono comportato con te quando ci hanno
scoperti.
Avevo sentito i miei parlare di
dove volevano mandarmi, avevano parlato anche di te. Avevo paura che se ci
avessero trovati nuovamente insieme avrebbero mantenuto la promessa, convincendo
anche i tuoi genitori a fare lo stesso con te.
Voglio che tu sappia che ti
amo, l’ho sempre fatto e mi pento di averti fatto aspettare tanto prima di
dirtelo e di dimostrartelo come tu facevi.
Mi dispiace che sia finito
tutto così presto.
Avrei dovuto darti retta. Non
avrei dovuto farmi bloccare dalla mia paura.
Avrei dovuto accettare la tua
proposta, avremmo dovuto andarcene, scappare.
Invece mi sono comportato da
vigliacco, ed ora guarda dove sono.
Ora potremmo stare insieme se
non mi fossi comportato in questo modo. Se non mi fossi fatto bloccare dalla
paura di questo sentimento che non riuscivo a comprendere. Ma non c’era nulla da
comprendere.
Non avrei dovuto cercare di
trovare una spiegazione razionale a qualcosa di così bello. Ma ormai è troppo
tardi per far qualcosa in proposito.
Ma non preoccuparti, non ci
starò ancora per molto qui, amore mio.
Tra poco sarò libero, non ne
posso più di stare qui dentro Brian. Non mi lasceranno mai andare. Lo ripetono
sempre. Troppo dolore, non posso continuare così.
Non giudicarmi, ti prego. So
che nel nostro quartiere ne parleranno a lungo quando si verrà a sapere. So che
i miei si vergogneranno di me più di quanto abbiano mai fatto nella loro vita.
Si dimenticheranno presto di me. Mi hanno mandato qui proprio per
dimenticarmi.
Spero che non sarai più a
Lafayette quando arriverà la notizia.
So che ora sarai già a New
Orleans come volevi.
Sii felice Bri. Sii libero.
Vivi e tu, tu non dimenticarmi.
Ti
amo
Chris”
Quando finì di leggere
il viso di Brian era bagnato e lui singhiozzava, cercando di ovattare i suoni
con una mano sulle labbra.
- Chris…- sussurrò, tra le lacrime.
- Chris…mi manchi…-
Sentì tutto quello che
aveva provato in quegli anni prima dell’arrivo di Jordi nella sua vita, tornare
in modo talmente amplificato da fargli dolere il cuore.
Sentiva l’aria faticare
a riempire i polmoni, si sentiva soffocare da tutti i ricordi che erano tornati
su di lui come una nube senza pietà.
Ricordava il giorno in
cui, dopo aver fatto l’amore, aveva guardato Chris con occhi da sognatore.
Sognatore che aveva smesso di essere dopo che Chris era stato strappato fuori
dalla sua vita.
Lo aveva guardato e gli
aveva detto – Potremmo partire. Subito, immediatamente. Potremmo finire il liceo
a New Orleans, e poi andare all’università. Sarà difficile, ma possiamo farcela.
–
Ricordava anche che
Chris lo aveva guardato per un secondo. Ci aveva pensato.
Avrebbe potuto giurare
sulla sua stessa vita che Chris aveva pensato a quella possibilità, e ora,
leggendo la lettera, ne aveva avuto la conferma.
Però aveva riso e
scosso la testa – Sei pazzo. Con quali soldi ci paghiamo gli studi poi? Aspetta
solo quest’ultimo anno Brian. Facciamo i maledetti esami e poi partiamo insieme
per New Orleans. Io vado al conservatorio e tu a psicologia. Dobbiamo solo
tenere duro per quest’ultimo anno. – aveva sorriso – Poi saremo liberi. –
Ma il loro momento di
essere liberi non era arrivato. Non era mai arrivato.
Si asciugò le lacrime,
facendo profondi respiri per smettere di piangere.
Doveva essere
forte.
Lasciò andare indietro
la testa, appoggiandola contro il tronco dell’albero.
Annuì, guardando il
cielo.
Sarebbe stato libero.
Sarebbe stato felice e no, non l’avrebbe mai dimenticato.
-
Ecco, non so cosa sarebbe meglio dire per commentare questo capitolo.
-
Prima di tutto: scusate il ritardo.
-
Ora sono in vacanza, in Puglia. Vero, ho il mio pc portatile, ma è internet che ha fatto un po’ di capricci. Se devo essere sincera, mi sembra di essere nel Burundi qui giù!
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Sono andata a Taranto l’altro giorno per cercare il nuovo cd degli Avenged Sevenfold, e quando ho detto il loro nome quel tipo mi ha guardato come se fossi andata al banco della verdura al supermercato e avessi chiesto un chilo di Marijuana.
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Ma, insomma, da qualche parte in tutta Taranto ci sarà un maledetto negozio di musica come si deve che non vende solo fottutissimi cd di Madonna e Lady Gaga, no?
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Va bene, va bene, lasciamo stare e passiamo a cosa serie.
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Ecco a voi la lettera di Chris. Nella mia mente e anche su varie pagine di word l’ho scritta, cancellata, riscritta e riscritta ancora, ma non ne sono per niente soddisfatta.
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Ogni volta mi andavo ad incartare e quando rileggevo non sentivo per niente le emozioni che avrei voluto far trasparire. E non credo che questa versione abbia risolto il problema. Forse era solo la meno peggio.
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Avrei voluto prendermi altro tempo, magari per riscriverla, ma so come sono fatta e se inizio a gingillarmi si può dire buonanotte ai suonatori.
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Infine vorrei ringraziare tutti voi che mi avete lasciato delle recensioni stupende.
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Ho voluto affrontare questo discorso perché navigando qui e li su internet mi sono ritrovava una testimonianza di un ragazzo i cui genitori lo avevano fatto ricoverare in uno di questi centri. Però non diceva molti dettagli, anzi, quindi non so neanche io esattamente cosa fanno li dentro. So solo che è una cosa inaccettabile, perché non posso crederci che nel 2010 c’è ancora gente del genere.
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L’ignoranza dei genitori che fanno questo ai propri figli, ma soprattutto uomini di scienza che pensano che l’omosessualità sia una malattia, o qualcosa da curare con qualche metodo che di scientifico ha ben poco.
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È una cosa seria, lo so, ma volevo affrontare questo argomento e l’ho fatto.
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Quindi grazie a Lady Aika per aver segnalato la mia storia per farla inserire tra quelle scelte =) è una cosa che mi fa sentire felice e soddisfatta, così come la recensione che mi hai scritto per accompagnare il tuo voto. Grazie mille =D
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E grazie anche a tutti gli altri lettori che hanno commentato rendendomi partecipe delle cose che hanno pensato leggendo lo scorso capitolo. Grazie davvero =D
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Ora vado a prepararmi, perché poi i miei amici dicono che sono sempre la solita ritardataria =)
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Alla prossima!
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Vale