- Capitolo
Ventinovesimo -
-
Complimenti per la
mascherata, Norma ha fatto un ottimo lavoro.
Eileen, nella sua stanza
alla locanda, si stava giustappunto districando dal complicato
marchingegno del
vestito. Se indossarlo era stata una passeggiata (bastava stare attenta
ai
pizzi ed infilarlo dalle braccia come un tubo), un'altra cosa era
slacciare
tutto il complicato ambaradan di
lacci che adesso le serrava la vita. In un contesto del genere, con
metà testa
fuori e metà dentro, una voce che ti prende alle spalle non
è il massimo della
simpatia. E infatti Eileen si voltò
di
scatto e fissò
la porta come un fantasma.
Il Signor Thompson, ancora
in abito da festa, se ne stava inquadrato tra gli stipiti con l'aria
più
serafica del mondo.
- Avreste fatto meglio a rimanere
- disse muovendo un passo avanti - vi siete persa la parte migliore:
quella in
cui hanno caricato Prescott sulla carrozza dei gendarmi. Istruttivo,
davvero
istruttivo, non c'è che dire.
Eileen rimase ammutolita.
Che ci faceva Thompson da quelle parti? E soprattutto cosa …
- Cosa ci faccio a
quest'ora nella stanza di una signorina rispettabile? - sorrise lui -
Lo so, lo
so. Avrei dovuto bussare. Ma stasera è sera di sorprese, così
ho pensato che visto che c'ero ... potevo fare i
complimenti anche a voi, per l'interpretazione. Siete stata una
splendida
Catherine. Quasi quasi ci cascavo anche io.
Eileen, con il bustino
mezzo slacciato, allungò
una mano alla sedia per prendere la vestaglia.
- Pardon - disse Thompson e si coprì
educatamente gli occhi per tutto il
tempo che lei ci mise a sistemarsi.
Poi, andando verso il
davanzale della stanza, scostò
una tenda e guardò
sotto, la strada.
- Non mi chiedete perché
sono così
calmo? Per essere uno a cui avete appena mandato a monte
amicizia e matrimonio … beh, direi che la sto prendendo
bene, non vi pare?
Ad Eileen, che adesso
trafficava con il lungo laccio della vestaglia, venne voglia di
mettersi a
piangere. Perché non riusciva mai a trovare il buco dove
andava infilato. E
soprattutto, che ci faceva Thompson a fare dell'ironia in camera sua?
- Non dovreste essere a
piangere in un angolo? Alla fine hanno appena arrestato il vostro
migliore
amico per aver sedotto e abbandonato vostra sorella, nonché
aver tentato di
fuggire alle sue responsabilità. Non mi sembra una cosa da
niente. E poi io non
vi ho mandato a monte nulla. Sua sorella non c'entra niente, no? Potete
benissimo sposarla.
- Dopo che suo fratello è
rovinato e non potrà mai più apparire in pubblico
senza arrossire, ammesso che
abbia sufficiente senso dell'onore per vergognarsi?
Eileen lo fissò
incredula.
- Dunque non sposerete
Aurora soltanto perché ha la colpa di essere sua sorella?
Non c'è che dire, un
bel comportamento! Vi fa onore, e poi venite a dire che sono io a
mandarvi a
monte …
- Voi speravate di mandare
a monte tutto questo dal momento esatto in cui avete saputo che io e
Aurora ci
saremmo sposati.
- Ma senti! Io …
- … e ci siete riuscita
benissimo - la zittì
Thompson . Poi sorrise -
Meno male che lo speravo anche io, altrimenti sarebbe stata dura da
digerire.
Eileen lo fissò
senza capire.
- Lo sapevo - esalò
lui come se stesse
rivelando un tremendissimo arcano - Lo sapevo dal primo minuto e vi ho
lasciata
fare.
Eileen aprì
e chiuse la bocca.
- Come, lo sapevate? E
come potevate … non potevate sapere, la lettera, la
cappelliera, Norma,
Nibbles, io …
Il Signor Thompson si girò
di nuovo verso la stanza. Alla luce incerta delle due
candele che rischiaravano la stanza dal camino, sembrava stranamente
alto e
incredibilmente distante. Ma non era qualcosa di spiacevole.
- Norma mi aveva
avvertito- spiegò
scandendo le parole - Non
appena è stato ritrovato il biglietto.
C'era scritto abbastanza chiaro che il mio carissimo amico Prescott
aveva dato
appuntamento a Catherine in un certo luogo ad una certa ora. Combacia
con il
giorno della scomparsa. E lo sciocco lo aveva anche firmato.
- Lo sapevate - mormorò
Eileen - lo sapevate, e quindi …
- Credete forse che avrei
permesso a una bambina travestita da fantasma di rovinarmi le nozze se
questo
non fosse stato già nei miei piani?
Lei lo fissò
con odio estremo. Prese
il laccio della vestaglia e cominciò
a
rigirarselo tra le mani, attorcigliandolo.
- E quindi sarei stata una
vostra pedina? Lo sapevate? Davvero? Oh, che peccato, se avessi saputo
che
Aurora non era di vostro gradimento, mi sarei trattenuta dal fare
qualsiasi
cosa per togliervela di torno. Non volevo fare certo un favore a Vostra
Altezza.
Thompson rise, le andò
vicino e le tolse il laccio dalle mani.
- Non vorrei che vi
feriste. Questo coso può
essere pericoloso.
- Forse avete paura che vi
strangoli?
- Conoscendovi non sarebbe
un'ipotesi da trascurare. Comunque, per quanto riguarda o scompiglio di
stasera, vi ho
già detto che era nei
miei piani. Da quando ho capito che Prescott poteva essere l'autore di
tutto,
tanti piccoli indizi a suo carico, tante lievi reticenze sono andare al
loro
posto magnificamente. Mi è bastato fare qualche controllo
per capire dove
poteva essere stato negli anni in cui ci eravamo persi di vista, subito
dopo la
laurea e ho scoperto … beh, ho scoperto che i conti
tornavano.
- E Norma vi aveva
avvertito.
- Esattamente.
- Anche della notte in cui
sono salita in soffitta.
Thompson fece una piccola
smorfia ironica.
- Se non ci foste arrivata
penso proprio che non se ne sarebbe fatto di nulla. L'avrei smascherato
in un
altro modo. Non potevo permettervi di sapere, ma visto che ormai la
vostra
innata propensione a mettere il naso dove non dovreste proprio metterlo
aveva
agito … beh, a questo punto potevamo includervi.
Eileen lo fissò
incredula.
- Includermi? Razza di
sciocco, testa d'uovo, rimbambito! - scattò
in avanti, cercando di riafferrare il laccio che ora
teneva Thompson. Lui alzò
la mano e lotenne
stretto in pugno mentre lei lo aggrediva - Se io non fossi salita voi
vi sareste
tenuto al fianco per una vita l'amico che vi aveva ucciso la sorella
senza
saperne niente!
- Ohi, ohi, non è il caso
di aggredire - disse lui prendendole i polsi e fermando le sue unghie
già
vicine alla sua faccia - Ho detto solo che siete stata utile. Ma in
effetti
siete stata … necessaria.
Eileen si rabbonì
tutto di un colpo. Come
il mare quando viene la bonaccia. Il fatto è che era molto
stanca e cominciava
a confondere le cose. Per esempio, un istante prima, era stata quasi
contenta
che il farabutto le afferrasse i polsi, invece di infuriarsi e
cominciare a
gridare, come sarebbe stato forse più saggio fare.
- Ah, meno male - disse
solo - E adesso, che cosa ne farete della vostra bella ape? Pensate di
sposarla
domani o rimandate il matrimonio a quando avranno processato suo
fratello?
Oppure adesso che lui è rovinato non avrete più
niente da dirle? Che farabutto,
se ci penso, io …
Thompson rise.
- Siete sempre lo stesso
piccolo folletto canaglia travestito da ragazza perbene che mi
è stata scaricato
in casa appena due mesi fa. Neanche la febbre è riuscita a
rabbonirvi? E'
incredibile come si possa giudicarvi, a prima vista, una ragazza di
buone
maniere!
- Forse perché siete un
presuntuoso prendete di queste cantonate.
- E voi siete una piccola
ficcanaso che non si mostra per quello che è.
- Sempre meglio di un
orrendo essere che gronda presunzione dovunque.
- Piccola ficcanaso.
- Presuntuoso. E
lasciatemi andare le mani.
- Solo se promettete di
non graffiarmi. E di non adoperare questo laccio. Ha l'aria di non fare
troppo
bene, intorno al collo.
- Solo se promettete di
non dire altre scemenze. E di permettermi di allacciarmi di nuovo la
vestaglia.
Non è decente usare questi trucchetti per cercare di
sbirciare qualcosa.
Thompson non volendo
abbassò
gli occhi sulla vestaglia anche troppo scollata. Sotto
soltanto un camiciola di lino separava le spalle di Eileen da tutto il
resto.
Si arrese subito.
- Va bene - disse
tendendole il laccio e fissando gli occhi da un'altra parte - E,
andiamo,
adesso facciamo la pace.
- Che pace posso fare con
voi? Abbiamo forse litigato?
- No - disse Thompson,
fissando il caminetto. Era un tantino arrossito - però
vi ho fatto prendere un
bello spavento.
- In che senso?
- Nel senso che stavo
quasi per sposarmi.
- Perché? Adesso non vi
sposate più? Siete davvero così
poco costante?
- Voi cosa dite?
- Non ne ho idea. E non
credo che mi interessi affatto.
Lui sospirò,
e si aggrappò
al
caminetto con una specie di voluttà da naufrago.
- E se vi dicessi che
Aurora era sua complice? L'ho scoperto quando ho fatto queste indagini.
E'
stata lei a prenotare i biglietti su quella nave, usando il falso nome
di
Aurora Mason. Era il nome di sua nonna, lo stesso.
Eileen fece una faccia
compita. Ma non riuscì
a fare in modo che un
sorriso, un trionfale sorriso di vittoria le irraggiasse per un istante
tutti,
ma proprio tutti i lineamenti. Dalla piega del mento alla punta estrema
delle
lunghe trecce.
- Oh, come mi dispiace,
signor Thompson. Davvero.
- Come a Nerone dispiacque
dell'incendio. Ma avete fatto bene, del resto.
- Non scherzate.
- Non sto scherzando.
- Ah no?
- No - disse lui -
Davvero. Avete fatto bene ad evitarmi un matrimonio di cui forse mi
sarei
stancato il giorno stesso delle nozze. Anche se lei non fosse stata
colpevole
esattamente come lo era suo fratello.
Eileen, in piedi anche
lei, cercò
con gli occhi la poltrona e si
sedette. Improvvisamente sentiva le gambe essersi fatte di ricotta.
Probabilmente l'enorme stanchezza di tutta la mascherata.
- Ah, meno male - disse
solo, lasciandosi andare contro l'altro schienale.
- Meno male cosa? - chiese
lui, voltandosi.
- Meno male che lo
riconoscete.
Ci fu un silenzio lungo un
minuto. Poi Thompson riprese, sorridendo come lei non lo aveva mai
visto
sorridere. In effetti la stava prendendo bene.
- Voi lo sapevate già,
vero? Non si sfugge all'infallibile intuito della nostra piccola Eileen
Thomps…
Merriott. C'è un mio amico in città, un certo Sir
Conan che di sicuro amerebbe
conoscervi. Siete in tutto e per tutto simile ad una sua creatura
letteraria.
- Ah sì?
E chi sarebbe questa creatura?
- Un tizio bizzarro e
diffidente che ficca il naso sempre dove non dovrebbe. E che alla fine risolve ogni
cosa.
- E io cosa dovrei
risolvere?
Thompson la fissò
con una strana aria.
- Avete risolto il mistero
di chi stava chiuso in soffitta. E mi avete aiutato ad incastrare il
colpevole
della morte di Catherine. Non mi sembra poco, e ora spero bene che non
continuerete. Che vorrete prendervi anche voi un po' di riposo.
- Voi ve lo prenderete?
- Non lo so. Non sono tipo
da stare molto fermo, ma … forse potremmo prendercelo
insieme.
Eileen girò
lo sguardo intorno e cercò
in tutti
i modi di frenare il rossore che le saliva alle guance. Certo Thompson
voleva
dire una cosa innocente, non voleva certo implicare che ..
- Signor Thompson?
- Ora potete anche
chiamarmi Nicholas. In fin dei conti mi avete salvato da un'impostura.
- Va bene. Signor
Nicholas?
- Ditemi cara.
- Posso farvi una domanda?
- Tutto quello che volete,
bambina. Basta che non chiediate al povero vecchio Thompson di fare
un'altra
serata come questa - rise.
- Non volevo chiedervi
questo.
- Allora dite.
- Sentite - disse Eileen
tormentando con le dita una stecca del bustino. Si fece male ma non se
ne
accorse - Sentite, Nicholas. Se lo sapevate, se Norma vi aveva detto
tutto
prima, già quando io ero malata, perché non avete
fatto tutto da solo? Perché
avete aspettato che guarissi?
Thompson sorrise.
- Potrei dirvi che era per
il piacere di vedere la mia piccola, coraggiosa indagatrice gettarsi a
testa
bassa contro un'ingiustizia. Ma non sarebbe tutta la verità.
- Ah no?
- No.
- E quale sarebbe allora
la verità?
Thompson sorrise e la
guardò
negli
occhi.
- Volevo vedere se
sceglievate me.
- Che cosa?
- Esattamente. Visto che
Prescott vi aveva fatto una proposta precisa. Volevo vedere se l'amore
per
quell'idiota bellimbusto vi avrebbe accecata tanto da proteggerlo. Non
sapevo
se fidarmi di voi, volevo mettervi alla prova.
Eileen, in piedi davanti
al camino, si appoggiò
con due mani alla poltrona.
- Mi avete messo alla
prova? Farabu …
Ma Thompson lo la fece
finire. Le andò
vicino e
le prese una mano.
- Avanti, Eileen, ora non
vi arrabbiate. Tanto più che è finita …
- Come?
- … è finita come doveva
finire. Spesso le storie hanno un lieto fine. Questa, io spero, ce
l'avrà.
- In che senso, Signor
Nicholas, se posso?
- Nel senso che ora so che
di voi mi posso fidare ciecamente.
Eileen lo fissò
dalla poltrona. So
sentiva veramente stanca.
- E a che vi serve ora la
mia fiducia? - mormorò.
Thompson sorrise:
- A fare sì
che questo imbarazzante
momento - disse buttandosi in ginocchio vicino al bracciolo della
poltrona -
rimanga sempre e solo tra noi due. E ora state a sentire.
Eileen fissò
il Signor Thompson ai
suoi piedi come se fosse in un'altra dimensione.
- Eileen Merriott - scandì
lui, sempre tenendole la
mano - Ai vostri piedi sta uno sciocchissimo essere che risponde al
nome di
Nicholas. E' un vecchio burbero di trentaquattro anni - era il mio
compleanno,
la settimana scorsa - orso, bisbetico e che dorme già con la
maglia di lana per
il freddo. Praticamente un rudere. Bene. Questo rudere, bifolco,
caustico,
certe volte sinceramente intollerante vi sta chiedendo in ginocchio
(badate
bene, in ginocchio, madamigella) di perdonarlo umilmente per tutte le
volte che
vi ha dato fastidio con la sua spocchia e di accettare - così
dicendo trasse fuori di
tasca un piccolo astuccio foderato - questo minuscolo pegno del suo
affetto.
Eileen, in piedi, non
credeva ai suoi occhi. Prese l'astuccio dalle mani di Thompson e lo aprì,
senza spiccicare parola. Dentro c'era un minuscolo anello
con un brillante e due bellissime perle.
- Io non … cioè …- cercò
di alzarsi, ma lui la trattenne.
- Era di Catherine - disse
- Penso vorrebbe che lo teneste voi. Su, avanti, infilatelo al dito.
Eileen obbedì
come in sogno. L'anello le scivolò
all'anulare come se quello fosse il suo posto da sempre.
- E adesso? - fu l'unica
cosa che riuscì
a balbettare, dopo qualche tempo.
- Adesso direi che se non
vi dispiace posso anche rialzarmi - fece Thompson - Sono vecchio,
ricordate, e tutto
questo in stare in ginocchio non mi fa bene. Comunque - disse
rialzandosi e
guardandola negli occhi (aveva stupendi occhi verdi che adesso
rifulgevano di
qualcosa che Eileen non aveva mai visto) - adesso che avete fatto
l'errore di
accettare il mio anello, dovrete sottostare a tutti i miei capricci.
Eileen, senza mollargli la
mano, lo guardò
sorridendo.
- E quali sono? - chiese.
- Prima di tutto vi
toglierete questo brutto abito che non sopporto di vedervi indosso,
Rimetterete
quello delizioso che usate per andare a cavallo …
- Ma è orribile …
- E' delizioso! Dicevo …
rimetterete il vostro abito da viaggio e scenderete giù
dalle scale. Vi
aspetterò
alla porta della locanda. E vedete di non metterci molto.
Al massimo cinque minuti.
- Perché mi aspetterete lì?
- Sono impaziente di
condurvi in un posto. E voi dovete obbedirmi, ricordate? Dovremo forse
cavalcare
tutta la notte. Ma è una serata molto strana, questa. Così
succedono cose molto strane. E adesso, avanti, preparatevi.
Vi aspetto giù alle stalle. Su, coraggio. E cercate di non
rompervi la testa con
le domande. Per una volta mi seguirete e basta.
Eileen sorrise e fece sì
con la testa. Era stanca, ma non si sarebbe persa il resto
di quell'incredibile serata per nulla al mondo. E poi Thompson le aveva
appena messo
un anello con brillante al dito … probabilmente stava
sognando, e voleva continuare
a farlo finché qualcosa non l'avesse svegliata. Annuì.
Thompson sorrise, e dopo
averle stretto la mano per un'ultima volta, si avviò
verso la porta della stanza.
Se era un sogno era proprio
un bel sogno, si disse Eileen mentre cercava di alzarsi e di andare in
contro al
suo destino con indosso qualcosa di meglio di una vestaglia.