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Autore: Camelia Jay    09/08/2010    5 recensioni
Jenice, allegra, gentile, riflessiva, con il cuore spezzatole da un ragazzo.
Kyle, freddo, distaccato, misterioso, nessuno che sappia nulla di lui.
Come reagirà Jenice, quando scoprirà la verità sul suo compagno di classe? E cosa farà, quando il suo migliore amico di sempre l'abbandonerà per il successo? Si accorgerà di Kyle, o scoprirà che non può vivere senza l'amico ventiquattrenne?
Adesso conoscevo il colore dei suoi occhi, che ogni giorno sembravano affascinarmi sempre di più, e quelle tristi e profonde occhiaie che aveva sotto di essi erano finalmente scomparse.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lonely'
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Capitolo trentaduesimo

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Uh-uh, come mai ho l'impressione che questo capitolo vi piacerà??? *sghignazza e fa la finta tonta* grazie per le recensioni dello scorso capitolo ^^. Basta, non dico altro, il capitolo deve parlare da solo! Bye bye!!!!

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Ormai non riuscivo più a trattenere le lacrime, non era possibile che non gliene importasse niente di me. La verità era che forse non gliene era mai importato, forse mi aveva sempre preso in giro.

Le guardie di sicurezza mi riconobbero facendomi entrare, riconducendomi al camerino di Jonathan. Lo vidi sempre seduto nello stesso posto, a fumare un’altra sigaretta. Sforzandomi, riuscii a trattenermi dal piangere.

– Ho deciso. Non mi importa di niente, io voglio fare parte della band.

Mi sedetti di fronte a lui, che tirò di nuovo con la sigaretta.

– Sei sicura che è ciò che vuoi, dolcezza? Tornare indietro sarà difficile. Non pensi a tutto ciò che lascerai? La famiglia, gli amici… il tuo ragazzo?

Lì mi alterai.

– Ti ho detto che non è il mio ragazzo! Non è neanche mio amico, mi considera viziata ed egoista e di lui non m’importa proprio niente, accidenti!

Lui non batté ciglio. Continuò con tutta calma il discorso.

– Vedi Jenice… io ho scelto la musica al resto perché è qualcosa che mi rende felice, l’unica cosa che ci riesce. Non mi piaceva rimanere nell’anonimato. Perciò ho deciso di mollare tutto e intraprendere questa carriera. Tu ti trovi di fronte ad una scelta difficile, devi imparare a capire cosa per te è necessario o meno, cos’è che ti renderebbe più felice.

Non riuscivo a capire se stesse dalla mia parte o no. Mi stava solo confondendo ulteriormente le idee.

– Quel ragazzo ti ha detto che sei egoista. Ma da quel che mi hai raccontato, non pensi che abbia ragione? In fondo, sei stata tu a volere che ti accompagnasse, solo per vedere me. Non ti è importato se gli avrebbe fatto male o meno questo, te ne sei fregata dei suoi sentimenti e hai continuato a trattarlo come una marionetta, ignorando i suoi bisogni e le sue necessità, e i suoi sentimenti di gelosia, badando solo ai tuoi.

Guardai in basso, le mie scarpe. Era vero, tutto ciò che stava dicendo. Era vero, tutto vero… e mi sentii crudele, terribilmente crudele.

– Mi piacerebbe che tu facessi la cantante, insieme a me. Ma ci tengo a te, quindi non voglio che butti via la tua vita per qualcosa di cui non sei sicura.

Silenzio. Nessuno dei due per una decina di secondi spiccicò una parola. D’altronde, io cosa avrei potuto dire? Mi sentivo malissimo, pensando a ciò che avevo appena capito. In tutto questo tempo, mi ero ripromessa che avrei fatto di tutto per rendere più felice Kyle, invece era finita che l’avevo dato per scontato e l’avevo fatto soffrire ancora di più. Non era che non gliene importava niente di ciò che avrei fatto, ma non voleva condizionarmi, voleva solo la mia felicità, anche se in realtà ci stava malissimo.

– Ho capito. Ho preso la mia decisione. Credo che non farò parte della band, mi dispiace.

lui mi fissò dritto negli occhi, la sigaretta ormai finita.

– La mia offerta è e sarà sempre valida. – mi interruppe – Jenice… prometto che tra un paio di settimane verrò a trovarti. Adesso vai, e fa’ pace con il tuo ragazzo.

Per quanto gli ripetessi che non lo era, era completamente inutile. Per lui Kyle sarebbe sempre e comunque stato il mio ragazzo.

Si alzò da quella sedia, mi abbracciò forte, e mi condusse personalmente verso l’uscita, salutandomi con un “A presto, dolcezza mia…”, e si raccomandò anche di non farmi scoprire dalla mamma, o sarebbero stati guai. Ma non badai a quest’ultima frase.

Mi diressi verso la fermata dell’autobus, sperando che fosse lì. Ma mi illudevo soltanto, pensai seriamente che avesse preso alla lettera le mie parole e se ne fosse davvero tornato a casa con il primo treno. Sperai con tutto il cuore che non fosse così. Perché Kyle era il ragazzo che amavo, e non avrei voluto perderlo per niente al mondo, nemmeno per una brillante carriera nel mondo dello spettacolo.

Quella panchina per aspettare l’autobus. Avrei voluto sedermi, ma era tutto occupato. C’era una trentina di persone, sempre lì, ad aspettare con me, forse il mio stesso autobus, forse un altro.

Restai nella penombra, tra l’oscurità della notte e la luce del lampione. Le ragazze spettegolavano, le sentivo dietro di me, alcune parlavano di me, non mi avevano probabilmente riconosciuto, altrimenti si sarebbero messe a fissarmi senza mai distogliere lo sguardo. A quanto pare ero considerata abbastanza brava, qualcuna sospettava che avrei presto fatto anch’io parte della band. Aveva torto, quella qualcuna. Non se ne parlava neanche, e di questo ne ero assolutamente sicura, anche se forse sarebbe stato troppo tardi cambiare idea tra qualche anno.

Mi misi il cappuccio della felpa in testa, per evitare che qualcuno mi riconoscesse. Faceva freddo, avrei voluto che Kyle fosse stato lì a scaldarmi.

“Gray Kyle…” pensai “Tu sei la mia dannazione, se sto facendo questo è solo perché tengo a te quanto a me stessa, desidero con tutto il mio cuore che tu mi perdoni per ciò che ho fatto…”.

 

Dopo aver preso l’autobus, mi diressi sola, senza curarmene dei pericoli, verso casa, saranno stati al massimo dieci minuti di camminata.

Camminavo sul marciapiede insieme a tanta altra gente, nonostante fosse già notte, c’erano alcuni chewing-gum spiaccicati per terra, alcuni più vecchi di altri. Il cielo era annuvolato, non si vedevano le stelle. Continuavo a tenere, vergognandomi, il cappuccio sulla testa. Poi pensai a che servisse, e lo levai. Misi poi le mani in tasca, continuando il tragitto con le lacrime agli occhi. Mi sentivo estranea al mondo che mi circondava.

La mia borsetta era come se diventasse man mano più pesante, il mio trucco sembrava sciogliersi lentamente sulla mia faccia ormai in lacrime. Sentivo le lacrime che mi rigavano di nero le guance insieme alla matita per gli occhi e al mascara. Piano, mi tirai indietro i capelli, mi sistemai la felpa nera. Ero quasi arrivata a casa, passai di fronte alla pasticceria francese, ovviamente chiusa a quest’ora. Mi vennero in mente tutti quei ricordi…

La casa di Lindsay era appena illuminata da un lampione. Se non fosse stato per quello, essa sarebbe stata completamente coperta dall’oscurità. Sotto di esso, con lo sguardo rivolto verso il basso e le mani in tasca, c’era lui.

Kyle era lì che mi stava aspettando, io sentii chiaramente il cuore che tamburellava velocissimo nel mio petto, un groppo in gola.

– Kyle! – gridai, avventandomi su di lui improvvisamente.

Rimase sorpreso, io mi attaccai a lui, alla sua camicia nera, iniziando a piangerci sopra disperatamente.

– Jenice…! – mi disse lui in tono sorpreso.

Cominciai a farfugliare, a dire “mi dispiace, perdonami” e cose simili, mentre lui avvolse il mio corpo con le sue braccia, sussurrandomi che andava tutto bene. Ma io non lo ascoltavo, continuavo a piangere e a piangere…

– Hai ragione, sono egoista, sono viziata, tutto quello hai detto è vero… mi dispiace, non me ne sono nemmeno resa conto…

– Ehi Jenice… calmati, non ti preoccupare, anche io ho esagerato, ti chiedo scusa… la realtà è che per me sei importantissima, non vorrei perderti per nessuna ragione al mondo.

Stavamo immobili, lì sotto il lampione. Andava bene così, non potevo chiedere di meglio. All’improvviso mi staccai da lui.

– Sei rimasto qui solo per aspettare me? Perché Kyle?

Lui mi accarezzò i capelli, e dolcemente mi rispose:

– Perché le chiavi di casa ce le hai tu…

Rimasi immobilizzata. Ops, errore mio!

– Oddio, è vero scusa mi dispiace io davvero…

Fui interrotta dalla sua mano, che mi accarezzava la guancia. Lui continuò ciò che stava dicendo:

– E perché ti amo, stupida.

Rimasi ferma, a guardarlo negli occhi. Il cuore batteva forte, era come se non riuscissi a realizzare il significato di quella frase. Lui… mi amava.

– Ti amo anch’io. – gli risposi secca, dicendo precisamente ciò che stavo all’inizio solo pensando.

Il suo viso si avvicinò al mio, lentamente, io avevo gli occhi spalancati, non capivo più niente. Le sue morbide labbra arrivarono a sfiorare le mie, e ci unimmo in uno splendido bacio al sapore di menta che sembrò durare per sempre…

   
 
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