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Autore: Lollo    10/10/2005    11 recensioni
Posso fingere che tu stia dormendo, ancora una volta?
Recensite?
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TI GUARDAVO DORMIRE

TI GUARDAVO DORMIRE.

 

 

 

 

 

Ricordo che ti guardavo dormire.

 

Non so perché, ma lo facevo.

 

Appena potevo, durante la notte o durante il giorno, mi sedevo di fronte a te e ti fissavo. Rimanevo lì fino a quando qualcuno non si svegliava, o fino a quando tu facevi un movimento brusco e io scappavo via, per paura di venire scoperta.

 

Cominciai a farlo quando tu arrivasti per la prima volta alla Tana.

 

Mi ero alzata la notte per andare a bere, e tornando passai accanto alla tua porta. Mi fermai un attimo; poi aprii piano la porta e m’intrufolai dentro, una stupida ragazzina di undici anni completamente cotta di un ragazzo che pensava irraggiungibile, col cuore che batteva a mille per l’emozione e l’imbarazzo.

 

Non mi sembrava vero di essere là, di poterti fissare liberamente senza temere che qualcuno mi scoprisse e ridesse di me, di memorizzare i tuoi lineamenti nella mia mente, i tuoi capelli, la curva della mascella, le ciglia folte e scure…

 

Rimasi lì dentro non so quanto. Probabilmente tutta la notte, perché mi ricordo che staccai gli occhi dal tuo viso addormentato solo dopo aver sentito i passi svelti della mamma che scendeva le scale, ed ero uscita il più velocemente e silenziosamente possibile.

 

Da quel momento, appena potevo, lo facevo sempre.

 

Quando cominciai la scuola non potevo farlo tutte le notti, e ricordo che i primi tempi non riuscivo a dormire. Pensavo, ora scendo di sotto e vado nel suo dormitorio; ma avevo troppa paura di essere scoperta.

 

Via via persi l’abitudine, e quando capii di non avere veramente speranze con te lasciai perdere. Mi dicevo che causavo solo dolore a me stessa, con quel comportamento.

 

Al Ballo del Ceppo conobbi Michael Corner. Era un bel ragazzo, e gli piacevo, e pensai che se avessi cominciato a uscire con lui ti avrei dimenticato.

 

Mi convinsi che fosse così; tu t’invaghisti di Cho Chang e pensai di aver fatto una scelta giusta.

 

Come ero stupida. Una scelta. Credevo di poter scegliere una cosa del genere.

 

Comunque, era davvero convita che la cotta – credevo che fosse una cotta, allora – mi fosse passata.

 

Quando io e Michael ci lasciammo, cominciai a vedere Dean Thomas; dentro di me mi chiedevo come fosse possibile che riuscissi a passare da un ragazzo all’altro così facilmente; non pensavo di essere quel tipo di ragazza… Però, mi dicevo, se ti senti di fare così, fallo, no? Non fai mica male a qualcuno.

 

Poi, successe.

 

Ron mi aveva chiesto di andare a prendergli un libro su nella stanza del vostro dormitorio. Salii di malavoglia, entrai e mi avvicinai al suo letto; e ti vidi.

 

Dormivi.

 

D’improvviso mi era salito il magone alla gola, senza che me ne accorgessi.

 

Credo che, quando in futuro ti ricorderò nella mia mente, ti vedrò così, com’eri quella sera.

 

I capelli neri sparpagliati sul cuscino bianco, la camicia e i pantaloni della divisa della scuola e gli occhiali ancora addosso, la cravatta allentata al collo. La borsa dei libri mezza aperta poco lontano da te sul letto sfatto.

 

Mi fermai; non riuscivo più a muovermi, e quel magone non accennava a sparire; ma non era di tristezza, né di nostalgia. Piuttosto di commozione, di felicità. D’improvviso capii che non mi ero mai disinnamortata di te, che non era una stupida cotta; e che non mi importava se tu non mi avresti ricambiata.

 

Rimasi lì fino a quando Ron non salì a cercarmi, probabilmente chiedendosi che fine avevo fatto. Subito gli passai il libro balbettando una scusa, e scesi.

 

In Sala Comune presi da parte Dean Thomas, e lo lasciai senza neanche fornirgli una spiegazione adeguata; avevo altro per la testa, decisamente.

 

Da quel momento appena potevo salivo nel vostro dormitorio, anche solo per cinque minuti, e ti guardavo; mi sentivo parte di te.

 

Non ti dissi mai cosa provavo – cosa provo – per te, fino a quando non l’hai scoperto tu; e anche quella notte di poche settimane fa, non te lo dissi chiaro e tondo.

 

Ero ancora salita di soppiatto nel dormitorio. Cercando di far più silenzio possibile, sono entrata ed avevo preso una sedia per mettermi accanto a te, come facevo di solito.

 

Ero rimasta un po’ a guardarti senza fare nulla come sempre, quando ad un certo punto mi sono resa conto che la mia mano ti stava accarezzando la fronte; stavo per ritirarla, quando tu piano hai aperto gli occhi e mi hai visto.

 

Siamo stati zitti per una manciata d’istanti, la mia mano ancora tra i tuoi capelli, ma ferma; alla fine tu l’hai presa tra le tue e hai sorriso.

 

-          Ciao…

 

Mi hai detto. La tua voce era ancora assonnata, ma dolce.

 

-          Ciao.

 

Ti ho risposto. Non sapevo cosa fare. Il tuo sorriso si è allargato.

 

-          Sei tu che sgattaioli quasi ogni notte per guardarmi, allora? –

 

Sono rimasta un attimo interdetta, mentre la faccia mi s’imporporava.

 

-          Io… tu… come fai a saperlo? –

 

Di nuovo, il sorriso ti si è allargato sul viso; non era di divertimento, né di scherno. Mi sono resa  conto che era lo stesso sorriso con cui a volte mi rendevo conto di fissarti, e la cosa mi ha sconvolto al punto da non riuscire più a respirare dall’emozione.

 

-          Ti sei sempre scordata di mettere a posto la sedia… -

 

Ho aperto un paio di volte la bocca a vuoto, senza sapere cosa dire o cosa fare, il cuore che mi batteva a mille nel petto. Come ho fatto a scordarmi di mettere a posto la sedia ogni volta, mi sono chiesta dandomi della stupida; probabilmente perché ogni volta che me ne andavo, avendo paura che qualcuno mi scoprisse, non me ne rendevo conto…

 

Ti ha beccata, Gin, mi sono detta, ti sei fregata da sola; e d’improvviso sono scoppiata a ridere talmente forte che mi hai premuto una mano sulla bocca per cercare di soffocare quel rumore, che avrebbe sicuramente svegliato tutti.

 

Quando ho smesso, mi hai accarezzata in viso e mi hai detto:

 

-          Ti amo, Ginny.

 

E siamo rimasti così, la tua mano sul mio viso, mentre con l’altra tenevi le mie.

 

Ti accarezzo i capelli, che fanno orribilmente contrasto con la tua pelle pallida.

 

Mi chiedo perché è dovuto succedere adesso.

 

Ora che tutto stava andando bene. E mi chiedo se, se avessi confessato il mio amore prima, sarebbe cambiato qualcosa; mi dico di no, che non c’entra niente con questo –le facce tristi, le palpebre abbassate sul tuo viso pallido, il mio inondato di lacrime secche, perché ora non ho la forza di piangere – ma non posso fare a meno di pensare che almeno avremmo passato più tempo insieme, come avremmo sempre dovuto fare.

 

Riprendo ad accarezzarti il viso, le lacrime riprendono a scendere dal mio viso e alcune si posano sul cuscino di velluto rosso che sorregge la tua testa, creando un alone più scuro.

 

Posso tornare indietro a quella prima sera, posso fingere che tra poco la mamma si sveglierà e io dovrò correre a nascondermi nella mia stanza per paura di essere scoperta da qualcuno?

 

Posso fingere che tu stia dormendo, ancora una volta?

 

 

 

 

 

FINALMENTE EFP E’ TORNATO! * me commossa *

 

 

Comunque…Ecco…  one-shot scritta in un momento di pazzia causata dall’influenza… spero che non faccia troppo schifo! Recensite, per favore?

 

baciiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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