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Autore: Crazy_Me    14/08/2010    1 recensioni
Lui. Alexi Laiho. Lei. Jessica, ma per tutti Jess. Loro. Due band in tour insieme. Solo tre aggettivi. Pazzi, folli e fanatici della birra.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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13° Capitolo


- Ci siamo? – Chiese Janne, prendendo fuori dal suo portafoglio il passaporto.
I ragazzi annuirono e si diressero al gate.
Una volta entrati in aereo aspettarono mezz’ora prima che partisse, poi, durante il volo, essendo piuttosto presto – le 8.00 di mattina – i ragazzi si addormentarono.
La solita voce robotica disse che stavano per atterrare nell’aeroporto di Londra e si auguravano che i passeggeri avessero fatto buon viaggio.
- Prima tappa: bar! – Esclamò Roope, appena sceso dal velivolo.
Così si sedettero in un tavolino di un bar e ordinarono una birra e qualcosa da mettere sotto i denti per pranzo, come alcuni pezzi di pizza.
- E’ prestissimo, che facciamo? – Chiese Jaska, giocherellando con il tappo della sua bottiglia di birra.
- Beh, noi viviamo a Londra e…beh, sapete com’è, i nostri genitori…- Blaterò Steven.
- Sì, è vero. Noi abitiamo qui e probabilmente ci saranno i nostri parenti che vorranno vederci. – Concordò Jess, finendo l’ultimo sorso di birra.
- Io lo faccio più per mio fratello. E’ piccolo ed è molto legato a me. – Concluse Alex.
- Va bene, ragazzi, non c’è problema. Se questo pomeriggio lo volete passare con le vostre famiglie, a noi va bene. – Disse Janne, alzando le spalle.
Così i Children rimasero in tour bus e i Revenge presero tutti un taxi per arrivare alle loro case.
Anche se gli scocciava ammetterlo, a tutti e quattro era mancata sia Londra che la propria famiglia.

Jess pagò e scese dal taxi giallo che l’aveva accompagnata a casa.
Sospirò e percorse il vialetto, suonando poi il campanello.
La porta si aprì lentamente e una signora sulla cinquantina apparve sulla soglia.
- Jessica…- Sussurrò, aprendo del tutto la porta e facendola entrare.
- Ciao mamma. – Fece qualche passo in avanti e fu felice di scoprire che la casa non era per niente cambiata. Non che fosse passato molto tempo, ma da sua madre, fissata per i cambiamenti, si sarebbe aspettata qualche mobile nuovo o spostato.
La madre richiuse la porta e strinse Jess, che rispose all’abbraccio.
- Sono felice che tu sia tornata. -
- No, è solo una visita. Abbiamo ancora le ultime due tappe, tra cui una questa sera. -
- Oh…- La signora si sedette su una sedia in cucina e offrì alla figlia un caffè.
- Sì, grazie. Senza zucchero, per me. – Si sedette anche Jess e rimasero zitte per un po’. – Ma fra pochi giorni sarò di nuovo a casa. – La tranquillizzò. - Papà? -
- E’ al lavoro, tornerà fra tre giorni. – Spiegò, mentre prendeva delle tazzine dalla credenza.
- Oh, ok. –
- E allora, raccontami, dai! – La incitò sua madre, facendole ritornare il sorriso.
- Dunque…- Jessica raccontò ogni particolare…beh, non proprio tutto, ma molti dettagli del viaggio. Era felice di essere tornata a casa, anche se solo per una visita. Nonostante tutte le liti, le era mancata sua madre.

- Ok, è questa. – Disse Alex, mentre allungava dei soldi al taxista.
- Buona giornata, signore. -
- Grazie, anche a lei. – Scese dall’auto e si diresse verso una casa bianca, l’unica in mezzo a tutte delle casette gialle e azzurre.
Mentre si avvicinava, sentiva una voce e una palla rimbalzare.
- Brian! – Chiamò il ragazzo, mentre si apriva il cancello ed entrava.
Un bambino di sei anni si girò lentamente, sempre con la sua palla blu in mano. Rimase un attimo sbalordito, poi lasciò cadere il gioco che teneva saldamente per correre tra le braccia del suo fratellone.
- ALEEEEX! – Urlò, saltandogli in braccio.
- Come va, campione? – Chiese il fratello, abbracciandolo e sorridendogli.
- Bene, bene. – Fece una pausa. – Mi sei mancato tanto. -
- Anche tu mi sei mancato. – Lo riappoggiò a terra, scompigliandogli i capelli.
- Perché non hai le valigie? – Chiese il bimbetto, con il viso un po’ rabbuiato.
- Vedi… E’ che abbiamo altre due tappe. Ma è questione di tre o quattro giorni. Torno presto. -
- Uh…- Brian si sforzò per fare un sorriso, ma il suo fratellone gli era mancato troppo e non voleva vederlo ripartire, anche se solo per poco tempo.
- Ok, senti…Che ne dici di farci una partita a canestro? -
Il bambino si illuminò e corse a recuperare la palla, porgendola ad Alex.

- Cazzo, mamma, ti ho detto che sto arrivando! -
- Robert, non dire parolacce! Santo cielo, ti lascio due mesi e mi torni peggiorato. Cosa devo fare con te? – La voce squillante della madre risuonò dal cellulare.
- Mamma, non mi hai mandato in collegio, sono andato in tour. – Spiegò il ragazzo, disperato. – Ok, si fermi qui. – Allungò dei soldi al taxista e scese.
- Robert, ci sei? – Intanto la madre aveva continuato a blaterare.
- Cosa? Ah si…-
- Ma dove ti trovi?...-
- Sotto casa! -
- Oh. – La madre spense il cellulare e corse al citofono, per aprire il figlio.
Robert, sconsolato, salì per le scale.
Bussò e attese. Attese per poco perché la madre sembrava essere lì, proprio dietro la porta ad attendere.
- Oh, Robeeert! Robert caro… Come sei cresciuto! – Lo abbracciò e lo trascinò dentro, chiudendo la porta.
- Mamma, sono due mesi che sono via, non credo di essere aumentato. -
- Oh certo certo… Senti, ma ti sei lavato? -
- COSA? Certo! E se sono sudato è solo per colpa tua. Mi innervosisci. -
- Oh, scusa caro. – Si diresse verso il salotto. – Daniel…Daniel… -
- Uh…Cosa? – Un signore si svegliò dalla solita pennichella pomeridiana.
- Guarda chi è venuto a trovarci. -
- Chi… - La madre spinse Robert in avanti. – Oh, Rooob! Quanto tempo, figlio mio…-
- Due mesi…- Borbottò il ragazzo, stritolato dal padre.
- Hai viaggiato molto... Vuoi qualcosa? Un toast? Un caffè? Dei biscotti? Un po’ di cappuccino, magari…-
- Oh, santo cielo, Kate… Lascialo vivere, nostro figlio. – Sbottò Daniel. – Dai, raccontaci un po’…-
Il ragazzo si preparò a raccontare il viaggio e ad essere interrotto ogni due parole dalla madre.

Steven chiuse gli occhi e suonò il campanello, nella speranza di non trovare nessuno.
Non che non volesse bene alla sua famiglia, anzi… Ma sua madre l’avrebbe accolto come se fosse tornato dalla guerra e il padre avrebbe iniziato a chiedergli ogni particolare, poi avrebbero chiamato tutti i parenti per avvertirli...
La porta, però, si aprì.
- Steven? – Chiese una ragazza di 16 o 17 anni, bionda, ma non troppo alta.
- Ciao Jade…- La salutò il ragazzo, preparandosi alla porta sbattuta in faccia.
Ma la sorella lo lasciò entrare e, non appena chiusa la porta, si preparò a saltare addosso al fratello.
- STEVEEEE! Mi sei mancato, stupido primate! –
Loro litigavano sempre, per qualsiasi cosa, anche per un calzino fuori posto.
Ma Jade era così. Voleva davvero molto bene a suo fratello e in quel tempo si era annoiata senza di lui.
- Non pensavo di esserti mancato…- Iniziò Steven, abbracciandola.
- In tutto ‘sto tempo non ho saputo con chi litigare! Non sai che palle! -
- Ah… Solo per questo? -
- Per cosa anche, scusa? – Chiese la ragazza, staccandosi dal bassista.
- Beh, perché in tutto questo tempo, magari, non hai saputo con chi fare colazione prima di andare a scuola, non abbiamo più guardato film insieme, giocato alla playstation, fatto lotte con i cuscini…-
- Giusto. Mi sei mancato tantissimo anche per quello. Sai che ti adoro, no?! -
- Beh, sì…credo. -
- Dai, raccontami un po’ del tour… -
- Davvero? – Steve era incredulo.
- Certo! -

- Allora, com’è andata? – Chiese Roope, togliendosi le cuffie dalle orecchie.
- I miei mi hanno ucciso a furia di domande. – Rob fece la voce stridula, cercando di imitarli. – E cosa fai? Con chi sei? Dove sei stato? E’ simpatica l’altra band? Ma ti sei cambiato in tutti questi giorni? -
I ragazzi scoppiarono a ridere.
- Beh, mia madre ha fatto lo stesso, ma per poco perché io sono stato in cortile a giocare con Brian, il mio fratellino. – Alex sorrise, pensando al pomeriggio trascorso.
- Mia sorella, invece, mi ha quasi spaccato la schiena nel saltarmi addosso per darmi il benvenuto…ma sono quasi sicuro che l’abbia fatto apposta! – Aggiunse Steve, sospirando.
- E a te Jess? Anche tu genitori petulanti e fratelli malvagi? – Chiese Henkka, ridendo.
- No, solo mia madre che mi ha chiesto com’era andata, un po’ preoccupata, e io le ho fatto un breve riassunto. -
- E tuo padre? -
- Via per lavoro, tornerà fra tre giorni. – Spiegò la ragazza. – E voi che avete fatto? – Chiese poi.
Alexi intanto aveva ascoltato poco e niente di quella conversazione, preso da quei due baci che lo stavano facendo impazzire. Proprio quando era riuscito a dimenticare e convincersi che non fosse stato nulla, lei gli scombinava tutti i piani che si era creato mentalmente.

- Londra, siete pronti per lo show? – Chiese Jess, guardando la folla e riconoscendo alcune persone lì in mezzo, nella prima fila. Non pensava che alcuni dei suoi compagni delle scuole superiori fossero fan dei Children, ma li vedeva, erano lì che urlavano e impazzivano a ritmo di musica.
Intanto la sua voce inondava quella specie di enorme parco, chiuso da un alto muretto. Era un posto dove si tenevano spesso dei concerti, nella periferia di Londra, per non disturbare la gente, essendo un’ora piuttosto tarda.
Quando ebbe finito, Jessica ringraziò il pubblico, ma questa volta ringraziò anche qualcun’altro.
- Come penso sappiate, Londra è la penultima tappa di questo tour e quindi volevo dire un enorme grazie ai Children Of Bodom, una band magnifica composta da persone straordinarie, che abbiamo accompagnato in giro per l’Europa. Possiamo solo dire che questi due mesi sono stati fantastici! Quindi grazie ancora e ora vi lascio ai…Children of Bodom! – Pronunciò il nome della band scandendo bene le parole e allargò le braccia, correndo verso il backstage e sorridendo ad Alexi, che stava per entrare sul palco.

Entrarono nel tour bus e a turno andarono a fare la doccia. Questa volta nemmeno Jessy e Alexi rimasero svegli fino a tardi perché il viaggio in aereo sommato a quel concerto li aveva leggermente uccisi.
- Mi si chiudono gli occhi. – Disse la ragazza, dirigendosi verso le cuccette.
- Già, anche a me. – Le andò dietro e si coricò.
Nessuna buonanotte, nessun
bacio.
Non è che se lo aspettasse, ormai non sapeva più che pensare.
Una volta c’èra un bacio e un sorriso malizioso, e la volta dopo un Notte sussurrato a malapena.
Era stanco di quel comportamento, era stanco di dover sempre rimanere un po’ incerto quando si faceva l’ora di andare a letto.
Ma non aveva il coraggio di dire nulla, nemmeno di pensare ai suoi sentimenti nei confronti di quella ragazza.

Quella ragazza che per Alexi sarebbe rimasta un mistero.





Scusate se ci ho messo più del previsto a postare, ma all’ultimo minuto ho deciso di allungare un po’ il capitolo. Altrimenti sarebbe stato molto più corto e “vuoto”.
Quindi, beh… Alla prossima, nonché ultima volta.
Penso che posterò il 18, perché da domani sono un po’ incasinata XD
E scusate se non rispondo alle recensioni stavolta, ma sono un po’ in ritardo.

L’immancabile A
presto u.u,

Crazy_Me


 

  
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