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Autore: BaschVR    14/08/2010    3 recensioni
"D’un tratto, l’argine che ha tenuto a bada i suoi pensieri si arena nel ricordo della vacanza che hanno passato insieme, sulle rive dorate della baia antistante al villaggio. Gli sovvengono alla mente alcuni dei discorsi vacui e privi di un reale scopo di cui amavano tanto parlare, passeggiando sulla spiaggia o sedendosi sull’area rocciosa alla fine del litorale, là dove i flutti si infrangevano clamorosamente lungo la superficie liscia degli scogli. Ricorda sottili stralci di conversazioni, brevi intermezzi fatti di parole vacue disperse nella brezza estiva delle notti in spiaggia."
Mini-sequel della fan fiction "The Butterfly Effect".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cissnei, Zack Fair
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Butterfly Effect'
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Piccola nota esplicativa, prima dell’inizio di questa fic ^^
La storia è il seguito diretto di The Butterfly Effect, fan fiction da me pubblicata un mese fa circa sempre nella sezione FFVII. Per ovvie ragioni di trama, qualora non l’avete già fatto, vi invito a leggere prima quella e poi questa, in modo tale da poter godere (che poi, godere è una parola grossa xD) della trama nel giusto ordine con la quale è stata concepita.
Spero vi piaccia.

The Butterfly Effect: Episode Finale

Senza che se ne sia accorto, il tramonto ha già screziato di rosso i colli che delimitano le rovine di Nibelheim. Sospira debolmente, chiudendo gli occhi, cercando di comprendere appieno il tiepido sorriso di gioia che increspa gli angoli della sua bocca. Il suo sguardo ritorna ancora una volta verso il fazzoletto di terra dissodato alle sue spalle, rasserenato; la lama della Buster Sword scintilla alla luce dei raggi del sole, violentemente, tinta di tutte le sfumature dorate del tramonto avanzato.
Quasi senza volerlo, lascia che una piccola risata sfugga dalle sue labbra, lasciandola vagare lungo le rovine desolate e taciturne del villaggio; il silenzio della valle viene lacerato dall’eco sommesso  della sua voce, trainata dal vento. Gli fa uno strano effetto, ridere in una situazione del genere: dopotutto, ha ancora impresse nella mente le carni violacee in decomposizione del fante seppellito alle sue spalle. Tuttavia, non può proprio fare a meno di esternare quella lieve risata di sollievo, quel fragore intenso che si disperde lungo le capanne annerite del villaggio deserto: è la voce dei suoi pensieri che si innalza, fino al cielo, che espande la sua felicità e, per la prima volta dopo settimane, riesce a donargli nuovamente una speranza.
Il sole tramonta velocemente dietro le colline, mentre il cielo si tinge del porpora limpido che precede il crepuscolo. La superficie eterea del cielo, senza che se ne sia nemmeno reso conto, è già occupata da numerose e lucenti stelle.





Trova riparo presso una magione dall’aspetto aristocratico, poco lontano da lì: la casa sembra disabitata, ed in parecchi punti le travi del parquet hanno ceduto, marcendo sotto il peso dei mobili antichi e di valore. Si sistema in una delle stanze al primo piano, decidendo che passerà lì la notte: dopotutto, nonostante abbia avuto la risposta che cercava, adesso si trova davanti ad un altro enigma, senza possedere un minimo indizio su una possibile soluzione. Cissnei non è morta a Nibelheim, è vero, ma non ha la minima idea di dove possa essere andata, e del perché abbia lasciato il suo Shuriken presso la tomba del fante.
Si distende su uno dei letti della grande e polverosa stanza, con la testa rivolta verso il soffitto, pensieroso. Il senso di euforia di poche ore prima è sparito, sostituito da una profonda determinazione che lo spinge a domandarsi cosa possa essere accaduto in quel villaggio, e in che modo la ragazza che sta cercando possa essere coinvolta in tutto ciò. Tuttavia, per il momento, decide di scacciare questi pensieri, scuotendo la testa, dicendosi di concentrarsi solo sulle ricerche di Cissnei. Dopotutto, non vede l’ora di rincontrarla e stringerla di nuovo tra le sue braccia.
Non ha ancora chiamato Aerith, dall’inizio di quel suo lungo viaggio: sono già passate alcune settimane, ed è certo che la ragazza sia in pensiero per lui. Tuttavia, non ha voglia di udire le sue pungenti parole d’astio: non ora che ha scoperto di avere ragione, e che, là fuori, da qualche parte, oltre le vetrate spesse della magione in cui si trova, c’è ancora qualcuno da cui farsi perdonare.





In breve, la penombra che lentamente ha invaso la stanza al calar della sera si infittisce sempre di più. Non c’è alcuna fonte di luce, nella stanza: probabilmente da qualche parte nella villa ci sono della candele, ma non gli sembra il caso di avventurarsi nell’oscurità del grande edificio. Rimane disteso sul letto, aspettando che il sonno si impadronisca docilmente di lui: ma, anche quando ciò succede, i suoi sogni sono tormentati e accesi, pieni di riferimenti e parole che gli sfuggono dalla mente, pennellate sconnesse di un dipinto di cui riconosce soltanto vagamente il soggetto.
Il mattino seguente, ancor prima dell’alba, è di nuovo in piedi, accanto alla finestra da cui entra la flebile luce dell’aurora. Attraverso il vetro incrinato in più punti, perde lo sguardo lungo le lande antistanti al villaggio, immerse nella bruma del giorno appena nascente. Nonostante sia velato, riesce comunque a intravedere l’orizzonte e il suo profilo appena accennato, lungo la catena di monti che circonda il villaggio e che preclude la vista del resto del continente. Il suo sguardo lo ripercorre fino al punto più alto, là dove, seppur da lontano, riesce ad intravedere il profilo appena abbozzato della Buster Sword. I suoi occhi si stringono leggermente, cercando di intravedere meglio la figura accennata della spada: tutto, a quella distanza, è confuso, invisibile, come la sagoma di un disegno leggero e infantile tracciato sulla neve.
Una dolorosa ed improvvisa fitta alla testa lo costringe ad abbassare lo sguardo: probabilmente, nonostante abbia dormito per qualche ora, avrebbe necessitato di più riposo. Un leggero gemito di dolore affiora dalle sue labbra, mentre cerca di reprimere il malessere e la stanchezza dei precedenti giorni che, improvvisamente, gli si riversano addosso, con lo stesso prorompente vigore delle impetuose maree di Costa del Sol.
D’un tratto, l’argine che ha tenuto a bada i suoi pensieri si arena nel ricordo della vacanza che hanno passato insieme, sulle rive dorate della baia antistante al villaggio. Gli sovvengono alla mente alcuni dei discorsi vacui e privi di un reale scopo di cui amavano tanto parlare, passeggiando sulla spiaggia o sedendosi sull’area rocciosa alla fine del litorale, là dove i flutti si infrangevano clamorosamente lungo la superficie liscia degli scogli. Ricorda sottili stralci di conversazioni, brevi intermezzi fatti di parole vacue disperse nella brezza estiva delle notti in spiaggia. Forse non ci ha mai ripensato con la dovuta attenzione, ma, d’un tratto, si accorge di come quelle reminiscenze lontane siano uno dei suoi ricordi più cari e significativi, che gli hanno permesso di ripartire con una nuova carica ed affrontare quella che è diventata la sua nuova, meravigliosa vita. Ricorda quelle particolari parole che la ragazza ha pronunciato, con una sincerità quasi disarmante, che lo hanno cambiato profondamente all’interno dell’animo.
“Un mio amico dice spesso che tutti cercano un posto dove tornare. Credo sia questa la definizione più efficace di casa”.
Sorride, al ricordo ormai sbiadito di quella sera passata sulle rocce in riva al mare. E, con quel mezzo ghigno appena accennato sul volto, d’un tratto, i suoi occhi si spalancano a causa di un improvviso lampo di comprensione.





Sono passati mesi, dall’ultima volta che è stato a Costa del Sol, tuttavia, non appena muove i primi passi lungo la ruvida sabbia, capisce che nulla è davvero cambiato. Il tiepido fragore delle onde che si infrangono sul bagnasciuga è calmo e al tempo stesso burrascoso, inerte come al centro di una grave tempesta. Il cielo è buio, oscuro, sormontato da leggere nuvole passeggere: il volto in penombra della luna si rispecchia lungo i flutti mossi del mare, tra la spuma che, leggera, affiora sporadicamente fino a riva.
Avanza lungo la riva del mare, macchiando la superficie della sabbia con le impronte dei suoi scarponi da viaggio. Il brusio sommesso che proviene dal villaggio alle sue spalle lo sprona a proseguire lungo il suo cammino, ripercorrendo le tappe di un viaggio che, parecchi mesi prima, ha percorso fin troppe volte nel corso delle tante giornate di sole passate in quella spiaggia.
Quando riesce a raggiungere la zona rocciosa che delimita la baia di Costa del Sol, capisce che, con ogni probabilità, è vicino alle risposte che cerca da settimane. Gli scogli sono scivolosi come ricorda: i flutti sospinti dalle maree agitate si infrangono lunga la parte levigata delle rocce, infrangendosi in migliaia di gocce d’acqua che gli solleticano fastidiosamente il viso. Tenendo a fatiche gli occhi aperti, cerca con lo sguardo la figura per la quale ha intrapreso quel lungo viaggio, la meta che ambisce da settimane, quell’amica così cara che la sua perseveranza, ne era certo, gli avrebbe prima o poi permesso di rincontrare.
E lei, quasi inaspettatamente, mentre la spuma del mare scivola via dalle fessure incavate delle rocce, è lì, davanti a lui, che lo guarda con un’espressione vacua e  al tempo stesso indecifrabile.





Senza pronunciare una parola, i due hanno preso il loro solito posto, sopra quella grande roccia posizionata più in alto rispetto alle altre. Cissnei ha quell’espressione a metà tra il vuoto e il desolato, mentre tiene gli occhi aperti osservando la superficie impetuosa del mare: ogniqualvolta un’onda si infrange su quella roccia, riesce ad intravedere gli zampilli dell’acqua riflessi nel suo limpido sguardo.
Ci sono tanti momenti in cui cerca di cominciare una discussione, ma le parole si fermano sempre in gola, incapaci di essere pronunciate ad alta voce. D’un tratto, si rende conto di essere cambiato fin troppo, durante quel viaggio che ha deciso di intraprendere a discapito della sua vita perfetta di Midgar: probabilmente, la solitudine di quelle settimane ha contribuito a svelare una parte di lui che nemmeno sa di possedere, allontanando quell’ultimo disperato scoglio di inalterata fanciullezza che l’ha sempre caratterizzato in passato. Per la prima volta, forse, si rende conto di quanto sia difficile pronunciare poche frasi, nonostante spesso siano in molti a dimenticarsene: concatenare e comprimere i pensieri in parole è come spargere olio sulla tela, in pennellate dense e veloci.
Perso nell’indole confusa dei suoi pensieri, all’improvviso, decide di compiere una mossa decisiva. E, mentre il fragoroso avanzare delle onde si infrange con rinnovato vigore lungo le rocce, inaspettatamente, la stringe in un abbraccio caloroso che scioglie completamente il gelo creatosi tra i due. Cissnei piange sommessamente, all’improvviso, poggiando la testa sulla sua spalla e cingendolo stretto per la vita. Rimangono così a lungo, senza parlare, perché, dopotutto, a volte le parole non sono del tutto necessarie.




 
“Ero così spaventata quando ho capito cosa stava accadendo a Nibelheim. Sephiroth era completamente andato fuori di testa, ero rimasta sola a comandare la missione con appena un paio di fanti di supporto. Se Genesis avesse attaccato, non avrei potuto fare nulla.” Cissnei sospira profondamente, chiudendo gli occhi. Racconta utilizzando un tono malinconico, evitando di guardarlo direttamente e limitandosi ad osservare distrattamente il cupo avanzare delle onde nel mare. “Il mio primo istinto sarebbe stato quello di… chiamarti, e chiederti di raggiungermi. Ma avevamo litigato in maniera così pesante, pensavo che non volessi più saperne di me per sempre…”
“Ti ho cercato, nei giorni successivi al nostro litigio. Volevo scusarmi con te!” la interrompe Zack, d’un tratto, non riuscendo a capire cosa volesse dire con le sue parole.
“Lo so. Tuttavia, non ho voluto rispondere. Perché, anche volendo, non avrei potuto chiamarti implorandoti di lasciare Midgar per aiutare me. Non sarebbe stato giusto.” Cissnei fa una pausa enfatica, sospirando pesantemente. “Poi, quella notte… ci fu l’incendio. Sephiroth bruciò l’intero villaggio, senza avere alcuna pietà. Soltanto io e Cloud riuscimmo a sfuggire alle fiamme. Per tutti gli altri abitanti non ci fu nulla da fare.”
“Aspetta” la interrompe Zack, brusco. “Quando dici tu e Cloud intendi…?”
“Sì. Il fante.”
I muscoli del volto del ragazzo si irrigidiscono improvvisamente. Nonostante abbia già capito, non dice nulla, incitandola a continuare il suo racconto.
“Abbiamo seguito Sephiroth fino al reattore Mako sulle colline vicino il villaggio. Qui ha cercato di uccidere anche noi, ma... Cloud è riuscito ad ucciderlo. O almeno, credo. Tuttavia, le ferite che ha riportato sono state troppo gravi. E’ morto il giorno seguente, nonostante abbia fatto di tutto per salvarlo.”
La ragazza termina il suo racconto, senza fare alcun commento finale, con una rapidità che per un attimo lo sconcerta. Si limita a stringerla ancora più forte, toccato nel profondo, sperando che Cissnei comprenda a fondo il suo dispiacere per l’intera faccenda. Poco gli importa, dopotutto, della morte del giovane Cloud Strife: la cosa davvero importante, per lui, è tenerla nuovamente tra le braccia, cercando di eliminare i dissapori che in così poco tempo avevano minato la loro grande amicizia.
“Zack… mi dispiace così tanto… io…” le parole della ragazza sono come singhiozzi rotti dal pianto, nonostante abbia già versato tutte le sue lacrime. La stringe ancora più forte a sé, cercando di allontanare le sue preoccupazioni e al tempo stesso di  redimere se stesso dagli sbagli commessi in passato.
“Non devi scusarti di nulla”. Le sue parole sono decise, calme, esplicative, contrastano con il fragoroso suono della tempesta. “Tutto ciò che è successo è stato soltanto colpa mia. Dopotutto, sono state le mie scelte a scatenare una reazione incontrollata degli avvenimenti. Magari, se non avessi scelto di lasciare la ShinRa, tutto questo non…”
“Sarebbe successo comunque.” Cissnei lo interrompe nel vivo del suo discorso, l’espressione seria, la voce velata della solita determinazione che normalmente la contraddistingue.
“Come fai ad esserne così sicura?”
“Non saprei, in verità, ma me lo sento. Sento che probabilmente, se fossi restato alla ShinRa, le cose sarebbero anche potute andar peggio. Credi forse che Sephiroth non sarebbe impazzito? La verità è che, sì, modifichiamo gran parte della nostra esistenza attraverso le nostre scelte, ma che ci sono degli eventi che ci è impossibile controllare. La scelta che ha portato Sephiroth alla follia è stata soltanto sua.”
Zack increspa leggermente le labbra, non appena sente quelle parole. Sì, non ha dubbi, Cissnei gli è davvero mancata: probabilmente, anche più di quanto sia disposto ad ammettere. Le sua mani stringono forte quelle della ragazza, mentre entrambi, nuovamente insieme, rivolgono lo sguardo verso il lontano orizzonte della baia, lungo la linea inconsistente che unisce il blu acceso del mare e del cielo.

FINE (?)
   
 
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