Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Nisi    12/10/2005    18 recensioni
Oscar ed Andrè sono sopravvissuti alla Rivoluzione. Oscar incontra una persona del suo passato.
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Rosicrucian e Nami, assistenti amministratrici.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti. Questa è un’altra fanfic su Lady Oscar, che ho scritto parecchio tempo fa ed ho riesumato oggi dal PC.

Anche questa, come la precedente è da prendere con le pinze: non so se ho fatto errori di collocazione storica (spero di no!), ed è solo un’ipotesi: cosa sarebbe successo se Oscar ed Andrè fossero sopravvissuti alla Rivoluzione? E cosa sarebbe successo a loro, come persone?

* * *

Febbraio 1791

Oscar guardò l’ultimo dei suoi alunni, il piccolo Eric, chiudere la porta silenziosamente alle sue spalle.

Era stata una giornata molto pesante, quella.

Da quando aveva cominciato ad insegnare in quella piccola scuola di quartiere, Oscar di giornate così ne aveva passate più di una.

Si massaggiò le tempie con la punta delle dita e sorrise tra sé.

Insegnare non è facile, si disse, non è facile spiegare delle cose che per te sono ormai scontate a qualcuno che non le conosce.

Si era affezionata a quei “piccoli cittadini”, non lo avrebbe mai detto, ma le era successo.

La facevano ridere, certe volte se ne uscivano con delle trovate talmente strampalate che lei doveva trattenersi per non scoppiare a ridere.

Ma ormai loro la conoscevano e da un po’ lei aveva il sospetto che facessero apposta a fare i buffoni per sentire la sua risata.

Quello che proprio non la faceva ridere era vedere le condizioni miserande nelle quali questi bambini erano cresciuti.

Guardare quegli occhi così vecchi incastonati in quei visini così giovani era la cosa che la sconvolgeva di più.

Controllò l’ora sulla vecchia pendola appesa proprio dietro alla sua scrivania.

Mancavano pochi minuti alle tre.

Doveva muoversi.

Madame Solange se ne sarebbe dovuta andare entro pochi minuti, per cui prese il mantello dal gancio sulla parete e se lo infilò.

Per fortuna, la casa non era lontana dalla scuola e con poche lunghe falcate, Oscar raggiunse l’uscio di casa.

In quella, Madame Solange, aprì la porta con Françoise in braccio.

“Oh, Madame Oscar… stavo giusto per venirvi incontro… questa birbantella ha nostalgia della mamma…” esordì Solange.

Oscar sorrise ironica:”Secondo me, più che nostalgia, ha fame. Grazie, Solange, ora ci penso io”. Prese la bimba dalle braccia della donna e la strinse a sé.

Solange le fece un cenno di saluto e se ne andò.

Per un momento, annusò la sua bambina e l’odore di talco e di pulito che emanava.

Baciò la guancina paffutella di Françoise ed entrò in casa.

Sdraiò la piccola per un attimo nella culla per potersi togliere il mantello, che gettò su una sedia senza troppe cerimonie.

“Lo metterò a posto dopo”, promise a sé stessa.

Poi tornò presso la culla e prese in braccio Françoise che nel frattempo aveva iniziato a piagnucolare.

Oscar sorrise:”Lo avevo detto che più che nostalgia di me, avevi fame…”

Si sedette sulla sedia a dondolo posta accanto al caminetto e si slacciò il vestito.

Françoise si attaccò al suo seno e cominciò a succhiare avidamente, emettendo di tanto in tanto mugolii di soddisfazione.

Oscar la guardava mentre passava le dita tra i soffici capelli neri della bambina. Era il ritratto di Andrè. Stessi occhi, stessi capelli… magari avrebbe anche avuto lo stesso sorriso dolce ed un po’ sornione.

Di certo, aveva lo stesso appetito, pensò con un po’ di ironia.

Quando Françoise fu sazia, se la appoggiò ad una spalla e cominciò a massaggiarle delicatamente la schiena.

La piccola aveva frainteso il gesto della madre ed allungò le braccine verso di lei, le manine che stringevano ciocche di capelli di Oscar.

“Ahia, Françoise… no, dai… non tirare, mi fai male…” e prese a liberare le ciocche da quelle piccole morse d’acciaio.

“Le coccole te le faccio dopo, ora la mamma deve lavorare”.

Niente da fare, non c’era verso. Oscar sospirò, la strinse forte a sé e coprì di baci il musetto di Françoise che nel frattempo rideva contenta mostrando la boccuccia sdentata.

“Non so perché ti vizio così….” mentre le addentava per scherzo i morbidi piedini.

Dopo pochi minuti, Françoise si lasciò andare contro il petto di Oscar, ronfando beatamente.

Oscar la depose nella culla e la coprì con la copertina.

Si sedette al tavolo, accese la lampada – era così scuro, quel giorno – e cominciò a preparare le lezioni per l’indomani.

Storia, matematica e scienze.

Cominciò con storia. E prese la piuma per iprendere appunti. Consultò diversi libri, ma spesso non era soddisfatta del risultato. Grattandosi la testa, cercava di trovare il modo più adatto di fare entrare in testa quelle nozioni, apparentemente noiose e prive di significato, ad una trentina di bambini di sette anni.

Bel problema.

Date, protagonisti, una cosa concatenata all’altra… Lei era una perfezionista nata, per cui fogli appallottolati sul pavimento stavano crescendo di minuto in minuto. Oscar detestava le cose fatte male, era il peggiore critico di sé stessa e pensava che quei bambini avessero diritto ad una buona istruzione, la migliore possibile.

Alla fine si arrese. Per fortuna Françoise stava dormendo pacifica, per cui ne approfittò per prepararsi una tisana al finocchio. Che porcheria! Ma fino a che non avesse terminato l’allattamento di Françoise, era meglio stare lontani dalla cioccolata. Si accomodò sul divano e si rilassò per qualche minuto.

“Va bene, Oscar rimettiti al lavoro…”

si sedette ancora al tavolo… ma si accorse che aveva finito la carta. “Ancora una volta, accidenti!” Con un sospiro, indossò ancora il mantello, si rimise le scarpe e fece per uscire.

Quando si bloccò sulla porta:”Françoise! Non la posso lasciare certo qui da sola… la devo portare con me, ma fuori fa freddo. Minimo minimo Solange domani mi uccide. Beh, ma se la copro bene…

Avvolse la piccola in una camicia pesante di Andrè e se la mise vicino, coprendola bene con il suo mantello.

“Hai il sonno pesante, piccola… proprio come tuo padre…” ridacchiò Oscar.

Uscì di casa e subito un vento gelido la investì. Strinse Françoise ancora più forte a sè, quasi come per proteggerla dal freddo pungente di Parigi.

Non c’era molta gente in giro, quel pomeriggio, per cui non incontrò nessuno dei suoi vicini o dei suoi alunni, forse faceva troppo freddo per fare una passeggiata. Infatti era così, se non avesse finito la carta non si sarebbe mai sognata di uscire, con tutto quello che aveva da fare, poi… Diede un bacino in fronte a Françoise, che continuava a dormire placidamente ed entrò nella bottega di Madame Déduit.

All’interno del negozio, c’erano soltanto lei ed un’altra cliente, una signora di mezz’età, forse, ma Oscar non le prestò molta attenzione.

Amava la bottega di Madame Déduit.

Era piccola, accogliente, proprio come la sua padrona. Gli scaffali di legno scuro erano scrupolosamente puliti, così come il pavimento ed i mobili, la luce soffusa e morbida.

Oscar passò la mano sul legno lucido, soprappensiero.

Con un sobbalzo, si accorse che Madame Déduit aveva finito di servire la cliente che a precedeva, per cui si avvicinò al bancone.

Françoise scelse proprio quel momento per svegliarsi con un vagito, agitando i pugnetti chiusi e Oscar, spiazzata, urtò la cliente che stava per uscire.

Fece per scusarsi con la donna, ma quando la guardò, le parole di circostanza le morirono in gola.

Riuscì solo a mormorare:

“Madre….”

   
 
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