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Autore: Camelia Jay    16/08/2010    2 recensioni
Jenice, allegra, gentile, riflessiva, con il cuore spezzatole da un ragazzo.
Kyle, freddo, distaccato, misterioso, nessuno che sappia nulla di lui.
Come reagirà Jenice, quando scoprirà la verità sul suo compagno di classe? E cosa farà, quando il suo migliore amico di sempre l'abbandonerà per il successo? Si accorgerà di Kyle, o scoprirà che non può vivere senza l'amico ventiquattrenne?
Adesso conoscevo il colore dei suoi occhi, che ogni giorno sembravano affascinarmi sempre di più, e quelle tristi e profonde occhiaie che aveva sotto di essi erano finalmente scomparse.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lonely'
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Capitolo trentatreesimo

Uuuuh finalmente ci siamo dati una mossa xDxDxD!!!!!!!! Finalmente bacio ma... c'è per caso qualcosa sotto? Mmmh, non so sinceramente che ne penserete di questo capitolo, ma penso sia divertente. L'ho riletto dopo tanto tempo e mi sono divertita da matti xD

Buona lettura!

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Quella notte non dormimmo affatto. Quella notte rimanemmo tutto il tempo seduti sul letto matrimoniale, a dirci tutto ciò che in quei mesi ci saremmo sempre voluto dire, due parole sole: “Ti amo”, quella frase si ripeteva uscendo dalle nostre bocche all’infinito, abbracciati l’uno all’altra, io che solo adesso mi accorgevo di tutte le piccole cose che mi aveva detto e fatto, che era come se mi stesse già dicendo quelle parole. Non pensavo più a Jonathan, non riuscivo a comprendere ciò che lui provava realmente per me, se amore o amicizia, ma non m’importava, perché ora l’unica cosa a cui pensavo era al ragazzo che avevo davanti, lui che non mi aveva mai spezzato il cuore, che non mi aveva mai dato buca, che era sempre stato al mio fianco quando ne avevo bisogno, era lui quello che cercavo. E lui invece sembrava avere soltanto me, e voleva avere soltanto me. A nessuno dei due importava di essere popolari a scuola, non c’importava dei pettegolezzi o delle partite di football, ci importava solo di stare insieme, sembrava che nessuno potesse separarci.

– Jenice, – mi sussurrò, con la testa appoggiata alla mia – tu sei la persona più importante della mia vita…

Fissai per qualche secondo le pieghe della coperta del letto matrimoniale, per poi guardare il comodino, dove era posata la sveglia.  Sì era tardi, erano già le cinque di mattina, eravamo stati quattro ore solo a parlare, ma non importava, sarei potuta rimanere sveglia anche per tre giorni di fila.

Come non detto, i miei occhi si chiusero lentamente, e dalla mia bocca uscì con voce sottile quest’unica frase:

– Prima o poi scapperemo da questa realtà…

E mi addormentai dolcemente tra le sue braccia.

Quasi come se fosse stato appena un attimo dopo, una luce abbagliante mi trafisse gli occhi. Io li riaprii di scatto, senza ricordare dove mi trovassi e con chi, sapevo solo che mi ero come svegliata da un sogno.

Ero al centro del letto matrimoniale, sotto le coperte, ancora vestita. Girandomi, vidi distintamente la finestra da cui passava la luce del sole. Confusa, con un gran mal di testa e gli occhi ancora stanchi, guardai la sveglia: era quasi mezzogiorno. Oddio, avevo dormito talmente tanto? Improvvisamente una fitta alla testa. Bah, mi sentivo come se fossi stata in preda ad una post sbornia. Cercai di ricordare cosa fosse successo, quasi convinta di essermi realmente ubriacata. Ma no, i ricordi riaffiorarono in un baleno nella mia testa, nitidi. Prima pensai a Jonathan, a tutto ciò che mi aveva detto, ormai convinta fermamente che non fosse più lo stesso di sempre. Poi pensai a tutto il resto della notte, con Kyle, una nottata di parole dolci meravigliosa. Guardai di nuovo la sveglia, e all’angolino di essa vidi la data del giorno prima.

“Accidenti, questa sveglia deve essersi rotta. Come lo dico a Lindsay?” pensai.

Afferrai la sveglia dal comodino, chiusi la mano destra a pugno e cominciai a darle delle botte. Il chiasso che produceva era infernale, tutte le viti all’interno che sbattevano di qua e di là, producendo un fastidioso tintinnio.

Dalla porta sbucò improvvisamente Kyle, che mi guardò con aria vagamente perplessa:

– Che cosa diamine stai facendo?

Quando lo vidi ebbi un tonfo al cuore improvvisamente, ripensando a tutte le parole della notte prima.

– Ho paura di avere rotto la sveglia di Lindsay!

Lui si avvicinò al letto, per poi sfilarmela dalle mani. La esaminò.

– Beh certo che la rompi se continui a sbatterla… a me sembra a posto, cosa ci trovi di strano?

Come? A posto? No, la data era sbagliata, era rimasta indietro di un giorno, era impossibile che non se ne fosse accorto!

– Ma come? No! Guarda bene la data!

Lui guardò bene l’angolino della sveglia dove c’era la data. Notai che era come se evitasse di guardarmi direttamente negli occhi, ed era arrossito. Allora anche lui si stava ricordando della notte scorsa!

– Mi sa che stai delirando. Quella vodka ti ha fatto male, vedi di riprenderti per il concerto, altrimenti non riuscirai nemmeno a goderti quei Contagious che ti piacciono tanto.

Che cosa? Che voleva dire “quella vodka”? Poi mi sorse improvvisamente un dubbio. Di scatto afferrai la borsa che stava sul comodino insieme alla sveglia, anche se non ricordavo che fosse sempre stata lì, e tirai fuori il cellulare, guardandolo bene: la data era la stessa che segnava la sveglia, quella del concerto tanto atteso. Ma non era possibile, perché io ci ero già stata al concerto, avevo parlato con Jonathan del fatto che volesse che diventassi una cantante, avevo litigato con Kyle ma poi Jonathan mi ha fatto un discorsetto e ci ho fatto pace, poi ci eravamo baciati e… poi non ricordavo… ecco un’altra fitta alla testa. Non ricordavo l’intermezzo tra il bacio sotto al lampione e la nottata sul letto matrimoniale.

– Kyle… cosa intendi per “vodka”? Ti puoi spiegare?

Lui rimase di stucco.

– Oh mamma… immagino che adesso dovrò raccontarti tutto quanto…

Rimasi allibita, tutto? Tutto cosa? Insomma, qualcuno mi poteva gentilmente spiegare cosa mi stava succedendo e perché avevo quel terribile mal di testa?

– Okay Jenice. Dimmi cosa ti ricordi di ieri sera – terminò lui.

Bene, adesso ero io quella che gli doveva le spiegazioni.

– Beh… noi eravamo andati al concerto, poi all’ultima canzone Jonathan mi ha fatto salire sul palco per cantare con lui… ed ero emozionatissima! Poi mi aveva proposto di diventare la seconda cantante della sua band, io allora sono uscita per parlarne con te e… ricordo che abbiamo litigato.

Mentre parlavo non riuscivo nemmeno a guardarlo in faccia. Era troppo imbarazzante, specie la parte che sarebbe venuta dopo. Continuai:

– Allora sono tornata da Jonathan… che mi ha convinto che non era quella la scelta giusta da fare per me, anche se lui l’avrebbe voluto, mi aveva detto che dovevo decidere in piena sicurezza. Allora sono tornata a casa e… ehm… noi, praticamente, alla fine, siccome io avevo le chiavi e poi c’era il lampione e… beh insomma, noi ci saremmo praticamente baciati.

Alzai lo sguardo. Lui mi guardava sorpresissimo, completamente rosso di vergogna.

– E… nient’altro?

Arrossii ancora di più. Strinsi nelle mani i lembi del piumone, e terminai il discorso a fatica:

– Abbiamo passato tutta la notte a dirci “ti amo”. Tutto qui.

Di nuovo lo riguardai negli occhi. All’improvviso gli sfuggì una lieve risata.

Mi chiesi che cosa ci trovasse in quel momento da ridere comunque, visto quello che gli avevo appena detto.

– Beh, mi dispiace Jenice, ma non è del tutto vero!

Non era tutto vero? Cioè? Io mica me le inventavo le cose, davvero era successo! Non avevo sognato! Era la pura realtà, ne ero assolutamente certa.

– Kyle… puoi spiegarti meglio per favore? Mi stai prendendo in giro?

Il suo sguardo si fece serio, si sedette accanto a me sul letto.

– Vedi Jenice… ho paura che quasi tutto quello che è successo ieri sera… tu te lo sia sognato.

No, non poteva essere così. Non si spiegherebbe nulla allora, perché ero andata a letto vestita? Ricordavo distintamente di essermi addormentata tra le sue braccia, infatti!

Il mio tono si fece anche lui più serio:

– Kyle non prendermi in giro, che cos’è successo davvero?

– Io sono più che serio, Jenice. Ieri sera siamo andati in un locale, e hai bevuto troppa vodka alla menta. Ti sei ubriacata e hai sognato tutto, ecco cos’è successo!

Mi ero ubriacata. Non era mai successo in tutta la mia vita che mi ubriacassi, quindi doveva succedere proprio la sera prima. Qualcosa non mi tornava in questa storia, era una cosa troppo inverosimile. E starmi per convincere che avevo sognato tutto, era una vera disgrazia per me, un giorno di fatica buttato, sprecato, pieno di azione, lacrime ed estasi da concerto.

– Cosa c’è allora di vero, in quello che ti ho raccontato…?

Gli si dipinse uno strano sorriso sulla faccia. Un sorriso che avevo intuito perfettamente cosa volesse comunicarmi.

– Questo… – sussurrò, avvicinandosi lentamente con il viso. Mi tornò alla mente il ricordo del nostro primo bacio, al sapore di menta, come la vodka con lui affermava di essermi ubriacata. Mi prese la testa tra le mani, delicatamente, e mi stampò un altro dolce, tenero bacio sulle labbra.

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Capisco la confusione generale. Ma coooooome???!!?!?!?! Allora che diavolo è successo, ci sono un sacco di cose che non tornano!!!! E poi qualcuno penserà che io mi sia inventata la scusa del sogno per far tornare le cose a posto perché non volevo troppi intrecci... ma non è così, questo sogno è di fondamentale importanza in questi ultimi capitoli (36 + finale a sorpresa)

ALLA PROSSIMAAAAAAAA!!!!!!!!!

   
 
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