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Autore: Mary15389    19/08/2010    0 recensioni
Quattro anni dopo l'arresto di Ronald Weems, un seriale con le sue stesse caratteristiche si ripresenta tra le strade di Washington. La squadra è chiamata a collaborare, ma un presentimento aleggia nei pensieri di tutti...
Genere: Introspettivo, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Then you catch him CAP2 CAPITOLO 2
 
La telefonata era arrivata mentre lei lo guardava dormire. Un figlio le aveva cambiato la vita. Ora oltre ad essere Jennifer Jareau, coordinatrice del rapporto con i media dell’FBI, era anche la madre di uno straordinario bambino, Henry. La lontananza dall’ufficio si era fatta sentire i primi tempi, a tal punto che una volta aveva deciso di portare lì il suo pargolo, così da avere un ricordo felice di quella sala conferenze dove di solito lei e la sua squadra vedevano i peggiori orrori.
Ma una volta tornata al lavoro, settimane prima di quando era previsto il suo rientro, altrettanto era stato il sentimento di mancanza del suo piccolo. Mancanza che colmava mostrando ai suoi colleghi le foto del pargolo, che documentavano ogni attimo della sua piccola vita che aveva superato il primo anno.
Era abituata a non dormire molto, e anche a stare fuori per parecchi giorni. Quindi quando era a casa, certe mattine si svegliava presto e ne approfittava per passare del tempo accanto al suo bambino, con una mano che non smetteva di accarezzare quel piccolo corpo. E proprio mentre osservava il lento respiro del suo scricciolo beatamente perso nel mondo dei sogni, lo squillo del cellulare aveva interrotto l’incanto, riportandola alla realtà dei fatti. Avevano un nuovo caso, e lei era richiesta in prima linea perché in poco tempo sarebbero arrivati gli altri e li avrebbe dovuti aggiornare sui dati in loro possesso.
Erano questi i pensieri di lei, mentre entrava nel suo ufficio di Quantico. La ormai ben nota carpetta beige con sopra stampata in toni scuri l’effigie dell’FBI la attendeva sulla sua scrivania. La prendeva tra le mani, accompagnando il gesto con un profondo sospiro. Adagiava i suoi effetti personali, borsa e cappotto, su una delle sedie e raggiungeva la sua poltrona lasciandosi sprofondare su di essa. L’ultimo pensiero ad Henry, il cui sorriso la salutava dalla foto di fronte a lei, ed era pronta a gettarsi completamente nel suo lavoro.
Apriva il fascicolo, ma dopo aver letto il necessario, un ricordo saettò nella sua mente. Non poteva crederci, ma sapeva che quel caso non sarebbe stato facile. Almeno per qualcuno di loro. Si alzava affrettandosi verso l’ufficio di Hotchner. Non poteva permettere che questo accadesse.
 
Aaron attendeva l’arrivo della sua squadra studiando il fascicolo del caso. Tutto sembrava ricondurre a Weems, anche se qualcosa non lo convinceva. Piccoli dettagli nel modus operandi si distaccavano dal precedente e sapeva che c’era ancora quella possibilità...ma preferiva scacciare in fretta quel pensiero, sperava di arrivare ad una soluzione senza risvegliare vecchi fantasmi del passato. Poi sentiva un bussare alla porta del suo ufficio. Sollevava gli occhi verso la stessa prima di permettere a chiunque ci fosse fuori di entrare.
“Hotch, hai visto il fascicolo del caso?” la bionda collega entrava dirompente nell’ufficio lasciando la porta aperta dietro di se. Aaron si alzava in piedi, turbato dall’espressione che poteva scorgere nei profondi occhi blu di JJ.
“Mi hanno chiamato direttamente, vogliono che confermiamo che sia opera di Ronald Weems. Fine della storia.” Non voleva che qualcuno si facesse venire i suoi stessi dubbi, avrebbe reso tutto più reale.
“Ma...se così non fosse? Ci hai pensato?” la voce le tremava. Il capo non sapeva come risponderle, la donna stava dicendo il vero, ma doveva calmarla. Dopo un prolungato silenzio cercò di formulare la frase nel miglior modo possibile.
“Non possiamo tirarci indietro. Se deve succedere succederà, anche se non ce ne occupiamo noi direttamente. Meglio muoverci e sperare di chiudere in fretta e senza problemi il caso.” L’espressione di Jennifer suggeriva che le parole dell’uomo non l’avevano calmata, ma non riusciva a controbattere nulla.
 
Il dottor Reid stava attraversando la porta a vetri della BAU per raggiungere la sua scrivania nell’open space. Era arrivato abbastanza in fretta, dopo aver ricevuto la telefonata. Aveva finito di leggere il libro che aveva preso dallo scaffale pochi minuti prima, aveva indossato i suoi soliti vestiti e dopo aver preso la sua inseparabile tracolla aveva lasciato il suo appartamento. Aveva raggiunto senza grandi intoppi lungo le strade l’edificio e ora si domandava dove fossero gli altri. Si aspettava di trovarli lì e invece le due scrivanie dei suoi colleghi erano ancora vuote. Si guardò intorno prima di notare la porta dell’ufficio di Hotchner aperta, decise di avvicinarsi, magari erano tutti riuniti lì dentro. Ad un certo punto fu raggiunto da delle voci, e riconobbe una discussione in corso tra JJ e Hotch.
“Non può affrontare anche questo...” stava gridando l’agente Jareau con voce preoccupata.
“Che sta succedendo?” interveniva Spencer per cercare di capire cosa turbasse la bionda collega. In un primo momento i colleghi erano sobbalzati sentendo la sua voce, ma dopo averci pensato un po’ Aaron gli aveva risposto.
“Niente Reid, sta tranquillo. Gli altri sono già arrivati?” chiedeva poi mettendosi di nuovo a sedere dall’altro lato della scrivania.
“Nell’open space non c’è nessuno...” sentiva ancora l’aria tesa, “Quale è il caso?” a questa domanda Jennifer rispondeva consegnandogli tra le mani il fascicolo che aveva tenuto stretto durante il piccolo diverbio con il suo capo.
“Tieni. Io vado a prendere gli altri.” Lui la osservava lasciare nervosa la stanza. Qualcosa non andava, lo sentiva. Voleva chiedere a Hotch, ma era concentrato in qualche lavoro. Apriva allora lentamente il fascicolo per iniziare a farsi un’idea di quello che li attendeva. Caso locale, sarebbero rimasti a Washington. I suoi occhi scorrevano con estrema velocità le righe di quei fogli, fino a quando i ricordi dolorosi si affacciarono alla sua mente. Ricordava quel caso con particolare nitidezza, ricordava quello che era successo mentre cercavano Weems. Aveva messo tutto se stesso in quel caso, ed era rimasto segnato da come si era concluso. Brividi freddi gli attraversavano schiena e braccia. Alzava timidamente lo sguardo verso il suo capo che ora lo stava guardando.
"Io...preferirei...insomma...io vado in sala conferenze. Voglio guardare meglio il fascicolo e qui...credo di disturbarti..." non gli aveva lasciato il tempo di rispondere, quando invece l'agente Hotchner era pronto a dirgli qualcosa. Aveva bisogno di aria, aveva bisogno di convincersi che non era quello che credeva. Sapeva in cuor suo che questo momento sarebbe arrivato, ma si augurava anche che sarebbe stato in grado di affrontarlo. In quegli anni era cresciuto. Evidentemente si sbagliava.

  
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