Cari e care, vi saluto sulle note di Stravinsky, una vera ispirazione per la creazione di questo capitolo alquanto strambo (almeno quanto la sua "Rite of Spring")...
Vi devo dire che per una settimana non ci sarò, da domani sarò in vacanza, senza PC, quindi la prossima pubblicazione potrebbe subire dei ritardi. Non preoccupatevi, rimedierò il più velocemente possibile!
Intanto
godetevi questo pezzettino in più di Claire & Co.! Devo
ammettere che io stessa, scrivendolo, mi sono stranita. E sono certa
che voi farete lo stesso leggendolo.
Non c'è bisogno che vi dica di stare all'erta, lo capirete riga dopo riga...
Ringrazio RubyChubb per le recensioni sempre costanti e puntuali :) spero che anche questo capitolo ti piaccia!
Un grazie bello grande va anche ai miei lettori in generale!
Buone vacanze, io mi godrò le mie :) Ci vediamo a fine mese!
Ciry
***
Quella notte…
“Sì, te l’ho detto, è da
una settimana, più o meno…”
“E com’è?”
“Com’è cosa?”
“Lavorare con lei… E’
simpatica?”
“Sì, è carina…”
“E nient’altro?”
Tutto quello che Clarissa
gli diceva entrava ed usciva dalle sue orecchie più o meno alla velocità della
luce.
I suoi occhi si
ricordavano più volentieri il suo piccolo sedere, sicuramente sodo.
“Dio, che figo…” sospirò
in estasi, sventolandoseli davanti al viso “Sai cos’ha scritto nella dedica per
Lola, mia sorella? Ci ha scritto A Lola…
La la la la Lo- la! E’ anche spiritoso, proprio come pensavo!”
Il ragazzo la guardò con
aria interrogativa e chiese, apatico: “E che cosa sarebbe?”
La spagnola, tentennante,
gli spiegò: “Lola è una cover che
hanno inciso e… il ritornello faceva così… Tutto qui…”
Daniel si alzò dal letto e
andò verso il bagno, sbuffando con fare annoiato.
“Sarà anche famoso, ma in
quanto a umorismo... sta messo meglio il mio criceto…”
La ragazza scosse la
testa, indossò le infradito ed insinuò: “Cos’è, sei geloso di lui? O
invidioso?”
Sulla soglia della porta,
lui le rispose con un sorrisetto: “Non è granché… Lei meriterebbe di meglio, ma
io posso farci poco… Mi faccio una doccia… Quando rientro, non voglio trovarti
ancora qui, ok?”
“Me ne stavo andando,
tranquillo…” ribatté l’altra, acida, fulminandolo con lo sguardo.
Daniel ammiccò, poi chiuse
la porta dietro di sé.
Neanche l’autografo di
Danny riuscì a tirarla su di morale.
La mattina dopo…
“Bonjour, Clarissa! Ho comprato cornetti per due! Spero ti
piacciano…” la salutò Daniel.
La collega gli sorrise
beata e disse: “Buongiorno… Sai che, teoricamente, non è consentito mangiare durante
l’orario di servizio, vero?”
Il ragazzo storse la bocca
in un mezzo sorriso, da vero teppista, ed affermò: “Anne. Devi dare la colpa a
lei se adesso trasgredisco le regole… e se corrompo il resto dello staff in
questa libreria!”
“Anne è nata corrotta,
quindi rimango solo io…” ridacchiò la bionda, allungando una mano per ricevere
la profumata colazione.
“Io mi prendo il caffè al
distributore… Tu vuoi qualcosa? Offro io!” le propose lui, mentre già si
avviava nel retrobottega.
Clarissa optò per un tè caldo.
Davanti all’illegale primo
pasto della mattinata, la ragazza sorrise al francese e gli chiese, fingendosi
maligna: “Devi farti perdonare qualcosa? O peggio, devo farti un favore?”
Lo vide ridacchiare, la
bocca nascosta educatamente da una mano, poiché piena.
“Porto solo un po’ di
cortesia tipicamente francese in giro per il mondo!” la canzonò una volta
inghiottito il boccone.
Lei si finse stupita e
sospirò con un sorriso: “Che benedizione per noi inglesi cafoni!”
“Ma non eri irlandese?” le
ricordò Daniel.
“Sì, è vero…” fu la
risposta “E’ solo che ormai è questa casa mia… Non torno in Irlanda da anni!”
“Bene, allora vorrà dire
che per te farò un’eccezione!” le fece il ragazzo con tono divertito “Le mie
lezioni di bon ton e cortesia valgono solo per gli inglesi che sono inglesi al
cento per cento… e scusa per la ripetizione, ma la mattina faccio fatica a
parlare la vostra lingua senza combinare qualche casino!”
Clarissa lo rassicurò con
una risatina e scosse la testa.
Le sorrise, rinfrancato.
“Il tuo inglese è buono,
non devi preoccuparti!” si complimentò, prima che finisse la colazione in un
ultimo sorso di tè.
“E tu? Tu non parli
francese?”
“No… Non ho mai avuto
l’occasione di impararlo, a dir la verità!”
“Te lo insegnerò io!” si
propose il giovane, andando verso il cesto della pattumiera per gettar via i bicchieri di carta.
“Come si dice Al lavoro in francese, allora?” gli
domandò Clarissa.
“Si dice Au travail… perché?”
“Au travail!!! “ lo richiamò lei, facendogli segno di seguirlo
al bancone con un sorriso compiaciuto.
~~~
Cassie si frugò le tasche
dei pantaloni, indagò anche in quelle dell’impermeabile che avrebbe indossato
di lì a pochi minuti, ma invano.
Imprecò a denti stretti.
L’aveva perso sul serio.
Credeva di esserselo
tolto, insieme al compagno, a metà serata, e di averli messi da parte.
Ma aveva ricordato male.
L’unica cosa ben definita
di quell’uscita era stata la cascata di vomito sul suo sandalo, sul suo piede.
Era tornata a casa con la
scarpa sporca tenuta tra indice e pollice, a debita distanza dal suo corpo.
Per calmarsi le ci erano
volute una notte di sonno e una buona pulita alla scarpa inzaccherata.
Certo, Clarissa non
l’aveva fatto apposta, di sicuro non si era divertita a vomitare l’anima.
Era quello che Harry aveva
provato a spiegarle, ma lei era troppo arrabbiata.
Avevano fatto pace per
telefono, dopodiché lui le aveva consigliato caldamente- per non dire ordinato-
di andarsi a scusare con la ragazza di Danny; le aveva dato l’indirizzo della
libreria e aveva aggiunto un “Ci conto” che non ammetteva repliche.
In un primo momento pensò:
“Poco importa, lo cercherai poi, non è
importante per lei vederti con o senza orecchini…”
Poi ebbe un lampo di
genio.
Si morse subito il labbro
inferiore, incerta sul da farsi, ma la sua esitazione durò poco.
Decise di tentare, e
soprattutto di fregarsene delle conseguenze.
“Buongiorno! Dove sei?”
“A casa, stavo per uscire,
ma ho scoperto una cosa…”
“Mh?”
“Ho perso un orecchino
l’altra sera, quando siamo usciti con i tuoi amici… Non è nella tua macchina,
vero?”
“L’abbiamo pulita insieme
ieri, l’avremmo trovato!”
“Appunto… Dato che costano
un bel po’, vorrei ritrovare quello che mi manca, mi girano un po’ le scatole…”
“Vuoi chiamare al locale
per controllare se lo hanno ritrovato lì?”
“No, no, non è lì che l’ho
perso, ne sono sicura!” esclamò immediatamente lei, continuando la sue recita
improvvisata “Credo che mi sia caduto quando… quando mi sono affacciata alla
macchina del tuo amico per vedere come stava Clarissa!”
“Dici che è nell’auto di
Danny? Mi sembra… un po’ improbabile…”
“Ti dispiacerebbe
chiedergli se lo ha trovato?”
Harry stette in silenzio
per alcuni istanti, poi rispose con tono scettico: “Ok, lo chiamo, ma…”
“Fammelo sapere subito
allora!” lo investì la ragazza, prima di concludere con “Aspetto che mi
richiami!”
“…Ok, ok! Allora a tra
poco… Ciao…”
“Ciaociaociao!”
Dopodiché fece spallucce e
compose il numero di casa di Danny e Clarissa.
Ridacchiò nel
rispondergli: “Buongiorno! Sei mattiniero!”
“Judd, sono le nove e
mezza, sei indecente!” belò il chitarrista, sbadigliando subito dopo aver
parlato.
“Ti chiamo per
un’emergenza, almeno, Cassie dice che è un’emergenza ed io non posso oppormi,
devo eseguire gli ordini, non dare la colpa a me!”
“Cassie? Cosa vuole
Cassie?”
“Vuole il suo orecchino, è
convinta di averlo perso nella tua macchina quando siamo usciti tutti insieme…”
“Vuoi dire…?”
“Sì, quando Claire si è sentita
male… A proposito, come sta?”
“Come vuoi che stia? Non
ha fatto in tempo a mettersi a letto che si è rialzata ed è andata a
lavorare…!”
“Ah, bene! Cassie voleva
scusarsi con lei per quella piazzata, dopo che… Insomma, le ho dato l’indirizzo
della libreria, ma ora con questo orecchino è andata in paranoia e mi ha
chiesto di richiamarla se ce l’avevi tu! Controlleresti in macchina?”
Sentì alcuni lievi rumori,
segno che Danny si stava muovendo, poi la sua voce gli rispose: “Come vuoi…
Proviamo a guardare…”
“Non l’avrei mai detto!”
esclamò l’amico, sorpreso “Ero già pronto a disperarmi, avrei giurato che lo
avesse perso per la strada! Adesso la richiamo!”
“Allora lo metto da parte,
su in casa…”
“Grazie, Dan, mi hai
salvato la giornata!”
Con una risatina, il
ragazzo salutò il suo batterista e dopo aver riattaccato risalì in casa,
poggiando l’orecchino dorato su un mobile vicino al portone d’entrata.
Neanche due minuti più
tardi, mentre stava ancora facendo colazione, il telefono squillò di nuovo.
Era Harry, ancora una
volta.
“Dan, se sei in mutande
vestiti…” lo avvertì l’amico con tono angosciato “Cassie sta per arrivare sotto
casa tua…”
“Ah! Rivuole l’orecchino,
suppongo!” ribatté l’altro, stupito “Pare che valga più di tutto l’oro del
mondo!”
“Se scopro che è
bigiotteria, giuro che le rido in faccia, dovesse prendermi a schiaffi per tre
giorni di seguito…” concluse Harry con aria rassegnata.
“Va bene, allora l’aspetto
qui!”
“Ma dovevi uscire?”
“Sì, ma alle undici, mica
adesso…”
“Meno male, almeno non ti
ha svegliato lei con le sue scampanellate…”
“Infatti sei stato tu con
il telefono, stronzo!” lo apostrofò Danny, ridendo.
Il ragazzo sbeffeggiò la
risata del socio dall’altra parte della cornetta e lo salutò dicendogli: “Riconsegnale
l’orecchino e non darle spago, altrimenti ti farà una testa così con le sue
chiacchiere!”.
Le aprì la porta in jeans,
maglietta e infradito. Non conosceva una versione più casalinga di quella.
Faticò a non arricciare il
naso quando un’ondata di profumo gli invase le narici, nel momento in cui lei
si era avvicinata per baciargli le guance, anche se alla fine aveva sfiorato
l’aria.
“Spero di non disturbarti,
Harry mi ha detto che potevo venire…” si scusò lei, giungendo le mani e facendo
tintinnare alcuni dei suoi bracciali d’oro e d’argento.
“Non c’è nessun problema!
Accomodati, il tuo orecchino è sul mobile…” la invitò lui, con tono cortese.
Cassie gli sorrise,
raggiante, e lui attribuì tanta improvvisa gaiezza al ritrovamento del cosetto
scintillante, forse anche a un po’ di stupidità.
Appena le ridiede
l’agognato accessorio, la ragazza allungò singolarmente una mano curatissima
verso il suo viso per fargli una carezza piena di gratitudine.
“Grazie, davvero grazie
mille, ero disperata…” cinguettò davanti al suo interlocutore, sorridente ma
perplesso.
“Figurati, siamo stati…
fortunati, avresti potuto perderlo per strada!”
“E invece ce l’avevi tu,
meno male!” sottolineò la ragazza per poi ravvivarsi i capelli con una mano e
chiedere: “Clarissa? Non c’è? È a lavorare, malata com’è?”
Danny decise di non fare
caso all’espressione e al tono vagamente falsi della moretta e rispose: “Sì,
sai… Claire andrebbe a lavorare anche con il colera! E comunque adesso sta
bene, è stato solo un problema allo stomaco, le è passato nel giro di qualche
ora…”
“Bene, molto bene! Stavo
andando a trovarla in libreria, spero di poterla salutare!”
“La troverai di sicuro,
sono solo in due o tre nel negozio…” la informò il chitarrista, a corto di
argomenti e anche un po’ laconico.
Cassie diede un piccolo
colpo di tosse nei secondi muti che scorsero tra di loro, poi lo travolse di
nuovo con la sua ondata olezzante, stringendolo brevemente a sé con un braccio,
e gli disse: “Grazie mille ancora! Adesso devo scappare, però usciamo qualche
altra volta, che ne dici?”
“Certo! Ci metteremo
d’accordo con il resto del gruppo!” la accontentò Danny, in vena di convenevoli.
“Certo! Certo… Ti saluto!
Ciao, Dan, grazie ancora!”
“Ciao… ciao!”
Si aspettava che fosse più
o meno così, con la parlantina inversamente proporzionale al suo intelletto.
Ma smuovere mari e monti
per un orecchino…
O era stato Harry a
gonfiare verbalmente la propria versione dei fatti, o era stata lei ad essere
davvero paranoica.
“Claire, sono arrivati
questi manifesti ieri pomeriggio… Cosa ci faccio?” domandò Daniel, mostrando
alla ragazza alcuni poster adesivi.
“Ah, sono quelli dei
saldi! Dalli a me, li attacco qui fuori!” si propose la collega.
Il giovane le allungò il
materiale e se ne tornò al bancone, pronto ad accogliere i primi clienti della
giornata.
Cassie rimuginò, tastando
entrambi gli orecchini con la mano nella tasca del cappotto.
Pensò a quanta fortuna
aveva avuto, dato che la trovata dell’orecchino era stata un po’ come un salto
nel buio; aveva decisamente tirato ad indovinare per poi tenere le dita
incrociate, perché in realtà non si ricordava con precisione dove avrebbe
potuto perdere quell’oggettino, tanto prezioso quanto fortunato.
Ci aveva azzeccato, l’aveva
smarrito nel posto giusto.
Li indossò, senza smettere
di camminare, ma la sua andatura era pigra.
Non aveva più voglia di
andare dove Harry le aveva detto di precipitarsi.
Il suo orecchino lo aveva
riavuto.
Danny lo aveva rivisto, e
anche con grande soddisfazione.
Non le era importato di
aver fatto la figura della superficialotta alla ricerca spasmodica di un pendente
qualunque: alla fine, aveva ottenuto quello che voleva, almeno per il momento.
Tutto al più, sarebbe
stato lui a dire alla fidanzata che lei era passata, che aveva speso due parole
per lei…
Non ricordava molto bene
com’era fatto il negozio, perciò non fece caso a Clarissa che, a pochi metri da
lei, era appena uscita dalla libreria, quasi del tutto coperta alla sua vista
dal manifesto steso che doveva attaccare in vetrina.
Fece per attraversare la
strada e tornarsene a casa, elaborando mentalmente una scusa da inventare a
Harry, per quando avrebbe scoperto che non aveva parlato con Clarissa…
Quando fu proprio la sua
voce a fermarla.
Sì, era proprio lei.
E l’insegna parlava
chiaro: era proprio una libreria, QUELLA libreria.
“Mi stavi… cercando?”
domandò la ragazza, poggiando i poster sul marciapiede.
“Certo! Ho un senso
dell’orientamento penoso, ma finalmente siamo qui, nel posto giusto!” ridacchiò
lei, tirandosi addosso l’altra nell’atto di abbracciarla affettuosamente.
Clarissa trattenne il
fiato, nauseata dal troppo profumo, e si staccò gentilmente dalla sua stretta,
chiedendole: “Come mai da queste parti? Dove hai lasciato Harry?”
“E’ a casa, sai, a
bivaccare e a giocare con la batteria…” la liquidò la ragazza, per poi
continuare, cambiando argomento: “Volevo vederti per chiederti scusa, Claire! L’altra
sera ho fatto la pazza e non so neanche perché, scusami, so che tu non l’hai
fatto apposta di…”
“No, no, no, Cassie, ci
mancherebbe altro!” la interruppe la bionda, scuotendo la testa “Sono stata io!
Di certo non mi sono divertita a farlo, però… avrei dovuto spostarmi, andare in
bagno, e invece ho combinato solo un gran casino, mi dispiace…”
“Ma non dirlo neanche!”
insistette Cassie, mettendole le mani sulle spalle “Guardami, sono ancora viva,
la mia scarpa è come nuova, non è successo niente! Ero venuta solo a dirti che…
puoi stare tranquilla!”
“… Ah!” esclamò l’altra,
mascherando la propria confusione con un sorriso conciliante.
E mentre lei le parlava di
quanto le circostanze fossero state buffe e sfortunate durante quella
celeberrima serata, Clarissa la fissava, assecondando i suoi discorsi senza
veramente ascoltarla.
Non poté fare a meno di
etichettarla definitivamente come “antipatica”, con tutti quei battiti di
ciglia impregnate di mascara e la sua voce cantilenante che la menzionava di
continuo in via fin troppo confidenziale: Claire,
Claire, Claire…
E credeva anche di avere
ragione! La stava tranquillizzando!!!
“Grazie per essere venuta
fin qui, non me l’aspettavo…” esordì, prendendole le mani con una decisione
mascherata da calore amichevole “Mi fa piacere averti visto, e ora devo
lasciarti perché…”
“Giusto! Il lavoro è il
lavoro!” la sovrastò l’altra, annuendo con un enorme, bianchissimo sorriso “E’
stato bello anche per me! Spero di vederti presto, magari… non so, usciamo con
i ragazzi!!!”
“Certo, tanto basta una
telefonata e siamo d’accordo!” rincarò la dose Clarissa.
“Perfetto! Allora… Ci
salutiamo! A risentirci, spero!”
La strinse per le spalle
minute per baciare l’aria vicino alla sue guance, senza darle il tempo di
ricambiare; a Clarissa non restò che sollevare la mano per congedarsi.
Che problemi aveva quella
ragazzetta?
Harry stava davvero con
lei?
Harry ha seri problemi con il genere femminile…
Quel pensiero veritiero
non la rassicurò: quella Cassie era davvero troppo anche per gli standard
discutibili di quello strampalato del suo amico.
Si voltò di scatto,
riprendendosi dalle proprie perplessità, ed esclamò: “Scusami! Era passata una…
a… salutarmi…”
“E’ carina la tua amica!” ammiccò
il ragazzo, le mani in tasca ed un sorrisetto furbo sulla soglia del negozio.
“Non è mia amica!” lo
contraddisse subito l’altra, iniziando a stendere il manifesto sulla vetrina “No,
non lo è affatto…”.
***
Il
titolo del chapter è lo stesso della canzone dei McFly,
risalente al loro primo album "Room on the third floor". nessuno scopo
di lucro.