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Autore: Ciribiricoccola    20/08/2010    2 recensioni
* STORIA TEMPORANEAMENTE SOSPESA * Clarissa e Danny insieme, come entrambi avevano sempre desiderato (ma mai ammesso!). E adesso che cosa succederà? L'amore sarà idilliaco? Nah, altrimenti sopraggiungerebbe la noia! Qualcosa succederà, e una grossa, enorme, spaventosa crepa ignorata da tutti si aprirà in questo quadretto perfetto. Provate a indovinare chi sarà la persona che per prima causerà questa crepa...
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Danny Jones, Dougie Poynter, Harry Judd, Nuovo personaggio, Tom Fletcher
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'McClaire- She's the young, she's not alright'
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claire

Cari e care,  vi saluto sulle note di Stravinsky, una vera ispirazione per la creazione di questo capitolo alquanto strambo (almeno quanto la sua "Rite of Spring")...

Vi devo dire che per una settimana non ci sarò, da domani sarò in vacanza, senza PC, quindi la prossima pubblicazione potrebbe subire dei ritardi. Non preoccupatevi, rimedierò il più velocemente possibile!

Intanto godetevi questo pezzettino in più di Claire & Co.! Devo ammettere che io stessa, scrivendolo, mi sono stranita. E sono certa che voi farete lo stesso leggendolo.
Non c'è bisogno che vi dica di stare all'erta, lo capirete riga dopo riga...

Ringrazio RubyChubb per le recensioni sempre costanti e puntuali :) spero che anche questo capitolo ti piaccia!
Un grazie bello grande va anche ai miei lettori in generale!

Buone vacanze, io mi godrò le mie :) Ci vediamo a fine mese!

Ciry

***

Quella notte…

 

“Ma allora lavorate insieme, in questa libreria…”
“Sì, te l’ho detto, è da una settimana, più o meno…”
“E com’è?”
“Com’è cosa?”
“Lavorare con lei… E’ simpatica?”
“Sì, è carina…”
“E nient’altro?”

Daniel fece spallucce.
Tutto quello che Clarissa gli diceva entrava ed usciva dalle sue orecchie più o meno alla velocità della luce.
I suoi occhi si ricordavano più volentieri il suo piccolo sedere, sicuramente sodo.

Pilar si alzò dal letto, si rivestì e tirò fuori dalla tasca dei jeans gli autografi fatti da Danny.

“Dio, che figo…” sospirò in estasi, sventolandoseli davanti al viso “Sai cos’ha scritto nella dedica per Lola, mia sorella? Ci ha scritto A Lola… La la la la Lo- la! E’ anche spiritoso, proprio come pensavo!”
Il ragazzo la guardò con aria interrogativa e chiese, apatico: “E che cosa sarebbe?”
La spagnola, tentennante, gli spiegò: “Lola è una cover che hanno inciso e… il ritornello faceva così… Tutto qui…”
Daniel si alzò dal letto e andò verso il bagno, sbuffando con fare annoiato.
“Sarà anche famoso, ma in quanto a umorismo... sta messo meglio il mio criceto…”
La ragazza scosse la testa, indossò le infradito ed insinuò: “Cos’è, sei geloso di lui? O invidioso?”
Sulla soglia della porta, lui le rispose con un sorrisetto: “Non è granché… Lei meriterebbe di meglio, ma io posso farci poco… Mi faccio una doccia… Quando rientro, non voglio trovarti ancora qui, ok?”
“Me ne stavo andando, tranquillo…” ribatté l’altra, acida, fulminandolo con lo sguardo.
Daniel ammiccò, poi chiuse la porta dietro di sé.

Una volta ritornata nel suo piccolo appartamento, due piani sotto quello di Daniel, Pilar sospirò profondamente e si addormentò dopo essersi rigirata nel letto per lunghissimi minuti.

Neanche l’autografo di Danny riuscì a tirarla su di morale.

 

 

~~~

 

La mattina dopo…

 

Il profumo delicato e dolce di un cornetto caldo si fece strada nelle narici di Clarissa, che alzò gli occhi assonnati da una pila di CD appena arrivati, tutti da sistemare negli appositi scaffali della sezione musicale.

Bonjour, Clarissa! Ho comprato cornetti per due! Spero ti piacciano…” la salutò Daniel.
La collega gli sorrise beata e disse: “Buongiorno… Sai che, teoricamente, non è consentito mangiare durante l’orario di servizio, vero?”
Il ragazzo storse la bocca in un mezzo sorriso, da vero teppista, ed affermò: “Anne. Devi dare la colpa a lei se adesso trasgredisco le regole… e se corrompo il resto dello staff in questa libreria!”
“Anne è nata corrotta, quindi rimango solo io…” ridacchiò la bionda, allungando una mano per ricevere la profumata colazione.
“Io mi prendo il caffè al distributore… Tu vuoi qualcosa? Offro io!” le propose lui, mentre già si avviava nel retrobottega.
Clarissa optò per un tè caldo.

 

Davanti all’illegale primo pasto della mattinata, la ragazza sorrise al francese e gli chiese, fingendosi maligna: “Devi farti perdonare qualcosa? O peggio, devo farti un favore?”
Lo vide ridacchiare, la bocca nascosta educatamente da una mano, poiché piena.
“Porto solo un po’ di cortesia tipicamente francese in giro per il mondo!” la canzonò una volta inghiottito il boccone.
Lei si finse stupita e sospirò con un sorriso: “Che benedizione per noi inglesi cafoni!”
“Ma non eri irlandese?” le ricordò Daniel.
“Sì, è vero…” fu la risposta “E’ solo che ormai è questa casa mia… Non torno in Irlanda da anni!”
“Bene, allora vorrà dire che per te farò un’eccezione!” le fece il ragazzo con tono divertito “Le mie lezioni di bon ton e cortesia valgono solo per gli inglesi che sono inglesi al cento per cento… e scusa per la ripetizione, ma la mattina faccio fatica a parlare la vostra lingua senza combinare qualche casino!”
Clarissa lo rassicurò con una risatina e scosse la testa.
Le sorrise, rinfrancato.
“Il tuo inglese è buono, non devi preoccuparti!” si complimentò, prima che finisse la colazione in un ultimo sorso di tè.
“E tu? Tu non parli francese?”
“No… Non ho mai avuto l’occasione di impararlo, a dir la verità!”
“Te lo insegnerò io!” si propose il giovane, andando verso il cesto della pattumiera per gettar  via i bicchieri di carta.
“Come si dice Al lavoro in francese, allora?” gli domandò Clarissa.
“Si dice Au travail… perché?”
Au travail!!! “ lo richiamò lei, facendogli segno di seguirlo al bancone con un sorriso compiaciuto.

 

 

~~~

 

 

Cassie si frugò le tasche dei pantaloni, indagò anche in quelle dell’impermeabile che avrebbe indossato di lì a pochi minuti, ma invano.
Imprecò a denti stretti.
L’aveva perso sul serio.
Credeva di esserselo tolto, insieme al compagno, a metà serata, e di averli messi da parte.
Ma aveva ricordato male.
L’unica cosa ben definita di quell’uscita era stata la cascata di vomito sul suo sandalo, sul suo piede.

Nonostante lei avesse ritenuto che la sua arrabbiatura fosse legittima, Harry le aveva dato contro, aveva sminuito il suo problema, e così avevano litigato.
Era tornata a casa con la scarpa sporca tenuta tra indice e pollice, a debita distanza dal suo corpo.
Per calmarsi le ci erano volute una notte di sonno e una buona pulita alla scarpa inzaccherata.
Certo, Clarissa non l’aveva fatto apposta, di sicuro non si era divertita a vomitare l’anima.
Era quello che Harry aveva provato a spiegarle, ma lei era troppo arrabbiata.
Avevano fatto pace per telefono, dopodiché lui le aveva consigliato caldamente- per non dire ordinato- di andarsi a scusare con la ragazza di Danny; le aveva dato l’indirizzo della libreria e aveva aggiunto un “Ci conto” che non ammetteva repliche.

A quel punto, era sorto un problema imprevisto: Cassie non riusciva più a trovare il suo orecchino.
In un primo momento pensò: “Poco importa, lo cercherai poi, non è importante per lei vederti con o senza orecchini…
Poi ebbe un lampo di genio.
Si morse subito il labbro inferiore, incerta sul da farsi, ma la sua esitazione durò poco.
Decise di tentare, e soprattutto di fregarsene delle conseguenze.

“Pronto, tesoro?”
“Buongiorno! Dove sei?”
“A casa, stavo per uscire, ma ho scoperto una cosa…”
“Mh?”
“Ho perso un orecchino l’altra sera, quando siamo usciti con i tuoi amici… Non è nella tua macchina, vero?”
“L’abbiamo pulita insieme ieri, l’avremmo trovato!”
“Appunto… Dato che costano un bel po’, vorrei ritrovare quello che mi manca, mi girano un po’ le scatole…”
“Vuoi chiamare al locale per controllare se lo hanno ritrovato lì?”
“No, no, non è lì che l’ho perso, ne sono sicura!” esclamò immediatamente lei, continuando la sue recita improvvisata “Credo che mi sia caduto quando… quando mi sono affacciata alla macchina del tuo amico per vedere come stava Clarissa!”
“Dici che è nell’auto di Danny? Mi sembra… un po’ improbabile…”
“Ti dispiacerebbe chiedergli se lo ha trovato?”
Harry stette in silenzio per alcuni istanti, poi rispose con tono scettico: “Ok, lo chiamo, ma…”
“Fammelo sapere subito allora!” lo investì la ragazza, prima di concludere con “Aspetto che mi richiami!”
“…Ok, ok! Allora a tra poco… Ciao…”
“Ciaociaociao!”

Harry osservò con aria perplessa il proprio cordless.
Dopodiché fece spallucce e compose il numero di casa di Danny e Clarissa.

“Pronto?” sentì da una voce debole, impastata dal sonno.
Ridacchiò nel rispondergli: “Buongiorno! Sei mattiniero!”
“Judd, sono le nove e mezza, sei indecente!” belò il chitarrista, sbadigliando subito dopo aver parlato.
“Ti chiamo per un’emergenza, almeno, Cassie dice che è un’emergenza ed io non posso oppormi, devo eseguire gli ordini, non dare la colpa a me!”
“Cassie? Cosa vuole Cassie?”
“Vuole il suo orecchino, è convinta di averlo perso nella tua macchina quando siamo usciti tutti insieme…”
“Vuoi dire…?”
“Sì, quando Claire si è sentita male… A proposito, come sta?”
“Come vuoi che stia? Non ha fatto in tempo a mettersi a letto che si è rialzata ed è andata a lavorare…!”
“Ah, bene! Cassie voleva scusarsi con lei per quella piazzata, dopo che… Insomma, le ho dato l’indirizzo della libreria, ma ora con questo orecchino è andata in paranoia e mi ha chiesto di richiamarla se ce l’avevi tu! Controlleresti in macchina?”
Sentì alcuni lievi rumori, segno che Danny si stava muovendo, poi la sua voce gli rispose: “Come vuoi… Proviamo a guardare…”

Con l’eco risuonante nel garage, il chitarrista annunciò al telefono: “Harry, l’ho trovato! Era ai piedi del sedile posteriore!”
“Non l’avrei mai detto!” esclamò l’amico, sorpreso “Ero già pronto a disperarmi, avrei giurato che lo avesse perso per la strada! Adesso la richiamo!”
“Allora lo metto da parte, su in casa…”
“Grazie, Dan, mi hai salvato la giornata!”
Con una risatina, il ragazzo salutò il suo batterista e dopo aver riattaccato risalì in casa, poggiando l’orecchino dorato su un mobile vicino al portone d’entrata.

 
Neanche due minuti più tardi, mentre stava ancora facendo colazione, il telefono squillò di nuovo.

Era Harry, ancora una volta.

“Che ti sei dimenticato?” esordì.
“Dan, se sei in mutande vestiti…” lo avvertì l’amico con tono angosciato “Cassie sta per arrivare sotto casa tua…”
“Ah! Rivuole l’orecchino, suppongo!” ribatté l’altro, stupito “Pare che valga più di tutto l’oro del mondo!”
“Se scopro che è bigiotteria, giuro che le rido in faccia, dovesse prendermi a schiaffi per tre giorni di seguito…” concluse Harry con aria rassegnata.
“Va bene, allora l’aspetto qui!”
“Ma dovevi uscire?”
“Sì, ma alle undici, mica adesso…”
“Meno male, almeno non ti ha svegliato lei con le sue scampanellate…”
“Infatti sei stato tu con il telefono, stronzo!” lo apostrofò Danny, ridendo.
Il ragazzo sbeffeggiò la risata del socio dall’altra parte della cornetta e lo salutò dicendogli: “Riconsegnale l’orecchino e non darle spago, altrimenti ti farà una testa così con le sue chiacchiere!”.

 

 

Le aprì la porta in jeans, maglietta e infradito. Non conosceva una versione più casalinga di quella.
Faticò a non arricciare il naso quando un’ondata di profumo gli invase le narici, nel momento in cui lei si era avvicinata per baciargli le guance, anche se alla fine aveva sfiorato l’aria.

“Spero di non disturbarti, Harry mi ha detto che potevo venire…” si scusò lei, giungendo le mani e facendo tintinnare alcuni dei suoi bracciali d’oro e d’argento.
“Non c’è nessun problema! Accomodati, il tuo orecchino è sul mobile…” la invitò lui, con tono cortese.

Cassie gli sorrise, raggiante, e lui attribuì tanta improvvisa gaiezza al ritrovamento del cosetto scintillante, forse anche a un po’ di stupidità.
Appena le ridiede l’agognato accessorio, la ragazza allungò singolarmente una mano curatissima verso il suo viso per fargli una carezza piena di gratitudine.

“Grazie, davvero grazie mille, ero disperata…” cinguettò davanti al suo interlocutore, sorridente ma perplesso.
“Figurati, siamo stati… fortunati, avresti potuto perderlo per strada!”
“E invece ce l’avevi tu, meno male!” sottolineò la ragazza per poi ravvivarsi i capelli con una mano e chiedere: “Clarissa? Non c’è? È a lavorare, malata com’è?”
Danny decise di non fare caso all’espressione e al tono vagamente falsi della moretta e rispose: “Sì, sai… Claire andrebbe a lavorare anche con il colera! E comunque adesso sta bene, è stato solo un problema allo stomaco, le è passato nel giro di qualche ora…”
“Bene, molto bene! Stavo andando a trovarla in libreria, spero di poterla salutare!”
“La troverai di sicuro, sono solo in due o tre nel negozio…” la informò il chitarrista, a corto di argomenti e anche un po’ laconico.
Cassie diede un piccolo colpo di tosse nei secondi muti che scorsero tra di loro, poi lo travolse di nuovo con la sua ondata olezzante, stringendolo brevemente a sé con un braccio, e gli disse: “Grazie mille ancora! Adesso devo scappare, però usciamo qualche altra volta, che ne dici?”
“Certo! Ci metteremo d’accordo con il resto del gruppo!” la accontentò Danny, in vena di convenevoli.
“Certo! Certo… Ti saluto! Ciao, Dan, grazie ancora!”
“Ciao… ciao!”

Chiuse il portone e storse la bocca in una smorfia dubbiosa mentre rientrava in cucina.

Si aspettava che fosse più o meno così, con la parlantina inversamente proporzionale al suo intelletto.
Ma smuovere mari e monti per un orecchino…
O era stato Harry a gonfiare verbalmente la propria versione dei fatti, o era stata lei ad essere davvero paranoica.

Decise di farsi i fatti propri al riguardo e tornò ad addentare il bacon.

 

 

~~~

 

 

“Claire, sono arrivati questi manifesti ieri pomeriggio… Cosa ci faccio?” domandò Daniel, mostrando alla ragazza alcuni poster adesivi.
“Ah, sono quelli dei saldi! Dalli a me, li attacco qui fuori!” si propose la collega.
Il giovane le allungò il materiale e se ne tornò al bancone, pronto ad accogliere i primi clienti della giornata.

 

 

Cassie rimuginò, tastando entrambi gli orecchini con la mano nella tasca del cappotto.

Pensò a quanta fortuna aveva avuto, dato che la trovata dell’orecchino era stata un po’ come un salto nel buio; aveva decisamente tirato ad indovinare per poi tenere le dita incrociate, perché in realtà non si ricordava con precisione dove avrebbe potuto perdere quell’oggettino, tanto prezioso quanto fortunato.
Ci aveva azzeccato, l’aveva smarrito nel posto giusto.
Li indossò, senza smettere di camminare, ma la sua andatura era pigra.
Non aveva più voglia di andare dove Harry le aveva detto di precipitarsi.
Il suo orecchino lo aveva riavuto.
Danny lo aveva rivisto, e anche con grande soddisfazione.
Non le era importato di aver fatto la figura della superficialotta alla ricerca spasmodica di un pendente qualunque: alla fine, aveva ottenuto quello che voleva, almeno per il momento.
Tutto al più, sarebbe stato lui a dire alla fidanzata che lei era passata, che aveva speso due parole per lei…

Senza accorgersene, era quasi arrivata a destinazione.
Non ricordava molto bene com’era fatto il negozio, perciò non fece caso a Clarissa che, a pochi metri da lei, era appena uscita dalla libreria, quasi del tutto coperta alla sua vista dal manifesto steso che doveva attaccare in vetrina.

Fece per attraversare la strada e tornarsene a casa, elaborando mentalmente una scusa da inventare a Harry, per quando avrebbe scoperto che non aveva parlato con Clarissa…
Quando fu proprio la sua voce a fermarla.

“Cassie?” si sentì chiamare.

Strinse fulmineamente gli occhi, trattenendo un’imprecazione, e si voltò.

Sì, era proprio lei.

E l’insegna parlava chiaro: era proprio una libreria, QUELLA libreria.

“Clarissa! Ti ho trovata finalmente!” le pigolò, improvvisando nuovamente, camminandole incontro.
“Mi stavi… cercando?” domandò la ragazza, poggiando i poster sul marciapiede.
“Certo! Ho un senso dell’orientamento penoso, ma finalmente siamo qui, nel posto giusto!” ridacchiò lei, tirandosi addosso l’altra nell’atto di abbracciarla affettuosamente.
Clarissa trattenne il fiato, nauseata dal troppo profumo, e si staccò gentilmente dalla sua stretta, chiedendole: “Come mai da queste parti? Dove hai lasciato Harry?”
“E’ a casa, sai, a bivaccare e a giocare con la batteria…” la liquidò la ragazza, per poi continuare, cambiando argomento: “Volevo vederti per chiederti scusa, Claire! L’altra sera ho fatto la pazza e non so neanche perché, scusami, so che tu non l’hai fatto apposta di…”
“No, no, no, Cassie, ci mancherebbe altro!” la interruppe la bionda, scuotendo la testa “Sono stata io! Di certo non mi sono divertita a farlo, però… avrei dovuto spostarmi, andare in bagno, e invece ho combinato solo un gran casino, mi dispiace…”
“Ma non dirlo neanche!” insistette Cassie, mettendole le mani sulle spalle “Guardami, sono ancora viva, la mia scarpa è come nuova, non è successo niente! Ero venuta solo a dirti che… puoi stare tranquilla!”
“… Ah!” esclamò l’altra, mascherando la propria confusione con un sorriso conciliante.

E mentre lei le parlava di quanto le circostanze fossero state buffe e sfortunate durante quella celeberrima serata, Clarissa la fissava, assecondando i suoi discorsi senza veramente ascoltarla.
Non poté fare a meno di etichettarla definitivamente come “antipatica”, con tutti quei battiti di ciglia impregnate di mascara e la sua voce cantilenante che la menzionava di continuo in via fin troppo confidenziale: Claire, Claire, Claire…
E credeva anche di avere ragione! La stava tranquillizzando!!!

Alla fine, trovò il modo di liberarsi di lei, intrufolandosi in una delle sue sporadiche pause tra un monologo ed un risolino.

“Grazie per essere venuta fin qui, non me l’aspettavo…” esordì, prendendole le mani con una decisione mascherata da calore amichevole “Mi fa piacere averti visto, e ora devo lasciarti perché…”
“Giusto! Il lavoro è il lavoro!” la sovrastò l’altra, annuendo con un enorme, bianchissimo sorriso “E’ stato bello anche per me! Spero di vederti presto, magari… non so, usciamo con i ragazzi!!!”
“Certo, tanto basta una telefonata e siamo d’accordo!” rincarò la dose Clarissa.
“Perfetto! Allora… Ci salutiamo! A risentirci, spero!”
La strinse per le spalle minute per baciare l’aria vicino alla sue guance, senza darle il tempo di ricambiare; a Clarissa non restò che sollevare la mano per congedarsi.

Nel guardarla allontanarsi, mentre tornava lentamente al lavoro, scosse impercettibilmente il capo, pensierosa.

Che problemi aveva quella ragazzetta?
Harry stava davvero con lei?

Harry ha seri problemi con il genere femminile…
Quel pensiero veritiero non la rassicurò: quella Cassie era davvero troppo anche per gli standard discutibili di quello strampalato del suo amico.

“Clarissa?” si sentì richiamare dalla voce di Daniel.
Si voltò di scatto, riprendendosi dalle proprie perplessità, ed esclamò: “Scusami! Era passata una… a… salutarmi…”
“E’ carina la tua amica!” ammiccò il ragazzo, le mani in tasca ed un sorrisetto furbo sulla soglia del negozio.
“Non è mia amica!” lo contraddisse subito l’altra, iniziando a stendere il manifesto sulla vetrina “No, non lo è affatto…”.

***

Il titolo del chapter è lo stesso della canzone dei McFly, risalente al loro primo album "Room on the third floor". nessuno scopo di lucro.

   
 
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